Estetica trascendentale
L'Estetica trascendentale è la prima parte dell'opera Critica della ragion pura (1781; seconda edizione 1787), del filosofo prussiano Immanuel Kant (1724-1804). La parola estetica, in questo contesto, non rinvia alla scienza del bello, ma alla sensibilità (Sinnlichkeit), intesa come facoltà di ricevere intuizioni sensibili (Anschauungen).
Il titolo modifica
Per comprendere a pieno il titolo che Kant volle dare alla prima parte della sua opera, occorre considerare la storia dei due termini che lo compongono:
- l'estetica era stata introdotta da Alexander Gottlieb Baumgarten per definire la scienza del bello (significato che più si avvicina alla moderna accezione del termine). Kant recupera il significato greco del termine (àisthesis: sensazione, percezione sensoriale), utilizzandolo per indicare una scienza della sensibilità, ovvero quella che per Kant è la percezione delle cose esterne da parte della particolare costituzione umana;
- il trascendentale, per Kant, è invece ciò che precede qualunque esperienza ed allo stesso tempo ne indica le condizioni. Dunque il filosofo utilizza trascendentale come sinonimo di a priori, di puro, allontanandosi dal significato che la filosofia scolastica dava sia al termine trascendente (ciò che è in contrapposizione a ciò che è empirico) sia al termine trascendentale, predicato che solo, per la sua somma universalità, è attribuibile ai perfetti attributi di Dio riguardo al suo intelletto - somma verità - e alla sua volontà - sommo bene.
Il debito con Hume modifica
Questa necessità formale nasceva proprio dalla dottrina di David Hume che aveva dimostrato con la sua critica al concetto di causa, come fosse impossibile fare affermazioni su ogni realtà che andasse oltre i limiti dell'esperienza. Il rapporto causa-effetto infatti si riduceva per lui ad una serie di constatazioni per cui se ad ogni causa simile seguiva un effetto simile, nasceva in noi un'aspettativa per la quale, verificandosi ancora una volta una causa simile alle precedenti ci si aspettava che si presentasse necessariamente l'effetto corrispondente. Ma in effetti nulla ci garantisce che questo debba necessariamente verificarsi. Il rapporto causa-effetto quindi si riduce ad uno stato d'animo d'attesa, soggettivo, che nulla ci assicura che debba essere soddisfatto.
La validità delle leggi scientifiche, basate sul rapporto causa-effetto non era più quindi garantita per l'avvenire ma era tale solo per il passato. Questo accadeva per un'antitesi inconciliabile tra la ragione umana che aspira a leggi universali e l'osservazione empirica che fornisce solo casi singoli.
Ne I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica (1764) Kant si riconosce debitore di Hume che lo ha fatto uscire dal dogma metafisico ma rifiuta il suo scetticismo secondo il quale gli stessi fatti empirici non sono certi, ma si riducono a semplici impressioni che poi si traducono in idee, copie sbiadite delle sensazioni, che conserviamo solo per l'utilità della vita. Hume quindi concludeva come fosse impossibile un sapere scientifico, un sapere autentico, stabile e sicuro, che Kant invece s'incarica di rifondare proprio nell'Estetica trascendentale.
I giudizi scientifici modifica
«Il problema vero e proprio della ragion pura è contenuto nella domanda: come sono possibili i giudizi sintetici a priori?»
Come primo passo egli sistema il problema con un metodo tratto dalla logica formale per cui distingue tre tipi di conoscenze (giudizi):
- il giudizio analitico, così denominato poiché deriva dall'analisi del soggetto, (per es: il triangolo ha tre angoli) necessario, nel senso che una volta affermato non può più essere negato, ed universale, che tutti gli uomini dotati di ragione possono emettere: questo tipo di sapere è a priori, cioè prescinde dall'esperienza e proprio per questo, questi giudizi non sono estensivi della conoscenza in quanto non ci dicono nel predicato (tre angoli) niente di più di quello che già sapevamo con il soggetto (il triangolo).
- il giudizio sintetico, così chiamato perché espresso in sintesi, in "unione" con l'esperienza, (per es.: "alcuni corpi sono pesanti") non è necessario come il primo, qui posso affermare e negare (alcuni corpi non sono pesanti) né universale, non appartiene a tutti gli uomini dotati di ragione: perché in questo caso non basta la ragione occorre fare esperienza della pesantezza dei corpi. Questi sono a posteriori e per questo sono estensivi della conoscenza.
Ora il sapere scientifico dovrebbe avere le caratteristiche di necessità e universalità dei primi (gli analitici), in modo che, contrariamente a quanto sosteneva Hume esso possa essere stabile e sicuro e nello stesso tempo, riguardando l'esperienza, possa essere estensivo della conoscenza come i secondi (i sintetici). Occorrerebbe cioè che fossero possibili giudizi sintetici (basati sull'esperienza e quindi estensivi della conoscenza) a priori (necessari ed universali).
Che essi siano possibili è dimostrato dal fatto che, nonostante le critiche di Hume, la scienza compie notevoli progressi: questo non sarebbe possibile se essa non avesse un fondamento teorico valido. Questo è il compito che si assume Kant: trovare una giustificazione della validità del sapere scientifico.
La rivoluzione copernicana modifica
Invece di cercare fuori di noi la giustificazione dei giudizi scientifici, compito inutile poiché Hume ha dimostrato che l'esperienza non potrà mai darci alcunché di universale e necessario, occorrerà cercarla all'interno del nostro stesso processo conoscitivo: così come ha fatto Niccolò Copernico che ha cercato la causa apparente del movimento dei cieli non nel cielo ma nella Terra.
