Mausoleo di Cecilia Metella

monumento funerario della Roma antica

Il mausoleo di Cecilia Metella è un grandioso monumento funerario romano, situato nei pressi della via Appia. Costituisce con il Castrum Caetani un continuum archeologico, che sorge a Roma, poco prima del III miglio della Via Appia Antica, subito dopo il complesso costituito dal circo, dalla villa, e dal sepolcro del figlio dell'imperatore Massenzio, Valerio Romolo.

Mausoleo di Cecilia Metella
Il mausoleo di Cecilia Metella con il Castrum
CiviltàRomana
UtilizzoMausoleo
Stilearchitettura romana
EpocaEtà augustea
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Comune Roma
Altitudine50 m s.l.m.
Dimensioni
Superficie1 000 
Altezza19 m
Larghezza30 m
Amministrazione
EnteParco Archeologico dell'Appia Antica
Visitabile
Sito webwww.parcoarcheologicoappiaantica.it/luoghi/mausoleo-di-cecilia-metella-e-castrum-caetani/
Mappa di localizzazione
Map

Nel 2018 il circuito museale della tomba di Cecilia Metella e della villa dei Quintili ha registrato 44 136 visitatori ed un introito lordo totale di 93 687 euro.[1]

Incisione di Giovanni Battista Piranesi della metà del XVIII secolo

Il mausoleo modifica

La collocazione del mausoleo di Cecilia Metella veniva così descritta, nel 1855:

«Fuori dell'attuale porta di san Sebastiano, distante quasi un miglio dall'antica Capena, ai lati della via Appia sono orti e vigne.
Quindi percorse quasi due miglia incominciano deserti latifondi dell'agro romano, e sono i seguenti:
Capo di Bove,
Statuario, volgarmente Roma Vecchia;
Statuario, o sia Santa Maria Nuova;
Casal Rotondo;
Barbuta,
Selcia,
Fiorano,
Palombara.
La prima tenuta esistente sulla via Appia ai confini delle vigne è Capo di Bove. Così fu denominata dai bucrani detti volgarmente Capi di Bove, che servono di ornamento al sepolcro di Cecilia Metella ivi esistente.
Veggonsi similmente nella medesima gli avanzi di un circo denominato un tempo volgarmente di Caracalla, ed ora di Romulo figlio di Massenzio.
»

 
Il mausoleo di Cecilia Metella, poco fuori dalla cerchia delle mura aureliane, lungo la via Appia.

Di Cecilia Metella non si hanno notizie personali, salvo che era figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico, e moglie di un Crasso che si presume essere il figlio di una Venulei e di quel Marco Licinio Crasso (forse il questore di Cesare Marco) che nel 71 a.C. aveva soffocato la rivolta degli schiavi capeggiata da Spartaco e nel 60 a.C. aveva costituito il primo triumvirato con Cesare e Pompeo.

La costruzione del mausoleo, come mostrano le scene di guerra che accompagnano l'epigrafe,[2] era finalizzata a celebrare l'importanza della famiglia assai più che della dedicataria, e viene datata alla seconda metà del I secolo a.C.

Il monumento originario era costituito dall'edificio circolare che ancora si erge, installato su un fondamento quadrangolare di opera cementizia. Il tamburo che conteneva la camera funeraria, del diametro di circa 30 metri e alto 39 metri con la merlatura, era interamente rivestito di blocchi di travertino, terminava presumibilmente in una piccola cupola - non più esistente ma ancora testimoniata da un anello di blocchi di travertino, e dall'indicazione monumentum peczutum - cioè monumento "appuntito" - con cui veniva descritto nell'XI secolo[3]. In alto, al di sopra della tabula col titulus, correva un fregio di festoni floreali alternati a bucrani, dai quali nacque il toponimo di Capo di bove, che identificò la località a partire dal Medioevo. La stessa merlatura, poi rifatta più alta nel medioevo, era già presente nella struttura in travertino e ricordava gli antichi tumuli col perimetro segnato dai cippi. Alla camera sepolcrale - oggi di nuovo visitabile - si accede da un dromos nel basamento stesso; essa occupa l'intera altezza dell'edificio.

