Luciano Bonaparte

politico francese, fratello di Napoleone I

Luciano Bonaparte (Ajaccio, 21 maggio 1775Viterbo, 29 giugno 1840) è stato un politico e nobile francese, fratello minore dell'imperatore Napoleone.

Luciano Bonaparte
Ritratto di Luciano Bonaparte, dipinto di François-Xavier Fabre.

Ministro degli Interni del Consolato
Durata mandato25 dicembre 1799 –
7 novembre 1800
Capo di StatoNapoleone Bonaparte
PredecessorePierre-Simon de Laplace
SuccessoreJean-Antoine Chaptal

Senatore del Primo Impero Francese
Durata mandato2 agosto 1802 –
2 aprile 1814
MonarcaNapoleone Bonaparte

Membro della camera dei Pari del Primo Impero Francese
Durata mandato2 giugno 1815 –
7 luglio 1815

Presidente del Consiglio dei Cinquecento
Durata mandato23 ottobre 1799 – 12 novembre 1799
PredecessoreJean-Pierre Chazal
SuccessoreAntoine Boulay de la Meurthe
Pierre Daunou
Jean-Ignace Jacqueminot
LegislaturaDirettorio

Dati generali
Prefisso onorificoPrincipe di Canino
Partito politicoGiacobini, Bonapartismo
FirmaFirma di Luciano Bonaparte
Luciano Bonaparte
Luciano Bonaparte ritratto da Robert Lefèvre
Principe di Canino e Musignano
Stemma
Stemma
In carica31 agosto 1814 –
29 giugno 1840
SuccessoreCarlo Luciano Bonaparte
NascitaAjaccio, 21 maggio 1775
MorteViterbo, 29 giugno 1840 (65 anni)
Luogo di sepolturaCanino
DinastiaBonaparte
PadreCarlo Maria Buonaparte
MadreMaria Letizia Ramolino
ConiugiCristina Boyer
(1794-1800, ved.)

Alessandrina di Bleschamp
(1802)
Figlida Cristina
Filistina Carlotta
Vittoria Gertrude
Cristina
da Alessandrina
Carlo Luciano
Letizia
Giuseppe
Giovanna
Paolo
Luigi Luciano
Pietro Napoleone
Antonio
Maria Alessandrina
Costanza

Biografia modifica

Gioventù e periodo rivoluzionario modifica

Nacque il 21 maggio 1775 ad Ajaccio da Carlo Maria Buonaparte, politico e nobile patrizio toscano, e da Maria Letizia Ramolino, discendente da nobili toscani e lombardi. Studiò in Francia e poi, ritornato in Corsica ed ancora giovanissimo, si legò a Pasquale Paoli,[1] (detto U Babbu di a Patria), patriota corso protagonista della cacciata dei genovesi dall'isola. Trasferitosi in Francia con la famiglia allo scoppiare dei moti rivoluzionari di Parigi, sostenne Robespierre.

Entrò nell'organizzazione dell'intendenza militare grazie alla sua appartenenza ai Club rivoluzionari (al tempo si faceva chiamare Bruto Buonaparte). Fu commissario di guerra nell'armata del Reno (1795), poi in Corsica (1796) ed infine riuscì a farsi eleggere deputato nel Consiglio dei Cinquecento (1798), ancorché privo dell'età minima prevista. Sostenne in quella sede i diritti delle vedove di guerra e quello della libertà di stampa.

Eletto Presidente del Consiglio dei Cinquecento (24 ottobre 1799), consentì la riuscita del colpo di Stato del 18 brumaio sciogliendo la seduta poco prima che il fratello Napoleone fosse messo fuori legge dal Consiglio. Fu lui stesso che, uscendo dalla sala di Saint-Cloud in cui si svolgeva la seduta, gridò ai veterani schierati all'esterno e comandati da Gioacchino Murat e dal Leclerc[2] che nell'aula erano comparsi dei pugnali con i quali alcuni congiurati avrebbero cercato di colpire il generale Bonaparte. La scena successiva, in cui Luciano estrae un pugnale puntandolo contro il fratello e dichiarando: "Non esiterei io stesso a pugnalare mio fratello, se attentasse alla libertà dei francesi"[3], fu la prova della sua buona fede e mosse i militari ad intervenire nel senso richiesto, provocando così la cacciata dei deputati da parte delle truppe.

Divenne subito dopo Ministro dell'Interno[4] e poi ambasciatore a Madrid (1800).

