Donato Bilancia

criminale e serial killer italiano (1951-2020)

Donato Bilancia, detto Walter (Potenza, 10 luglio 1951Padova, 17 dicembre 2020), è stato un criminale e serial killer italiano, condannato a 13 ergastoli per aver commesso 17 omicidi tra il 1997 e il 1998 in Liguria e nel basso Piemonte.

Donato Bilancia
Altri nomiWalter
SoprannomiMostro della Liguria
Serial Killer dei Treni
Serial Killer delle Prostitute
NascitaPotenza, 10 luglio 1951
MortePadova, 17 dicembre 2020
Vittime accertate17
Periodo omicidi16 ottobre 1997 - 21 aprile 1998
Luoghi colpitiLiguria, Basso Piemonte
Metodi uccisioneSoffocamento, assalto con arma da fuoco
Altri criminiFurto, rapina aggravata, detenzione illegale di arma da fuoco, tentato omicidio, vilipendio di cadavere, evasione, ricettazione, minaccia
Arresto6 maggio 1998
Provvedimenti13 ergastoli e 28 anni
Periodo detenzione6 maggio 1998 - 17 dicembre 2020

Biografia modifica

Gioventù modifica

Nato a Potenza[1][2] secondo dei due figli di Rocco, dipendente pubblico, e Anna Mazzaturo, casalinga, si trasferì con la famiglia prima ad Asti, poi a Capaccio, in provincia di Salerno, e nel 1956 a Genova. Crebbe in un contesto familiare difficile e degradato, legando solo col fratello maggiore, Michele: raccontò che, quando gli capitava di urinare accidentalmente nel letto, la madre era solita appendere fuori dalla finestra le lenzuola bagnate; il padre invece lo sbeffeggiava davanti ai familiari per la sua "scarsa virilità". Lasciata la scuola senza riuscire a passare la terza media, Bilancia entrò presto in contatto con ambienti criminali e si mise a rubare. Ebbe i primi guai con la giustizia nel 1965 per il furto di un ciclomotore; fu poi arrestato nel 1972 per aver rubato un camion carico di panettoni (che cercò improvvidamente di rivendere davanti a un supermercato) e ancora nel 1974 a Como per porto abusivo d'arma da fuoco, nel 1978 in Francia per rapina e nel 1981 per un tentato sequestro nell'entroterra di Genova[3].

Dai primi anni 1980 iniziò a delinquere in solitaria, senza più complici, e a giocare pesantemente d'azzardo nelle bische clandestine: come egli stesso dichiarerà in seguito ai Carabinieri, rischiava somme molto elevate, perdeva spesso e pagava i debiti grazie ai proventi dei furti[4]. Nell'ambiente delle bische clandestine era noto con il nome di "Walterino", poiché - ritenendo il suo nome di battesimo eccessivamente legato alle proprie origini meridionali - aveva preso l’abitudine di farsi chiamare Walter[3].

Nel 1987 il suicidio del fratello Michele che, con in braccio il figlio piccolo Davide di 4 anni, si gettò sotto un treno presso la stazione di Genova Pegli,[5] lo "segnò" definitivamente: attribuì infatti tutta la responsabilità alla moglie di costui, Ornella, e maturò un complessivo disprezzo nei confronti delle donne. Negli anni successivi fu denunciato per minacce e percosse a una prostituta e per molestie alla commessa di un negozio di intimo di Genova[4].

Nel 1990 Donato Bilancia fu vittima di un incidente stradale, a seguito del quale rimase in coma per due giorni. Ripresosi, andò a vivere dapprima a Savona e poi nel centro di Genova, in case comprate con la refurtiva delle sue rapine. Tra il 1996 e il 1997 iniziò però a perdere molto denaro nel gioco d'azzardo e dovette trasferirsi in un modesto sottoscala[6].

I primi delitti modifica

Bilancia disse di aver maturato la decisione di uccidere quando, nel 1997, mentre si trovava in una bisca clandestina, udì i due biscazzieri Giorgio Centanaro e Maurizio Parenti burlarsi di lui per averlo truffato al tavolo da gioco[6].

