Giulio Nepote

imperatore romano (474 - 475)

Giulio Nepote (in latino Iulius Nepos; Dalmazia, ...[1]Salona, 25 aprile - 9 maggio - 22 giugno 480[2]) è stato un imperatore romano d'Occidente dal 474 al 475. Giulio Nepote, uno dei caduchi imperatori succedutisi tra il 455 e il 476, fu l'ultimo ad essere esponente della volontà da parte della corte imperiale di Costantinopoli, dopo Antemio, di poter mettere un uomo di sua fiducia sul trono occidentale. Il suo breve regno, costellato da insuccessi a livello diplomatico nei rapporti coi Visigoti, terminò quando il patrizio Flavio Oreste lo costrinse a fuggire nella natìa Dalmazia ponendo sul trono di Ravenna suo figlio, Romolo Augusto. Nepote continuò a considerarsi imperatore de jure d'Occidente anche dopo il suo crollo ad opera di Odoacre fino alla morte, avvenuta violentemente nel 480.

Giulio Nepote
Imperatore dell'impero romano d'Occidente
Tremisse di Giulio Nepote
Nome originaleIulius Nepos
Regno474 - 22 giugno 480 (de iure)
474 – 28 agosto 475 (de facto)
TitoliMagister militum
NascitaDalmazia
Morte25 aprile, 9 maggio o 22 giugno 480
Salona
PredecessoreGlicerio
SuccessoreRomolo Augusto
ConsorteNipote di Leone I
DinastiaTrace
PadreNepoziano

Anche se gli fu successore Romolo Augusto, è considerato da alcuni storici l'ultimo imperatore legittimo d'Occidente[3], avendo de iure detenuto il titolo sino alla morte.

Biografia modifica

Origini e ascesa al trono modifica

Il dominio dalmata e il legame con Costantinopoli modifica

 
Busto dell'Imperatore Leone I conservato al Museo del Louvre

Giulio Nepote era figlio di Nepoziano, magister militiae tra il 458 circa e il 461[4], e nipote di Marcellino, comes della Dalmazia[5]. In seguito all'assassinio dello zio Marcellino avvenuto in Sicilia nel 468[6], gli successe nel governo della regione dalmata, che all'epoca si estendeva fino al fiume Drina[7] e, pur formalmente alle dipendenze dell'Impero romano d'Occidente, era di fatto largamente autonoma[8]. Come già Marcellino prima di lui, Giulio Nepote intrattenne strette relazioni con l'Impero romano d'Oriente: fu magister militum per la Prefettura del pretorio dell'Illirico[9] e giunse persino a sposare una non specificata nipote di Leone I, imperatore d'Oriente, parente della moglie di quest'ultimo, Elia Verina[10].

La nomina ad Augusto d'Occidente e la sconfitta di Glicerio modifica

In Occidente si succedettero gli imperatori Antemio e Anicio Olibrio: dopo la morte di quest'ultimo nel 473, spettava a Leone indicare il nuovo imperatore, ma questi attese a nominare un collega, forse perché preferiva mantenere il controllo diretto sulla parte occidentale dell'impero, o forse per mancanza di candidati di rilievo.

 
Incisione raffigurante il presunto ritratto di Giulio Nepote. La scritta sotto riportante recita: «D[ominus] N[oster] IVL [ius] NEPOS P[ius] F[eliciter] AVG[ustus] IVLIVS NEPOS, Patricij Ordinis, Imperavit an[num] I mens II di IV sedente Simplicio, expulsus an[no] Chr[isti] CDLXXV».

Leone fu però obbligato ad agire, quando il patrizio Gundobado nominò imperatore Glicerio, un funzionario che rivestiva l'incarico di comes domesticorum[11]: era necessario infatti mettere sul trono d'Occidente un uomo fidato e non una marionetta di Gundobado come Glicerio, motivo per cui non fu accettato da Leone I[12]. La scelta dell'imperatore d'Oriente cadde su Nepote[13]: oltre a confermare la propria autorità sull'Occidente, Leone si sarebbe liberato di una possibile minaccia alla corte orientale[4].

