Filippo Caruso
Filippo Caruso (Casole Bruzio, 24 agosto 1884 – Roma, 12 settembre 1979) è stato un generale e partigiano italiano, insignito di Medaglia d'oro al valor militare a vivente nel corso della seconda guerra mondiale, comandante del Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri noto come "Banda Caruso". Decorato anche di Medaglie di bronzo al valor militare.
Filippo Caruso | |
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Il generale di divisione Filippo Caruso | |
Nascita | Casole Bruzio, 24 agosto 1884 |
Morte | Roma, 12 settembre 1979 |
Dati militari | |
Paese servito | Italia Italia |
Forza armata | Regio Esercito Esercito Italiano |
Arma | Fanteria Carabinieri |
Anni di servizio | 1905 – 1957 |
Grado | Generale di divisione |
Guerre | Guerra italo-turca Prima guerra mondiale Seconda guerra mondiale |
Battaglie | Battaglia di Vittorio Veneto |
Comandante di | Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri 2ª Divisione Carabinieri "Podgora" |
Decorazioni | vedi qui |
Studi militari | Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena |
Pubblicazioni | vedi qui |
dati tratti da Combattenti Liberazione[1] | |
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Biografia
modificaNacque a Casole Bruzio, piccola località della Presila cosentina, il 24 agosto 1884,[2] in seno a una famiglia borghese con tradizioni militari e risorgimentali.
La carriera militare
modificaIniziò la carriera militare nel 1905, arruolandosi nel Regio Esercito come sottotenente di complemento nel 44º Reggimento fanteria.[1] Dopo aver frequentato i corsi presso la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, passò in servizio permanente effettivo nel 1909, in forza al 18º Reggimento fanteria[1], con cui combatté in Libia nella guerra italo-turca (1911-12).[2]
Rientrato in patria con la promozione al grado di tenente, nel 1914 fu trasferito nell'Arma dei Carabinieri.[1] Prese parte alla prima guerra mondiale, combattendo in seno alla 11ª Divisione sul medio corso dell'Isonzo e poi con la 114ª Sezione presso il Comando Supremo.[1] Promosso capitano nel 1917, combatté con la 26ª Divisione, distinguendosi poi nell'avanzata su Trento e Bolzano dell'ottobre-novembre 1918.[2] Al termine della guerra risultava decorato con due Medaglie di bronzo al valor militare e con un Encomio solenne. Tra il dicembre 1918 e il luglio 1919 fu organizzatore del servizio territoriale dei Carabinieri dapprima in Alto Adige e poi in Dalmazia.[1] Smobilitato in quel mese, fu nominato comandante di una Compagnia Carabinieri a Firenze, distinguendosi durante quei tumultuosi mesi in Toscana. Operò a Trieste in occasione della crisi di Fiume, ricevendo un secondo Encomio solenne per il suo comportamento in quel frangente.[2]
Promosso maggiore nell'aprile del 1925, in forza alla Legione Carabinieri di Livorno, si laureò in giurisprudenza.[1] Ritornato a Firenze, assunse il comando della Divisione interna dei Carabinieri, venendo promosso tenente colonnello, ricevendo un terzo Encomio solenne per i servizi resi.[2] Tra l'ottobre 1931 e il settembre 1933 fu comandante del distaccamento Allievi Carabinieri di Torino.[2] Dal settembre 1933 al gennaio 1935 fu al comando dei Carabinieri dell'Ispettorato generale di polizia in Sicilia.[2] Nel luglio 1937 fu promosso colonnello, assumendo il comando della Legione CC di Ancona. Tra il febbraio 1940 e il settembre 1941 fu in servizio presso la III° Brigata Carabinieri, di cui fu comandante interinale.[1] Trasferito a Roma nell'agosto 1941, divenne capo del personale e ispettore generale dei consorzi per il razionamento e la distribuzione delle carni alle F.F.A.A. ed alla popolazione civile presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste.[1]
Nel gennaio 1942 fu promosso generale di brigata, in servizio a Roma presso la II° Divisione Carabinieri "Podgora", e nel marzo del 1943 venne congedato a domanda per limiti di età.[1]
Nella Resistenza
modificaDopo l'8 settembre 1943, giorno della fuga del re e dei vertici militari e di governo da Roma, benché in pensione, diede vita con i Carabinieri sfuggiti alla cattura dei tedeschi alla cosiddetta "Banda Caruso", unificando in novembre nel Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri[3] le diverse bande di Carabinieri dell'Italia centrale e alcuni civili [4] in reparti per la lotta antifascista nelle località occupate dai tedeschi. Arrestato dalla polizia tedesca il 25 maggio 1944[N 1] e rinchiuso nel carcere delle SS di via Tasso, resistette alle torture senza parlare (restò menomato e dichiarato "grande invalido di guerra") e riuscì a fuggire in extremis durante l'entrata nella Capitale delle truppe alleate.[2]
Decorato di Medaglia d'oro al valor militare, dal luglio 1944 riprese nuovamente il servizio con compiti ispettivi nei riorganizzati reparti Carabinieri dell'Italia meridionale e nella 3ª Divisione Carabinieri "Ogaden".[1]
Nel dopoguerra
modificaFinita la guerra, promosso generale di divisione per meriti di guerra, dal luglio 1946 comandò la 2ª Divisione Carabinieri "Podgora"[2] e dall'aprile 1949 fu a disposizione del Ministero della difesa per incarichi speciali.