Luciano Bonaparte e l'ultima seduta del Consiglio dei Cinquecento modifica

Lo storico Jacques De Norvis rievoca in questa maniera l'ultima seduta del Consiglio dei Cinquecento e il comportamento del suo presidente, Luciano Bonaparte :

«La più grande effervescenza regnava sempre in questo consiglio (...) alla vista di Bonaparte e dei suoi soldati le imprecazioni si udirono per tutta la sala: "Qui sciabole! gridarono i deputati: qui uomini armati! a terra il dittatore! a terra il tiranno!" (...) Molti deputati, invasi dal furore, si avanzano sino a lui (...) Bonaparte credette allora che si attentasse alla sua vita, e non poté proferir parola. Immantinente i granatieri s'avanzarono sino alla tribuna, fendendo la folla (…) Nel mezzo di una tale tumultuosa scena il presidente Luciano procura inutilmente di difendere suo fratello, noverando i suoi segnalati servigii, ed assicurando il Consiglio che la patria non aveva nulla da temere dal lato suo: chiede che sia richiamato ed inteso; ma non ottiene altre risposte: "Fuori della legge! Ai voti per mettere il general Bonaparte fuori della legge!"

È intimato a Luciano di ubbidire all'assemblea, e di sottomettere al voto del Consiglio, se suo fratello dev'esser posto fuori della legge. Pieno d'indignazione, ricusa, addica la presidenza ed abbandona il suo posto. Nel mentre ch'egli discendeva dalla tribuna, un drappello di granatieri, inviato da Bonaparte, comparisce e lo toglie dalla sala. Frattanto il generale era montato a cavallo; già aveva arringato i suoi soldati ed attendeva Luciano per disciogliere il Corpo Legislativo. Luciano arriva, monta a cavallo a lato di suo fratello, dimanda il concorso della forza per rompere l'assemblea (…) Frattanto, in seguito agli ordini di Bonaparte, Murat entrò nella sala dei Cinquecento alla testa dei granatieri, e la fé sgombrare a viva forza (...) Giammai videsi violare in sì fatta guisa le leggi di un paese[5].».

La rottura con Napoleone e l'esilio modifica

Rimasto vedovo di Christine Boyer (1800), che aveva sposato nel 1794, sposò Alexandrine de Bleschamp, vedova del banchiere Jouberthon, entrando per questo in contrasto con il potente fratello che aveva per lui altri piani. Costretto per questo all'esilio, si stabilì a Roma nel 1804.[6]

Qui ottenne l'amicizia di papa Pio VII, sostenendo nel 1801 la necessità di un regime concordatario fra la repubblica francese e la Chiesa. Si stabilì a Canino (provincia di Viterbo), che il papa successivamente fece assurgere a principato per lui. Nel 1809, con l'annessione di Roma e degli stati pontifici alla Francia, costretto praticamente in una sorta di arresti domiciliari ed obbligato a chiedere l'autorizzazione al governatore militare francese per qualsiasi atto, si rassegnò nuovamente all'esilio e s'imbarcò per gli Stati Uniti, ma la nave sulla quale viaggiava fu catturata dagli inglesi che lo tradussero in Inghilterra (1810), nel Worcestershire, ove godette di una certa libertà di movimenti e, soprattutto, di attività culturale, lavorando ad un poema che aveva per soggetto Carlo Magno. Durante quel periodo di residenza obbligata gli nacque il decimo figlio (il sesto dalla seconda moglie), Luigi Luciano. Poté lasciare l'Inghilterra nel 1814, dopo l'invio in esilio, all'isola d'Elba, del fratello imperatore.

Riconciliatosi con il fratello Napoleone quando iniziarono i Cento giorni, dopo Waterloo si ritirò prima in Inghilterra e poi nuovamente a Roma. Nel 1814 fu nominato da papa Pio VII Principe di Canino.

Il soggiorno definitivo in Italia modifica

Proscritto dai Borboni durante la Restaurazione, si stabilì definitivamente in Italia nella sua residenza di Canino[7]. Il 21 marzo 1824 papa Leone XII lo insignì del titolo di principe di Musignano, come ricorda anche un monumento eretto dagli abitanti di Canino[8]. Nel 1837 papa Gregorio XVI lo nominò principe Bonaparte.

Uomo di lettere, fine pensatore, trascorse il resto della sua esistenza fra Canino e Viterbo, dove si dedicò a studi archeologici e alle collezioni d'arte. Luciano con amici e parenti si recava spesso nella zona di Cattolica, allora frazione di San Giovanni in Marignano, dove fu uno dei precursori di bagni di mare: le sue frequentazioni sulla costiera adriatica (Rimini inclusa) sono narrate in un volume pubblicato nel 2002.

La salma di Luciano Bonaparte giace nella cappella di famiglia costruita nella collegiata di San Giovanni e Sant'Andrea a Canino.

