Melanina
La parola "melanina" viene utilizzata per descrivere una classe unica di pigmenti presenti in tutta la biosfera, caratterizzati da una vasta gamma di funzioni, strutture e manifestazioni.[1]

Etimologia
modificaIl termine deriva dal greco antico μέλας (mèlas = nero).[2]
Storia
modificaLa melanina fu menzionata per la prima volta da Aristotele in associazione al pigmento nero rilasciato dalle seppie per allontanare i predatori.[3]
Caratteristiche strutturali e fisiche
modificaLe melanine sono composti chimici noti come poli-indoli.[4] La struttura delle melanine è variabile, ma generalmente, all'interno di questa classe ci sono tre composti principali, numero che può essere esteso a cinque se si considerano sistemi privi di azoto:[5]
- eumelanina, più semplicemente nota come melanina
- feomelanina,
- neuromelanina
- peptidomelanina
- selenomelanina
Molte tecniche, tra cui studi di diffrazione a raggi X,[6][7] microscopia elettronica a trasmissione,[8][9] microscopia a scansione a effetto tunnel[10][11] e microscopia a forza atomica,[12] hanno stabilito che le melanine tendono a formare strutture oligomeriche composte da 3-5 unità monomeriche,[4] che si impilano l'una sull'altra tramite interazioni π–π, à la Hunter e Sanders.[13] Ciò è importante poiché porta a differenze nelle strutture delle melanine sintetiche rispetto a quelle di origine naturale: le prime tendono ad avere un contenuto di DHICA di circa il 10%, mentre i materiali naturali possono arrivare fino al 50% di contenuto di DHICA.[14]
È noto che differenti rapporti iniziali di DHI/DHICA possono modificare profondamente il modo in cui le strutture oligomeriche si impacchettano all'interno della melanina, con i diversi monomeri che mostrano affinità distinte per l'impilamento.[15][16] Queste strutture oligomeriche impilate, che hanno una densità di 1,37 g/cm³, sono di dimensioni comprese tra 1 e 5 nm, sono stabili e difficili da separare.[6][7] Infatti, è possibile ottenere solo una solubilizzazione parziale a pH alcalino.[17]
Tutte le melanine condividono una combinazione di caratteristiche che includono l'assorbimento ottico a banda larga monotono, la resistenza agli acidi forti, l'insolubilità nella maggior parte dei solventi e la presenza di una popolazione stabile di radicali liberi. A differenza di altri pigmenti in natura, le melanine possono assorbire tutte le frequenze della luce visibile e rifletterne quasi nessuna all'osservatore. Poiché gli spettri di assorbimento ottico delle melanine si estendono alla regione ultravioletta e infrarossa, alcuni considerano le melanine più scure del nero.[1]
Eumelanina
modificaÈ un pigmento di colore nero-marrone, derivato almeno in parte dalla polimerizzazione ossidativa della L-dopa tramite intermedi di 5,6-diidrossiindolo.[18] La sua struttura è stata oggetto di alcune controversie.[4] Il motivo principale è che la melanina non è un composto polimerico tradizionale, ma piuttosto un materiale disordinato e amorfo,[19][20] insolubile nella maggior parte dei solventi comuni, il che rende impraticabili le tecniche standard di caratterizzazione.[4][18]
Feomelanina
modificaUn pigmento contenente zolfo di colore giallo-marrone rossiccio, derivato dall'ossidazione dei precursori della cisteinildopa tramite intermedi di benzotiazina e benzotiazolo, tipicamente presente nelle persone con i capelli rossi.[18] Risulta solubile negli alcali.[21][22]
La feomelanina è strettamente legata alle proteine, il che indica che in vivo si presenta come cromoproteina,[23] con una grande variabilità nel contenuto di azoto e zolfo.[21][22]
Le feomelanine sono fotolabili e i loro prodotti di fotolisi includono superossido, radicali idrossilici e perossido di idrogeno I tricromi B, C, E e F sono prodotti correlati alla feomelanina, contenenti un'unità strutturale di base costituita da 1,4-benzotiazina, che può esistere in due forme tautomere.[21][22]
Neuromelanina
modificaUn pigmento scuro prodotto nei neuroni dall'ossidazione della dopamina e di altri precursori delle catecolamine.[18] Questo composto si trova nella sostanza nera del tronco encefalico[24] ed è stato dimostrato che è costituito da un nucleo di feomelanina e un guscio esterno di eumelanina.[25]
Presentano proprietà paramagnetiche stabili, sono insolubili nei solventi organici, vengono decolorate dal perossido di idrogeno e vengono marcati con una colorazione d'argento.[26]
Peptidomelanina