Nelle prime ore del 16 ottobre 1997 si introdusse nella casa di Centanaro a Genova e lo soffocò con un cuscino e con del nastro adesivo. Il delitto venne tuttavia archiviato come morte per cause naturali, in quanto non vi era alcuna traccia che si fosse trattato di un omicidio. Fu Bilancia stesso ad autoaccusarsi in seguito di questo crimine[7].

Il 24 ottobre completò la sua vendetta assassinando nella loro casa di Genova il biscazziere Maurizio Parenti e la moglie Carla Scotto, che si erano da poco sposati, sottraendo 13 milioni e mezzo di lire in contanti e alcuni orologi di valore, di cui poi si liberò. In questo crimine, come in tutti i successivi, utilizzò per la prima volta una pistola Smith & Wesson 38 che aveva vinto alle bische, caricata con proiettili Lapua Patria[8].

Dal momento che Parenti frequentava ambienti della malavita organizzata, Bilancia iniziò a temere ritorsioni, per cui decise di continuare a uccidere per allontanare i sospetti: il 27 ottobre, sempre a Genova, irruppe nella casa dei coniugi Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, titolari di un'oreficeria, i quali reagirono e vennero freddati con alcuni colpi di pistola; nessun oggetto di valore fu asportato dalla casa e il killer, successivamente, disse che in realtà non gli importava rubare, ma solo uccidere[8].

Preso dalla frenesia criminale, perpetrò il primo omicidio fuori città il 13 novembre, a Ventimiglia, uccidendo il cambiavalute Luciano Marro, a cui sottrasse 45 milioni di lire; per la prima volta si servì allo scopo di un'autovettura Mercedes-Benz 190 nera comprata da un conoscente. In seguito, il 25 gennaio 1998 uccise a Genova Giangiorgio Canu, un metronotte, per futili motivi: come disse agli inquirenti, oltre a voler confondere ulteriormente le acque sul suo conto, disse che Canu era fisicamente simile a Giorgio Centanaro e guidava un'automobile con un vistoso numero 32 (cifra da lui ritenuta "fortunata") sulla carrozzeria. Nondimeno, disse ancora, qualche anno addietro aveva avuto una colluttazione con un'altra guardia giurata, che l'aveva sorpreso durante una rapina ed era riuscito a ferirlo con la sua pistola d'ordinanza. In questo crimine, per la prima volta, Bilancia fece indossare un indumento alla vittima in modo tale da coprirle il volto, così da non doverlo guardare mentre questa moriva: tale gesto divenne una prassi delle sue azioni[9].

Parallelamente, continuò a giocare pesantemente alle bische e al casinò di Sanremo, dandosi anche ad azioni di depistaggio: procuratosi il numero di telefono del pubblico ministero che indagava sul delitto Parenti, gli telefonò camuffando la voce e affermando di essere l'assassino di Giorgio Centanaro, dichiarando che il referto autoptico d'infarto era errato. Gli inquirenti, dal canto loro, per diverso tempo non misero in relazione i vari crimini, sebbene già vi fossero degli elementi di potenziale collegamento[9].

Il serial killer delle prostitute modifica

Dopo quarantatré giorni, trascorsi essenzialmente a giocare alle bische o ai casinò di Sanremo e Saint Vincent, oppure nei club privé, Bilancia tornò a colpire il 9 marzo 1998 a Cogoleto, dove uccise Stela Truya, prostituta albanese che aveva caricato in macchina a Genova e con cui s'era appartato presso una spiaggetta. Ebbe così inizio un nuovo filone della sua attività criminale, in cui essenzialmente sfogò il livore che nutriva verso le donne.

Qualche giorno dopo si recò presso un'edicola di Genova centro (era infatti solito comprare quotidianamente Il Secolo XIX, per verificare l'andamento delle indagini), mettendosi a commentare le notizie sul suo conto con altri avventori.

Inizialmente insistette nel giro delle prostitute: il 18 marzo a Pietra Ligure assassinò con un colpo in testa l'ucraina Ljudmyla Zubskova, che aveva caricato in macchina ad Albenga. Il 20 marzo colpì nuovamente a Ventimiglia, rapinando e uccidendo un altro cambiavalute di nome Enzo Gorni, poi si recò nuovamente al casinò di Sanremo, dove riuscì a farsi pagare una puntata vincente arrivata dopo il Rien ne va plus; il lunedì successivo si recò in banca a cambiare la refurtiva (perlopiù franchi francesi) in lire, firmando col proprio nome e lasciando gli estremi dei suoi documenti.

