Dittatura di Garibaldi

esecutivo instaurato in Sicilia da Giuseppe Garibaldi e durato dal 17 maggio al 2 dicembre 1860
Voce principale: Spedizione dei Mille.

La Dittatura di Garibaldi (o Dittatura garibaldina della Sicilia) fu l'esecutivo che Giuseppe Garibaldi, dopo lo sbarco a Marsala durante la spedizione dei Mille, nominò il 17 maggio 1860 per governare il territorio della Sicilia liberato dai Borbone delle Due Sicilie, dopo essersi proclamato dittatore in nome di Vittorio Emanuele[1].

Dal 2 dicembre 1860 al 5 gennaio 1862 fu seguita dalla "Luogotenenza generale del re per la Sicilia".

Governo Dittatoriale della Sicilia
Dati amministrativi
Lingue ufficialiItaliano
Lingue parlateSiciliano
CapitalePalermo
Politica
Forma di StatoGoverno provvisorio
Forma di governoGoverno provvisorio
Nascita14 maggio 1860
CausaSpedizione dei Mille
Fine2 dicembre 1860
CausaPlebiscito delle province siciliane del 1860
Territorio e popolazione
Bacino geograficoEx Regno delle due Sicilie
Territorio originaleLibero consorzio comunale di Trapani
Religione e società
Religioni preminentiCristiana cattolica
Evoluzione storica
Preceduto da Regno delle Due Sicilie
Succeduto daBandiera dell'Italia Italia
Ora parte diBandiera dell'Italia Italia

Storia modifica

La proclamazione modifica

Il 14 maggio 1860 a Salemi Garibaldi dichiarò di assumere la dittatura della Sicilia "nel nome di Vittorio Emanuele, re d'Italia"[2]. Tutta l'iniziativa garibaldina si mosse sotto il motto "Italia e Vittorio Emanuele"; questa frase e l'istituzione della dittatura a nome del Re[3] indicano che Garibaldi aveva compreso che il successo della spedizione sarebbe stato facilitato dal mantenimento di rapporti con il Regno di Sardegna e dal mostrare di non voler provocare sovversioni dell'ordine sociale tali da preoccupare le nazioni europee e la borghesia meridionale.

La formazione del governo modifica

 
Garibaldi dittatore a Palermo, nel luglio 1860

Il 17 Francesco Crispi, ad Alcamo, venne nominato Primo Segretario di Stato[4]. Il 2 giugno a Palermo furono nominati quattro segretari di stato e creati sei dicasteri[5]. La gestione finanziaria di fatto fu affidata a Ippolito Nievo nominato vice-intendente generale[6]. Tutti gli atti del Governo dello Stato di Sicilia non riconobbero alcuna legittimità al precedente regime, denominato ora "autorità borbonica", ora "Reame di Napoli", negli atti della Dittatura, a sottolinearne l'illegittimità di governo sulla Sicilia e, sulle prime, furono anche richiamati in vita i decreti del cessato Regno di Sicilia (1848-1849) come ad esempio l'organizzazione amministrativa basata sui "Distretti", a recuperare una legittimità per il nuovo governo. Rapidamente, però, i decreti del nuovo governo si muovevano nel segno del recepimento della legislazione sarda e del preordinamento all'annessione al nuovo stato italiano in formazione. Fu recuperata anche, in sostituzione del ducato napoletano, l'unità monetaria legale del Regno di Sicilia, l'onza siciliana[7].

Garibaldi nominava inoltre rappresentanti del Governo da lui istituito presso i governi di Londra, Parigi e Torino. Rappresentante presso il governo provvisorio da parte del Regno di Sardegna fu inviato il siciliano Giuseppe La Farina che a luglio fu costretto a dimettersi per disaccordi con Crispi e al suo posto Cavour inviò Agostino Depretis. Il 20 luglio Garibaldi nominava lo stesso Depretis "prodittattore", con l'esercizio di "tutti i poteri conferiti al Dittatore nei comuni della Sicilia". Questi promulgò immediatamente lo Statuto Albertino come legge fondamentale della Sicilia e impose a tutti gli impiegati pubblici il giuramento di fedeltà a Vittorio Emanuele II[8].

