L'idea dell'architettura universale

trattato dell'architetto rinascimentale Vincenzo Scamozzi

L'idea dell'architettura universale, o La idea dell'architettura universale e Dell'idea dell'architettura universale in alcune edizioni successive, è un trattato dell'architetto rinascimentale Vincenzo Scamozzi (15481616). La storia della pubblicazione è piuttosto travagliata: avvenuta a spese dell'autore solo nel 1615, dei dieci Libri previsti vennero pubblicati solamente sei. Nonostante risulti incompleta si tratta comunque di un'opera mastodontica, le cui pagine variano dalle 828 dell'edizione del 1714[1] alle 832 dell'originale del 1615[2].

L'idea dell'architettura universale
Frontespizio de L'idea dell'architettura universale
AutoreVincenzo Scamozzi
1ª ed. originale1615
Generetrattato
Sottogenerearchitettura
Lingua originaleitaliano

Contenuti de L'idea dell'architettura universale modifica

 
Pianta e prospetto di Villa Pisani, 1697, considerata il capolavoro di Vincenzo Scamozzi

Il trattato è diviso in due Parti, la prima suddivisa in Libro I, II e III, la seconda in Libro VI, VII e VIII. Diversi sono gli argomenti indagati:

Caratteristiche principali modifica

 
Trabeazione e capitello Corinzi, 1697, Vincenzo Scamozzi
 
Trabeazione e capitello Corinzi, 1771, Andrea Palladio

Lo stile "scamozziano" modifica

Lo Scamozzi lavorò assiduamente nel cercare quelle che lui definiva le belle forme in architettura: individuò pertanto delle norme generali che applicò poi in tutto il trattato. Tra le essenziali emergono le seguenti:

  • gli ornamenti – così vengono da lui chiamate le trabeazioni – degli ordini Ionico, Composito e Corinzio sono resi alti un quinto della colonna, mentre l'altezza esatta di architrave, fregio e cornice si ottiene dividendo in 15 parti quella dell'ornamento dando loro rispettivamente 5, 4 e 6 parti[3];
  • gli archi, con o senza piedistalli, variano gradualmente – dalle tozze proporzioni del Toscano a quelle slanciate del Corinzio – in base all'ordine e la curva dell'archivolto è costruita ad una distanza pari all'aggetto della fascia d'imposta per ragioni estetiche[4];
  • gli intercolunnij centrali presentano una larghezza maggiore dei laterali in modo da favorire il passaggio, variando da un massimo di 3 moduli a un minimo di 2[4];
  • i modiglioni degli ornamenti degli ordini Ionico, Corinzio e Composito, nei colonnati e negli archi frontonati, per ben riuscire, sono impiegati in numero dispari affinché quello posto al vertice sostenga equamente il peso delle cornici inclinate che coronano il timpano[3].

Tutte considerazioni, queste, di cui finora non aveva tenuto conto l'opera teorica del Palladio: da qui la funzione "curativa", di integrazione e ammodernamento, de L'idea dell'architettura universale nei confronti dei Quattro libri dell'architettura, che portò infine l'allievo a "contestare" il maestro. Ne deriva che:

  • i fregi Ionici, Compositi e Corinzi risultano meglio proporzionati e meno schiacciati rispetto a quelli palladiani – che usavano la partizione dell'altezza della trabeazione in 12 parti, di cui 4 per l'architrave, 3 per il fregio e 5 per la cornice;
  • gli archi, nelle loro doppia impostazione, permettono composizioni più libere, estinguendo l'eccessiva fissità che caratterizzava quelli del Palladio – l'architetto padovano prevedeva una sola configurazione, dotata di piedistallo;
  • i frontoni presentano un modiglione a sostegno della parte sommitale del frontone – impostazione corretta secondo l'opinione di altri teorici dell'Architettura, dal punto di vista dell'estetica e della statica;
  • il lessico degli intercolunni e delle colonne, adeguandosi al ritmo dei modiglioni, è riscritto nella sua totalità – viene eliminato l'angusto intercolunnio Composito del Palladio di 1 modulo e 12, vedono la luce le innovative colonne Tuscanica di 7 moduli e 12 e Ionica di 8 moduli e 34 e la peculiare cornice Composita in cui convivono modiglioni e dentelli.
 