Il 24 marzo in una villa di Novi Ligure, in frazione Barbellotta, si appartò a bordo della sua Mercedes con July Castro, prostituta transessuale che si faceva chiamare Lorena, la quale intuì però il pericolo e cercò di fuggire. In quel momento sopraggiunsero due metronotte, ai quali Bilancia sparò, ferendoli; si mise poi alla ricerca di July, alla quale provocò una grave ferita all'addome, senza però riuscire a ucciderla come era sua intenzione. Tornato sui suoi passi, finì i due metronotte, Massimiliano Gualillo e Candido Randò, con un colpo di pistola alla testa.

July Castro sopravvisse; soccorsa e ascoltata dagli inquirenti, fornì loro un primo identikit dell'assassino, che nel complesso convergeva con quello delineato da coloro che avevano visto Bilancia fuggire dopo aver ucciso Enzo Gorni: altezza circa 1,75 m, mezza età, capelli brizzolati, corporatura mediamente robusta, naso importante e mento infossato. Venne anche annotata parte della targa della Mercedes, ma con un errore: AM al posto di AE.

Bilancia, sentendosi braccato, provò nuovamente un depistaggio: abbandonò la Mercedes in favore di una Opel Kadett rubata a Genova e il 26 marzo si recò nuovamente a Ventimiglia, dapprima chiedendo a un'edicolante informazioni sul delitto Gorni (l'esercente ne informò a sua volta la polizia), poi telefonando ai Carabinieri spacciandosi per un testimone, affermando di aver visto il killer scappare su un'utilitaria bianca. Il maresciallo che rispose alla chiamata provò a dargli un appuntamento per parlarne, ma Bilancia non si presentò.

Il 29 marzo a Cogoleto assassinò un'altra prostituta, la nigeriana Tessy Adodo. Questo omicidio rappresentò la svolta delle indagini, in quanto lo si ricollegò a quello di Stela Truya e, in seguito, agli altri omicidi delle prostitute, essendosi riconosciuta, attraverso gli esami balistici del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma, l'unicità dell'arma utilizzata. Non furono però colti adeguatamente vari altri elementi che avrebbero permesso di incastrare prima Bilancia e associarlo pienamente a tutti i suoi crimini: l'uso costante della stessa automobile, i mozziconi di sigaretta abbandonati su diverse scene del crimine, al pari di varie tracce organiche, orme di scarpa e impronte digitali, il metodo di coprire il capo delle vittime prima di ucciderle.

L'ultimo tentativo delittuoso ascrivibile a questo filone avvenne il 3 aprile, quando prese appuntamento a Sanremo con la prostituta Luisa Ciminiello; recatosi a casa sua, fu però indotto a desistere dal proposito omicida allorché la donna gli mostrò la foto di un bambino, che disse essere suo figlio (in realtà era il nipote). Bilancia quindi lasciò la casa senza commettere il crimine e l'indomani telefonò alla donna per chiederle scusa e di non denunciarlo.

Gli omicidi sui treni e il "mostro della Liguria" modifica

Dopo quest'ultimo rovescio, Bilancia cambiò improvvisamente il suo modo di agire e la tipologia delle sue vittime.

Il 12 aprile prese l'Intercity La Spezia-Venezia, sul quale individuò una vittima a caso: Elisabetta Zoppetti, infermiera milanese dell'Istituto Nazionale dei Tumori di ritorno da una vacanza a Lavagna. Quando la donna andò al bagno, Bilancia la seguì, aprì la porta con una chiave quadrata che aveva con sé, immobilizzò Zoppetti buttandole la giacca sul capo e le sparò. Scese quindi dal treno a Voghera e ne prese uno in direzione inversa, non prima di aver telefonato ai genitori da una cabina per fare gli auguri di Pasqua.