Discendenza modifica

Dalla prima moglie, Cristina Boyer, sposata nel 1794 e morta nel 1800, ebbe quattro figli:[9]

  • Filistina Carlotta (1795 - 1865), sposò prima Mario Gabrielli, principe di Prossedi, con discendenza, e poi Settimio Centamori, senza discendenza.
  • Figlio nato morto (13 marzo 1796).
  • Vittoria Gertrude (9 luglio 1797).
  • Cristina Carlotta Alessandrina Egypta (1798 - 1847), sposò prima nel 1818 il conte Greve Arvid Posse, senza discendenza[10], e poi nel 1824, dopo aver divorziato, Lord Dudley Coutts Stuart, con discendenza, un figlio, Paul Amadeus Francis Coutts Stuart, celibe e senza discendenza[11].

Dalla seconda moglie, Alessandrina di Bleschamp, sposata nel 1802, ebbe dieci figli:[9]

Ascendenza modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Sebastiano Nicola Buonaparte
(1683 -1703)
Giuseppe Buonaparte
(1663 – 1703)
 
 
Maria Bozzi
(1668 c. – 1704)
 
Giuseppe Maria Buonaparte
(1713 - 1763)
 
Maria Anna Tusoli di Bocagnano Carlo Tusoli di Bocagnano  
 
Isabella  
Carlo Maria Buonaparte
(1746 - 1785)
 
Giuseppe Maria Paravicini Francesco Maria Paravicini  
 
 
Maria Saveria Paravicini
(1715 - prima del 1750)
 
Maria Angela Salineri Angelo Agostino Salineri  
 
Francetta Merezano  
Luciano Bonaparte  
Giovanni Agostino Ramolino Giovanni Girolamo Ramolino  
 
Maria Letizia Boggiani  
Giovanni Geronimo Ramolino
(1723 - 1755)
 
Angela Maria Peri Andrea Peri  
 
Maria Maddalena Colonna d'Istria  
Maria Letizia Ramolino
(1750 - 1836)
 
Giuseppe Maria Pietrasanta Giovanni Antonio Pietrasanta  
 
Paola Brigida Sorba  
Angela Maria Pietrasanta
(1725 - 1790)
 
Maria Giuseppa Malerba Ignazio Malerba  
 
 
 

Armoriale modifica

Onorificenze modifica

Note modifica

  1. ^ Paoli lo definì "il piccolo filosofo"
  2. ^ Murat di lì a poco diverrà cognato di Napoleone sposandone la sorella Carolina, mentre il Leclerc era già cognato di Napoleone, avendone sposato la sorella Paolina ai tempi dell'assedio di Tolone
  3. ^ Alberto Mario Banti, Napoleone e il bonapartismo, Lezioni di soria Laterza, i volti del potere, 7 dicembre 2008.
  4. ^ In questa carica ebbe un ruolo importante nella progettazione della colonna dell'attuale Place Vendôme a Parigi, la cui storia rimane legata agli eventi tragici del trascorso francese
  5. ^ La fine della Montagna in Studi Napoleonici-Fonti Documenti Ricerche
  6. ^ Della partenza da Parigi per l'Italia, rimane un diario di viaggio redatto da un suo compagno d'avventura, riportato alla luce dall'attenta analisi critica di H. Vallet (Les voyages en Italie 1804, Journal d'un compagnon d'exil de Lucien Bonaparte, Napoli, Centre Jean Bérard Institut Français de Naples, 1986)
  7. ^ Situata nell'attuale piazza Giuseppe Mazzini, ma soprattutto nel castello di Musignano, nella campagna di Canino
  8. ^ foto (JPG), su lazio-directory.org. URL consultato l'8 dicembre 2008 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  9. ^ a b Bonaparte,Discendenza Luciano Bonaparte, su www.canino.info.
  10. ^ Arvid Posse, su geni_family_tree. URL consultato il 12 giugno 2022.
  11. ^ Person Page, su www.thepeerage.com. URL consultato il 12 giugno 2022.

Bibliografia modifica

  • J. Tulard-J.F. Fayard-A. Fierro, Histoire e Dictionnaire de la Révolution Française, Paris, Éditions Robert Laffont, 1998 ISBN 2-221-08850-6

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN46869293 · ISNI (EN0000 0001 1026 1579 · SBN TO0V259405 · BAV 495/75298 · CERL cnp01263834 · ULAN (EN500434786 · LCCN (ENn82141622 · GND (DE118513141 · BNE (ESXX1535572 (data) · BNF (FRcb12521132v (data) · J9U (ENHE987007258853205171 · WorldCat Identities (ENlccn-n82141622