modificaUna forma idrosolubile di melanina prodotta durante la germinazione delle spore di Aspergillus niger melanoliber. È composta da un nucleo insolubile di polimeri di L-DOPA che viene solubilizzato tramite brevi catene peptidiche eterogenee copolimerizzate, formando una “corona” con una lunghezza media di 2,6 ± 2,3 amminoacidi. La peptidomelanina è in grado di chelare grandi quantità di metalli pesanti come piombo, mercurio e uranio (sotto forma di uranile).[27]
Selenomelanina
modificaSi tratta di un'analogo della feomelanina arricchito con il selenio. che venne sintetizzato per la prima volta alla Northwestern University, di cui però non si esclude la naturale presenza negli organismi.[28]
Abbondanza e disponibilità
modificaLa melanina è presente in quasi tutti gli organi umani ed è ubiquitaria anche in organismi evolutivamente lontani tra di loro.[29]
Sintesi
modificaIl gene che controlla la produzione di melanina per il recettore melanocortinico accoppiato a proteine G (MC1R) si trova nel locus genetico q24.3 sul cromosoma 16. Il gene MC1R regola l'abbronzatura (sensibilità all'esposizione alla luce e alle scottature solari), determina il colore della pelle e dei capelli e aumenta il rischio di melanoma.[30][31] I tassi di sintesi della melanina variano tra i membri della stessa famiglia e tra i gruppi razziali. Questa variazione (MSH) è causata dalla genetica, dall'esposizione al sole e da alcuni ormoni che stimolano i melanociti, come l'ormone adrenocorticotropo (ACTH), la lipotropina e l'ormone stimolante i melanociti.[32][33]
Le melanine sono il prodotto dell'ossidazione e polimerizzazione delle tirosine negli animali, mentre dei composti fenolici negli animali inferiori.[18] La melanina viene prodotta principalmente a partire da due monomeri chiave: il 5,6-diidrossiindolo (DHI) e l'acido 5,6-diidrossiindolo-2-carbossilico (DHICA), insieme ai loro vari stati redox e tautomerici.[14]
L'esistenza di tautomeri all'interno della melanina è stata proposta per la prima volta nel 2002 sulla base di materiali DHI/melanina.[34] Nell'articolo, gli autori suggeriscono che la chinone-immina è un componente principale della melanina. Tuttavia, studi computazionali successivi hanno indicato che la chinone-metide è più stabile della corrispondente immina,[35][36] anche se meno stabile della chinone. È generalmente accettato che la chinone-metide sia il tautomero preferito, in linea con altri sistemi di orto-chinone.[37][38][39] È interessante notare che il metide appare essere un intermedio chiave nella formazione di DHI e DHICA nelle prime fasi della melanogenesi.[38][39]
Si noti che i monomeri di partenza sono orto-idrochinoni o catecoli, e si comportano come tali.[40][37][41] Inoltre, questi monomeri sono altamente reattivi.[42][43] I siti più reattivi sembrano essere le posizioni 2, 4 e 7, almeno per il DHI.[44] Inoltre, i catecoli sono anche sensibili all'ossigeno e possono subire auto-ossidazione in condizioni lievi.[41]
Nei mammiferi, la melanina si forma sotto forma di granuli intracellulari che vengono trasferiti dai melanociti alle cellule epiteliali e costituiscono il pigmento predominante dei capelli e dell'epidermide.[45]
Melanogenesi
modificaQuesto processo avviene nei melanociti, nello specifico nelle vescicole chiamate melanosomi. I melanosomi, dalla loro forma primitiva di promelanosomi, sono stati per molto tempo considerati una derivazione del reticolo endoplasmatico liscio, anche se esperimenti più recenti sembrano indicare i melanosomi come una derivazione delle vescicole derivanti dalla via di sviluppo dei lisosomi, alle quali si vanno a fondere le vescicole provenienti dal Golgi contenenti gli enzimi melanogenetici.[46]
La biosintesi della melanina può essere avviata sia dall'idrossilazione della L-fenilalanina in L-tirosina (passaggio non obbligatorio, operativo in vivo) sia direttamente dalla L-tirosina, che viene successivamente idrossilata a L-diidrossifenilalanina (L-DOPA) (passaggio obbligatorio sia in vitro che in vivo). La L-DOPA funge da precursore sia delle melanine che delle catecolamine, agendo lungo percorsi separati. Il passaggio successivo, l'ossidazione della L-DOPA a dopachinone, è comune sia ai percorsi eumelanogenici che feomelanogenici.[21][22]
L'eumelanogenesi prevede la trasformazione del dopachinone in leucodopacromo, seguita da una serie di reazioni di ossido-riduzione con produzione di intermedi come diidrossiindolo (DHI) e acido diidrossiindolico (DHICA), che subiscono polimerizzazione per formare l'eumelanina.[21][23][47]
La feomelanogenesi inizia anch'essa con il dopachinone, che si coniuga con la cisteina o il glutatione per produrre cisteinildopa e glutationildopa, che vengono ulteriormente trasformate in feomelanina. La melanina mista contiene sia eumelanina che feomelanina.[21][22][23]