Nel 474, dopo avere atteso la fine dell'inverno e la riapertura delle rotte marittime, Nepote partì per Roma: sbarcato a Ostia, senza combattere depose Glicerio, lo fece nominare vescovo di Salona (in Dalmazia)[14][N 1] e assunse la porpora, il 19 giugno[15]. È possibile, stando a diverse fonti, che l'elezione ad Augusto sia avvenuta a Ravenna, quindi prima della deposizione di Glicerio, che del resto non era considerato un legittimo imperatore e quindi non vi era necessità di una deposizione. Alternativamente, Nepote potrebbe essere stato nominato cesare a Ravenna dall'inviato dell'Oriente Domiziano[16], non appena giunto in Italia, e poi augusto successivamente a Roma, dopo la deposizione di Glicerio[17].

Regno modifica

La politica estera modifica

(LA)

«Hoc tamen sancte Julius Nepos, armis pariter summus Augustus ac moribus...»

(IT)

«Questo Giulio Nepote, sommo augusto pari nelle abilità militari e nei costumi...»

 
L'Impero romano d'Occidente sotto il regno di Giulio Nepote. L'autorità imperiale era esercitata soltanto sull'Italia e sulla Dalmazia, mentre il Nord della Gallia era un territorio legato nominalmente a Roma ma di fatto completamente autonomo sotto la guida del generale gallo-romano Siagrio.

Come imperatore, Nepote cercò di consolidare i territori dell'Italia e della Gallia che ancora si trovavano sotto il controllo dell'Impero d'Occidente e nominò nuovo patrizio e magister militum Ecdicio Avito, figlio dell'imperatore Avito[5], suscitando l'esaltazione del vescovo di Clermont Sidonio Apollinare che, tramite la moglie, era imparentato con quest'ultimo[18]. I Visigoti avevano occupato la Provenza tra il 473 e il 474 e Nepote, conscio della debolezza militare in cui versava la Pars Occidentalis dell'Impero[N 2], inviò una ambasciata guidata, secondo quanto stabilito dal concilio provinciale della Liguria riunito a Milano[19], dal vescovo di Pavia, Epifanio. Questi riuscì a instaurare dei buoni rapporti con Eurico, re dei Visigoti, e a far sì che si ponessero le basi per l'accordo con questo popolo[20]. Come testimoniato dall'esito di una seconda ambasciata (475), composta ancora una volta da vescovi, si giunse a un accordo, con i Visigoti che cedettero la Provenza in cambio della città di Clermont-Ferrand e della regione dell'Alvernia, suscitando le proteste e lo sdegno di Sidonio Apollinare[21]. Le trattative con il re dei Vandali, Genserico, furono meno fortunate: i Vandali continuarono a sferrare attacchi contro l'Italia, in quanto avevano recentemente siglato la pace con l'Impero d'Oriente e non ritenevano necessario scendere a patti con Nepote. Quest'ultimo tentò di negoziare la pace, ma non avendo la forza militare necessaria per piegare i Vandali, dovette riconoscere la perdita dell'Africa, della Sicilia, della Sardegna, della Corsica e delle Isole Baleari[4].

La politica interna modifica

 
Ipotetico ritratto di Sidonio Apollinare (430-486), tratto da L'Auvergne en portraits

L'autorità imperiale si era ormai ridotta a poche aree: Nepote coniò moneta a Roma, Ravenna e Milano; una quantità limitata, forse simbolica, di solidi d'oro venne coniata ad Arles, in Gallia, a testimonianza dell'interesse per quella provincia. Monete d'argento vennero coniate nel Nord della Gallia, da quel Siagrio magister militum per Gallias che governava uno Stato autonomo detto Dominio di Soissons, ormai solo formalmente legato a Roma. È notevole anche il fatto che Nepote fece coniare alcuni solidi recanti le effigi degli imperatori d'Oriente Zenone e Leone II, più a testimonianza del legame personale e politico con la corte orientale che a indicare un'alleanza formale[22].

 
Ricostruzione del Palazzo di Diocleziano a Spalato da parte dell'architetto Ernest Hébrard. Secondo alcuni storici, Giulio Nepote soggiornò nella residenza che fu dell'imperatore illirico[23].