Dopo un ulteriore delitto a danno di una prostituta (il 14 aprile uccise Kristina Valla, di origine macedone, sulla strada tra Albenga e Ceriale), il 18 aprile tornò a colpire su un treno, sulla tratta Genova-Ventimiglia, assassinando la babysitter Maria Angela Rubino con lo stesso "schema" usato per Zoppetti, intrappolandola nella ritirata di un vagone. Dopo essersi masturbato sul suo cadavere, scese dal treno a Bordighera.

Il caso del "mostro della Liguria" salì al clamore delle cronache, dal momento che, da un ambiente limitato e relativamente isolato come quello della prostituzione, era passato a colpire con assoluta casualità sui treni. La paura nei cittadini fu tale che il Procuratore Generale di Genova Guido Zavanone raccomandò ai viaggiatori di osservare comportamenti prudenti sui treni in Liguria (viaggiare solo se necessario e, soprattutto, viaggiare in compagnia). La mobilitazione delle forze dell'ordine divenne, in quei giorni, totale, con il pedinamento di vari sospettati (poi rivelatisi non coinvolti negli omicidi) e la ricerca su due tipi di automobili che erano coinvolte nel caso, ovvero una Mercedes-Benz 190 nera e una Opel Kadett bianca.

Il 20 aprile nell'area di servizio Conioli Sud sull'autostrada Genova-Ventimiglia, nel comune di Arma di Taggia, si compì l'ultimo dei delitti di Bilancia, che rapinò e uccise il benzinaio Giuseppe Mileto perché si era rifiutato di fargli credito per un pieno di benzina. Due giorni prima la Opel Kadett che aveva rubato era stata rimossa dai vigili urbani perché trovata in divieto di sosta, pertanto Bilancia aveva ricominciato a usare la Mercedes.

L'arresto modifica

La svolta nel caso avvenne quando giunse ai Carabinieri una notizia, apparentemente insignificante: Pino Monello, l'amico che gli aveva venduto la Mercedes nera, ignaro dei suoi crimini, si recò in procura per denunciare la mancata formalizzazione del passaggio di proprietà e per contestare una serie di multe ricevute per il mancato pagamento di pedaggi autostradali. Bilancia aveva infatti il vizio di "bruciare" i caselli accodandosi a un'altra auto ed evitando così di pagare il pedaggio: la targa dell'automezzo era stata quindi ripetutamente segnalata, con relative contravvenzioni. I Carabinieri scoprirono una corrispondenza quasi perfetta tra Bilancia e l'identikit creato in base alla descrizione data da Lorena; inoltre le tracce degli pneumatici sulle scene di alcuni degli omicidi erano perfettamente compatibili con quelle della Mercedes, così come la prova del DNA confrontato con quello rinvenuto sul corpo di Maria Angela Rubino.

Donato Bilancia fu arrestato il 6 maggio 1998 all'uscita dell'ospedale San Martino di Genova, dove si era recato per degli esami: dopo un'iniziale resistenza (temendo si trattasse di sicari venuti a ucciderlo), si calmò quando comprese che si trattava di Carabinieri. Nella perquisizione a casa sua fu trovata la pistola Smith & Wesson 38, con nel tamburo ancora 4 proiettili Lapua Patria. Dopo pochi giorni rese confessione spontanea di tutti gli omicidi, attribuendosi anche il delitto di Giorgio Centanaro, inizialmente considerato morto per cause naturali[10][11].

La condanna e la vita in carcere modifica

Venne condannato a 13 ergastoli per i 17 omicidi e a 16 anni di reclusione per il tentato omicidio di July Castro, con sentenza del 12 aprile 2000 del tribunale di Genova, con 3 anni di isolamento diurno, sentenza confermata poi in Corte d'appello e in Corte di Cassazione.[12] Scontò inizialmente la sua pena alla Casa circondariale Marassi, poi dal 2000 alla Casa di reclusione di Chiavari (dove si rese protagonista di minacce gravi a due agenti, che gli costarono un nuovo processo a gennaio 2005), per essere trasferito pochi anni dopo nella Casa circondariale Due Palazzi di Padova. A causa delle minacce e aggressioni ricevute da altri detenuti, l'isolamento divenne di 11 anni, durante i quali pensò più volte al suicidio, senza mai trovare il coraggio di metterlo in atto.[13][14][15]

