Morto da Feltre

pittore italiano

Morto da Feltre, soprannome forse di Lorenzo Luzzo o Luzzi[1], Pietro Luzzo o Pietro Luci[2][3] (Feltre, 1480 circa – Zara o Venezia, 1527), è stato un pittore italiano operante nell'area della Repubblica di Venezia.

Autoritratto, Uffizi, Firenze

Citato da Giorgio Vasari nelle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori con il solo soprannome, gli studiosi sono divisi sul reale nome anagrafico dell'artista veneto;[1] è stata anche avanzata l'ipotesi che si tratti di due distinti pittori nati e operanti nell'area veneta nel medesimo periodo storico.[4][5] È conosciuto anche con il soprannome di Zarato o Zaroto, in riferimento al luogo della sua morte o forse perché il padre, chirurgo, lavorava a Zara. È difficile prescindere dalla biografia vasariana che è circostanziata. Il Morto quindi è sicuramente esistito e dipingeva "alla romana". In tutti i secoli trascorsi nessun'altra ipotesi di identificazione in altri pittori che non siano i feltrini Pietro o Lorenzo Luzzo è stata avanzata da nessuno storico dell'arte.

Il soprannome Morto è di origine incerta sulla quale sono state fatte alcune ipotesi. Esso si può collegare al presunto temperamento malinconico del pittore, tuttavia l'ipotesi più accreditata è legata alla testimonianza di Vasari, che narra della sua abitudine di trascorrere molto tempo nei cunicoli sotterranei degli scavi antichi in cerca di "grottesche", ovvero le pitture situate in quelle che popolarmente venivano chiamate "grotte" romane come la Domus Aurea a Roma e la Villa Adriana a Tivoli.

Biografia

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Lorenzo Luzzo, non Pietro, nacque probabilmente a Feltre intorno al 1485, figlio di un medico chirurgo documentato a Zara dal 1475. I Luzzo, feudatari dei vescovi di Feltre fin dalla prima metà del secolo XV, abitarono a Feltre nel quartiere di S. Stefano. Alcuni documenti della fine del Quattrocento attestano la presenza della famiglia sia a Feltre che a Zara, e anche quelli riguardanti il solo L. e la sua attività di pittore, non anteriori al 1511, dimostrano che questi risiedette sia in Veneto sia in Dalmazia. Ciò sembra confermato anche dagli appellativi "de Feltro" e "zaroto" che spesso accompagnano il suo nome, nonché dalla presenza di alcune sue opere in entrambe le città[6].

Riguardo al suo apprendistato vi sono numerose ipotesi. Una delle più accreditate è che il Morto si accostò alla pittura grazie a Vittore Carpaccio che conobbe a Zara, dove il pittore veneto si recò per dipingere un famoso polittico [senza fonte]. Lo seguì poi a Venezia dove svolse il proprio apprendistato. In seguito e ancora giovanissimo si recò a Roma, dove collaborò con il Pinturicchio nella decorazione dell'appartamento di papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) in Vaticano, ultimato nel 1494 e agli affreschi (perduti) della loggia e delle stanze da basso del mausoleo di Adriano divenuto Castel Sant'Angelo. Fu allora, spinto probabilmente dalle voci che circolavano nella bottega del Pinturicchio, che iniziò lo studio della pittura romana antica ("grottesche") scendendo nelle "grotte" romane (come la Domus Aurea). Si recò poi anche nel circondario (Tivoli) e si spinse fino a Pozzuoli per rilevare e studiare le decorazioni degli antichi manufatti romani superstiti. Da tener presente che le ville romane a Baia, oggi riscoperte e studiate da archeologi subacquei, erano ancora visibili. Sprofondarono infatti a causa del bradisismo locale nel 1538, dopo la morte di Morto. Anche Baia è citata dal Vasari nell'itinerario del pittore. Ecco le testuali parole dello storico dell'arte aretino :"Andò a Baia e a Mercato di Sabato , tutti luoghi pieni d'edifici guasti e storiati, cercando di maniera che con lunga e amorevole fatica in quella virtù crebbe infinitamente di valore e sapere" . Virtù di conoscere la pittura romana antica...