La generazione di catecolamine a partire dalla L-DOPA richiede la sua decarbossilazione enzimatica, idrossilazione e metilazione per produrre dopamina, norepinefrina ed epinefrina, rispettivamente.[48] In vitro, tutte queste catecolamine possono potenzialmente convertirsi in neuromelanina attraverso diverse reazioni di ossido-riduzione.[49] In vivo, solo dopamina e cisteinildopamina possono fungere da precursori primari del pigmento.[50][51][26]
Reattività e caratteristiche chimiche
modificaLa capacità della melanina di ridurre e ossidare altre molecole è, in larga misura, determinata dalle proprietà redox delle sue unità monomeriche.[4][52] La presenza di un radicale libero all'interno della melanina non è sorprendente,[4] dato che si basa su un sistema di orto-chinoni e che gran parte del comportamento osservato è coerente con quello delle unità semichinoniche.[53][54][55]
Tuttavia, un'osservazione importante è che i semichinoni standard degli orto-chinoni sono molto instabili, mentre nel caso della melanina le relative subunità melaniche sono piuttosto stabili ed esibiscono una reattività sostanzialmente inferiore. Ciò è ben dimostrato dalla rilevazione diretta della melanina nei fossili di dinosauro, inclusa quella effettuata in un'esperimento con l'utilizzo della risonanza paramagnetica elettronica.[56]
La minore reattività è probabilmente dovuta alla loro accessibilità limitata come risultato di interazioni intramolecolari e ingombro sterico.[4] L'importanza del semichinone non deve essere sottovalutata, poiché la sua formazione attraverso una reazione di comproporzione è fondamentale per le proprietà elettriche e, di conseguenza, per le applicazioni dei dispositivi a base di melanina.[14]
Le melanine proteggono contro le radiazioni ionizzanti assorbendo l'energia delle radiazioni e dissipandola sotto forma di calore, oltre a intercettare e/o neutralizzare le molecole ionizzate all'interno della cellula (es. specie reattive dell'ossigeno). Quest'ultimo aspetto è legato alle forti proprietà antiossidanti della melanina, una caratteristica utilizzata anche da molti agenti patogeni microbici per contrastare le difese immunitarie dell'ospite.[1]
Le eumelanine si comportano come polianioni con la capacità di legare reversibilmente cationi, anioni e poliammine in reazioni facilitate dalla loro elevata concentrazione di gruppi carbossilici.[23][21][22] Lo spettro di risonanza paramagnetica elettronica (EPR) dell'eumelanina corrisponde a un singoletto leggermente asimmetrico che genera un segnale di radicale libero a circa g = 2.004.[57]
La feomelanina può anche agire come ligando per farmaci e sostanze chimiche[58][59] e, come l'eumelanina, contiene semichinoni con proprietà paramagnetiche associate, ma possiede anche ulteriori centri di semichinonimmina. Gli spettri EPR delle feomelanine corrispondono a una struttura iperfine con un elettrone spaiato localizzato vicino al nucleo dell’azoto 14.[57]
Importanza biologica
modificaIn natura, la melanina svolge diverse funzioni che spaziano dal mimetismo alla raccolta di energia. In quanto pigmenti, le melanine influenzano la percezione visiva migliorando o riducendo la comunicazione visiva (es. le piume del pavone, i camaleonti).[1]
In termini di protezione, le melanine sono ben note per proteggere contro le radiazioni ultraviolette ionizzanti, ma questo è solo un esempio. La melanizzazione è stata associata anche alla protezione contro diversi fattori biotici, come la difesa dell'ospite contro i patogeni, e fattori abiotici, tra cui il calore, il freddo e gli stress osmotici.[1]
I sistemi immunitari di alcuni insetti e nematodi si basano sulla melanina, e alcuni patogeni microbici usano la melanina per eludere le difese immunitarie dell'ospite. Infine, molti organismi melanotici usano la melanina per catturare energia dalle radiazioni. Animali, piante e funghi possono utilizzare la melanina per raccogliere calore dalle radiazioni, influenzando la loro adattabilità a diversi ambienti termici, il cosiddetto melanismo termico.[1]
Studi sui funghi hanno inoltre dimostrato che la melanina può raccogliere energia dalle radiazioni elettromagnetiche per uso metabolico in un processo che coinvolge le proprietà elettriche della melanina, conosciuto come radiosintesi.[1]
Malattie associate
modificaSi distinguono fondamentalmente due tipi di condizioni associate alla sintesi di melanina:[60][61][62]
- l'iperpigmentazione: la sintesi di melanina risulta superiore alla norma,
- l'ipopigmentazione: la sintesi di melanina risulta inferiore alla norma.