Trabeazione e capitello Toscani, 1697, Vincenzo Scamozzi
 
Archi Corinzi su piedistalli, 1697, Vincenzo Scamozzi

Un linguaggio nuovo modifica

Il linguaggio scamozziano, considerati i punti precedenti, genera una teoria architettonica rivoluzionaria per l'epoca e assai coerente nelle sue parti. Di particolare importanza sono i ben sei disegni illustrativi per Ordine comprensivi di soluzioni inedite, quali le colonne Tuscaniche alte 7 moduli e mezzo con triglifo liscio nella trabeazione, la già citata colonna Ionica di 8 moduli e tre quarti, la Composita di 9 e tre quarti, i colonnati impostati sopra piedistalli e l'arco Corinzio su piedistalli le cui alette non sono semplici piedritti disadorni, bensì un ordine di pilastri completo di capitello e trabeazione. Elementi che separano L'idea dai trattati precedenti quali quelli vitruviano, vignolesco e palladiano.

Il trattato, pur vivendo di una certa notorietà al di fuori del Veneto – lo dimostrano le ristampe olandesi[5] ed inglesi[6], nelle quali venne aggiunto materiale originariamente non presente – non vide applicazioni pratiche in Europa, dove il pensiero architettonico era orientato ad approfondire i temi del palladianesimo. Diversamente, trovò riscontri favorevoli in patria: giocarono probabilmente un ruolo nel suo successo lo studio e la passione che l'architetto dedicò ad ogni elemento dei propri Ordini architettonici e la chiarezza delle stampe con cui cercò di dimostrare la validità delle proprie teorie, affiancando – o scavalcando, per certi versi – la radicata eredità palladiana propria dell'architettura del Nordest italiano, ancora "tardo-rinascimentale" e non pienamente "moderna".

Fortuna de L'idea dell'architettura universale modifica

 
San Simeon Piccolo a Venezia, di Giovanni Scalfarotto
 
Colonnato Corinzio, 1697, Vincenzo Scamozzi

Per quanto Vincenzo Scamozzi risulti tuttora una figura sconosciuta, non lo era altrettanto nel Sei e Settecento. Le numerose edizioni successive, in lingua originale e non, de L'idea dell'architettura universale e gli edifici costruiti in laguna, secondo il suo stile, nell'arco dei due secoli dimostrano il successo e l'acclamazione che la sua opera ebbe all'epoca presso Venezia e tutta l'architettura veneta. Esempio calzante è la pressoché omogeneità tra il pronao di San Simeon Piccolo di Giovanni Antonio Scalfarotto e il colonnato Corinzio presente ne L'idea: lo Scalfarotto, assieme ad una nutrita schiera di architetti della Repubblica, è infatti uno dei seguaci del linguaggio scamozziano. Nota pure è l'attività di Baldassare Longhena, che progettò impiegandone gli ordini architettonici e ultimò anche – è il caso delle Procuratie Nuove – un edificio rimasto incompiuto dell'architetto vicentino. Persino in San Stae, di Domenico Rossi, generalmente riconosciuto come "palladiana" nell'intersecarsi in facciata di un ordine maggiore con uno minore – soluzione analoga per certi versi a quella di San Giorgio Maggiore – emerge nei dettagli una chiara impostazione "scamozziana".

Di seguito una lista parziale dei progettisti e relativi edifici che hanno ripreso almeno parzialmente le regole de L'idea:

Galleria d'immagini modifica

Edizioni modifica

Traduzioni

Note modifica

Voci correlate modifica

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