Gate gate pāragate pārasaṃgate bodhi svāhā

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Gate gate pāragate pārasaṃgate bodhi svāhā (sanscrito; "Andata, andata, andata al di là, completamente andata al di là, Risveglio! Svāhā!") è il mantra conclusivo del Prajñāpāramitāhṛdayasūtra (lett. "Sutra del Cuore della perfezione della sapienza"; al T.D. 251 del Canone buddhista cinese e ai Toh. 21 e 531 del Canone buddhista tibetano).

Gate gate pāragate pārasaṃgate bodhi svāhā (ག་ཏེ་ག་ཏེ་པཱ་ར་ག་ཏེ། པཱ་ར་སཾ་ག་ཏེ། བོ་དྷི་སྭཱ་ཧཱ། ) in grafia tibetana:

ག་ཏེ: ga te
ག་ཏེ: ga te
པཱ་ར: pa ra
གཏེ: ga te
པཱ་ར: pa ra
སཾ་ག་ཏེ: sam ga te
བོ་དྷི: bo dhi
སྭཱ་ཧཱ: sva ha

Trascrizione fonetica semplificata THL :ga té ga té pa ra ga té pa ra sam ga té bo dhi sa ha
La bodhisattva mahāsattva Prajñāpāramitā (Giava). Le mani sono poste nell'attivazione della Ruota del Dharma (dharmacakrapravartanamudrā). Pollice e indice della mano destra si toccano a formare al Ruota del Dharma, mentre quelle della sinistra la mettono in movimento. In quanto bodhisattva mahāsattva indossa una corona a "cinque foglie" (o "punte") che la indicano come una entità non soggetta alle leggi naturali.

Contesto modifica

Alla fine del Prajñāpāramitāhṛdayasūtra, Avalokiteśvara, il bodhisattva della compassione, così si rivolge a Śāriputra:

(SA)

«tasmāj jñātavyam prajñāpāramitā mahā mantraḥ mahā vidyā mantraḥ anuttara mantraḥ asamasama mantraḥ sarva duḥkha praśmanaḥ satyam amithyatvāt prajñāpāramitāyām ukto mantraḥ tadyathā gate gate pāragate pārasaṃgate bodhi svāhā iti prajñāpāramitā-hṛdayaṃ samāptam»

(IT)

«Pertanto si conosca la prajñāpāramita ("perfezione della sapienza") come il grande mantra (mahā mantraḥ), il mantra della grande conoscenza (mahā vidyā mantraḥ), il supremo mantra (anuttara mantraḥ), il mantra che non ha uguali (asamasama mantraḥ), che estingue ogni sofferenza, che è verità, poiché privo di inganni, il mantra, sostengo, che è declamato nella prajñāpāramita, ossia: gate gate pāragate pārasaṃgate bodhi svāhā, questo realizza il cuore della prajñāpāramita»

  • mahāmantraḥ: "grande mantra"; nel commento di Jñanamitra si legge: «Poiché lo scopo della perfezione della saggezza è la pratica della conoscenza, essa è detta "mantra"»[1].
  • tadyathā: "ovvero", "come segue"; tutte e due le traduzioni tibetane quella al Toh. 21 e quella al Toh. 531, ambedue tradotte da Vimalamitra e Rin chen sde, inseriscono questa espressione (tad yatha) «come ammesso dal Prajñāpāramitāhṛdayasādhana, attribuito a Nāgārjuna»[2].
  • gate gate: "andata andata"; probabilmente gate è il vocativo di gatā indirizzato alla bodhisattva Prajñāpāramita, intendendo "tu che sei andata, andata, andata al di là"[3]
  • svāhā: "salute!", espressione solitamente inserita al termine di un mantra.

Commentari modifica

Essendo un mantra comunemente recitato, spesso insieme al sūtra, sia nelle tradizioni del Canone buddhista cinese sia in quelle afferenti al Canone buddhista tibetano, esso è all'origine di numerosi commentari religiosi[3]. Alcuni di questi commentari includono nell'inizio del mantra il termine tadyathā (sanscrito; cinese: 譬如; tibetano: ཏ་དྱ་ཐཱ), aggiungendovi anche la sillaba sacra Oṃ (cinese: 唵; tibetano: ཨོཾ)[4][5].

