Mitra (copricapo)

paramento liturgico

La mitra (forma popolare mítria;[1] anticamente anche mítera; dal latino mitra, prestito dal greco μίτρα) è un paramento liturgico usato dai vescovi[2] di molte confessioni cristiane durante le celebrazioni.

Papa Francesco con la mitra e la ferula durante la beatificazione di Paolo Yun Ji-chung e 123 compagni, martiri coreani, celebrata a Seul il 16 agosto 2014

È un copricapo alto e rigido, formato da due pentagoni irregolari piatti, con i lati superiori ricurvi e terminanti a punta. Talora è impreziosita da oro e gemme, con fasce ricadenti sulla nuca, indossata dai vescovi durante le solennità liturgiche[3]. Come il pastorale, la mitra è prerogativa dei vescovi, simbolo della loro dignità ed autorità[3]: essa è, difatti, una delle quattro insegne episcopali[4] dei vescovi cattolici.

Origine modifica

 
Mitra in taffetà laminato e ricamato del primo quarto del XIX secolo, esposta al nuovo museo dell'Opera del Duomo di Pisa

Comparve in occidente attorno al X secolo[5] a forma di cono. Nell'arco di due secoli divenne di uso comune da parte dei vescovi ed assunse la forma attuale. Col passare del tempo iniziò ad essere realizzata con stoffe pregiate e cariche d'oro e pietre preziose. Tra le più curiose quella conservata nel duomo di Salisburgo con tanti ornamenti da farla pesare circa 2,5 kg, e quella conservata nel tesoro del duomo di Milano fatta con penne di colibrì.

Nel rito latino è oggi formata da due pezzi di stoffa rigida di forma approssimativamente pentagonale, uniti parzialmente ai lati in modo tale che le due punte superiori siano libere e che nella parte inferiore si formi lo spazio per poterla indossare. Nella parte posteriore ha due nastri di tela, detti infule o vitte, che scendono sino alle spalle. La mitra dei prelati di rito orientale (cattolico e ortodosso) ha, invece, forma di corona e non presenta infule.

Utilizzo modifica

In diverse occasioni il vescovo porta tre tipi di mitra: quella ornata (es. durante le processioni), quella preziosa (es. durante un'ordinazione) e quella bianca.

La mitra bianca viene usata in segno di lutto (es. durante i funerali) oppure quando il vescovo non sta presiedendo la celebrazione, ma solo concelebrando accanto al celebrante principale. Ad esempio, le migliaia di vescovi partecipanti al Concilio ecumenico Vaticano II avevano tutti la mitra bianca, eccetto il papa, il solo celebrante principale.

Durante la messa la mitra si indossa solo in determinati momenti:

  • processione d'ingresso;
  • proclamazione delle letture, escluso il Vangelo;
  • omelia;
  • eventuale amministrazione di sacramento o sacramentale (benedizione degli olii, ordinazioni ecc.);
  • benedizione finale;
  • processione di congedo.

Esiste in realtà anche un altro tipo di mitra caduto in disuso con l’avvento del novus ordo missae, questa è la mitra aurifregiata (auriphrygiata) di tela d'oro senza altro ornamento; veniva usata (ma in realtà viene usata anche oggi dai vescovi che celebrano in rito tridentino) nell'Avvento, nella Quaresima, eccetto le domeniche Gaudete e Laetare, nelle vigilie; ed anche nella Messa e nei Vespri al trono o alla cattedra.

La mitra è indossata anche dagli abati non vescovi, chiamati, appunto, abati mitrati. Il primo a concedere l'uso della mitra agli abati fu papa Urbano II nel III concilio di Melfi del 1089, per la supplica di san Pietro Pappacarbone, abate della santissima Trinità di Cava de' Tirreni.[6] Inoltre è privilegio di alcune cariche particolari, come il custode di Terra Santa, che fino al ristabilimento del patriarcato di Gerusalemme dei Latini nel 1847 era equiparato a un vescovo in quanto era l'ordinario dei cristiani latini residenti in Terra Santa.

In passato è stata concessa anche a presbiteri titolari di chiese particolarmente importanti o ai prevosti (prevosti mitrati), ai canonici dei capitoli di alcune cattedrali e persino alle badesse dei conventi femminili e a singoli laici meritevoli.

 
Stemma di papa Benedetto XVI, sormontato dalla mitra

Da Paolo VI in poi la mitra è il copricapo più solenne della Chiesa cattolica dopo l'abolizione de facto della tiara (o triregno). Da Benedetto XVI il triregno è stato abolito anche nell'araldica pontificia e sostituito con una mitra che reca tre fasce dorate orizzontali a ricordo delle tre corone della tiara.

Durante l'ordinazione di un vescovo la mitra viene imposta al neo-ordinato con queste parole:

(LA)

«Accipe mitram, et clarescat in te splendor sanctitatis, ut, cum apparuerit princeps pastorum, immarcescibilem gloriæ coronam percipere merearis.»

(IT)

«Ricevi la mitra e risplenda in te il fulgore della santità, perché, quando apparirà il Principe dei pastori, tu possa meritare la incorruttibile corona di gloria.»

Prima della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, la formula d'imposizione della mitra al neovescovo era:

«Impónimus, Dómine, cápiti hujus antístitis et agonistæ tui gáleam munitiónis et salútis, quátenus decoráta fácie, et armáto cápite, córnibus utriúsque Testaménti terríbilis appáreat adversáriis veritátis; et, te ei largiénte grátiam, impugnátor eórum robústus exsístat, qui Móysi fámuli tui fáciem ex tui sermónis consórtio decorátam, lucidíssimis tuæ claritátis ac veritátis córnibus insigniisti: et cápiti Aaron Pontíficis tui tiáram impóni jussísti. Per Christum Dóminum nostrum.»

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Note modifica

  1. ^ Il dizionario dell'Enciclopedia Treccani segnala 'mitria' come forma pop[olare].
  2. ^ Domenico Magri, Notitia de' vocaboli ecclesiastici, con la dichiaratione delle cerimonie, et origine de' riti sacri, raccolta dal p. Domenico Magri maltese, 1644, p. 163. URL consultato l'11 Luglio 2019.
  3. ^ a b Aldo Gabrielli, Lemma "Mitra", in Il grande italiano 2008. Vocabolario della lingua italiana., Padova, Hoepli (La Biblioteca di Repubblica-l'Espresso), 1º agosto 2007, ISSN 1128-6091 (WC · ACNP).
  4. ^ Le altre tre sono la croce pettorale, l'anello episcopale e il pastorale.
  5. ^ AA.VV., Mitra morale, ascetismo, passioni, vizii, virtu, diritto canonico, liturgia, riti, storia ecclesiastica, missioni, concilii, eresie, scismi, biografia e bibliografia ecclesiastiche, biografia e bibliografia ecclesiastiche..., in vol. 5, Stab. tip. enciclopedico di Girolamo Tasso ed., 1859, pp. 735-736. URL consultato l'11 Luglio 2019.
  6. ^ Vincenzio d'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1848, pp. 331

Bibliografia modifica

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