Monumento funebre a Agostino e Caterina Tassi

Il monumento funebre a Agostino e Caterina Tassi è ospitato nella quinta cappella a sinistra della chiesa di Santo Spirito di Bergamo, realizzato da Donato Fantoni da Rosciano nel 1511, mentre le statue che lo completavano, sono poste come sostegno della mensa dell'altare maggiore.

Monumento funebre
AutoreDonato Fantoni da Rosciano
Data1525
Materialesconosciuto
Ubicazionechiesa di Santo Spirito, Bergamo

Storia modifica

Originariamente il monumento era stato commissionato e posto a completamento della parete sinistra della zona presbiterale. Con la collocazione del coro ligneo il monumento fu smembrato, una parte collocata nella quinta cappella a sinistra vicina al presbiterio, mentre le tre statue che lo completavano, sono state inserite come parte di sostegno della mensa dell'altare maggiore. Il monumento è stato scolpito da Donato Fantoni della famiglia Fantoni di Rovetta che spostatosi a Rosciano aveva collaborato con Pietro Isabello, e aveva decorato altre due cappelle all'interno della chiesa dei canonici Lateranensi.[1]

La quinta cappella a sinistra della navata, fu costruita e decorata su commissione di Domenico Tasso nel 1525 e terminata, molto dopo, a causa dell'instabilità politica della città orobica, quando il committente era già deceduto nel 1550. La cappella doveva presentarsi similare e quella della famiglia Gozzi che vi era corrispondente sul lato destro, vi sono però presenti i blasoni della famiglia Tassi con la raffigurazione del tasso e del corno, simbolo postale, e della famiglia Rota con la ruota e le iniziali D T.[1]
Domenico aveva commissionato anche il monumento funebre dei genitori e posto nella cappella di cui godeva di giuspatronato.[2].

Agostino Tassi era stato maestro generale delle poste di Roma organizzando il servizio di corrieri postali tra Venezia e Roma, diventandone il fondatore, durante i papati di Innocenzo VIII, Alessandro VI e Giulio II. Questi si sposò con Caterina sua cugina e figlia di Ruggero dei Tasso dalla quale ebbe tre figli: Luigi Tasso vescovo morto di morte violenta, Pietro Andrea e Domenico che proseguì l'attività di corriere postale a Roma.

 
Statue originarie dal monumento funebre poi altare maggiore

Descrizione modifica

 
Monumento funebre Agostino e Caterina Tasso-chiesa di Santo Spirito

Il monumento non è completo come originariamente costruito, ma si presenta come una parziale ricomposizione. La parte superiore ospita l'arca marmorea intagliata e coronata da un putto alato. Dua piccoli tassi marmorei, simbolo della famiglia, dividono questa parte da quella inferiore che ospita l'epitaffio datato 1515 che racconta la vita e le imprese del defunto durante gli anni presso lo stato pontificio, e il suo desiderio di essere poi sepolto nella città natale orobica vicino al casto pulveri Catharinae coniugis rarissimae con cui sine querela aveva condiviso 43 anni. Originariamente il monumento proseguiva con i pilastrini e le tre statue che furono rimosse verso la metà del XIX secolo e poi poste a base e sostegno della mensa dell'altare maggiore durante i lavori di ammodernamento del presbiterio e la posizione del coro ligneo.[3] Le tre statue raffigurano santa Caterina d'Alessandria, sant'Agostino laterali e la Madonna col Bambino.[1]

Sul lato opposto della cappella vi è il monumento funebre di Domenico Tasso e la moglie Elisabetta Rota, realizzato nel 1551, commissionario della cappella e realizzato da Leonardo, in maniera ridimensionata, del progetto più imponente disegnato dal più famoso padre Pietro Isabello.

Note modifica

  1. ^ a b c Franco-Loiri.
  2. ^ Sulle orme dei Tasso, su bergamopost.it, Bergamo post. URL consultato l'8 aprile 2021.
  3. ^ Chiesa di Santo Spirito (PDF), su territorio.comune.bergamo.it, IBCAA. URL consultato il 9 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2018).

Bibliografia modifica

  • Andreina Franco-Loiri Locatelli, La Rivista di Bergamo, 1998, p. 49-57.
  • Andreina Franco-Loiri Locatelli, Borgo Pignolo in Bergamo Arte e storia nelle sue chiese, Litostampa Istituto Grafico, 1994.

Voci correlate modifica

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