Caduta modifica

Il 28 agosto 475 il generale Flavio Oreste, nominato secondo Giordane nuovo magister militum quale successore di Ecdicio[24], si ribellò all'Imperatore e, guidando un esercito che doveva essere forse inviato contro un esercito nemico (probabilmente visigoto[24]), prese il controllo di Ravenna e costrinse Nepote a fuggire in Dalmazia[25]. Oreste, che era di origini germaniche e non poteva quindi diventare imperatore, fece acclamare per quella carica suo figlio, Romolo Augusto, di madre romana, malgrado fosse molto giovane.

I fatti sono oscuri, ma una possibile interpretazione è che Nepote sia stato vittima di un colpo di Stato ordito da Oreste e dal Senato romano, che non gradiva le sue simpatie e il suo legame con l'Impero romano d'Oriente, a cui Nepote doveva la corona[26]. Oreste sarebbe quindi insorto contro l'imperatore, che si sarebbe rifugiato a Ravenna, dopo avere richiamato Ecdicio; all'arrivo di Oreste, però, Nepote si sarebbe trovato nell'impossibilità di organizzare una difesa, e avrebbe preferito ritirarsi nel dominio "di famiglia", la Dalmazia: tutto questo il 28 agosto del 475[27]. Ironicamente, a Salona trovò, come vescovo, proprio Glicerio, che aveva deposto l'anno precedente[28].

Imperatore de jure (476-480) modifica

L'ambasceria a Zenone modifica

 
Romolo Augustolo consegna a Odoacre i simboli del potere imperiale
 
Un tremisse d'oro dell'imperatore Zenone (474/475 - 476/490)

Tradizionalmente Romolo Augusto è considerato l'ultimo imperatore d'Occidente. Tuttavia quando Romolo venne deposto da Odoacre, capo degli Eruli, il 4 settembre 476, non venne nominato un nuovo imperatore: un imperatore in realtà esisteva già e si trattava di Giulio Nepote, il quale regnava de jure con il sostegno dell'Imperatore d'Oriente, Zenone[29], dopo che quest'ultimo riprese il potere in seguito alla breve parentesi di regno dell'usurpatore Basilisco. Secondo lo storico Malco[30] Odoacre, saputo che Zenone era ritornato al potere, aveva inviato un'ambasciata di senatori a Costantinopoli per farsi riconoscere come rappresentante imperiale in Italia e ottenere il titolo di patricius; lo stesso fece Giulio Nepote, rammentandogli che non aveva mai abdicato ufficialmente dalla carica imperiale e che aspirava ancora al governo dell'Italia[9]. Davanti alle due ambascerie Zenone accettò una soluzione di compromesso: Odoacre sarebbe rimasto rappresentante imperiale in Italia con il titolo richiesto, mentre Giulio Nepote avrebbe potuto continuare a mantenere il suo titolo imperiale senza però esercitare alcun potere effettivo[31]. Quest'ultimo, pertanto, rimase in Dalmazia, regnando solo nominalmente sull'Impero d'Occidente, mentre Odoacre governava effettivamente in Italia, coniando monete a nome di Giulio Nepote Augusto[32].

 
Il territorio della Dalmazia tra il 454 e il 480, quando fu governata da Marcellino prima, e dal nipote Giulio Nepote poi

La morte e l'occupazione della Dalmazia modifica

 
Solido raffigurante Odoacre del 477. Divenuto patrizio e re nel 477 con il riconoscimento di Zenone, invase nel 480 la Dalmazia per "punire" gli assassini di Nepote, annettendo poi la regione al suo dominio.

Giulio Nepote concepì di organizzare una spedizione militare per tornare sul trono imperiale che nominalmente era suo; fu, però, ucciso in una data indefinita oscillante tra l'aprile e il giugno 480 nella sua villa nei pressi di Salona da due dei suoi stessi collaboratori, i comites Ovida e Viatore[33], forse dietro istigazione di Glicerio che pure non disperava di tornare sul trono[34]. Si è ritenuto addirittura che Odoacre, avendo saputo della volontà di Nepote di restaurare il suo dominio effettivo in Italia, avesse deciso di prendere contatti con Glicerio per organizzare una congiura, prospettandogli una sua nomina a vescovo di Milano. Si tratta di una fonte non ritenuta attendibile, in quanto nella cronotassi dei vescovi di Milano non è presente alcun Glicerio a quell'altezza cronologica[N 3].