Iperpigmentazione
modificaUn aumento nella produzione di melanina causa l'iperpigmentazione. Le situazioni in cui la sintesi della melanina aumenta derivano principalmente dall'esposizione al sole, da condizioni dermatologiche, ormoni, età, fattori ereditari, lesioni cutanee o infiammazioni e acne. La causa più frequente dell'iperpigmentazione è l'esposizione al sole, che stimola fortemente la produzione di melanina. Uno studio ha dimostrato come l'esposizione precoce al sole possa peggiorare le macchie scure, facendole somigliare a melasma, macchie post-infiammatorie e macchie dell'età.[63]
Due esempi di iperpigmentazione causata da fattori ormonali sono il cloasma e il melasma. È stato accertato che gli ormoni sessuali femminili, estrogeni e progesterone, che aumentano la formazione di melanina quando il corpo è esposto alla luce solare, siano responsabili di questa condizione, che è prevalente nelle donne. La terapia ormonale sostitutiva ha l'effetto collaterale di causare iperpigmentazione.[64]
Ipopigmentazione
modificaI traumi cutanei pregressi, comprese lesioni cutanee come vesciche, infezioni, ustioni, esposizione a sostanze chimiche e altre ferite, rappresentano la causa più comune di ipopigmentazione. Dopo la guarigione di una lesione, la pelle risulterà infatti più chiara rispetto alla superficie cutanea circostante.[65] Malattie ereditarie come l'albinismo,[66][67] il melasma,[68][69] le infezioni fungine, la pityriasis versicolor,[70] la pityriasis alba[71] e la vitiligine[72][73] possono causare ipopigmentazione della cute principalmente perché alterano il metabolismo della tirosina.[74]
Applicazioni
modificaLa melanina è utilizzata commercialmente come componente di creme solari, principalmente per la sua capacità di neutralizzare i radicali liberi piuttosto che per le sue proprietà di assorbimento della luce. Il pigmento è anche un potenziale bersaglio per la terapia anti-melanoma.[45]
Le nanoparticelle di melanina (MNP) o nanoparticelle simili alla melanina (MLNP) hanno un potenziale unico come materiali funzionali per migliorare le proprietà fisiche e funzionali dei film nanocompositi. Sono state infatti sviluppate varie applicazioni nel campo del confezionamento alimentare e della biomedicina, utilizzando melanina o MLNP da sole o in combinazione.[75]
Negli ultimi venti anni, le melanine hanno attirato un'attenzione crescente per il loro utilizzo in semiconduttori organici e bioelettronica, rilascio di farmaci, fotoprotezione e biorisanamento ambientale. Sebbene siano stati compiuti considerevoli progressi in questi campi, le applicazioni pratiche delle melanine nel mondo reale sono ancora scarse, probabilmente a causa della fonte limitata e costosa della melanina naturale. Tuttavia, recenti progressi biotecnologici hanno permesso una produzione su scala relativamente ampia di melanine microbiche, che potrebbero sostituire l'attuale melanina commerciale.[76]
Dati preliminari indicano che la peptidomelanina potrebbe avere applicazioni per la bonifica in situ dei metalli pesanti, anche in contesti agricoli.[27] Sono inoltre in corso studi per l'applicazione della melanina nel settore aereospaziale.[77]
Note
modifica- ^ a b c d e f g (EN) Radames J.B. Cordero e Arturo Casadevall, Melanin, in Current Biology, vol. 30, n. 4, 2020-02, pp. R142–R143, DOI:10.1016/j.cub.2019.12.042. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ melanin | Etimologia, Origine e Significato | etymonline, su Online Etymology Dictionary. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Aristotle, Book IX, Oxford University Press, 1º gennaio 1980, ISBN 978-0-19-921361-0. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c d e f g (EN) Paul Meredith e Tadeusz Sarna, The physical and chemical properties of eumelanin, in Pigment Cell Research, vol. 19, n. 6, 2006-12, pp. 572–594, DOI:10.1111/j.1600-0749.2006.00345.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Wei Cao, Xuhao Zhou e Naneki C. McCallum, Unraveling the Structure and Function of Melanin through Synthesis, in Journal of the American Chemical Society, vol. 143, n. 7, 24 febbraio 2021, pp. 2622–2637, DOI:10.1021/jacs.0c12322. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Jin Cheng, Simon C. Moss e Melvin Eisner, X‐Ray Characterization of Melanins—I, in Pigment Cell Research, vol. 7, n. 4, 1994-08, pp. 255–262, DOI:10.1111/j.1600-0749.1994.tb00060.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Jin Cheng, Simon C. Moss e Melvin Eisner, X‐Ray Characterization of Melanins—II, in Pigment Cell Research, vol. 7, n. 4, 1994-08, pp. 263–273, DOI:10.1111/j.1600-0749.1994.tb00061.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Andrew A. R. Watt, Jacques P. Bothma e Paul Meredith, The supramolecular structure of melanin, in Soft Matter, vol. 5, n. 19, 2009, pp. 3754, DOI:10.1039/b902507c. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Christine M. R. Clancy, J. Brian Nofsinger e R. Kyle Hanks, A Hierarchical Self-Assembly of Eumelanin, in The Journal of Physical Chemistry B, vol. 104, n. 33, 1º agosto 2000, pp. 7871–7873, DOI:10.1021/jp001630q. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Pilar Díaz, Yurima Gimeno e Pilar Carro, Electrochemical Self-Assembly of Melanin Films on Gold, in Langmuir, vol. 21, n. 13, 1º giugno 2005, pp. 5924–5930, DOI:10.1021/la0469755. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) G.W. Zajac, J.M. Gallas e J. Cheng, The fundamental unit of synthetic melanin: a verification by tunneling microscopy of X-ray scattering results, in Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - General Subjects, vol. 1199, n. 3, 1994-04, pp. 271–278, DOI:10.1016/0304-4165(94)90006-X. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Klaus B. Stark, James M. Gallas e Gerry W. Zajac, Effect of Stacking and Redox State on Optical Absorption Spectra of Melanins−Comparison of Theoretical and Experimental Results, in The Journal of Physical Chemistry B, vol. 109, n. 5, 1º febbraio 2005, pp. 1970–1977, DOI:10.1021/jp046710z. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Christopher A. Hunter e Jeremy K. M. Sanders, The nature of .pi.-.pi. interactions, in Journal of the American Chemical Society, vol. 112, n. 14, 1990-07, pp. 5525–5534, DOI:10.1021/ja00170a016. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c (EN) A. Bernardus Mostert, Melanin, the What, the Why and the How: An Introductory Review for Materials Scientists Interested in Flexible and Versatile Polymers, in Polymers, vol. 13, n. 10, 20 maggio 2021, pp. 1670, DOI:10.3390/polym13101670. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Lucia Panzella, Gennaro Gentile e Gerardino D'Errico, Atypical Structural and π‐Electron Features of a Melanin Polymer That Lead to Superior Free‐Radical‐Scavenging Properties, in Angewandte Chemie International Edition, vol. 52, n. 48, 25 novembre 2013, pp. 12684–12687, DOI:10.1002/anie.201305747. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Marco d’Ischia, Alessandra Napolitano e Vincent Ball, Polydopamine and Eumelanin: From Structure–Property Relationships to a Unified Tailoring Strategy, in Accounts of Chemical Research, vol. 47, n. 12, 16 dicembre 2014, pp. 3541–3550, DOI:10.1021/ar500273y. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Jacques P. Bothma, Johannes de Boor e Ujjual Divakar, Device‐Quality Electrically Conducting Melanin Thin Films, in Advanced Materials, vol. 20, n. 18, 17 settembre 2008, pp. 3539–3542, DOI:10.1002/adma.200703141. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c d e (EN) Marco d'Ischia, Kazumasa Wakamatsu e Alessandra Napolitano, Melanins and melanogenesis: methods, standards, protocols, in Pigment Cell & Melanoma Research, vol. 26, n. 5, 2013-09, pp. 616–633, DOI:10.1111/pcmr.12121. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Marco d'Ischia, Alessandra Napolitano e Alessandro Pezzella, Chemical and Structural Diversity in Eumelanins: Unexplored Bio‐Optoelectronic Materials, in Angewandte Chemie International Edition, vol. 48, n. 22, 18 maggio 2009, pp. 3914–3921, DOI:10.1002/anie.200803786. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Marco d'Ischia, Kazumasa Wakamatsu e Fabio Cicoira, Melanins and melanogenesis: from pigment cells to human health and technological applications, in Pigment Cell & Melanoma Research, vol. 28, n. 5, 2015-09, pp. 520–544, DOI:10.1111/pcmr.12393. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c d e f g GIUSEPPE PROTA, NATURAL AND SYNTHETIC MELANINS, Elsevier, 1992, pp. 63–87, ISBN 978-0-12-565970-3. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c d e f G. Prota, The Chemistry of Melanins and Melanogenesis, Springer Vienna, 1995, pp. 93–148, ISBN 978-3-7091-9339-6. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b c d Shosuke Ito, A Chemist's View of Melanogenesis, in Pigment Cell Research, vol. 16, n. 3, 13 maggio 2003, pp. 230–236, DOI:10.1034/j.1600-0749.2003.00037.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Fabio A. Zucca, Giuseppe Giaveri e Mario Gallorini, The Neuromelanin of Human Substantia Nigra: Physiological and Pathogenic Aspects, in Pigment Cell Research, vol. 17, n. 6, 2004-12, pp. 610–617, DOI:10.1111/j.1600-0749.2004.00201.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) William D. Bush, Jacob Garguilo e Fabio A. Zucca, The surface oxidation potential of human neuromelanin reveals a spherical architecture with a pheomelanin core and a eumelanin surface, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 103, n. 40, 3 ottobre 2006, pp. 14785–14789, DOI:10.1073/pnas.0604010103. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b L. Zecca, F. A. Zucca e P. Costi, The neuromelanin of human substantia nigra: structure, synthesis and molecular behaviour, Springer Vienna, 2003, pp. 145–155, ISBN 978-3-211-83907-2. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Rakshita Sukruth Kolipakala, Suranjana Basu e Senjuti Sarkar, Fungal Peptidomelanin: A Novel Biopolymer for the Chelation of Heavy Metals, in ACS Omega, 7 agosto 2024, DOI:10.1021/acsomega.4c03704. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Wei Cao, Naneki C. McCallum e Qing Zhe Ni, Selenomelanin: An Abiotic Selenium Analogue of Pheomelanin, in Journal of the American Chemical Society, vol. 142, n. 29, 22 luglio 2020, pp. 12802–12810, DOI:10.1021/jacs.0c05573. