Giove (divinità)

divinità suprema della religione e della mitologia romana
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Giove (in latino Iupiter o Iuppiter, accusativo Iovem o Diespiter) fu il Dio della religione romana e italica, i cui simboli sono il fulmine e il tuono. Presente nel culto di tutti i popoli italici[1], esso è per eccellenza la divinità del cielo e della luce, come dice il suo nome, derivato dalla radice indoeuropea *dyeu- ("sfolgorare, risplendere"): nome che ricorre in gran parte degli antichi dialetti indoeuropei, dato che il greco Zeus Patér (Ζεὺς Πατήρ) e l'indoario Dyauṣ Pitā (द्यौष् पिता) corrispondono all'italico Iuppiter/Diespiter. Col tempo, Giove assorbì tutti gli attributi dell'equivalente greco Zeus, fino a venire completamente identificato con esso. Tinia è un dio simile presente nella mitologia etrusca.

Giove detto "tonante" in una scultura risalente al 100 a.C. circa

Alla divinità romana è dedicato l'omonimo pianeta gigante gassoso.

Giove Ottimo Massimo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Flamine diale.
 
Giove (Museo nazionale del Bardo, Tunisi)

Nume tutelare nell'epiteto di Giove Ottimo Massimo dello Stato romano aveva a Roma il suo santuario principale sul Campidoglio, dove era venerato in età regia di Roma nella triade arcaica Giove-Marte-Quirino, poi evolutasi in età repubblicana in Giove-Giunone-Minerva.

Al suo culto era consacrato il flamine maggiore, chiamato Flamine diale, il quale rivestiva una particolare importanza e sacralità in quanto quasi personificazione vivente di Giove, di cui celebrava i riti, godeva di grandi onori, ma, proprio per la sua funzione, era sottoposto a molteplici limitazioni e tabù, i più importanti dei quali erano che non poteva lasciare la città per più di un giorno, (questo limite fu portato da Augusto a due giorni) e non poteva dormire fuori dal proprio letto per più di tre notti.[senza fonte]

Edifici modifica

Epiteti modifica

Questi sono gli epiteti conosciuti di Giove, secondo la lista compilata dallo storico svedese Carl Thulin e riportata dalla Paulys Realencyclopädie (1890), pagine 1142-1144. La sigla O. M. sta per Ottimo Massimo.