Il 14 settembre tuttavia Depretis si dimise, non avendo potuto convincere il generale all'annessione diretta della Sicilia al Regno di Sardegna. Da Napoli il 16 settembre Garibaldi emanò un decreto col quale "il Dittatore delega per suoi rappresentanti due Prodittatori, uno per le provincie continentali, l’altro per la Sicilia". E il 17 si insediò in Sicilia come prodittatore Antonio Mordini.

L'annessione modifica

Mordini restò oltre la conclusione del plebiscito d'annessione[9] del 21 ottobre 1860, fino all'annessione nel costituendo Regno d'Italia il successivo 2 dicembre, quando i poteri furono passati ad una Luogotenenza provvisoria per le Province Siciliane e il Governo dello Stato di Sicilia cessò definitivamente.

I risultati del plebiscito erano stati proclamati dal presidente della Corte suprema di giustizia Pasquale Calvi il 4 novembre[10]. L'annessione allo Stato italiano fu poi ratificata dal Parlamento del Regno e il decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del Regno, n. 306 del 26 dicembre 1860[11]

Il governo modifica

 
Francesco Crispi nel 1860, primo segretario di Stato.

Capi dell'esecutivo modifica

I dicasteri modifica

Primo governo modifica

Sostituzioni modifica

Poi seguirono diverse sostituzioni e integrazioni:

Ultimo governo modifica

Il 18 settembre, insieme alla nomina a prodittatore di Mordini viene insediato l'ultimo esecutivo:

Attività legislativa modifica

Decreti modifica

 
Decreto di assunzione della dittatura

I decreti emanati sono a firma del dittatore Garibaldi, "comandante in capo delle forze nazionali in Sicilia", e dal 2 giugno cofirmati dal segretario di Stato competente per dicastero. Dal 18 luglio emanati dai prodittatori[12].

  • decreto n. 2 del 14 maggio, stabiliva la formazione di una Milizia Nazionale, con una aliquota per il mantenimento dell'ordine pubblico;
  • decreto n. 4 del 17 maggio, mise a capo di ciascuno dei 23 distretti della Sicilia un Governatore;
  • decreto n. 5 del 17 maggio aboliva l'imposta sul macinato;
  • decreto n. 7 del 18 maggio stabiliva che sarebbe stato un Consiglio di guerra a giudicare i reati commessi sia dai militari che dai civili;
  • decreto n.12 del 28 maggio stabilì che i reati di furto, di omicidio e di saccheggio sarebbero stati puniti con la pena di morte.
  • decreto n. 18 del 6 giugno stabiliva l'adozione da parte dello Stato dei figli dei morti per la patria,
  • decreto n. 24 del 9 giugno col quale tutti i fondi di beneficenza venivano destinati a coloro che fossero stati particolarmente danneggiati dagli effetti della guerra;
  • decreto n. 35 del 13 giugno aboliva il titolo di "Eccellenza" e il baciamano;
  • decreto n. 43 del 17 giugno, imponeva alle navi siciliane di "innalzarsi la bandiera italiana, con al centro lo stemma della casa di Savoia".
  • decreto n. 45 del 17 giugno sopprimeva le compagnie di Gesù e del S.S. Redentore;
  • decreto n. 78 del 30 giugno, stabiliva le pene contro i persecutori degli agenti del governo borbonico;
  • decreto n. 79 del 2 luglio, organico dell'Esercito Siciliano;
  • decreto n. 81 del 5 luglio, organico della Marina militare siciliana;
  • decreto n. 98 del 14 luglio, istituiva il "Corpo dei Carabinieri in Sicilia".
  • decreto n. 140 del 3 agosto, col quale si adottava "per la Sicilia lo Statuto costituzionale vigente nel Regno d'Italia".