 
Mausoleo di Cecilia Metella

L'arredo è andato completamente disperso, come era inevitabile per un luogo così a lungo frequentato: di un sarcofago trasferito a Palazzo Farnese si disse che era quello di Cecilia Metella, ma il Nibby lo attribuiva più plausibilmente ad Annia Regilla, moglie di Erode Attico, il quale nel secolo successivo aveva acquisito vasti possedimenti in quella zona.

Non è univoca la scelta della fonte di ispirazione per un monumento funebre circolare come il mausoleo di Cecilia Metella: secondo alcuni studiosi i mausolei ellenistici, secondo altri le tholos etrusche. In ogni caso è interessante appurare il clima di restaurazione antiquaria che esisteva nella Roma del tardo I secolo a.C., tanto che si contano diversi esempi di architetture simili oltre i confini di Roma (a Sepino, Falerii, Gubbio, Pompei, Sarsina,ecc.) per tutta l'epoca giulio-claudia. In seguito il tamburo acquistò forme architettoniche sempre più complesse, fino alla sintesi coi mausolei a naiskos (tempietto) e a guglia, come nel mausoleo di Augusto (28 a.C.), quelli di Munazio Planco e Sempronio Atratino a Gaeta, quelli dei Plauzi Silvani, dei Servilii, dei Lucilii, ecc.

Il Castrum modifica

 
I resti della chiesa di San Nicola

In un documento del IX secolo il mausoleo è citato come "monumentum quod vocatur ta canetri capita"[4]. Il monumento e i terreni circostanti erano già in possesso della Chiesa, ma la definitiva fortificazione dell'edificio a cavallo della via Appia, e la sua integrazione in un vero e proprio castello fortificato, avvennero alla fine del XIII secolo ad opera dei Caetani, la potente famiglia di Bonifacio VIII. Nel recinto furono inclusi altre torri, un borgo e un'ampia chiesa intitolata a San Nicola di Bari, di cui oggi resta in piedi, ben restaurata, la sola struttura muraria.

Il castello fu poi occupato dai Savelli, dagli Orsini, dai Colonna, dai Cenci, e infine, con le tenute circostanti, giunse in mano ai Torlonia[5].

Note modifica

  1. ^ Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Visitatori e introiti dei musei Archiviato il 21 giugno 2019 in Internet Archive.. Aggiornato al 15 febbraio 2019.
  2. ^
    (LA)

    «CAECILIAE
    Q. CRETICI F.
    METELLAE CRASSI»

    (IT)

    «A Cecilia Metella,
    figlia di Q. Cretico,
    (moglie) di Crasso»

    Cfr. CIL VI, 1274

  3. ^ È possibile che, seguendo il modello ellenistico a cui il sepolcro si ispirava, questa culminazione fosse ricoperta di terra e/o alberata, come fu, ad esempio, per l'assai più vasto mausoleo di Augusto.
  4. ^ L'espressione fa pensare ad un uso greco dell'edificio, come avamposto sulla via Appia. Per le vicende medioevali si vedano:
    Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Roma 1848, pp. 384-386 e Roma nell'anno MDCCCXXXVII, pp. 550-556.
    Antonio Coppi, Memorie relative ad alcune tenute dell'Agro romano adiacenti alla via Appia, in "Dissertazioni della Pontificia Accademia di Archeologia", tomo XIII, Roma 1855, pp. 141-150
  5. ^ Il Coppi citato riferisce come "Nelle angustie dell'erario del 1797" le cinque tenute dello Statuario, Arco di Travertino, Capo di Bove, Sette Bassi e Torre Spaccata, poi denominate complessivamente Roma vecchia (corrispondenti a complessive 607 rubbia - pari a circa 1092 ettari) furono vendute a Giovanni Torlonia per il prezzo di scudi 93.795.

Bibliografia modifica

  • Maria Antonietta Lozzi Bonaventura, A piedi nella Roma antica, Roma 1994
  • Paolo Montanari, Sepolcri circolari di Roma e suburbio. Elementi architettonici dell'elevato, Roma, Fabrizio Serra Editore, 2009, ISBN 978-88-6227-198-1.
  • Lorenzo Quilici, Via Appia, da Porta Capena ai Colli Albani, Roma, Palombi & Partner, 1997, ISBN 88-7621-347-3.
  • Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli, L'arte dell'antichità classica, Etruria-Roma, Torino, UTET, 1976.

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