Goffredo Tonini

militare italiano

Goffredo Tonini (Rimini, 12 settembre 1898Roma, 19 aprile 1970) è stato un generale italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor militare a vivente, e della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia nel corso della seconda guerra mondiale.

Goffredo Tonini
NascitaRimini, 12 settembre 1898
MorteRoma, 19 aprile 1970
Luogo di sepolturaCimitero monumentale Verano, riquadro Medaglie d'oro
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
Esercito Italiano
ArmaGenio
CorpoBersaglieri
Regio corpo truppe coloniali della Cirenaica
SpecialitàParacadutisti
GradoGenerale di divisione
ComandantiItalo Balbo
Rodolfo Graziani
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
BattaglieBattaglia di Caporetto
Comandante di1º Reggimento paracadutisti "Fanti dell'Aria"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino
dati tratti da I nostri eroi. Goffredo Tonini (1898-1970)[1]
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Biografia modifica

Nacque a Rimini il 12 settembre 1898, figlio di Luigi e Aprice Signorini.[2] Nel marzo 1917 fu arruolato nel Regio Esercito, assegnato al corpo dei bersaglieri, ma su interessamento del padre è trasferito al genio telegrafisti, entrando in servizio presso il deposito di Verona.[1] Dopo l'esito negativo della battaglia di Caporetto chiede, ed ottenne, di essere trasferito alla 49ª Compagnia, passando poi 7ª Compagnia lanciafiamme,[3] distinguendosi durante le operazioni belliche nel Trentino.[1] Nell'agosto 1918 frequenta il corso per Allievi ufficiali di complemento presso la Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino, venendo nominato sottotenente il 27 marzo 1919, assegnato in forza al 1º Reggimento del genio di Pavia.[1] Inviato in Dalmazia, operò nella zona di Sebenico dapprima in forza alla 177ª Compagnia zappatori, poi nella 26ª Compagnia pontieri e infine nella sezione autonoma Minatori del Genio dove completò la sua preparazione professionale.[3] Dopo la promozione a tenente fu assegnato alla Commissione requisizione e accertamenti danni di guerra.[2] Il 30 ottobre 1921 entrò in servizio permanente effettivo, e nell'ottobre successivo entra in servizio nel V Battaglione genio zappatori.[2]

Frequentato a Roma un corso militare di educazione fisica,[3] nell'agosto 1922 è inviato in Cirenaica, assegnato al Regio corpo truppe coloniali (RCTC) di Bengasi[N 1] come addetto alla stazione radiotelegrafica speciale della regione.[2]

L'anno successivo, con la sua sezione radio, è assegnato al 7º Battaglione eritreo del maggiore Mariano Melelli[N 2] e ricevette l'ordine di raggiungere in zona operativa il battaglione impegnato contro la rivolta senussita.[1] Partì da Antelat per Bengasi imbarcandosi sulla cannoniera Berenice in rotta per la Sirtica, per poi raggiungere ad El Agheila il suo reparto, ma durante la navigazione intercettò una trasmissione di radio Agedabia e la notizia che una colonna di rifornimenti, in marcia per raggiungere il battaglione eritreo, era stata attaccata da elementi ribelli e si trova in gravi difficoltà in zona Bir Bilal (Marsa el Brega).[1] Radio Agedabia sollecitava il soccorso da parte del battaglione Melilli operante a breve distanza.[1] Il battaglione, in marcia per Bir Bilal, venne attaccato da ingenti forze senussite e circondato con gravi perdite.[1] Richiesto al comandante della nave di portarlo a terra con la sua stazione radio, riuscì ad ottenere la collaborazione della Regia Marina e sbarcò da una scialuppa con 8 volontari fra cui i suoi specialisti.[1] Appena a terra trovò un soldato eritreo ferito che lo mise al corrente della tragica situazione, della morte del maggiore Melilli, delle difficoltà di salvare i superstiti assediati dalle forze preponderanti e costretti alla difensiva.[1]

Rincuorati i superstiti e soccorsi i feriti trasportati sulla Berenice,[3] fornì con la radio notizie utili sull'appoggio di fuoco della cannoniera, iniziò a recuperare i superstiti, respinse gli attacchi dei ribelli, distrusse il materiale intrasportabile portando in salvo complessivamente 145 uomini e preziosi materiali.[1] Per questa azione rischiosa venne decorato con la Medaglia d'oro al valor militare a vivente.[1]

