Fine dicitore

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Il fine dicitore era colui che nel teatro del primo Novecento italiano leggeva testi di canzoni o di altra provenienza come versi o prosa[1][2] intonando la voce a seconda della musicalità della parola e non a quella della melodia.

Il fine dicitore si esibiva nel corso di spettacoli di corte o, più avanti nei secoli, in rappresentazioni di varietà o di circoli privati, spesso accompagnato da uno o più strumentisti che eseguivano una melodia prestabilita. Come professione rimase relegata ai generi teatrali minori, visto che la declamazione eseguita aveva spesso un risultato comico o comunque legato molto più alla rappresentazione del testo in scena piuttosto che ad una effettiva interpretazione musicale.

Col tempo il termine ha assunto una connotazione principalmente ironica, con la quale si delinea la figura di un dicitore che esagera o esaspera la declamazione[3], al punto che il Vocabolario Treccani considera preminente l'accezione ironica[4]. All'evoluzione del concetto in senso ironico ha contribuito Ettore Petrolini con il suo Gastone.

«Il pezzo dove Gastone dice: «Vi faccio sentire tutto il succo del mio ingegno con un saggio della mia dizione. Io sono un fine dicitore e tutto ciò che dico è veramente profondo, perciò fate attenzione a questo mio soliloquio così denso di pensiero», è una parodia del parlare raffinato con effetti facilmente catalogabili nel comico.»

Note modifica

  1. ^ Dicitore nel Dizionario Sabatini Coletti
  2. ^ Fine dicitore, su Dizionario Nuovo De Mauro.
  3. ^ Dicitore nel Dizionario Hoepli
  4. ^ https://www.treccani.it/vocabolario/dicitore_%28Sinonimi-e-Contrari%29/
  5. ^ Franca Angelini, Petrolini, la maschera e la storia, Laterza 1984 [1]

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