Fu collocato in congedo assoluto nell'aprile 1957 con il riconoscimento di "Grande invalido di guerra".[2]
Riconoscimenti
modificaAl generale Filippo Caruso è intitolata la caserma del comando provinciale dell'Arma di Cosenza e le sezioni di Roma e Cosenza dell'Associazione nazionale carabinieri, così come una via a Roma ed una a Casole Bruzio. Il 168º corso allievi carabinieri ausiliari fu intitolato a lui.
Onorificenze
modifica— Decreto 18 giugno 1944[6]
— Decreto Luogotenenziale 8 ottobre 1944[7]
Opere
modifica- L'arma dei carabinieri in Roma durante l'occupazione tedesca, Poligrafico dello Stato, Roma, 1949.
Note
modificaAnnotazioni
modifica- ^ Fu arrestato in una trattoria di via "Attilio Regolo" insieme con il colonnello Caratti e il capitano dei carabinieri Gianola.
Fonti
modifica- ^ a b c d e f g h i j k Combattenti Liberazione.
- ^ a b c d e f g h i j k Carabinieri.
- ^ Portelli 1999, p.167.
- ^ Andrea Galli, Carabinieri per la libertà,2016,p.44.
- ^ Quirinale - Scheda - visto 16 gennaio 2009
- ^ Registrato alla Corte dei Conti il 19 luglio 1949 – Esercito registro 21, foglio 359.
- ^ Bollettino ufficiale 15 gennaio 1948, dispensa 1ª, registrato alla Corte dei conti lì 10 novembre 1944, registro 1, foglio 438.
Bibliografia
modifica- Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. 8 settembre 1943, Bologna, il Mulino, 2003, ISBN 978-88-15-11322-1.
- Aldo Cazzullo, Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della resistenza, Milano, Rizzoli, 2015.
- Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964.
- Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma, Donzelli editore, 1999, ISBN 88-7989-457-9.
- Mario Ragionieri, Enrico Nistri e Marco Rossi, 25 luglio 1943: il suicidio inconsapevole di un regime, Roma, Ibiskos Editore, 2007, ISBN 88-546-0152-7.
- Andrea Galli, Carabinieri per la libertà, Milano, Mondadori, 2016, ISBN 978-88-04-67098-8.
- Periodici
- Carlo Maria Magnani, Le fosse ardeatine, in Il Nastro Azzurro, n. 4, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, luglio-agosto 2013, pp. 8-9.
Altri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Filippo Caruso
Collegamenti esterni
modifica- Filippo Caruso, in Donne e Uomini della Resistenza, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
- Relazione di Caruso su arresto Mussolini - visto 2 settembre 2013https://www.carabinieri.it/arma/curiosita/non-tutti-sanno-che/c/caruso-filippo
- Caruso, Filippo, su Combattenti Liberazione, http://www.combattentiliberazione.it. URL consultato il 24 luglio 2019.
- Caruso, Filippo, su Carabinieri, https://www.carabinieri.it. URL consultato il 24 luglio 2019.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 307342552 · SBN CFIV269293 |
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