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) K. A. Motovilov e A. B. Mostert, Melanin: Nature's 4th bioorganic polymer, in Soft Matter, vol. 20, n. 29, 2024, pp. 5635–5651, DOI:10.1039/D4SM00491D. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Seung‐hwa Baek e Sang‐Han Lee, Sesamol decreases melanin biosynthesis in melanocyte cells and zebrafish: Possible involvement of MITF via the intracellular cAMP and p38/ JNK signalling pathways, in Experimental Dermatology, vol. 24, n. 10, 2015-10, pp. 761–766, DOI:10.1111/exd.12765. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Romain Madelaine, Keri J. Ngo e Gemini Skariah, Genetic deciphering of the antagonistic activities of the melanin-concentrating hormone and melanocortin pathways in skin pigmentation, in Ian J. Jackson (a cura di), PLOS Genetics, vol. 16, n. 12, 10 dicembre 2020, pp. e1009244, DOI:10.1371/journal.pgen.1009244. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Rana N. Ozdeslik, Lauren E. Olinski e Melissa M. Trieu, Human nonvisual opsin 3 regulates pigmentation of epidermal melanocytes through functional interaction with melanocortin 1 receptor, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 116, n. 23, 4 giugno 2019, pp. 11508–11517, DOI:10.1073/pnas.1902825116. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Erin M. Wolf Horrell, Mary C. Boulanger e John A. D’Orazio, Melanocortin 1 Receptor: Structure, Function, and Regulation, in Frontiers in Genetics, vol. 7, 31 maggio 2016, DOI:10.3389/fgene.2016.00095. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Bruno Szpoganicz, Shirley Gidanian e Philip Kong, Metal binding by melanins: studies of colloidal dihydroxyindole-melanin, and its complexation by Cu(II) and Zn(II) ions, in Journal of Inorganic Biochemistry, vol. 89, n. 1-2, 2002-04, pp. 45–53, DOI:10.1016/S0162-0134(01)00406-8. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Alessandro Pezzella, Orlando Crescenzi e Anna Natangelo, Chemical, Pulse Radiolysis and Density Functional Studies of a New, Labile 5,6-Indolequinone and Its Semiquinone, in The Journal of Organic Chemistry, vol. 72, n. 5, 1º marzo 2007, pp. 1595–1603, DOI:10.1021/jo0615807. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Yuri V. Il'ichev e John D. Simon, Building Blocks of Eumelanin: Relative Stability and Excitation Energies of Tautomers of 5,6-Dihydroxyindole and 5,6-Indolequinone, in The Journal of Physical Chemistry B, vol. 107, n. 29, 1º luglio 2003, pp. 7162–7171, DOI:10.1021/jp034702x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Shosuke Ito, Manickam Sugumaran e Kazumasa Wakamatsu, Chemical Reactivities of ortho-Quinones Produced in Living Organisms: Fate of Quinonoid Products Formed by Tyrosinase and Phenoloxidase Action on Phenols and Catechols, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 21, n. 17, 24 agosto 2020, pp. 6080, DOI:10.3390/ijms21176080. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Manickam Sugumaran, Jason Evans e Shosuke Ito, Nonenzymatic Spontaneous Oxidative Transformation of 5,6-Dihydroxyindole, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 21, n. 19, 3 ottobre 2020, pp. 7321, DOI:10.3390/ijms21197321. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Manickam Sugumaran, Reactivities of Quinone Methides versus o-Quinones in Catecholamine Metabolism and Eumelanin Biosynthesis, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 17, n. 9, 20 settembre 2016, pp. 1576, DOI:10.3390/ijms17091576. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) A. Bernardus Mostert, On the free radical redox chemistry of 5,6-dihydroxyindole, in Chemical Physics, vol. 546, 2021-06, pp. 111158, DOI:10.1016/j.chemphys.2021.111158. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) Manickam Sugumaran, Jason Evans e Shosuke Ito, Nonenzymatic Spontaneous Oxidative Transformation of 5,6-Dihydroxyindole, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 21, n. 19, 3 ottobre 2020, pp. 7321, DOI:10.3390/ijms21197321. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Manickam Sugumaran, Reactivities of Quinone Methides versus o-Quinones in Catecholamine Metabolism and Eumelanin Biosynthesis, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 17, n. 9, 20 settembre 2016, pp. 1576, DOI:10.3390/ijms17091576. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Marco d’Ischia, Alessandra Napolitano e Alessandro Pezzella, 5,6-Dihydroxyindoles and Indole-5,6-diones, Elsevier, 2005, pp. 1–63. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Chun-Teh Chen, Francisco J. Martin-Martinez e Gang Seob Jung, Polydopamine and eumelanin molecular structures investigated with ab initio calculations, in Chemical Science, vol. 8, n. 2, 2017, pp. 1631–1641, DOI:10.1039/C6SC04692D. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b (EN) P.A. Riley, Melanin, in The International Journal of Biochemistry & Cell Biology, vol. 29, n. 11, 1997-11, pp. 1235–1239, DOI:10.1016/S1357-2725(97)00013-7. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Valerio Monesi, Istologia, sesta edizione, 2012, p. 137.