Comunque Odoacre, avendo saputo dell'assassinio di Nepote, subito salpò per la Dalmazia, che era difesa dal generale Ovida, con la scusa di vendicare il cesaricidio ma con lo scopo di annettersi quella regione[35]. Odoacre sconfisse Ovida in battaglia e lo uccise, il 9 dicembre 481/482[36], annettendo la Dalmazia al suo regno[37].

La moglie di Giulio Nepote modifica

La moglie di Giulio Nepote fu l'ultima imperatrice dell'Impero romano d'Occidente. Il suo nome di battesimo non è in nessuna fonte primaria, che la riportano semplicemente come la neptis di Leone I il Trace dell'Impero romano d'Oriente (r. 457-474) e sua moglie Verina. La parola nepti potrebbe tradursi come nipote o parente (stretto), ma di solito si presume che la moglie di Giulio fosse la nipote di Leone, e più probabilmente imparentata con Verina piuttosto che con Leone. Lo storico Malco riporta:«Anche Verina si unì a sollecitarlo, dando una mano alla moglie di Nepote, sua parente»[38].

Il matrimonio di Giulio potrebbe aver fatto parte di un modello di patrocinio familiare: «il matrimonio nella famiglia imperiale era un affare molto vantaggioso e il matrimonio con la figlia di un imperatore permetteva al genero di sperare nella porpora»[39]. Sia gli imperatori sia le imperatrici, una volta elevati alla loro posizione, avrebbero tentato di promuovere i parenti alle alte cariche e di aiutarli a sposarsi in illustri lignaggi. Sebbene queste famiglie allargate a volte non riuscissero a succedere al trono, riuscirono a sopportare sconvolgimenti politici e rimasero importanti per generazioni[39]. Verina sembra certamente aver svolto la sua parte nell'avanzare i parenti. Tra il 468 e il 476 Basilisco, Armazio e Nepote assunsero incarichi militari di alto rango, e tutti e tre erano imparentati con lei per sangue o matrimonio. Nello stesso periodo le figlie di Verina, Ariadne e Leonzia, si sposarono rispettivamente con Zenone e Marciano, poi rispettivamente imperatore e usurpatore. Potrebbe anche avere qualcosa a che fare con l'ascesa alla ribalta del barbaro Odoacre, teorizzato come suo ipotetico nipote[40].

Nella letteratura modifica

 
Un solido di Giulio Nepote coniato a Ravenna e datato tra il 474 e il 480

La figura di Giulio Nepote negli ultimi anni ha suscitato in alcuni scrittori italiani un certo interesse in quanto ultimo imperatore "legittimo" di quella civiltà romana che per secoli ha plasmato l'Europa e il resto del mondo conosciuto e che ora è tramontata davanti all'avanzare dei popoli barbari. Ne è esempio, in particolare, il romanzo storico di Giulio Castelli, 476 A.D. L'ultimo imperatore (facente parte di una trilogia intitolata Il romanzo dell'Impero Romano), in cui l'autore traccia un ritratto morale e fisico di Giulio Nepote, cercando di rimanere nell'alveo delle narrazione storica oggettiva[41]. Al contrario, Nepote viene citato di sfuggita nel celebre romanzo L'ultima Legione di Valerio Massimo Manfredi quale esponente della causa patrocinata da Zenone: il soggetto principale, infatti, è Romolo Augustolo, dipinto come ultimo vero imperatore.

Note modifica

Spiegazione modifica

  1. ^ Glicerio, in realtà, non morì subito, ma era ancora presente a Salona al momento della deposizione di Nepote e probabilmente fu complice nell'assassinio di quest'ultimo nel 480.
  2. ^ Così Grant, p. 313; Mathisen, però, sottolinea invece che i Visigoti, temendo una reazione imperiale per l'occupazione della Provenza, chiesero di scendere a trattative: «It seems that the Goths had occupied much of Provence in 473-474, but a threatened imperial invasion led the Visigothic king Euric to be willing to negotiate».
  3. ^ Hole, pp. 393-394, il quale cita a sua il capolavoro di Edward Gibbon, Declino e caduta dell'Impero romano, in cui lo storico inglese, basandosi su Ennodio, biografo di sant'Epifanio di Pavia e autore di un carme in cui esalta un De venerabili Glycerio episcopo (Carminum Liber I, 82 riportato in Ennodio, p. 349), attesta che Odoacre (a p. 394 è riportato per errore il nome di Oreste, padre di Romolo Augustolo), avrebbe poi nominato Glicerio vescovo di Milano per l'assassinio di Nepote.

