Gens Valeria

gens romana

La gens Valeria (nomen: Valerius) era una gens (clan familiare) patrizia della Roma antica, probabilmente originaria di Cures Sabini, molto probabilmente facente parte delle cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio.

Il Sarcofago dell'Annona databile tra il 270-280 d.C. (in una camera sepolcrale della Via Latina, oggi nel Palazzo Massimo alle Terme), con raffigurati una potentissima famiglia della gens Valeria: i Valerii Poplicolae

Origine e territorio modifica

La Gens Valeria avrebbe avuto come capostipite un Volusus o Valesus, che sarebbe venuto da Cures Sabini (Dion. Hal. 2, 46) a Roma assieme a Tito Tazio. Il praenomen Valesus diede poi origine al nomen Valesius (testimoniato da epigrafi del VI secolo a.C.), trasformatosi successivamente in Valerius con il caratteristico rotacismo della s intervocalica del latino arcaico.

Storia modifica

Nel 509 a.C. un discendente di questo Valesus, Publio Valerio Publicola fu protagonista assieme a Lucio Giunio Bruto della cacciata di Tarquinio il Superbo, dando inizio alla Repubblica romana e ricoprendo per primo la magistratura consolare (in sostituzione di Lucio Tarquinio Collatino) con Lucio Giunio Bruto.

I Valerii furono una delle famiglie romane più illustri ed influenti, e ricoprirono numerose volte (ben 74) la carica di Console (secondi solo ai Cornelii, che ebbero il consolato per 106 volte). Politicamente furono molto attivi per il riconoscimento dei diritti dei plebei, durante il primo periodo della repubblica.

I Valerii avevano la propria residenza sulla sommità della collina Velia, e godettero a Roma di straordinari privilegi, tra i quali quello di essere gli unici le cui porte si aprivano direttamente sulla strada; nel circo avevano un seggio speciale a loro riservato. Inoltre potevano seppellire i loro defunti all'interno delle mura della città, privilegio riservato a pochissime famiglie, che mantennero anche quando passarono dall'uso dell'inumazione a quello della cremazione.

Sembra inoltre che durante il periodo di transizione dalla monarchia alla repubblica, i membri della Gens Valeria avessero il privilegio di esercitare i poteri regi, in virtù della loro origine sabina e quindi della loro appartenenza alla tribù dei Tities.

Tra i cognomina sono frequenti Publicola (o Poplicola), Potito, Voluso, Massimo, Corvo (Corvino), Flacco, Messalla, Faltone, Levino, Tappo, Triario, Acisculo, Catullo.

Diversi membri della Gens Valeria ebbero diritto di coniare monete, sulle quali troviamo incisi i cognomina Acisculus, Barbatus, Catullus e Flaccus.

Personaggi illustri modifica

Tra i Valerii più noti ricordiamo:

 
Esempio di CIL databile all'11 d.C., dedicata a Marco Valerio Florenzio e Marco Valerio Erodio, entrambi appartenenti alla gens Valeria

Valerii Poplicolae modifica

Valerii Potiti modifica

 
Cippo per Lucio Valerio Rusticio, databile al I sec. d.C.

Valerii Messallae modifica

Valerii Flacci modifica

Valerii Maximi modifica

Valerii Faltones modifica

Valerii Levini modifica

Valerii Triarii modifica

Altri Valerii modifica

 
Forse il più grande esponente della gens Valeria: l'imperatore Costantino (qui rappresentato con un busto al Palazzo dei Conservatori)

Imperatori romani modifica

Note modifica

  1. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 77.
  2. ^ (EN) T. Robert S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, a cura di Phillip H. De Lacy, collana Philological Monographs, II, 1ª ed., New York, American Philological Association, 1952, pp. 86, 91.
  3. ^ Gaio Giulio Cesare, Commentarii de bello civili, III, 5, 3; 92, 2.
  4. ^ Marco Tullio Cicerone, Brutus, 265-266.
  5. ^ Marco Tullio Cicerone, De finibus bonorum et malorum, I.
  6. ^ Cicerone, Epistulae ad Atticum, XII, 28, 3.
  7. ^ Marco Tullio Cicerone, Epistulae ad Atticum, IV, 16, 6; 17, 5.
  8. ^ Quinto Asconio Pediano, Orationum Ciceronis quinque enarratio, Pro M. Scauro, 18, 28.
  9. ^ (EN) T. Robert S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, a cura di Phillip H. De Lacy, collana Philological Monographs, II, 1ª ed., New York, American Philological Association, 1952, pp. 109-110.

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