- ^ JOHN M. PAWELEK, After Dopachrome?, in Pigment Cell Research, vol. 4, n. 2, 1991-03, pp. 53–62, DOI:10.1111/j.1600-0749.1991.tb00315.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Jerry L. Wilson, Biochemistry; Third edition (Stryer, Lubert), in Journal of Chemical Education, vol. 65, n. 12, 1988-12, pp. A337, DOI:10.1021/ed065pa337. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Krystyna B. Stępień, Jacek P. Dworzański e Barbara Bilińska, Catecholamine melanins. Structural changes induced by copper ions, in Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - Protein Structure and Molecular Enzymology, vol. 997, n. 1-2, 1989-07, pp. 49–54, DOI:10.1016/0167-4838(89)90134-9. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Ragnar Carstam, Carita Brinck e Annika Hindemith-Augustsson, The neuromelanin of the human substantia nigra, in Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - Molecular Basis of Disease, vol. 1097, n. 2, 1991-09, pp. 152–160, DOI:10.1016/0925-4439(91)90100-n. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ K. L. Double, L. Zecca e P. Costi, Structural Characteristics of Human Substantia Nigra Neuromelanin and Synthetic Dopamine Melanins, in Journal of Neurochemistry, vol. 75, n. 6, 2000-12, pp. 2583–2589, DOI:10.1046/j.1471-4159.2000.0752583.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ TADEUSZ SARNA e HAROLD M. SWARTZ, INTERACTIONS OF MELANIN WITH OXYGEN (AND RELATED SPECIES), Elsevier, 1993, pp. 129–169, ISBN 978-0-444-89617-9. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Shiu-Shin Chio, James S. Hyde e Roger C. Sealy, Temperature-dependent paramagnetism in melanin polymers, in Archives of Biochemistry and Biophysics, vol. 199, n. 1, 1980-01, pp. 133–139, DOI:10.1016/0003-9861(80)90265-9. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Shiu-Shin Chio, James S. Hyde e Roger C. Sealy, Paramagnetism in melanins: pH dependence, in Archives of Biochemistry and Biophysics, vol. 215, n. 1, 1982-04, pp. 100–106, DOI:10.1016/0003-9861(82)90283-1. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) A. Bernardus Mostert, Graeme R. Hanson e Tadeusz Sarna, Hydration-Controlled X-Band EPR Spectroscopy: A Tool for Unravelling the Complexities of the Solid-State Free Radical in Eumelanin, in The Journal of Physical Chemistry B, vol. 117, n. 17, 2 maggio 2013, pp. 4965–4972, DOI:10.1021/jp401615e. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Keely Glass, Shosuke Ito e Philip R. Wilby, Direct chemical evidence for eumelanin pigment from the Jurassic period, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 109, n. 26, 26 giugno 2012, pp. 10218–10223, DOI:10.1073/pnas.1118448109. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ a b Andrzej Slominski, Desmond J. Tobin e Shigeki Shibahara, Melanin Pigmentation in Mammalian Skin and Its Hormonal Regulation, in Physiological Reviews, vol. 84, n. 4, 2004-10, pp. 1155–1228, DOI:10.1152/physrev.00044.2003. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Barbara D. Boyan, Lynda F. Bonewald e Victor L. Sylvia, Evidence for distinct membrane receptors for 1α,25-(OH)2D3 and 24R,25-(OH)2D3 in osteoblasts, in Steroids, vol. 67, n. 3-4, 2002-03, pp. 235–246, DOI:10.1016/s0039-128x(01)00160-x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ ULLA MÅRS e BENGT S. LARSSON, Pheomelanin as a Binding Site for Drugs and Chemicals, in Pigment Cell Research, vol. 12, n. 4, 1999-08, pp. 266–274, DOI:10.1111/j.1600-0749.1999.tb00760.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Francisco Solano, Photoprotection and Skin Pigmentation: Melanin-Related Molecules and Some Other New Agents Obtained from Natural Sources, in Molecules, vol. 25, n. 7, 27 marzo 2020, pp. 1537, DOI:10.3390/molecules25071537. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Carlo Polidori, Alberto Jorge e Concepción Ornosa, Eumelanin and pheomelanin are predominant pigments in bumblebee (Apidae: Bombus ) pubescence, in PeerJ, vol. 5, 24 maggio 2017, pp. e3300, DOI:10.7717/peerj.3300. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Electra Nicolaidou e Andreas D. Katsambas, Pigmentation disorders: hyperpigmentation and hypopigmentation, in Clinics in Dermatology, vol. 32, n. 1, 2014-01, pp. 66–72, DOI:10.1016/j.clindermatol.2013.05.026. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Narumol Silpa-archa, Indermeet Kohli e Suteeraporn Chaowattanapanit, Postinflammatory hyperpigmentation: A comprehensive overview, in Journal of the American Academy of Dermatology, vol. 77, n. 4, 2017-10, pp. 591–605, DOI:10.1016/j.jaad.2017.01.035. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) PratikB Sheth, HiralA Shah e JayendraN Dave, Periorbital hyperpigmentation: A study of its prevalence, common causative factors and its association with personal habits and other disorders, in Indian Journal of Dermatology, vol. 59, n. 2, 2014, pp. 151, DOI:10.4103/0019-5154.127675. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Markus Böhm, Disorders of Melanin Pigmentation, Springer Berlin Heidelberg, 2021, pp. 1–35, ISBN 978-3-662-58713-3. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Emily Z. Ma, Albert E. Zhou e Karl M. Hoegler, Oculocutaneous albinism: epidemiology, genetics, skin manifestation, and psychosocial issues, in Archives of Dermatological Research, vol. 315, n. 2, 25 febbraio 2022, pp. 107–116, DOI:10.1007/s00403-022-02335-1. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ Meghan Hupe, StatPearls, in Journal of Electronic Resources in Medical Libraries, vol. 21, n. 3, 2 luglio 2024, pp. 147–152, DOI:10.1080/15424065.2024.2389325. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Dong‐Youn Lee, Cho‐Rok Kim e Joo‐Heung Lee, Trichrome vitiligo in segmental type, in Photodermatology, Photoimmunology & Photomedicine, vol. 27, n. 2, 2011-04, pp. 111–112, DOI:10.1111/j.1600-0781.2011.00572.x. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Jeremy P Hill e Jonathan M Batchelor, An approach to hypopigmentation, in BMJ, 12 gennaio 2017, pp. i6534, DOI:10.1136/bmj.i6534. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Joseph R. Kallini, Fauzia Riaz e Amor Khachemoune, Tinea versicolor in dark‐skinned individuals, in International Journal of Dermatology, vol. 53, n. 2, 2014-02, pp. 137–141, DOI:10.1111/ijd.12345. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Nina Miazek, Irmina Michalek e Malgorzata Pawlowska‐Kisiel, Pityriasis Alba—Common Disease, Enigmatic Entity: Up‐to‐Date Review of the Literature, in Pediatric Dermatology, vol. 32, n. 6, 2015-11, pp. 786–791, DOI:10.1111/pde.12683. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Jing Jing e Xiao-Yong Man, Vitiligo-like depigmentation in a patient treated with PD-1 antibody, in BMJ, 22 settembre 2021, pp. n1982, DOI:10.1136/bmj.n1982. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) L. McMichael, Skin camouflage, in BMJ, vol. 344, jan05 1, 5 gennaio 2012, pp. d7921–d7921, DOI:10.1136/bmj.d7921. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Amin Mahmood Thawabteh, Alaa Jibreen e Donia Karaman, Skin Pigmentation Types, Causes and Treatment—A Review, in Molecules, vol. 28, n. 12, 18 giugno 2023, pp. 4839, DOI:10.3390/molecules28124839. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Swarup Roy e Jong-Whan Rhim, New insight into melanin for food packaging and biotechnology applications, in Critical Reviews in Food Science and Nutrition, vol. 62, n. 17, 23 giugno 2022, pp. 4629–4655, DOI:10.1080/10408398.2021.1878097. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) Anh N. Tran-Ly, Carolina Reyes e Francis W. M. R. Schwarze, Microbial production of melanin and its various applications, in World Journal of Microbiology and Biotechnology, vol. 36, n. 11, 2020-11, DOI:10.1007/s11274-020-02941-z. URL consultato il 17 marzo 2025.
- ^ (EN) New biomaterial could shield against harmful radiation, su news.northwestern.edu. URL consultato il 17 marzo 2025.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su melanina
Collegamenti esterni
modifica- melanina, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) melanin, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Melanina, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 35251 · LCCN (EN) sh85083376 · BNF (FR) cb11936432n (data) · J9U (EN, HE) 987007563005205171 · NDL (EN, JA) 00567607 |
---|