Bibliografiche modifica

  1. ^ L'anno 430, riscontrabile in alcuni blog e siti internet, non è testimoniato da alcuna fonte antica e neanche dagli storici attuali e perciò non attendibile. Come riporta MacGeorge, p. 61: "Of Julius Nepos in Dalmatia, before and after he was emperor, we know almost nothing" ("Di Giulio Nepote in Dalmazia, prima e dopo che fu imperatore, non sappiamo quasi nulla").
  2. ^ Nepote morì nel 480. La data precisa non è nota e vi sono tre ipotesi: il 25 aprile, il 9 maggio e il 22 giugno
  3. ^ Bury, p. 408: «For Julius Nepos, who died in that year, was the last legitimate Emperor in the West; Romulus Augustulus was only a usurper»; Means, p. 1158 §1: «Nepos, Julius, the last emperor but one of the Western Empire...».
  4. ^ a b c Mathisen.
  5. ^ a b Grant, p. 413.
  6. ^ Kulikowski, p. 180 e Wozniak, p. 361.
  7. ^ Wozniak, p. 356.
  8. ^ Wozniak, p. 353.
  9. ^ a b MacGeorge, p. 61.
  10. ^ Malchus, c. 10 riportato in Mueller - Langois, p. 119 §2: «Eo illum impulit etiam Verina, quae Nepotis uxoris, cuius erat consanguinea, favebat»; Giordane, c. 338; Mathisen e Grant, p. 413.
  11. ^ Grant, p. 411.
  12. ^ Means, p. 1168 §2.
  13. ^ Giovanni d'Antiochia, Fragmenta, c. 209, 2 in Mueller-Langlois, pp. 617-618:
    (EL)

    «Γνοὺς δὲ Λέων ὁ τῶν Ἐῴων Βασιλεὺς τὴν τοῦ Γλυχερίου ἀναγόρευσιν, ἐπιστρατεύει χατ αὐτοῦ, Νέπωτα στρατηγὸν ἀποδείξας.»

    (IT)

    «Quando Leone, imperatore d'Oriente, apprese dell'elezione di Glicerio, nominò Nepote come generale di una spedizione contro di lui.»

  14. ^ Conte Marcellino, p. 36:
    (LA)

    «Glycerius Caesar Romae imperium tenens, a Nepote, Marcellini quondam patricii sororis filio, imperio expulsus, in portu urbis Romae ex Caesare episcopus ordinatus est, et obiit.»

    (IT)

    «Il cesare Glicerio, governando l'impero a Roma, fu scacciato dal comando da Nepote, figlio di una sorella del fu patrizio Marcellino, da cesare fu ordinato vescovo ad Ostia, e morì.»

    La stessa notizia riportata da Giovanni d'Antiochia, Fragmenta, c. 209, 2 in Mueller-Langlois, p. 618.

  15. ^ Mathisen, prendendo come fonte l'Auctarii Hauniensis ordo posterior.
  16. ^ Giordane, 338:
    (LA)

    «...Nepotem filium Nepotiani copulata nepte sua in matrimonio apud Ravennam per Domitianum clientem suum Caesarem ordinavit.»

    (IT)

    «...Nepote, figlio di Nepoziano, presa in sposa sua nipote [di Leone I, n.d.t], fu nominato presso Ravenna come Cesare attraverso il suo cliente Domiziano.»

    Così viene riportato anche in Means, p. 1168 §2, anche se quest'ultimo dice che Nepote fu elevato da Domiziano ad Augusto.

  17. ^ Quest'ultima ipotesi è riportata dal Conte Marcellino, p. 36:
    (LA)

    «Nepos, qui Glycerium regno pepulerat, Romae elevatus est imperator.»