  • Adventus O. M. ("arrivo, invasione")
  • Aetetus O. M.
  • Almus ("che conforta")
  • Amaranus ("che amareggia?")
  • Anxurus ("di Terracina")
  • Appenninus ("dell'Appennino"; fusione con il dio ligure Penninus)
  • Arcanus ("occulto")
  • Balmarcodes O. M.
  • Beellefarus
  • Bronton
  • Cacunus
  • Caelestis O. M.
  • Caelus O. M.
  • Capitolinus O. M. ("del Campidoglio")
  • Casius ("del Monte Casio"; adorato ad Antiochia)
  • Ciminius
  • Clitumnus
  • Cohortalis O. M.
  • Conservator ("difensore")
  • Culminalis O. M.
  • Cultor ("coltivatore")
  • Custos ("custode, guardiano")
  • Damascenus O. M. ("di Damasco")
  • Dapalis
  • Defensor O. M.
  • Depulsor O. M.
  • Depulsorius O. M.
  • Dianus
  • Dolichenus ("di Dolico"; è l'antico Teshub degli Ittiti)
  • Domesticus
  • Diovis
  • Elicius
  • Epulo (la festa di Epulum Iovis era celebrata il 13 settembre)
  • Exsuperantissimus O. M.
  • Fagutalis
  • Farreus
  • Feretrius (che "colpisce", "ferisce")[5]
  • Fidius (fusione con Dius Fidius)
  • Flagius (adorato a Cuma)
  • Frugifer
  • Fulgur
  • Fulgurator
  • Fulmen
  • Fulminator
  • Grabovius (fusione con il dio umbro Grabovio)
  • Hammon O. M. (adorato nell'oasi di Siwa)
  • Heliopolitanus (di Heliopolis, attuale Baalbek)
  • Hercius
  • Imbricitor
  • Impulsor
  • Indiges (identificazione divina di Enea)
  • Inventor
  • Invictus
  • Iurarius
  • Iutor
  • Iuventas
  • Lapis
  • Latiaris
  • Liber
  • Liberator
  • Libertas
  • Lucetius
  • Maius
  • Maleciabrudes
  • Monitor O. M. ("guida")
  • Nundinarius
  • Obsequens
  • Opitulator o Opitulus ("soccorritore")
  • Optimus Maximus (O. M.)
  • Paganicus
  • Pantheus
  • Patronus
  • Pecunia
  • Pistor ("fornaio")
  • Pluvialis
  • Poeninus (trasformazione del dio Penn)
  • Praedator
  • Praestes ("protettore")
  • Prestabilis ("insigne")
  • Prestitus
  • Propagator O. M.
  • Propugnator
  • Puer
  • Purgator
  • Purpurio O. M.
  • Quirinus (fusione con Quirino)
  • Rector
  • Redux
  • Restitutor
  • Ruminus
  • Salutaris O. M.
  • Savazios (fusione con Sabazio)
  • Sempiternus
  • Serapis (fusione con Serapide)
  • Serenator ("che rasserena")
  • Serenus ("sereno, calmo; felice")
  • Servator O. M. ("salvatore, osservatore")
  • Sospes ("salvatore")
  • Stator ("che tiene fermo, che ferma")
  • Striganus
  • Succellus (fusione con il dio celtico Succellus)
  • Summanus
  • Tempestas
  • Terminus
  • Territor ("che spaventa")
  • Tifatinus
  • Tigillus
  • Tonans ("tonante")
  • Tonitrator ("che fa tuonare")
  • Tutator
  • Valens ("forte, sano, robusto, potente, efficace")
  • Versor ("che modifica, che sconvolge, che travolge?")
  • Vesuvius (adorato a Capua)
  • Viminus
  • Vindex ("protettore, difensore")
  • Vircilinus
  • Virgarius

A questi va poi aggiunto anche l'epiteto di Vector[6] e Victor[7].

Gli amori di Giove modifica

Gli amori di Giove sono per lo più una versione latina delle amanti e dei figli di Zeus; fanno eccezione alcuni nomi, come Circe, da cui avrebbe avuto Fauno, e Iarba, il re africano, che avrebbe avuto da una ninfa, Garamantide. Secondariamente si raccontava dei suoi amori con la figlia Venere, con cui generò Cupido.

Giove e Giunone modifica

Giove e Leda modifica

Giove e Antiope modifica

Giove e Callisto modifica

Giove e Ganimede modifica

Giove e Io modifica

Pittura modifica

Locuzioni e proverbi modifica

  • Il futuro è sulle ginocchia di Giove - Espressione tratta da poemi omerici; usata talvolta per indicare che il futuro è sconosciuto agli uomini.

Piante consacrate a Giove modifica

I Romani consacrarono l'albero del Noce a Giove: infatti il suo nome scientifico "Juglans regia", utilizzato ancora oggi, deriva dalla contrazione dell'espressione latina "Iovis glans" (ghianda di Giove) e dall'epiteto specifico "regia" che ne sottolinea l'importanza.

Note modifica

  1. ^ Giulio Giannelli, Giove, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933. URL consultato il 25 marzo 2021.
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 12.
  3. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXVII, 23.
  4. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I 64.
  5. ^ Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 1.11.
  6. ^ Comune di Forlì, Epigrafia del villaggio. Segni dal Forlivese, Grafiche MDM, Forlì 1990. Come testimoniato dall'antico cippo di un tempio (dedicato a Giove, a Giunone e alle Parche) che sorgeva nella località di Monsignano di Predappio, presso Forlì.
  7. ^ Ovidio, Fasti, IV, 13 Aprile.

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