Che cos'è dunque il processo conoscitivo? Non è un puro e semplice ricevere passivamente dati sensibili ma è anche e soprattutto elaborarli, sintetizzarli, ordinarli secondo "forme a priori" proprie di ogni soggetto pensante. Esse cioè sono forme a priori nel senso che sono presenti in noi prima di ricevere il primo dato sensibile, noi cioè abbiamo dall'inizio, prima ancora di fare la prima esperienza, questi contenitori (forme) già predisposti, pronti a ricevere i contenuti sensibili che ci vengono dall'esterno e che noi selezioniamo ed ordiniamo.
Per intendere meglio Kant parla di forme a priori o "funzioni trascendentali" che, per il primo gradino della conoscenza sensoriale, l'Intuizione, che svolge un'attività discriminante [1], sono lo spazio e il tempo.
La nostra ragione cioè, funziona (funzioni) in modo da inquadrare il primissimo dato sensibile che riceve, e poi tutti i successivi, nello spazio e nel tempo. Questo può farlo poiché ad essa appartiene un modo di funzionare (funzione) tale che è presente da sempre (trascendente), prima ancora di fare esperienza, ma che si attiva e diventa reale solo nel momento in cui riceve i dati sensibili (immanente).
Trascendentale cioè vuole significare, volgarizzando il pensiero kantiano, una sintesi di trascendente e immanente.
Spazio e tempo modifica
Lo spazio quindi è la forma della sensibilità delle cose esterne: tramite l'intuizione percepiamo in modo immediato la disposizione nello spazio delle cose esterne. Il tempo è la forma della sensibilità interna per cui percepiamo la successione nel tempo dei fatti percettivi che si succedono nella nostra interiorità.[2]
Sintetizzando spazio e tempo, secondo Kant,
- sono forme "pure" a priori della sensibilità - considerata ricettiva perché non genera i propri contenuti ma li accoglie per intuizione - che sussistono prima (a priori) di ogni esperienza (forme prive di contenuto), dei quadri mentali entro cui connettiamo i dati fenomenici,
- "funzioni", modi di funzionamento della nostra mente;
- sono trascendentali, cioè acquistano senso e significato solo se riferiti all'esperienza ma non appartengono all'esperienza,[3]
- e quindi necessari, cioè anche se volessi non potrei farne a meno nella conoscenza empirica,
- ed universali, cioè appartengono a tutti gli uomini dotati di ragione.
Secondo Kant la matematica e la geometria, i fondamenti della scienza, sono sintetiche (aggiungono qualcosa di nuovo alla conoscenza del soggetto) e a priori in quanto la loro validità è indipendente dall'esperienza.
La geometria usa intuitivamente lo spazio e la matematica fa lo stesso con il tempo, cioè di successione di unità quantitative.
Le funzioni trascendentali necessarie ed universali modifica
Le funzioni trascendentali non vanno però confuse con le idee innate poiché queste sono sì presenti da sempre nella nostra mente come le funzioni trascendentali, ma si differenziano da queste perché oltre alla forma hanno un contenuto (per es.: l'idea innata di Dio), oggetto di vera e propria conoscenza. Le forme a priori invece sono solo forma (contenitori), non hanno oggetti di conoscenza ma sono una funzione trascendentale, uno strumento indispensabile per conoscere (necessario), di cui anche volendo non si può farne a meno, poiché connaturato in noi, che appartiene a tutti gli uomini dotati di ragione (universale).
Ecco quindi che appaiono le caratteristiche che danno il fondamento onnipresente di autenticità e stabilità al sapere scientifico, necessario ed universale, ed insieme estensivo della conoscenza perché riferito all'esperienza [4].
Per chiarire meglio: l'attività trascendentale ordina i dati empirici secondo forme a priori (funzioni trascendentali) comuni ad ogni soggetto pensante. Esse e soltanto esse danno al pensiero la possibilità di costruire proposizioni estensive del conoscere e nello stesso tempo fornite di validità universale e necessaria.
Non è quindi vero, come sosteneva Hume, che le conoscenze empiriche basate sul rapporto causa-effetto hanno solo un valore soggettivo [5], ma sono invece valide per tutto il mondo della natura, il quale è formato dall'attività trascendentale del pensiero. Quello che non è consentito è applicare le proposizioni scientifiche al di fuori del mondo empirico cioè servirsi di esse non per conoscere l'esperienza ma per tentare di oltrepassarla. Sarà questo il tema affrontato nella terza parte della Critica della ragion pura: la Dialettica trascendentale.
Note modifica
- ^ discrimina, cioè seleziona i dati sensibili dalla corrente continua che ci arriva dall'esterno.
- ^ Rifacendosi a Hume, anche Kant distingue una sensibilità esterna, costituita dalle sensazioni e una sensibilità interna costituita da fatti percettivi, meno intensi delle sensazioni, come le emozioni, le passioni, i sentimenti. Il tempo fa parte di questa sensibilità interna.
- ^ Non faremo mai esperienza diretta dello spazio in sé ma solo di oggetti estesi, così non avremo mai esperienza del tempo in sé ma della successione complessiva di molteplici e particolari istanti.
- ^ Com'era appunto sul piano logico formale per i giudizi sintetici a priori
- ^ Lo stato d'animo d'attesa di cui parlava Hume
Bibliografia modifica
- C. Cantoni, Emanuele Kant, Hoepli, Milano, 1879-1884, 3 voll.
- F. Paulsen, I.Kant, trad. it. a cura di A. B. Sesta, Sandron, Milano 1920
- G. Simmel, Kant, trad.it. Cedam, Padova, 1920
- E. P. Lamanna, Kant, Milano 1925
- S. Caramella, Commentari alla ragion pura, Palumbo, Palermo 1956
- C. Luporini, Spazio e materia in Kant, Sansoni, Firenze 1961
Voci correlate modifica
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 29666 |
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