Forze armate modifica

Vennero costituite delle formazioni militari, in ordine:

La Luogotenenza nelle province siciliane modifica

Il 1º dicembre 1860 Vittorio Emanuele II arrivò a Palermo ed il 2 dicembre il marchese Massimo Cordero di Montezemolo venne nominato "Luogotenente generale del re nelle province siciliane".

Il Consiglio di Luogotenenza modifica

Fu nominato anche un "Consiglio di luogotenenza". Il consiglio aveva tutti i poteri di governo su quei territori, escluso quelli agli Affari Esteri, e quelli della Guerra e della Marina, sempre detenuti dal governo centrale[13]. Ancora dopo la proclamazione del Regno d'Italia, nel 1861, fu mantenuta la luogotenenza.

Era composto dai Consiglieri di Luogotenenza:

  • Giuseppe La Farina, Consigliere di Stato e Deputato al Parlamento, al Dicastero dell'Interno e di Sicurezza pubblica;
  • l'avvocato Matteo Raeli al Dicastero di Grazia e Giustizia;
  • il cavaliere Filippo Cordova, Procuratore del Re presso la Gran Corte dei Conti, al Dicastero delle Finanze, Agricoltura e Commercio;
  • Barone Casimiro Pisani al Dicastero della pubblica Istruzione;
  • principe Romualdo Trigona di Sant'Elia, al Dicastero dei Lavori pubblici;
  • il Vice governatore, barone Giacinto Tholosano di Valgrisanche, fu Segretario Generale della Luogotenenza.

Dal 7 gennaio 1861 furono sostituiti da:

  • marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa al Dicastero dell'Istruzione pubblica (dal 14 gennaio alle Finanze, dal 20 febbraio sostituito dal conte Michele Amari, dal 8 marzo Enrico Pirajno barone di Mandralisca) e presidenza del consiglio;
  • avvocato Filippo Orlando, Sostituto Procuratore Generale presso la gran Corte civile di Palermo, al Dicastero di Grazia e Giustizia (dal 20 febbraio avvocato Filippo Santocanale);
  • Emerico Amari al Dicastero dell'Interno (dal 31 gennaio conte Michele Amari, dall'8 marzo Barone Nicolò Cusa);
  • barone Nicolò Turrisi Colonna al Dicastero di Sicurezza pubblica (dal 31 gennaio generale Giacinto Carini);
  • principe Romualdo Trigona di Sant'Elia al Dicastero dei Lavori pubblici;
  • Salvatore Marchese all'Istruzione pubblica (dal 14 gennaio).
 
Il luogotenente generale Alessandro Della Rovere

Montezemolo il 14 aprile 1861 si dimise per motivi di salute e venne sostituito dal generale Alessandro Della Rovere, Intendente Generale dell'Armata[14] che il 21 aprile nominò un nuovo consiglio di luogotenenza.

Segretari generali
  • Dicastero di Grazia e Giustizia avvocato Paolino Maltese;
  • Dicastero dell'Interno cavaliere Carlo Faraldo Intendente di prima classe, già in funzioni di Vice-Governatore a Nizza;
  • Dicastero delle Finanze Gregorio Caccia, Avvocato Generale alla Gran Corte dei Conti;
  • Dicastero d'Istruzione pubblica , Lavori pubblici e Agricoltura e Commercio il cavaliere Federico Napoli;
  • Dicastero di Sicurezza pubblica Francesco Paolo Ciaccio.

Con un Regio Decreto del 20 agosto 1861 vennero "avocate al Governo centrale parte delle materie che prima appartenevano alla Luogotenenza Generale". Della Rovere, che mai era stato prima nell'isola, considerò la questione siciliana principalmente come problema di polizia, da risolvere come pubblica sicurezza[15].

Il 5 settembre dello stesso anno divenne Luogotenente generale il generale Ignazio De Genova di Pettinengo[16].

