Marco Valerio Corvo
Marco Valerio Corvo (in latino Marcus Valerius Corvus; 371 a.C. – 271 a.C.) è stato un militare e politico romano, importante esponente della gens Valeria.
Marco Valerio Corvo | |
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Console e Dittatore della Repubblica romana | |
Nome originale | Marcus Valerius Corvus |
Nascita | 371 a.C. |
Morte | 271 a.C. |
Figli | Marco Valerio Massimo Corvino |
Gens | Valeria |
Pretura | 347 a.C. |
Consolato | 348 a.C., 346 a.C., 343 a.C., 335 a.C., 300 a.C., 299 a.C. |
Dittatura | 342 a.C., 301 a.C. |
BiografiaModifica
Uomo politico e comandante militare romano, Marco Valerio, in qualità di tribuno militare, fu nel 349 a.C. compagno di Lucio Furio Camillo nella guerra contro i Galli e in questa occasione acquisì il cognomen di Corvus a causa di un duello contro un nemico gigantesco che vinse con l'aiuto di un corvo.
«Un gallo si avanzò dalla schiera, insigne sia per la statura che per le armi e battendo lo scudo con l'hasta, sfida [...] uno dei romani ad incocciare le armi. [...] M. Valerio, tribunus militum adolescente [...] si fa avanti armato [...] allora scese dal cielo un corvo che si appollaiò sulla galea contro il nemico. Il fatto fu interpretato come fausto. Il corvo mantenne la sua posizione e quando iniziò il combattimento, levatosi sulle ali si gettò con il rostro e gli artigli contro gli occhi del nemico. Battuto il gallo, la vittoria arrise ai romani» |
(Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 26) |
Marco Valerio Corvo | |
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Nascita | 371 a.C. |
Morte | 271 a.C. |
Cause della morte | Vecchiaia |
Dati militari | |
Paese servito | Repubblica romana |
Forza armata | Esercito romano |
Grado | Tribuno militare |
Guerre | Prima guerra sannitica |
Campagne | Campagna contro i Volsci (346 a.C.) |
Battaglie | Battaglia del Monte Gauro Battaglia di Suessula |
Altre cariche | Politico |
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L'anno dopo il 348 a.C., sebbene avesse solo 23 anni, fu eletto console assieme a Marco Popilio Lenate, nel quarto consolato di quest'ultimo[1]. Durante questo consolato fu stipulato il secondo trattato tra Roma e Cartagine. Probabilmente l'anno successivo fu pretore.[2]
Nel 346 a.C. fu eletto console per la seconda volta, con il collega Gaio Petelio Libone Visolo[3]. A Valerio fu affidata la campagna militare con i Volsci, che cercavano di trovare alleati tra i Latini in funzione anti-romana. I Romani sbaragliarono i Volsci in campo aperto, e poi ottennero la resa di Satrico, che, presa, fu rasa al suolo. Valerio portò in trionfo oltre 4.000 soldati arresisi a Satrico.
«La città venne rasa al suolo e data alle fiamme. Il solo edificio a non essere incendiato fu il tempio della Madre Matuta. Il bottino fu integralmente assegnato agli uomini. I quattro mila soldati che si erano arresi non vennero inclusi nel bottino: il console li fece camminare incatenati di fronte al proprio carro durante il trionfo. Venduti in séguito all'asta, essi apportarono una grande quantità di denaro alle casse dello Stato.» |
(Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 27.) |
Console per la terza volta nel 343 a.C. assieme ad Aulo Cornelio Cosso Arvina[4], fu inviato al comando delle truppe romane in Campania, quando Roma dichiarò guerra ai Sanniti, per quella che sarebbe stata ricordata come la prima guerra sannitica. Valerio Corvo condusse i Romani alla vittoria nella battaglia del Monte Gauro[5] e in quella nei pressi di Sessuola, ottenendo per questo il trionfo[6].
Nel 342 fu nominato dittatore e soffocò, con misure miti e concilianti, una rivolta dei soldati messi a presidio di Capua, durante la prima guerra sannitica, evitando così quella che avrebbe potuto trasformarsi in una guerra civile.[7].
Nel 335, fu eletto console per la quarta volta, con Marco Atilio Regolo Caleno[8]. A Marco Valerio fu affidata la campagna contro gli Ausoni, che sconfisse sotto le mura di Cales, che fu espugnata. Lasciata una guarnigione in città, tornò a Roma per celebrare il trionfo.
Fu dittatore di nuovo nel 301 a.C., per fronteggiare la contemporanea sollevazione di Etruschi e Marsi[9] Prima rivolse l'esercito romano contro i Marsi, sbaragliandoli in un'unica battaglia.
«Dopo averli costretti a barricarsi all'interno delle loro città fortificate, nel giro di pochi giorni conquistò Milionia, Plestina e Fresilia. Condannò poi i Marsi alla perdita di parte del territorio, rinnovando però il trattato di alleanza con loro.» |
(Livio, Ab Urbe condita libri, X, 3.) |
Poi, in seguito a un'imboscata etrusca, di cui fu vittima Marco Emilio Paolo, da lui scelto come magister equitum, effettuò una nuova leva a Roma, per poi dirigersi in pieno territorio etrusco, nel territorio di Roselle[10]. Qui, dopo aver evitato di cadere in una nuova imboscata degli Etruschi, i Romani vinsero lo scontro in campo aperto. Agli Etruschi fu concessa una tregua di due anni, e il dittatore celebrò il trionfo per la vittoria[11].
Fu poi console nel 300 a.C., con il collega console Quinto Appuleio Pansa[12]; Marco guidò una campagna militare di scarsa importanza contro gli Equi[13]. Durante il consolato i plebei ottennero di poter eleggere quattro pontefici e cinque auguri, da affiancare ai pontefici e auguri patrizi[14].
Nel 299 a.C. fu console suffectus, a causa dell'improvvisa morte del console Tito Manlio Torquato, 46 anni dopo la prima volta[15] quindi a 72 anni. Condusse l'ultima campagna contro gli Etruschi, i quali furono talmente impauriti dalla sua presenza che rifiutarono di scendere in campo aperto, nonostante i Romani devastassero e razziassero le loro campagne[16].
Ritiratosi in campagna morì coltivando una sua proprietà all'età di 100 anni.[17]
NoteModifica
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 26.
- ^ T. Robert S. Broughton, The magistrates of the Roman Republic, I, New York, 1952, p. 130.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 27.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 28.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 32-33.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 38.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 38-39.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 16.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 3.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 4.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 4-5.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 6.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 9.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 6-9.
- ^ Cicerone, Cato XVII, 61.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, X, 11.
- ^ Cicerone, Cat M 17, 60; Tito Livio 7, 33.
Voci correlateModifica
Collegamenti esterniModifica
- Valerio Corvo, Marco, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (LA) Ad Urbe Condita, su thelatinlibrary.com.