Hilton Kramer (Gloucester, 25 marzo 1928Damariscotta, 27 marzo 2012) è stato un critico d'arte e saggista statunitense di origine ebraica.

Biografia modifica

Laureatosi in lingua inglese all'Università di Syracuse, proseguì la sua formazione in lettere e filosofia alla Università della Columbia, di Harvard, dell'Indiana e alla The New School di New York.

Direttore di Arts Magazine e critico d'arte di The Nation, dal 1965 al 1982, come responsabile dell'informazione artistica del New York Times. Inoltre, pubblicò vari articoli nei periodici Art and Antiques Magazine e The New York Observer. Dal '93 al novembre '97 curò la rubrica settimanale Media Watch per il New York Post.

La sua critica avversò l'orientamento politico-culturale di sinistra emergente nella critica degli anni '60-'70, così come il nichilismo estetico percepito in molti artisti e critici d'arte del XX secolo.

Nel 1952, Kramer si oppose alla concezione dominante della pittura d'azione intesa come un "evento psicologico", affermando che tale tipo di interpretazione "aveva negato l'efficacia estetica della pittura stessa e aveva tentato di separare l'arte dall'unica sfera all'interno della quale essa può essere realmente sperimentata, vale a dire dalla sfera estetica".[1] Tale critica fu espressa rispetto alla Pop art, all'arte concettuale e al postmoderno delle arti visive, definito come una variante del "modernismo con [l'aggiunta di] un ghigno, una risatina, un modernismo privato di qualsiasi fede vivificante nella levatura etica e nella pertinenza del suo mandato culturale", che rispetto a quest'ultimo si contraddistingueva per essere "un'epoca di ironia e di sovversione istituzionalizzata...[depauperata] della disciplina del vero e del rigore dell'onestà."[2]

Nel 1982 rassegnò le dimissioni dal New York Times, deluso dalla linea editoriale della testata, e, insieme a Samuel Lipman fondò il mensile letterario The New Criterion, una rivista classicista e conservatrice, della quale fu coautore ed editore.

In tale decennio, propose di far redistribuire le sovvenzioni federali alle attività artistiche sulla base del rispettivo merito estetico anziché in base al contributo al politically correct.[1][2] Nel '93 ebbe a scrivere:

(EN)

«The most significant thing about this bureaucratic leviathan is that it is completely captive to the political Left. Its principal purpose today is to advance the radical Left's agenda for the cultural revolution that has already completed its "long march" through the universities and is currently in the process of annexing many other institutions of cultural life—the art museums, for example, where the revolution has made enormous inroads in programs and acquisitions, and in the policies of the foundations, corporations, and agencies of government that support museums»

(IT)

«L'aspetto più significativo di questo leviatano burocratico è il fatto che sia del tutto asservito alla politica di sinistra. Il suo scopo principale è oggi quello di far progredire l'agenda programmatica della sinistra radicale per la rivoluzione nell'ambito della cultura, dopo essere già riuscita a portare a termine la sua "lunga marcia" attraverso le università, mentre attualmente si appresta ad ricomprendere numerose altre istituzioni della vita culturale, quali ad esempio i musei d'arte, nei quali la rivoluzione ha fatto enormi passi avanti nei programmi, nelle acquisizioni e nelle politiche delle fondazioni, delle imprese e delle agenzie governative che supportano la loro attività»

Definì la Whitney Biennial, uno dei maggiori eventi internazionali di arte contemporanea negli Stati Uniti, come un fattore di rischio per l'identità etnica e di genere, generalizzando il discorso a tutte le manifestazioni biennali che "sembrano essere governate da un'ostilità positiva e da un disgusto davvero viscerale per qualsiasi cosa che possa razionalmente coinvolgere l'occhio in un'esperienza visiva rilevante o piacevole".[1][2]

Nel volume The Twilight of the Intellectuals, pubblicato nel '99, sostenne le tesi anticomuniste del critico d'arte Clement Greenberg. Quattro anni più tardi, espresse in un modo più marcato le medesime idee anticomuniste nella recensione del volume Gulag: storia dei campi di concentramento sovietici

Si spense il 27 marzo 2012 ad Harpswell, nel Maine, il giorno dopo l'84º anniversario di compleanno, a causa di un'insufficienza cardiaca, secondo quanto riferito dalla moglie Esta Kramer.[2] L'amico e collega Roger Kimball lo ricordò con le seguenti parole:

(EN)

«[Kramer] was ... a stalwart defender of high culture at a time when the demotic forces of crass commercialism, political correctness, and academic hermeticism threatened to destroy the humanizing resources of the intellectual and moral tradition of the West.»

(IT)

«[Kramer] è stato ... uno strenuo difensore dell'alta cultura in un momento in cui le forze demotiche del rozzo commercialismo, della correttezza politica e dell'ermetismo accademico minacciavano di distruggere le risorse umanizzanti proprie della tradizione intellettuale e morale dell'Occidente.»

Opere modifica

Note modifica

  1. ^ a b c Elaine Woo, Hilton Kramer dies at 84; polarizing but widely read art critic, in Los Angeles Times, 28 marzo 2012.
  2. ^ a b c d William Grimes, Hilton Kramer, Art Critic and Champion of Tradition in Culture Wars, Dies at 84, in New York Times, 27 marzo 2012.
  3. ^ Kramer of federal funding of the arts, in The New Ceriterion, settembre 1993.
  4. ^ Roger Kimball, Hilton Kramer 1928-2012, su pjmedia.com, Pajamas Media, 27 marzo 2012.

Bibliografia modifica

Approfondimenti

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN120695011 · ISNI (EN0000 0001 1480 821X · BAV 495/171884 · LCCN (ENn79126824 · GND (DE141360291 · BNF (FRcb13478872q (data) · J9U (ENHE987007264139505171 · WorldCat Identities (ENlccn-n79126824