Meliadi

ninfe dei frassini nella mitologia greca

Le Meliadi (in greco antico: Μελιάδες?, Meliades) o Meliai (in greco antico: Μελίαι?, Meliai) sono una categoria di ninfe nella mitologia greca.

Meliadi
Nome orig.Μελιάδες
Caratteristiche immaginarie
Specieninfe
SessoFemmine
Luogo di nascitaprobabilmente Creta

Descrizione modifica

In genere sono considerate ninfe del frassino[1] in quanto la stessa parola greca che indica il frassino ė Μελίαι[2] e sono state considerate Meliadi anche le due nutrici Ida e Adrastea (che porsero il cibo a Zeus), in quanto la parola Μελί e riconducibile sia alla manna del frassino che al miele delle api che sono parte degli alimenti che componevano il cibo ambrosialie[1]. Callimaco inoltre, scrive che le Meliadi accudirono Zeus infante sul monte Ditte nell'isola di Creta dove lo nutrirono con miele e latte munto dalla capra Amaltea[3].

Ma Callimaco[4], Nonno di Panopoli ed Esiodo scrivono delle Meliadi semplicemente come ninfe degli alberi e senza dargli alcuna distinzione sulle pianta da cui discendono, ed è anche probabile che alcuni mitografi abbiano utilizzato la parola Μελία (Melia) e non quindi Μελίαι (Meliai) per scrivere miti o leggende sulle le gesta di una singola ninfa che potrebbe non appartenere al gruppo delle meliadi.

Pausania annota l'esistenza di una Melia oceanina (quindi figlia di Oceano e Teti)[5] che da Apollo divenne madre di Tenereo e Ismeno[6][7]. Callimaco ed Esiodo scrivono che la madre di Tenereo e Ismeno fosse un'altra ninfa (Melia) che però posizionano a Tebe e di cui specificano che sia una ninfa di terra anziché dei frassini[4][8].

Nella mitologia di Argo, Melia era invece la sposa del dio fluviale Inaco e madre di Foroneo ed Egialeo[9]. Secondo una versione, amata da Zeus, generò Io[10]

Genealogia modifica

Secondo Esiodo nacquero dal sangue di Urano caduto su Gea dopo la sua castrazione[11] (hanno quindi la stessa origine di Erinni e Cureti)[1] e si sbilancia sul fatto che siano connesse alla nascita dell'uomo in quanto nella mitologia si parla anche del fatto che gli uomini nacquero dai frassini al tempo dell'età del bronzo[1][12].

Secondo Apollodoro, la ninfa Melia che fu madre di Folo avuto da Sileno è una Meliade ninfa dei frassini[13].

Mitologia modifica

Erano le mogli degli uomini dell'età dell'argento e le madri di quelli dell'età del bronzo (che fu la terza generazione dell'umanità) ed hanno allattato i loro figli con miele e linfa dei frassini e li hanno armati con lance fatte con il legno dei loro alberi (i frassini).
Ma gli uomini dell'età del bronzo furono una razza troppo guerriera e così Zeus la distrusse con le inondazioni del Grande Diluvio[1].

Secondo alcuni autori e poiché con il legno del frassino si costruivano lance, frecce e giavellotti le Meliadi erano divinità della battaglia sanguinosa.
Callimaco le cita al fianco dei Cureti quando sul monte Ida difesero Zeus infante ed appena consegnatogli dalla ninfa arcade Neda[3].

Secondo un'altra leggenda invece, proteggevano i bambini che venivano abbandonati sotto gli alberi.

Note modifica

  1. ^ a b c d e (EN) Meliadi o Meliai su Theoi.com, su theoi.com. URL consultato il 12 aprile 2019.
  2. ^ Caldwell, p. 38 n. 178 e 187
  3. ^ a b (EN) Callimaco, Inni a Zeus 42 e 50, su archive.org. URL consultato il 12 aprile 2019.
  4. ^ a b (EN) Callimaco, Inni a Delos 79–85, su archive.org. URL consultato il 12 aprile 2019.
  5. ^ (EN) Pausania, Periegesi della Grecia IX, 10.5, su perseus.tufts.edu. URL consultato il 12 aprile 2019.
  6. ^ (EN) Pausania, Periegesi della Grecia IX, 10.6, su perseus.tufts.edu. URL consultato il 12 aprile 2019.
  7. ^ (EN) Pausania, Periegesi della Grecia IX, 26.1, su perseus.tufts.edu. URL consultato il 12 aprile 2019.
  8. ^ (EN) Esiodo, Teogonia 187, su perseus.tufts.edu. URL consultato il 12 aprile 2019.
  9. ^ Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, libro II, 1,1
  10. ^ Erodoto, Storie, I, 1.
  11. ^ (EN) Esiodo, Teogonia 182 e 187, su data.perseus.org. URL consultato il 12 aprile 2019.
  12. ^ (EN) Esiodo, Le opere e i giorni 140 e 155, su data.perseus.org. URL consultato il 12 aprile 2019.
  13. ^ Apollodoro, Biblioteca II, 83

Bibliografia modifica

Collegamenti esterni modifica

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