Concluso l'isolamento (durante il quale, nel 2004, ebbe modo di rilasciare un'intervista a Paolo Bonolis nel programma Domenica in, circostanza che non mancò di causare polemiche[16][17]), a inizio dicembre 2011 manifestò, a mezzo stampa, la volontà di "potersi occupare, come nonno, di un bambino bisognoso, anche disabile"; tempo dopo la sua richiesta venne accolta, e iniziò a sostenere economicamente con parte della sua pensione di invalidità civile (la quale ammontava a 528,35 euro mensili) un bambino affetto da sindrome di Down e altre disabilità, ospite dell'Opera della Provvidenza S. Antonio, a Rubano, e una famiglia siciliana con tre figli disabili. Nel carcere padovano si appassionò inoltre al teatro, frequentando un corso tenuto da Maria Cinzia Zanellato, e alle lingue straniere, studiando inglese, francese e spagnolo. Nel luglio 2015 scrisse un articolo, reso pubblico postumo, nel quale lamentava frequenti attacchi mediatici alla sua persona.[13][18]

Nel 2016, presentando una tesina sul welfare state, si diplomò in Ragioneria, presso l'Istituto Tecnico Commerciale Statale "Luigi Einaudi", ottenendo una votazione di 83/100. Si iscrisse poi a Progettazione e gestione del turismo culturale, all'Università degli Studi di Padova. Nel novembre 2017 ottenne un permesso dal Tribunale di sorveglianza per visitare, scortato, la tomba del padre a Nizza Monferrato. A gennaio 2019 fece richiesta al Tribunale di sorveglianza di un permesso premio per poter visitare il bambino disabile da lui sostenuto, ma la richiesta venne respinta perché considerato "ancora pericoloso". Il 15 dicembre 2019 si esibì, assieme ad altri detenuti, nel concerto di Natale presso l'auditorium del carcere, suonando la chitarra classica. A fine ottobre 2020 la Cassazione confermò il rifiuto del permesso premio.[15][19][20]

La morte modifica

A inizio dicembre 2020 nel carcere padovano scoppiò un focolaio di COVID-19 che contagiò detenuti e agenti, e Bilancia fu l'unico per il quale si rese necessario il ricovero presso l'Azienda ospedaliera di Padova, nel reparto di pneumologia. Abbattuto per il recente rifiuto del permesso premio, e imputando ai giudici il non aver compreso i suoi sforzi per cambiare, rifiutò le cure e, nonostante alcune lettere di incoraggiamento di chi lo seguiva, si lasciò morire per "non essere più un problema per la società". È deceduto il 17 dicembre 2020, all'età di 69 anni.[21][22][23]