Successivamente, dopo la morte di Alessandro VI, si spostò a Firenze dove egli ebbe modo di conoscere i maggiori artisti operanti nei primi anni del Cinquecento, come Michelangelo, Leonardo e Raffaello, e dove affrescò per Agnolo Doni in occasione delle nozze con Maddalena Strozzi (1504) il talamo.Così scrisse Giorgio Vasari nella " Vita" di Morto" : " ...e similmente per Agnolo Doni in una camera molti quadri , di variate e bizzarre grottesche ". Michelangelo e Raffaello lavorarono per lo stesso Agnolo Doni. Michelangelo dipinse il "Tondo Doni" e Raffaello fece il rittratto degli sposi.[7]

Dal 1507 al 1510 il Luzzi era probabilmente a Venezia, al fianco di Giorgione, con il quale collaborò alla realizzazione degli affreschi nel Fondaco dei Tedeschi, a Rialto.

Tra il '10 e il '20 egli sembra tornare a più riprese a Roma (dove guarda con interesse alla bottega e all'operato di Raffaello. L'innegabile tangenza , sia nello stile che nelle forme , tra Raffaello e Morto è dovuta piuttosto al fatto che entrambi si rifacevano allo studio della pittura romana antica. Vasari ci aiuta a capire quanto la scoperta della Domus Aurea entrò a far parte come modello nel repertorio di molti pittori scrivendo nella "Vita" di Giovanni da Udine : " Per il che andando Giovanni con Raffaello, che fu menato a vederle, restarono l'uno e l'altro stupefatti della freschezza , la bellezza e la bontà di quell'opere, parendo loro gran cosa ch'elle fussero sì lungo tempo conservate; ma non era gran fatto non essendo state tocche ne' vedute dall'aria , la quale col tempo suole consumare, mediante la varietà delle stagioni, ogni cosa. Queste grottesche adunque -che grottesche furono dette dell'essere state entro grotte ritrovate - fatte con tanto disegno , con si varii e bizzarri capricci , tramezzati di vari campi di colori, con quelle storiettine così belle e leggiadre , entrarono nel cuore e nella mente di Giovanni che datosi a quello studio , non si contentò di una sola volta o due disegnarle e ritrarle" presumibile che le "storiettine così belle e leggiadre " colpissero anche il cuore e la mente di Raffaello che si avvalse spesso di Giovanni da Udine nei suoi lavori. Inoltre altra occasione di vicinanza tra Raffaello e Morto ci fu a Firenze dove entrambi lavorarono per Agnolo Doni in occasione delle sue nozze con Maddalena Strozzi . Doni - sempre secondo Giorgio Vasari che ne parlò nella "Vita" di Raffaello Sanzio e nella "Vita" di Morto da Feltro - si avvalse di Raffaello per i ritratto suo e di sua moglie, e di Morto, per farsi decorare il talamo a grottesche. Cosa che poi Morto fece più tardi - Giuditta Guiotto in Dolomiti XVII,n.3 1993 "Grottesche e putti in casa de' Mezzan di Feltre"- nel talamo di Nicolò de Mezzan nel 1520 a Feltre ) e a Feltre.

Dopo alcuni lavori a Feltre, nel 1522, egli probabilmente si trasferì a Venezia. Lorenzo Luzzo ammalatosi, morì in una casa di Rialto il 14 dic. 1526 e venne sepolto nel cimitero di S. Francesco della Vigna. La notizia, data sempre da Vasari, secondo cui il pittore sarebbe morto a Zara combattendo per la Repubblica di Venezia, così come la nota cronaca che lo riguarda scritta da Bonifacio Pasole nel 1580 (in cui viene ricordato un Pietro Luzzo pittore, non Lorenzo) ha contribuito a rendere confuse le notizie sull'artista. Questo, fino a quando i documenti non hanno accertato che la reale professione del fratello di Lorenzo , Pietro, era quella del calzolaio, infatti, si è pensato a un caso di omonimia oppure ad una possibile sovrapposizione di identità tra i due[6].

A tal proposito ecco l'elenco degli storici più antichi, e vicini agli eventi, che parlarono del personaggio

Bonifacio Pasole (morte 1586) " Breve compendio delle cose più notabili dell'antiquissima et nobilissima città di Feltre". scrisse:" Pietro Luzzo da Feltre cognominato Zarotto...vedessi la palla in la Chiesa del Prothomartire S. Stefano sopra la piazza di Feltre"

G. Bertondelli " historia della città di Feltre (1673)" scrisse di " Zaroto pitore stimatissimo detto il Morto da Feltre"

Antonio Cambruzzi (1623-1681) scrisse nel manoscritto "Historia di Feltre"conservato presso il Seminario Vescovile di Feltre :" ..volò per il mondo la di lui fama, venendo quasi da tutti chiamato col nome di Zarotto, o di Morto da Feltre, ma da pochi col proprio di Pietro Luzzi."

Carlo Ridolfi (1594-1658) scrisse ne "Le meraviglie della pittura veneziana" " Pietro Luzzo da Feltre detto Zarato ..."

Luigi Lanzi scrisse in " Storia Pittorica " (1792) che Pietro Luzzo era detto Zarotto o Zarato e Morto da Feltre.

Quatremere de Quincy (Antoine - Chrjsostome M.) "Istoria della vita e delle opere di Raffaello Sanzio di Urbino" ed. Sonzogno 1829 pg. 139. " Di già un certo Morto da Feltre , curioso indagatore di quegli avanzi nascosti e sotterrati nei dintorni di Roma e di Napoli nelle catacombe numerosi, che le loro stesse rovine, se così puossi esprimere , avevano conservate, si era occupato di far rivivere quel gusto, cui diedesi il nome di grottesco, dai luoghi sotterranei, grotte, onde i modelli venivano ritrovati. " in nota " Vasari tomo 4° pag. 128 " Il nome di questo Morto da Feltre era Pietro Luzzi, che dicevasi anche Zarotto"

L'opera

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Vergine con Bambino, Museo Civico di Feltre

Come si è già menzionato, secondo Vasari, uno dei maggiori pregi dell'opera di Morto da Feltre fu il grande interesse e la dedizione con cui egli approfondì lo stile della pittura romana classica sopravvissuta nelle architetture sepolte[8]. Sempre Vasari afferma che lavorò a Roma nel periodo in cui il Pinturicchio, dipingeva per Alessandro VI e che collaborò con Giorgione, al Fondaco dei Tedeschi nel 1508. Nei documenti, tuttavia, al Luzzo non viene mai attribuito questo soprannome né tantomeno tra le sue opere note è possibile rintracciare grottesche che giustifichino una sua predilezione per questo genere pittorico[6]. Inoltre, l'opera del Morto non si concentra a Roma, egli fu infatti attivo in una vasta area del Lazio così come in Veneto e in Dalmazia.

Data la scarsità di documenti certi, a oggi il catalogo del Luzzo presenta un numero di opere piuttosto esiguo, aggiunte per la maggior parte sulla base di attribuzioni puramente stilistiche. Le pochissime firmate tuttavia, definiscono un periodo di attività che va dai primi anni del Cinquecento e che si estende sino al 1522.

I due scomparti con le immagini di san Francesco e del beato Bernardino Tomitano, facenti parte di un perduto polittico realizzato intorno al 1504 per la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Feltre rappresentano, tra le opere conservate, la prima testimonianza pittorica dell'attività del Luzzo, a quella data fortemente influenzata dalla pittura di Bartolomeo Montagna[6].

Una delle poche opere certe è la pala d'altare raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Stefano e Vittore, firmata e datata 1511 e che proviene dalla chiesa di Santo Stefano di Feltre e oggi alla Gemäldegalerie di Berlino, nella quale è stata ravvisata un'evidente componente giorgionesca[9].

Un altro lavoro piuttosto noto, attribuito al Luzzo, e databile tra il 1510 ed il 1514, è la pala di Caupo con Madonna in trono e santi. La pala, che rappresenta La Madonna col Bambino e i santi Vito e Modesto è data in prestito dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia al Museo Civico di Feltre. Essa è esposta tra l'affresco staccato della Madonna con Bambino (che si può vedere in questa pagina) e il Compianto di Cristo. Interessante notare come sul retro della Madonna con Bambino vi sono dei disegni (probabilmente schizzi per la Venere di casa de' Mezzan) e di putti che si trovano sul retro[10]

Numerosi sono gli affreschi realizzati dal L. sulle facciate di edifici feltrini che fanno riferimento a una cultura artistica di matrice romana: si possono cogliere nell'affresco frammentario sul fronte di un palazzo di via Tezze con Curzio e Giuditta con la testa di Oloferne, e nei dipinti murali sulla facciata di casa Crico disposti su tre registri: Cristo e l'adultera con alcuni riquadri minori ormai quasi illeggibili in corrispondenza del piano nobile, Abramo e Isacco al di sopra, e figure di Virtù e stemmi nel sottotetto. Più difficili da contestualizzare gli affreschi scoperti nel 1934 sulla facciata di un edificio in via Battisti con due ritratti monocromi all'interno di medaglioni e la rappresentazione di Giove e Antiope. All'inizio del terzo decennio il Luzzo lavorò in casa Mezzan, sempre a Feltre: gli si può attribuire con certezza l'Adorazione dei magi dipinta in una delle sale; mentre altre figure mitologiche tra cui una Venere sembrano appartenere ad altra mano[6]. Nuovi studi sono venuti dalle ricerche di Roberto Manescalchi , lo scopritore della "spalliera di grottesche" dipinta per " Mastro Valerio " del convento dell'Annunziata a Firenze ( "vita di Morto da Feltro " G.Vasari" ). Nel libro pubblicato con Alessandro Fiorentino ( Morto da Feltre: "di una Venere tra Leonardo e Giorgione" grafica European center of fine arts .Firenze) a proposito della Venere di casa de Mezzan scrive:"A noi oggi i picta parlano di una magnifica Dea, di una meravigiosa Venere, la più affascinnte del suo tempo:la Venere di casa de' Mezzan a Feltre, la Venere del Morto."Nel testo si rileva che l'affresco mostra chiaramente il fenomeno della rifrazione ." Feltre: affrescata su una parete dell'antica abitazione del nobile Niccolò de' Mezzan ,la venere del morto non è soltanto la squisita iconografia dell'ideale femmnino tra Leonardo e Giorgione...La carne tra Firenze e Venezia, ma porta in se' il primo esempio di rifrazione di una particolare anatomico della storia dell'arte."[11]

Probabili soggiorni fuori città negli anni 1516-17 e 1520-21 hanno fatto pensare a un possibile ritorno a Roma. La seconda opera datata del Luzzo infatti, è l'affresco del 1522 con Cristo Risorto tra i santi Antonio Abate e Lucia nella sacrestia della chiesa di Ognissanti a Feltre. In questa composizione, l'artista ha cercato di sintetizzare le componenti veneziana e romana della sua cultura figurativa. A conferma del suo ritorno a Roma, in essa si possono ravvisare chiari riferimenti alla celebre Trasfigurazione di Raffaello del 1518-20 e a quella cronologicamente prossima di Sebastiano Luciani in S. Pietro in Montorio a Roma[6].

Altre opere attribuite a Morto da Feltre sono:

  • la facciata affrescata di palazzo Crico-Tauro con Abramo e, nel registro inferiore, l'adultera
  • la facciata di palazzo Avogadro-Tauro con Curzio nel registro inferiore e Giuditta a monocromo in quello superiore tra le due scene, a decorare le eminenze architettoniche, eroti danzanti
  • la stanza di Venere affrescata a casa dè Mezzan (scoperta nel 1990)
  • i quadri di grottesche affrescate nel talamo di casa dè Mezzan (scoperti nel 1990 nel corso di una ristrutturazione dell'edificio. Le decorazioni che incorniciano le scene della storia della Salvezza sono sovrapponibili a quelle della Domus Aurea)
  • la Madonna con Bambino affresco strappato da palazzo Muffoni-Bizzarini in via Mezzaterra a Feltre, ora al Museo Civico
  • l'apparizione di Cristo affrescata nella sagrestia di Ognissanti.
  • Un "tondo di Madonna" (Giorgio Vasari scrisse che proprio nei tondi di Madonna, Morto era ricercato dai committenti fiorentini) affresco recentemente restaurato e valorizzato nella casa del signor Cino Dall'Armi a palazzo Facen-Orum-Dall'Armi in via Mezzaterra a Feltre.
  • Lunetta con san Gerolamo nello studio, nella cappella interna di casa de' Mezzan, scoperta nel 2012
  • Tra le opere menzionate da Vasari, egli cita "un vano di una spalliera...per mastro Valerio dè Servi", opera che si pensa ritrovata nel 2003, nel convento dei Serviti a Firenze[12].

Impulso alla riscoperta di tale pittore è venuto dal casuale ritrovamento, proprio a Feltre, di un ciclo pittorico risalente ai primi due decenni del Cinquecento presso casa de Mezzan; esso rappresenta una serie di personaggi mitici (Venere, Ercole, Giove, Urano, Apollo) e narra una storia fantastica sulla fondazione e la rifondazione della città di Feltre, a ridosso della sua quasi totale distruzione durante la guerra Cambraica. Lo stile è ancora una volta quello della pittura romana classica che lascia alle immagini la vitalità del respiro. In particolare per Venere si tratta di una elaborazione dei paesaggi idillico sacrali tipici della pittura romana.[13].

  1. ^ a b Se l'ipotesi che si chiamasse Lorenzo Luzzo (o Luzzi), sostenuta da molti storici e critici (tra i quali va ricordato Lionello Venturi), si basa soprattutto sull'iscrizione 1511 Laurencius Lucius Feltr. Ping ritrovata dietro la tavola della Madonna col Bambino e i santi Stefano e Vittore (iscrizione ritenuta un falso da alcuni studiosi come Giovanni Battista Cavalcaselle), l'artista veneto viene anche riportato con il nome di Pietro Luzzo da molti altri studiosi, come lo storico feltrino Antonio Cambruzzi (Antonio Cambruzzi, Storia di Feltre, Premiata tip. sociale Panfilo Castaldi, 1875), come lo studioso francese André Chastel o lo stesso Giovanni Battista Cavalcaselle (in Storia della Pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, Le Monnier, Firenze 1833). Mentre lo storico lombardo Stefano Ticozzi nel suo Storia dei letterati e degli artisti del Dipartimento della Piave (p. XIII, G. Schiepatti, Milano 1833) chiama il pittore Morto da Feltre con il nome di Pietro Luci (Luzio/Luzzo è in Veneto forma dialettale per Lucio) e il sacerdote feltrino Antonio Vecellio usa l'appellativo di Pietro Lucio (Pietro Lucio o Luzzo detto il Zarotto o il Morto da Feltre, Rovereto 1862).
  2. ^ Pietro Luzzo per lo storico feltrino Antonio Cambruzzi (Antonio Cambruzzi. Storia di Feltre, Pubblicato da Premiata tip. sociale Panfilo Castaldi, 1875), mentre Stefano Ticozzi lo chiama Pietro Luci (Stefano Ticozzi, Storia dei letterati e degli artisti del Dipartimento della Piave, G. Schiepatti, Milano 1833, p. XIII).
  3. ^ Aa.VV., Biblioteca italiana: o sia giornale di letteratura, scienze et arti, compilato da vari letterati, Volume 6, Milano 1817, p. 242.
  4. ^ Lorenzo e Pietro (Luzzo, de Luzo, Lucius), come riportato da Luigi Antonio Lanzi in Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII (Silvestri, 1823) o da Ralph Nicholson Wornum in The Epochs of Painting: A Biographical and Critical Essay on Painting and Painters of All Times and Many Places (Chapman and Hall, 1864) che ipotizza appartenessero alla stessa famiglia. Anche studi più recenti dello storico dell'arte Sergio Claut dimostrano come dietro le opere attribuite al Morto da Feltre si nasconda in realtà la mano di due distinti pittori.
  5. ^ Giuditta Guiotto crede che si debba tornare agli storici più vicini al pittore e considera il manoscritto di Bonifacio Pasole (1580) e di Antonio Cambruzzi (1680) a tutt'oggi i più validi. Per questi due autori feltrini lo Zarotto è Pietro Luzzo e lui sarebbe l'autore della pala di Maria con S. Vittore e S. Stefano conservata a Berlino. Bonifacio infatti era stato nominato dalla Comunità di Feltre proprio per amministrare l'altare che la custodiva. Non è credibile che, dato il suo incarico e la conseguente dimestichezza con la chiesa in questione, non si fosse mai accorto della firma "Lorenzo...". Inoltre il suo scritto lo avrebbe esposto in caso di errore alle feroci critiche dei suoi contemporanei che ancora avevano memoria storica dei fatti.
  6. ^ a b c d e f LUZZO, Lorenzo in "Dizionario Biografico", su www.treccani.it. URL consultato il 26 giugno 2022.
  7. ^ Rosa Trillo Clough e Papini Giovanni, Vita di Michelangelo nella vita di suo tempo, in Italica, vol. 28, n. 4, 1951-12, pp. 296, DOI:10.2307/475883. URL consultato il 4 ottobre 2024.
  8. ^ G. Vasari, Le vite( (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 201-206.
  9. ^ Sergio Claut, La Pala di Lorenzo Luzzo per la Chiesa di S. Stefano a Feltre, in Jahrbuch der Berliner Museen, vol. 38, 1996, pp. 33–40, DOI:10.2307/4122669. URL consultato il 26 giugno 2022.
  10. ^ "È ritornata a Feltre la pala di Caupo" in L'Amico del Popolo, 30 marzo 2012.
  11. ^ Leonardo di Desiderio Fiorentino, in Benezit Dictionary of Artists, Oxford University Press, 31 ottobre 2011. URL consultato il 4 ottobre 2024.
  12. ^ vedi apposita voce nel web sotto: "Opificio delle pietre dure"
  13. ^ Per la definizione di paesaggio idillico sacrale vedi Eugenio La Rocca, "Paesaggi che fluttuano nel vuoto. La veduta paesistica nella pittura greca e romana" nel catalogo della mostra "Roma la pittura di un impero", edizioni Skira, settembre 2009

Bibliografia

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  • Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, quarta parte, Firenze 1568.
  • Bonifacio Pasole, "Breve compendio delle cose più notabili dell'antiquissima et nobilissima città di Feltre" manoscritto conservato presso il fondo dei manoscritti Cicogna, Venezia, 1580.
  • Stefano Ticozzi, Dizionario degli architetti, scultori, pittori, intagliatori in rame, in pietre preziose, in acciajo per medaglie e per caratteri, niellatori, intarsiatori, musaicisti d'ogni eta e d'ogni nazione, Milano 1830-1833.
  • Zanghellini, Pietro Lucio o Luzzo detto il Zarotto o il Morto da Feltre, in Il Messaggiere Tirolese, Rovereto, 1862.
  • Antonio Cambruzzi - Antonio Vecellio, "Storia di Feltre", (trascrizione del 1873 del manoscritto di Antonio Cambruzzi del 1680 conservato presso la biblioteca del seminario vescovile a Feltre), II Volume
  • Antonio Vecellio, "I pittori feltrini" edizioni Panfilo Castaldi, Feltre, 1898.
  • Ruggero Zotti, Morto da Feltre, P. Prosperini, Padova 1911.
  • Andrè Chastel, "La grottesca", Einaudi, Torino, 1989.
  • Giuditta Guiotto, "Grottesche e putti in casa de' Mezzan di Feltre", Dolomiti, XVII n.3, giugno 1993.
  • Soprintendenza per i beni artistici e storici del Veneto "Pietro de Marescalchi restauri studi e proposte per il cinquecento feltrino" Canova 1994.
  • Giuditta Guiotto, "Le pitture del Morto nella casa de' Mezzan a Feltre", Dolomiti, XVIII n.2, aprile 1995.
  • Giuditta Guiotto, "Giovan Battista Cavalcaselle taccuino di viaggio sul Morto da Feltre", Dolomiti, XXI n.5, ottobre 1998.
  • Giuditta Guiotto, "Il Compianto del Cristo al Museo Civico di Feltre" Dolomiti XXV n.1, febbraio 2003.
  • Giuditta Guiotto, "Casa de' Mezzan, un libro di storia fatto con la pietra" Rivista Feltrina, El Campanon, XXVI n.12 nuova serie, dicembre 2003.
  • Maria Carchio, Alessandro del Meglio, Roberto Manescalchi, "Le grottesche del Morto" Bollettino degli Ingegneri, nº10, ottobre 2004.
  • Relazione di pulitura e restauro dell'Opificio delle pietre dure -Firenze. "Morto da Feltro. Le grottesche della Santissima Annunziata".
  • Giuditta Guiotto, "L'affresco della Madonna del Carmine del Morto da Feltre e le vicende della famiglia Bizzarini- Muffoni che lo possedeva" Rivista Feltrina, El Campanon, XXVII n.14 nuova serie, dicembre 2004.
  • Francesco Monicelli, "Nel Palagio Affreschi del cinquecento nei palazzi urbani", Arsenale, San Giovanni Lupatoto (VR), saggio di Tiziana Conte "Gli affreschi interni di committenza privata nei palazzi urbani di Feltre", 2005.
  • Foto e commento di redazione in copertina "L'arrivo dei Magi (particolare) in casa de' Mezzan a Feltre, l'affresco attribuito generalmente al Morto da Feltre è di grande interesse..." Dolomiti, XXX n. 6, dicembre 2007.
  • In "La vita di Giorgione: ambienti, opere, memorie" a cura di Lionello Puppi, Enrico Maria Dal Pozzolo, Giorgio Fossaluzza, Skira, Milano 2009, saggio di Giorgio Fossaluzza "Alto Veneto; Belluno e Feltre" e di Enrico Maria Dal Pozzolo "Venezia".
  • Giuditta Guiotto, "A Feltre un Tondo di Madonna del Morto da Feltre" Dolomiti, XXXIII n.2, aprile 2010.
  • Giuditta Guiotto "Nuovi ambienti cinquecenteschi a casa de' Mezzan a Feltre" Dolomiti XXXV n.2, aprile 2012.
  • Giuditta Guiotto "Il ritrovamento di Morto da Feltre" L'ORIOLI Anno XI n.6 marzo 2014.
  • Laura Di Calisto, Lorenzo Luzzo (detto Morto da Feltre), in Dizionario biografico degli italiani, vol. 66, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007.
  • Roberto Manescalchi, "Gioconda", Firenze, Grafica European Center of Fine Arts, 2018.
  • Alessandro Ballarin, Lorenzo Luzzo detto il Morto da Feltre. 1508-1526, in: IDEM, Giorgione e l'Umanesimo veneziano, con la collaborazione di Laura De Zuani, Sarah Ferrari, Maria Lucia Menegatti, 7 tomi, Verona 2016-2018, VII tomo, pp. LVII-LXVIX.
  • Alessandro Fiorentino , Roberto Manescalchi " Morto da Feltre di una Venere tra Leonardo e Giorgione" Firenze, Grafica European Center of fine Arts, giugno 2019.
  • Giuditta Guiotto " Scoperte fiorentine sul pittore Morto da Feltre". Dolomiti n.6, dicembre 2020.

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