    (IT)

    «Nepote, che aveva scacciato dal governo Glicerio, fu nominato imperatore a Roma.»

    dall'Anonimo Valesiano, cap. 36:

    «Dunque, mentre governava a Costantinopoli l'imperatore Zenone, sopraggiungendo il patrizio Nepote ad Ostia, depose dalla carica imperiale Glicerio, fu [quest'ultimo, n.d.t.] ordinato vescovo e Nepote fu nominato imperatore a Roma. Poco dopo giunse a Ravenna...»

    e da Giovanni d'Antiochia, Fragmenta, c. 209, 2 in Mueller-Langlois, p. 618:

    (EL)

    «Εὐθὐς γοῦν ὁ Νέπωσ Βασιλεὺς ἀναδειχθεὶς, ἦρκε τῆς ᾿Ρώμης.»

    (IT)

    «Subito dunque Nepote fu nominato imperatore, impadronendosi di Roma.»

  18. ^ Sidonio ApollinareEpistula XVIII - Sidonius Papianillae suae salutem, pp. 334-335.
  19. ^ Rota, p. 43; Ennodio, p. 219: «Evocantur ad consilium Liguriae lumina...».
  20. ^ Magani, p. 18; Ennodio, pp. 221-222.
  21. ^ Apollinare, 2, Etude sur Sidoine Apollinaire et sur la societé gallo-romaine au cinquième siècle, p. 41; pp. 45-48. In quest'ultima pagina viene riportata una lettera di Sidonio Apollinare al vescovo di Marsiglia Greco sul suo stato d'animo e sulla situazione politica di Clermont e dell'Alvernia in generale.
  22. ^ Mathisen e Zecchini, p. 11.
  23. ^ Madirazza, p. 170; Praga, p. 4; Braccesi-Graciotti, p. 222; MacGeorge, p. 62.
  24. ^ a b MacGeorge, p. 278.
  25. ^ La frase riportata è la quasi esatta trascrizione della frase riportata in Giordane, De rebus Gothorum, p. 40: «quod Oreste suscepto exercitu et contra hostes egrediens, a Roma Ravennam pervenit...Quo comperto Nepos fugit Dalmatiam...»; lo stesso vale per l'Anonimo Valesiano, c. 36: «Mox veniens Ravennam; quem persequens Orestes patricius cum exercitu, metuens Nepos adventum Orestis, ascendens navem fugam petit ad Salonam».
  26. ^ Mathisen: «One possible reconstruction might be that the Senate of Rome was up to its old tricks and, as in the days of Avitus (455-456), became involved in an insurrection against a foreign emperor».
  27. ^ Means, p. 1169 §1.
  28. ^ Giordane, De rebus Gothorum, p. 40: «[Nepos] ibique defecit privatus a regno; ubi iam Glicerium dudum imperator episcopatum Salonitanum habebat».
  29. ^ Zecchini, p. 4.
  30. ^ Malco, Fragmenta 10, in Mueller-Langlois, p. 119.
  31. ^ Sempre secondo Malco, Fragmenta 10, in Mueller-Langlois, p. 119, Zenone avrebbe supportato in parte le pretese di Nepote sia per la comune vicenda politica (entrambi furono esiliati nel 475-476), sia per il legame di parentela con la casa imperiale di Leone I:
    (EL)

    «Ταῦτα δὲ συνεστούδαζε τῷ Νéπωτι ὁ Ζήνων ἐκ τῶν ἑαυτοῦ κακῶν τà ἐκείνου οἰκτείρων καὶ τό γε κοινòν τῆσ τύχης εἰς ὑπόθεσιν ἔχων τῷ δυστυχοῦντι συνάχθεσθαι. Ἅμα δè καì Βηρίνα συνεπώτρυνε τοῦτον, τῇ Νέπωτος γυναικì συγγενεῖ οὔσῃ συσπεύδουσα.»

    (IT)

    «Queste [decisioni] Zenone le prese a favore di Nepote, per la pietà della disgrazia sua e di quella di Nepote e, ripensando alla comune sorte degli uomini, fu addotto alla compassione degli altri. A ciò lo spinse anche Verina, che appoggiava la moglie di Nepote, che era sua parente.»

