Dionigi di Alicarnasso[1] riporta che Enea giunto in Sicilia, incontratosi con Aceste e Elimo, dimostrò loro la sua amicizia col fondare per essi le città di Segesta e di Elima.

Distribuzione delle antiche popolazioni indigene della Sicilia
Città principali della Sicilia occidentale arcaica, elimi e sicani

Dibattito sulla sua origine e collocazione modifica

Taluni hanno voluto intendere per Elima la città di Erice. Dionisio riconferma il nome della città di Elima ben due volte: la prima quando afferma che Enea la fondò in onore di Elimo, e successivamente quando afferma che in cima eresse un tempio a Afrodite. Secondo Gabriella Vanotti[2] la spiegazione risiederebbe sul fatto che si parla di un altare a Afrodite Aineias posto sul punto più alto della città, e a Erice il tempio si trova proprio in cima al monte San Giuliano. Ma Dionisio parla pure di un tempio eretto da Erice a Segesta, di cui, afferma con un certo sgomento lo stesso autore, non esiste traccia. Peraltro anche gli storici antichi menzionano, ora una, ora un'altra città, alimentando dubbi e perplessità:

Ciascun storico antico fa riferimento a nomi diversi, alimentando una grande confusione, al punto che prima degli scavi presso la città di Entella si riteneva che neppure questa città fosse mai esistita; sulla stessa linea diversi storici hanno voluto in maniera del tutto arbitraria identificare la città di Elima con Erice, ritenendo pertanto che una città di nome Elima non sia mai esistita.
Ma in ordine alla presunta collocazione di un tempio a Afrodite che giustificherebbe l'identificazione di Elima con Erice va ricordato che l'Afrodite di Erice fu detta Ericina in tutte le fonti e mai Aineias.
Dionigi d'Alicarnasso è consapevole che la città di Erice preesiste all'arrivo di Enea e ancor prima all'arrivo di Elimo ed Aceste, per cui non ha alcun motivo di ritenere che Enea venga in Sicilia a fondare Erice.

Se le fonti attestano dell'arrivo di un Elimo, di nobili discendenze, al punto tale che il popolo da lui prese il nome, si deve ritenere che allo stesso modo di come Segesta prese nome dall'eponimo Aceste, debba essere esistita una città Elima dall'eponimo Elimo.

Collocazione geografica modifica

Nel 1956, l'Aloisio[7] pone la costruzione della città sul monte Castellazzo di Poggioreale, afferma che non si trattò di una città grande e importante quanto Segesta, destinata a diventare il centro politico degli Elimi, ma che ebbe una connotazione di fortilizio, posta in una posizione strategica a controllo della via del Crimiso destro, a suo tempo un fiume navigabile, che da Selinunte conduceva al punto di confluenza, in uno snodo cruciale per raggiungere Agrigento-Siracusa, passando da Camico, o per raggiungere la città di Schera (Corleone) e Makella (Marineo) e da lì seguendo il corso dell'Eleuterio il mare dei Tirreni e Himera. Elima era posta sul monte che controlla il ramo destro del Belice, come Entella era posta sul sinistro. Dalla cima della Rocca di Entella si scorge il corso del fiume Belice fino alle pendici di Partanna, dal monte Castellazzo la vista spazia fino al mare dei Tirreni a Nord, e al mare Libico a Sud. Da ciascuna cima dei due monti si scorge l'altra, tale da permettere un sistema di comunicazione visivo antico quanto efficace.

Secondo invece un'ipotesi di Vittorio Giustolisi (1985) la città di Elima sarebbe da identificarsi con l'antico abitato sul Monte Bonifato (del quale rimangono soltanto le rovine), nelle vicinanze dell'odierna città di Alcamo.[8]

Scavi archeologici sul Monte Castellazzo di Poggioreale modifica

«.. poiché pur io ho sentito come tradizione del luogo essere stato quello il sito di Elima»

«.. Infatti la città dovette avere la sua necropoli, il suo cimitero dovette trovarsi sull'altipiano sottostante al piano stesso della città, ubicato sul lato nord-nord est, ove oggi porta il nome “Madonna del Carmine”. Quivi si sono scoperte tombe e vasi tipici del protocorinzio ed ellenico, e dei periodi più lontani ancora: patere, ampolle a collo stretto, istoriate col pavone, con la cerva, dai colori finissimi e vivi, lucidi, chiari, a fondo giallognolo, di colore nero ebano... vasi unguentari, sugli stessi tipi, anfore conformi, anche piccolissime e di più grandi a collo largo, decorate da ornato di diversi colori... frammenti di idoletti di terracotta, Cerere e Proserpina tanto coltivate in Sicilia, piccole teste di animali (cani) in terra cotta, i quali farebbero pensare alla concezione mitologica vivente presso gli Elimi i quali credevano Egesto nato dall'unione del cane col Crimiso.
Sul monte (lato est nord-est proprio di recente sotto lo scavo, a motivo agricolo, si sono scoperti e quasi allineati numerosi tholus: la caratteristica presenza di tombe a volta sotterranea coperte a mo' di cupola e tombe a cassa di pietra, coperte da unica lastra.»

Note modifica

  1. ^ Dion. Halic.(1,47,2)
  2. ^ G.Vanotti – L'altro Enea, la testimonianza di Dionigi di Alicarnasso
  3. ^ [L.VI – Tucidide]
  4. ^ Scoli a Licofrone - Alex 953
  5. ^ Aen. 5,73
  6. ^ Strabone (VI,2,4)
  7. ^ Can. F. Aloisio - Storia di Poggioreale - Tip. Friulla Palermo, 1956
  8. ^ Gruppo Archeologico Drepanon, p. 18.

Bibliografia modifica

  • Gruppo Archeologico Drepanon, Bonifato - La montagna ritrovata, Trapani, Il Sole editrice, 2014, ISBN 978-88-905457-3-3.

Voci correlate modifica