Nel 1926, dopo quattro anni di servizio coloniale, rientrò in Italia e fu assegnato al 1º Reggimento genio ferrovieri.[3] Promosso tenente venne assegnato al 1º Reggimento radiotelegrafisti fino alla nomina a capitano avvenuta nel 1928, quando rientrò in Libia.[1]

Con un gruppo di squadriglia autoblindo partecipa alle grandi operazioni di pacificazione del Fezzan agli ordini di Graziani arrivando fino a Giarabub e poi a Cufra.[3] Tra il 1930 al 1934 fu nuovamente in Italia in servizio all'8º Reggimento, e e poi al 1º Reggimento Genio.[3] Successivamente con una compagnia trasmissioni assegnata alla 2ª Divisione eritrea partecipò alla guerra d'Etiopia fra il 1935 ed il 1936; venendo promosso maggiore per meriti di guerra per il combattimento di Passo Mecan (marzo 1936).[2] Nel 1937 ritornò in Libia, assegnato al genio militare del XX Corpo d'armata di Tripoli.[3]

Nella nuova destinazione venne a conoscenza del bando di concorso di reclutamento di paracadutisti emanato dal Comando Superiore delle Forze Armate dell'A.S.I.,[4] e si presentò da Italo Balbo come volontario, dicendo: 'visto che non si presenta nessuno mi offro come volontario.[N 3] Balbo gli affidò il comando del battaglione allievi paracadutisti della Libia.[2]

Il 22 marzo 1938 arrivò a Castelbenito ed il mattino del 29 marzo eseguì il suo primo lancio[N 4] dall'aereo, assumendo il comando della Scuola Paracadutisti e del battaglione in formazione.[2] Il 1º aprile effettuò il secondo lancio, immediatamente seguito dal primo lancio di ufficiali e truppa libica.[3] Quindi fino al 15 aprile proseguì nell'addestramento ai lanci, prima in forma individuale e poi a squadre. Nel pomeriggio del 16 aprile fece eseguire il primo lancio di massa (300 uomini del I Battaglione "Fanti dell'Aria" Paracadutisti Libici) da 24 apparecchi Savoia-Marchetti S.M.81, appartenenti al 15º Stormo Bombardamento Terrestre.[2]

Dopo la costituzione di un secondo battaglione, fu formato il 1º Reggimento paracadutisti "Fanti dell'Aria", che il 23 maggio 1938 si lanciò sul campo di Bir Gnem alla presenza del re Vittorio Emanuele III, che ne fu talmente colpito da decorarlo con la Croce di Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.[4] Qualche tempo dopo il reggimento fu sciolto, così come il secondo battaglione, principalmente per motivi di contrazione del bilancio.[4] Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia il battaglione paracadutisti non venne mai impiegato per lo scopo per il quale era stato creato.[4]

Nel gennaio-febbraio 1941 i paracadutisti furono assegnati al neocostituito "Gruppo Mobile Tonini",[5] ed impegnati nella difesa di Derna, riuscendo a resistere al preponderante avversario per circa tre settimane permettendo il riordinamento nelle retrovie, l'apprestamento di una linea difensiva, più razionale e ordinato ripiegamento dei comandi, dei reparti, dei materiali del XX Corpo d'armata su Agedabia.[5]

Il 6 febbraio i suoi uomini, appoggiati da alcuni carri armati M13/40, tentarono di resistere alle truppe inglesi, appoggiate da una forte componente corazzata.[5] Dopo aver subito la perdita del 50% degli effettivi, dovette arrendersi insieme ai suoi uomini, al 46º km della via Balbia, e successivamente portato prima in Egitto e poi, passando per la Palestina, in India dove trascorse cinque anni di prigionia.[5]

Promosso tenente colonnello mentre era in prigionia, al ritorno in Italia rientrò in servizio, divenendo colonnello nell'aprile 1947, ed insignito con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia il 13 maggio 1948.[5] Comandò diversi reparti del Genio, inizialmente il 1º Reggimento pionieri di Civitavecchia, poi il Comando territoriale del genio di Roma.[2] Fu promosso generale di brigata, venendo messo in ausiliari nel 1953, e poi elevato al rango di generale di divisione. Si spense a Roma il 19 aprile 1970.[5]