Il regio decreto n. 91 del 5 gennaio 1862 soppresse la "Luogotenenza generale di Sicilia". All'art. 4 veniva previsto che "Ogni anno sarà da Noi delegato un distinto Personaggio per rappresentarci in Palermo nelle funzioni della Nostra Apostolica Legazia e della Regia Monarchia nelle Provincie Siciliane".

Luogotenenti generali del re modifica

Note modifica

  1. ^ La dittatura di Garibaldi, in Regione Siciliana. URL consultato il 2 novembre 2020.
  2. ^ Raccolta degli atti del governo dittatoriale e prodittatoriale in Sicilia, Palermo, Stabilimento tipografico Francesco Lao, 1860, p. 1. ISBN non esistente
  3. ^ Oliva 2012, p. 233.
  4. ^ Decreto 17 maggio (PDF), in Regione Siciliana. URL consultato il 2 novembre 2020.
  5. ^ Decreto 2 giugno (PDF), in Regione Siciliana. URL consultato il 2 novembre 2020.
  6. ^ L'Esercito meridionale, su pti.regione.sicilia.it. URL consultato il 7 novembre 2015 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2017).
  7. ^ Nel neo Regno d'Italia ebbe una sua parità irrevocabile con la lira italiana fissata nel Regio Decreto 17 luglio 1861, n. 123: 12,75 lire italiane per 1 onza siciliana
  8. ^ Copia archiviata, su pti.regione.sicilia.it. URL consultato il 7 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2013).
  9. ^ Agostino Depretis in Dizionario Biografico – Treccani
  10. ^ CALVI, Pasquale in Dizionario Biografico – Treccani
  11. ^ Copia archiviata, su augusto.agid.gov.it. URL consultato il 28 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2016).
  12. ^ Raccolta degli atti del governo dittatoriale e prodittatoriale in Sicilia: 1860, 1861, p. 57, ISBN 9781277757750.
  13. ^ Raccolta degli Atti del governo della Luogotenenza generale del Re in Sicilia, Stabilimento tipografico Lao, Palermo, 1861
  14. ^ MONTEZEMOLO, Massimo Cordero di in Dizionario Biografico – Treccani
  15. ^ Francesco Brancato, La Sicilia nel primo ventennio del Regno d'Italia, vol. I, Bologna 1956, pp. 170-181
  16. ^ Sito Senato

Bibliografia modifica

  • Angelo Grimaldi, La Rivoluzione siciliana del 1860. La Dittatura garibaldina e le proposte sull'ordinamento regionale del Consiglio straordinario di Stato siciliano. Aspetti costituzionali, in Revista de la Facultad de Derecho de México, vol. 70, 277-I, 30 giugno 2020, pp.495, [1]
  • Luigi Natoli, Federico Pipitone, Giuseppe Pitrè, Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860, I Buoni Cugini Editore, 2020
  • Lucio Villari (a cura di), Il Risorgimento, Storia, documenti, testimonianze, 8 volumi editi da La Biblioteca di Repubblica-L'Espresso, 2007
  • Giuseppe Garibaldi, Vita e memorie di Giuseppe Garibaldi, 1860
  • Giovanni La Cecilia, Storia dell'insurrezione siciliana, Milano, 1862
  • Francesco Bracci, Memorie storiche intorno al governo della Sicilia dal 1815 sino al cominciamento della dittatura del generale Garibaldi, Palermo, 1870
  • Mario Menghini, La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli, S.T.E.N., 1907
  • Francesco Brancato, La dittatura garibaldina nel Mezzogiorno e in Sicilia, Celebes, 1965
  • Gianni Oliva, Un regno che è stato grande, Milano, Arnoldo Mondadori, 2012.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

  1. ^ Angelo Grimaldi, La Rivoluzione Siciliana del 1860. La Dittatura garibaldina e le proposte sull'ordinamento regionale del Consiglio straordinario di Stato siciliano. Aspetti costituzionali., in Revista de la Facultad de Derecho de México, vol. 70, 277-I, 30 giugno 2020, pp. 495, DOI:10.22201/fder.24488933e.2020.277-I.72583. URL consultato il 25 ottobre 2023.