Influenza sulla cultura popolare e di massa modifica

Note modifica

  1. ^ Gordiano Lupi, Serial killer italiani: cento anni di casi agghiaccianti da Vincenzo Verzeni a Donato Bilancia, Olimpia, 2005, p.241
  2. ^ Andrea Accorsi, Massimo Centini, La sanguinosa storia dei serial killer: i casi più inquietanti che hanno terrorizzato l'Italia del XIX e XX secolo, Newton & Compton, 2003, p.339
  3. ^ a b Nazzi, pp. 98-99
  4. ^ a b Nazzi, pp. 99-100
  5. ^ Piero Valentino, Abbraccia il figlio e si getta con lui sotto un treno, su ricerca.repubblica.it, 20 marzo 1987.
  6. ^ a b Nazzi, pp. 100-101
  7. ^ Nazzi, pp. 101-102
  8. ^ a b Nazzi, pp. 102-103
  9. ^ a b Nazzi, pp. 104-105
  10. ^ Blog | La vera storia di Donato Bilancia, il più temuto serial killer italiano, su Il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2020. URL consultato il 6 settembre 2022.
  11. ^ 'Ecco come ho ucciso le mie 17 vittime', su www.repubblica.it. URL consultato il 6 settembre 2022.
  12. ^ Emanuela Longo, Donato Bilancia/ Serial killer più spietato d'Italia: 13 ergastoli, ucciso dal Covid, su ilsussidiario.net, 18 settembre 2021. URL consultato il 22 settembre 2021.
  13. ^ a b Francesco Morelli, Donato Bilancia scrisse: "Condannato anche all'ergastolo mediatico", su Ristretti - Centro di documentazione - Due palazzi. URL consultato il 22 settembre 2021.
  14. ^ Chiavari: Bilancia in aula per minacce a due agenti - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 22 settembre 2021.
  15. ^ a b Ergastolano Bilancia verso la laurea - Liguria, su ansa.it, 29 giugno 2018. URL consultato il 22 settembre 2021.
  16. ^ Domenica in, va in onda l'intervista al killer, su corriere.it, Corriere della Sera, 25 aprile 2004. URL consultato il 1º febbraio 2015.
  17. ^ Aldo Grasso, Bonolis, una domenica con il serial killer, su corriere.it, Corriere della Sera, 26 aprile 2004. URL consultato il 1º febbraio 2015.
  18. ^ Lettera di Bilancia dal carcere: «Adesso voglio fare il nonno», su ilsecoloxix.it, 3 dicembre 2011. URL consultato il 1º febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 7 dicembre 2011).
  19. ^ Alessandro Macciò, Il serial killer diventa ragioniere con 83, su Corriere del Veneto, 12 luglio 2016. URL consultato il 22 settembre 2021.
  20. ^ PERMESSO PREMIO NEGATO A BILANCIA, su Le Cronache Lucane, 31 ottobre 2020. URL consultato il 22 settembre 2021.
  21. ^ Donato Bilancia in ospedale a Padova per Covid, su ildubbio.news, 9 dicembre 2020. URL consultato il 22 settembre 2021.
  22. ^ Donato Bilancia morto di Covid a 69 anni: il serial killer era nel carcere di Padova, in il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2020. URL consultato il 17 dicembre 2020.
  23. ^ Padova, Donato Bilancia morto in cella per Covid. Il serial killer uccise 17 persone, su Corriere del Veneto, 18 dicembre 2020. URL consultato il 22 settembre 2021.
  24. ^ Ultima pallottola, su fiction.mediaset.it, mediaset.it, 24 febbraio 2003. URL consultato il 1º febbraio 2015.
  25. ^ Rai Tre - Stelle Nere - Donato Bilancia, il killer dei treni, su stellenere.rai.it. URL consultato il 23 settembre 2015.
  26. ^ L’infanzia umiliata del serial killer, su Gli ascoltabili. URL consultato il 2 marzo 2024.
  27. ^ {{http://wwwraiplay.it/video/2022/10/Le-tre-vite-di-Donato-Bilancia-4e33b4a9-4367-4c51-a6f1-fe1a99d549df.html la storia di Donato Bilancia ricostruita rintracciando i testimoni delle sue tre vite, quella del giocatore nella Genova che a occhio nudo non si vede; quella dell’assassino, ricostruita attraverso gli audio originali della confessione resa negli interrogatori; quella del carcerato, durata 22 anni, dal 1998 fino al 17 dicembre 2020.
  28. ^ Indagini - Liguria Piemonte, ottobre 1997- aprile 1998 - Prima parte, su Il Post. URL consultato il 1º marzo 2024.

Bibliografia modifica

  • Ilaria Cavo, Diciassette omicidi per caso. Storia vera di Donato Bilancia, il serial killer dei treni, Milano, Mondadori, 2006, ISBN 88-04-55123-2.
  • Luciano Garofano, Delitti imperfetti Atto II: nuovi casi per il Ris di Parma, Milano, Marco Tropea Editore, 2004, ISBN 88-438-0515-0.
  • Vittorino Andreoli, Il lato oscuro. Un grande psichiatra racconta nove storie italiane di crimine e follia., Milano, Mondolibri, 2002, ISBN 88-17-87102-8.
  • Carmelo Lavorino, Donato Bilancia - Criminal Mind - il serial killer con la calibro 38., CESCRIN, 2022.
  • Stefano Nazzi, Il volto del Male, Milano, Mondadori, 2023, ISBN 9788804773641.

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