Il suo corpo è sepolto, come da suo desiderio, nel famedio militare del cimitero del Verano fra i suoi soldati, a breve distanza dalla tomba dei paracadutisti caduti alla difesa di Roma nel 1944.[3]

Onorificenze modifica

«Comandante di un gruppo mobile autocarrato destinato a contrastare l’avanzata nemica, col sapiente impiego dei vari mezzi a disposizione, col sagace sfruttamento del terreno, con ripetute, audaci e insidiose incursioni entro lo schieramento nemico da lui personalmente condotte, assolveva esemplarmente il compito ricevuto. Col suo altissimo prestigio personale e con la sua fermezza ed audacia, manteneva nonostante le forti perdite, le posizioni affidategli per un tempo superiore a quello previsto dal piano di difesa e non ripiegava se non quando gli veniva esplicitamente ordinato. Derna (Libia), 15 gennaio – 2 febbraio 1941.[6]»
— Decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1948
«Imbarcato di passaggio sulla cannoniera "Berenice", si recava a terra su di un battello per constatare quale era la situazione del presidio di Marsa Brega, dove si supponeva fossero rifugiati, come effettivamente risultò, i gloriosi superstiti del battaglione Melelli. Iniziava subito lo sgombero dei feriti e prendendo il comando dei superstiti, organizzava la difesa del castello, contro le soverchianti forze dei ribelli, dando informazioni continue e precise al comando della nave per eseguire il tiro e tenendo la posizione fino all’ultimo momento, dimostrando sprezzo del pericolo e brillante iniziativa, ritirandosi solamente quando lo sgombero era completo e dopo di aver incendiato i materiali residui perché non cadessero nelle mani dell’avversario. Marsa Brega (Libia), 12 giugno 1923.[7]»
— Regio Decreto 3 giugno 1924
avanzamento per merito di guerra
«Ufficiale di spiccate qualità tecniche, medaglia d'oro al valor militare, comandante per oltre tre mesi del genio di una divisione eritrea. Ha dato in circostanze e momenti difficili, prove di sicura perizia e di efficace iniziativa per l'impiego dei propri servizi, dimostrandosi pienamente idoneo all'esercizio del grado superiore. Nel combattimento di passo Mekan, iniziatosi il contrattacco, dopo aver disposto i vari collegamenti, seguiva con i suoi uomini il movimento della brigata e prendeva il posto dei fanti, tenendo saldamente le posizioni di un battaglione sotto il fuoco. Esempio di alte virtù militari. Passo Mekan, 31 marzo 1936.[8]»

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Si distinse subito per essersi adoperato nell’opera di soccorso e di spegnimento di un furioso incendio sviluppatosi nel suk di Bengasi.
  2. ^ Nato a Umbertide, provincia di Perugia, per questo fatto d'arme fu insignito della Medaglia d'argento al valor militare alla memoria. Durante il corso della prima guerra mondiale era stato decorato con la Croce di guerra al valor militare.
  3. ^ Le stesse parole che dirà qualche anno più tardi il generale Frattini al generale Roatta, nell'offrirsi come comandante della costituenda Folgore.
  4. ^ Era stato brevemente istruito da Prospero Freri sull'utilizzo del paracadute Salvator prima di allora solo in uso ai piloti d'aeroplano.

Fonti modifica

Bibliografia modifica

  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari, Laterza, 1986.
  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Libia. Vol. 2: Dal fascismo a Gheddafi, Bari, Laterza, 1986.
  • (EN) Philip S. Jowett e Stephen Andrew, The Italian Army Vol.1, Botley, Osprey Publishing Company., 2000, ISBN 1-78159-181-4.
  • Gianni Oliva, Soldati e ufficiali. L'esercito italiano dal Risorgimento a oggi, Milano, Oscar Mondadori, 2012, ISBN 88-520-3128-6.
Periodici
  • Gaetano Rossi, I nostri eroi. Goffredo Tonini (1898-1970), in Arminium, n. 2, Viserba di Rimini, Rotary Club, marzo-aprile 2007.

Collegamenti esterni modifica

  • Tonini, Goffredo, su Combattenti Liberazione. URL consultato il 7 febbraio 2020.
  • Tonini, Goffredo, su Paracadutisti Trieste. URL consultato il 7 febbraio 2020.