  32. ^ Grant, p. 314 e Zecchini, p. 11.
  33. ^ Conte Marcellino, p. 38; Auctarii Hauniensis ordo prior, Auctarii Hauniensis ordo posterior e Fasti Vindobonenses priores, citati in Mathisen, riportano rispettivamente come data di morte il 25 aprile, il 9 maggio e il 22 giugno.
  34. ^ Così secondo l'erudito e patriarca Fozio del IX secolo, in Fozio, p. 130. Fozio a sua volta si basò su Malco di Filadelfia, come riportato in MacGeorge, p. 62.
  35. ^ Grant, p. 414; Wozniak, p. 362 e MacGeorge, p. 62.
  36. ^ MacGeorge, p. 62.
  37. ^ Secondo i dati ricavati dall'Auctarii Hauniensis ordo prior, in Mathisen.
  38. ^ (EN) Definition of niece | Dictionary.com, su www.dictionary.com. URL consultato il 7 settembre 2022.
  39. ^ a b Joseph Dyer, Christopher Page, The Summa Musice: a Thirteenth-Century Manual for Singers. Cambridge, Cambridge University Press, 1991, xvii + 275 pp., in Early Music History, vol. 12, 1993-01, pp. 203–223, DOI:10.1017/s0261127900000188. URL consultato il 7 settembre 2022.
  40. ^ Kenney, E. J. (Edward John) Clausen, W. V., The Cambridge history of classical literature., Cambridge University Press, 1983, ISBN 0-521-27374-9, OCLC 59244269. URL consultato il 7 settembre 2022.
  41. ^ Castelli.

Bibliografia modifica

Fonti primarie modifica

Fonti secondarie modifica

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  • (EN) John Bagnall Bury, History of the Later Roman Empire, vol. 1, Londra, Macmillan & Co., 1923, OCLC 52023436. URL consultato il 30 gennaio 2019.
  • (EN) Michael Kulikowski, Marcellinus 'of Dalmatia' and the dissolution of the fifth-century Empire, in Byzantion, vol. 72, n. 1, Lovanio, Peeters Publishers, 2002, pp. 177-191, ISSN 03782506 (WC · ACNP). URL consultato il 30 gennaio 2019.
  • Michael Grant, Gli imperatori romani: storia e segreti, 7ª ed., Roma, Newton & Compton Editori, 2005 [1984], ISBN 88-8289-400-2.
  • (EN) C. Hole, Glycerius, in Henry Wace e William C. Percy (a cura di), A dictionary of Christian biography and literature to the end of the sixth century A.D., with an account of the principal sects and heresies, Londra, John Murray, 1911, pp. 393-394, OCLC 24922890. URL consultato il 1º febbraio 2019.
  • (EN) Penny MacGeorge, Late Roman Warlords, Oxford, Oxford University Press, 2002, p. 62, ISBN 0-19-925244-0. URL consultato il 30 gennaio 2019.
  • Francesco Madirazza, Storia e costituzione dei comuni Dalmati, Spalato, Narodna Tiskara, 1911, OCLC 637660610. URL consultato il 30 gennaio 2019.
  • Francesco Magani, Cronotassi dei vescovi di Pavia, Pavia, Tip. del priv. Istituto Artigianelli, 1894, OCLC 883461338. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  • (EN) Joseph Calrow Means, Nepos, Julius, in William Smith (a cura di), A Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, vol. 2, Londra, John Murray, 1872, pp. 1158-1159, OCLC 24922890. URL consultato il 1º febbraio 2019.
  • Giuseppe Praga, La Dalmazia dalla caduta dell'Impero romano all'avvento di Venezia, in Atti e memorie della Società dalmata di storia patria, vol. 5, Roma, Societa dalmata di storia patria, 1966, SBN IT\ICCU\NAP\0248261.
  • Ettore Rota, Dalla prima romanità al Trecento, in Genesi storica dell'idea italiana, vol. 1, Milano, F. Vallardi, 1948, SBN IT\ICCU\VIA\0001082.
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Controllo di autoritàVIAF (EN89202857 · ISNI (EN0000 0000 6278 1042 · BAV 495/215893 · BNF (FRcb171689259 (data) · WorldCat Identities (ENviaf-89202857