Alcuni di questi commentatori correlano le prime cinque parole del mantra ai cinque sentieri (pañcamārga) del bodhisattva[3]. Dal che:

  • gate indica il saṃbhāramārga (sentiero dell'accumulazione): inizia con il Voto del Bodhisattva (praṇidhāna) e finisce con l'accoglimento della dottrina della vacuità (śūnyatā); qui il bodhisattva procede "accumulando" 'meriti' indispensabili per il prosieguo del cammino;
  • gate, indica il prayogamārga (sentiero dell'impegno): il bodhisttava abbandona le passioni ma può conservare ancora punti di vista erronei, riesce ad assumere su di sé le sofferenze degli esseri senzienti e quindi bruciare le proprie tendenze karmiche negative. L'ultima fase di questo sentiero, denominata Laukikāgradharma (Supremo Dharma mondano) può essere conseguito solo dagli esseri umani, in quanto questa forma di esistenza consente l'esperienza del dolore, esperienza indispensabile per il progresso spirituale. I deva, ovvero le divinità che vivono una condizione di felicità, non possono superare questo sentiero.
  • pāragate, indica il darśanamārga (sentiero della visione): questo sentiero corrisponde all'ingresso nella prima "terra" (bhūmi) dei bodhisattva (Pramuditābhūmi, "Molto felice"). Il bodhisattva è ora un Āryabodhisattva (nobile bodhisattva), ha superato le passioni più grossolane, ha compreso in fondo la dottrina della vacuità, ha superato le nozioni erronee di esistenza inerente ai singoli elementi della Realtà, nasce quindi in lui un forte vissuto di felicità grazie alla consapevolezza di essere utile agli esseri senzienti e di poter raggiungere la bodhi definitiva;
  • pārasaṃgate, indica il bhāvanāmārga (sentiero della pratica meditativa): questo sentiero corrisponde al procedere del bodhisattva tra la seconda terra Vimalābhūmi ("Terra della Purezza") e la decima terra Dharmameghabhūmi ("Terra delle Nuvola del Dharma"). Il suo progredire costante per mezzo del Nobile Ottuplice Sentiero (ārya aṣṭāṅgika mārga) gli fa abbandonare le condizioni negative latenti. Il tragitto lungo le dieci terre è lunghissimo, secondo le fonti tradizionali occorrono due asaṃkhyeya kalpa (due eoni incalcolabili);
  • bodhi, indica lo aśaikṣamārga (sentiero che va oltre gli apprendimenti): il bodhisattva è ora un buddha completo, un samyaksaṃbuddha.

Allo stesso modo questo mantra ( e il sūtra che lo contiene) è interpretato, coerentemente con l'ermeneutica scolastica indiana dei Prajñāpāramitāsūtra , come contenere l'insegnamento esplicito della śūnyatā e quello implicito inerente alle realizzazioni (abhisamaya) del bodhisattva lungo i sentieri.

Altri commentari sostengono che il mantra è destinato a un particolare tipo di bodhisattva detto tīkṣṇendriya, ossia dalle "acute facoltà"[3].

Note modifica

  1. ^ Cfr. Sferra, nota 19, p.17
  2. ^ Sferra, nota 21 p. 18
  3. ^ a b c d Princeton Dictionary of Buddhism, a cura di Robert E. Buswell Jr. & Donald S. Lopez Jr.
  4. ^ «Some of the commentators include “it is thus” (tadyathā) in the mantra and add oṃ at the beginning.» Princeton Dictionary of Buddhism, a cura di Robert E. Buswell Jr. & Donald S. Lopez Jr.
  5. ^ « La sillaba Oṃ è omessa in alcuni manoscritti sanscriti e nella recensione B delle traduzioni tibetane, e non è riportata nei commentari di Jñanamitra , Sferra nota 22, p.18

Bibliografia modifica

  • Francesco Sferra, in La Rivelazione del Buddha - Il Grande veicolo, (a cura di Raniero Gnoli), Milano, Mondadori, 2001.
  • Princeton Dictionary of Buddhism, a cura di Robert E. Buswell Jr. & Donald S. Lopez Jr., Princeton University Press, 2013.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica