Mosul

città irachena
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Mosul (/ˈmɔsul/ o /ˈmɔzul/;[1] in arabo الموصل?, al-Mawṣil; in curdo Mûsil‎), in italiano più raramente Mossul (/ˈmɔssul/ o /mosˈsul/),[1] è una città dell'Iraq, capoluogo del governatorato di Ninive.

Mosul
città
(KU) Mûsil
(AR) الموصل
Mosul – Veduta
Mosul – Veduta
Localizzazione
StatoIraq (bandiera) Iraq
GovernatoratoNinive
DistrettoMosul
Territorio
Coordinate36°02′N 43°07′E
Altitudine223 m s.l.m.
Superficie180 km²
Abitanti664 221 (2015)
Densità3 690,12 ab./km²
Altre informazioni
Prefisso60 e 40
Fuso orarioUTC+3
Cartografia
Mappa di localizzazione: Iraq
Mosul
Mosul

Mawṣil è il nome che diedero gli Arabi musulmani all'antica Ninive, la capitale dell'Impero assiro. Il sito di Ninive si trova sulla sponda orientale del fiume Tigri, mentre Mosul è sorta sulla sponda occidentale.

Antichità

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Ninive.

Identificata nei primi periodi islamici come capitale della regione del Diyār Rabīʿa, Mosul è stata identificata con l'antico centro urbano di Mèpsila (Μέψιλα), citato da Senofonte, tuttavia la diversa collocazione geografica riportata dallo storico greco suggerirebbe l'identificazione di Mosul con la persiana Budh-Ardhashīr.

Medioevo

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In periodo islamico la città fu conquistata da ʿUtba ibn Farqad nel 641 e presto trasformata in campo fortificato (miṣr) per volere del califfo ʿOmar ibn al-Khaṭṭāb. Alla fine del IX secolo cominciò a entrare nell'orbita della dinastia araba degli Hamdanidi, che ne fecero per un certo periodo il loro principale baluardo come governatori sotto la dinastia degli Abbasidi, ma senza rinunciare alla propria autonomia.

Un secolo dopo il controllo della città passò agli ʿUqaylidi, e successivamente all'atabeg turco ʿImād al-Dīn Zangī, figlio di Āq Sunqūr al-Ḥājib e padre di Norandino, che, nel 1127, strappò la città al controllo dei Selgiuchidi.

Alla morte di Norandino, Mosul passò a suo figlio ʿIzz al-Dīn Masʿūd, e in poco tempo a Saladino che intendeva infliggere un colpo mortale all'esperienza statale dei Crociati in Terrasanta circondando i territori d'oltremare grazie a Mosul, Aleppo, Damasco e all'Egitto.

Dopo l'esperienza ayyubide la città sfuggì, a metà del XIII secolo, all'aggressione dei Mongoli di Hulagu Khan, poiché il suo governatore, Badr al-Dīn Luʾluʾ, accompagnò il condottiero mongolo nella sua campagna di devastazione delle regioni siriane, che s'infranse infine contro la soverchiante cavalleria mamelucca nella battaglia di ʿAyn Jālūt. Il figlio di Badr al-Dīn, al-Malik al-āliḥ Ismāʿīl, si aggregò a questo punto al carro dei vincitori, ma ciò non evitò né a lui né a Mosul la dura reazione dei Mongoli, tutt'altro che indeboliti dalla sconfitta subita dai Mamelucchi.

Mosul cadde quindi sotto controllo dei mongoli Ilkhanidi e poi sotto quello dei mongoli Jalayridi, fatto che la salvò dalla devastante furia di Tamerlano.

Dal XVI al XX secolo

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Vilayet di Mossul.
 
L'antico minareto pendente della moschea al-Nūrī

All'inizio del XVI secolo Mosul fu controllata dalla federazione turcomanna degli Aq Qoyūnlū, ma nel 1508 i Safavidi occuparono Baghdad e Mosul, fin quando, nel 1535, l'Ottomano Solimano il Magnifico non conquistò la città strappandola ai Safavidi.

Da quel momento la città fu governata da un Pascià ottomano e fu solo nel 1925, a quattro anni dalla formale indipendenza irachena, che Mosul entrò a far parte dei domini di Fayṣal I d'Iraq, primo sovrano del Regno hashemita d'Iraq.

Apprezzata in periodo medievale per la bellezza dei suoi tessuti (la "mussolina" prende il nome dalla città) e per la floridezza dei suoi commerci, Mosul aveva una cinta muraria con sette porte e imponenti torrioni, un rinomato ospedale (maristan) e un vasto mercato coperto (qaysariyya).

Per tutto l'Ottocento e per buona parte del Novecento abitarono a Mosul comunità appartenenti alle religioni più diverse. Accanto ad una maggioranza di arabi, curdi e turcomanni, erano censite minoranze di ebrei, yezidi e cristiani, distinti questi ultimi fra cattolici, protestanti, caldei, armeni, greco-ortodossi, nestoriani, maroniti e giacobiti.

Nel XXI secolo

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In periodo contemporaneo Mosul ha visto crescere impetuosamente la sua popolazione, dai 40 000 abitanti di fine XIX secolo (fra cui 7 000 cristiani e 1 500 ebrei) ai circa un milione e mezzo del 2015 che la rendono la terza città per popolazione dell'Iraq, dopo la capitale Baghdad e Bassora.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Mosul (2016-2017).

Nel giugno del 2014 la città cade in mano ai miliziani dello Stato Islamico, che ha distrutto la moschea dedicata al profeta Giona, costruita nel XIII secolo[2], la grande moschea di al-Nuri[3], le millenarie mura di Ninive,[4] i numerosi manoscritti e documenti di grande rilevanza storica della Biblioteca, una delle più antiche dell'Iraq, alcuni dei quali presenti in un elenco di testi rari stilato dall'UNESCO[5], e di numerose statue e reperti risalenti all'Impero assiro conservati nel Museo della città.[6] Le notizie sugli accadimenti nella città occupata giungono per lo più da un blogger, Mosul Eye, pseudonimo di Omar Mohammed, che riuscirà a mantenere l'anonimato per tutta la durata dell'occupazione.

A 35 km dalla città si trova la diga di Mosul, costruita negli anni '80 controlla l'irrigazione del Governatorato di Ninive ed è considerata di importanza strategica per l'intero Iraq.

Il 17 ottobre 2016, dopo più di due anni dalla sua cattura, ha inizio l'offensiva contro l'ISIS da parte dell'esercito iracheno e dei peshmerga curdi, entrambi in stretta collaborazione con le forze speciali statunitensi. Il 9 luglio 2017 il premier Haydar al-'Abadi annuncia ufficialmente la riconquista di Mosul.[7][8]

La liberazione di Mosul ha posto fine ad una delle più grandi crisi umanitarie conseguenti alle guerre innescate dall'ISIS. L’operazione di reinserimento delle famiglie degli sfollati, di cui circa un milione dalla sola Mosul, sono state gestite dall‘Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) sotto la responsabilità dell’italiano Bruno Geddo.[9]

Le vittime stimate per la battaglia di Mosul si teme siano state almeno 40 000.[10]

Infrastrutture e trasporti

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Mappa dei quartieri di Mosul

La diga di Mosul è stata progettata per fornire a Mosul energia idroelettrica e approvvigionamento idrico. Tuttavia i tagli di approvvigionamento idrico sono comuni e le reti di telefonia mobile sono state arrestate.

Ci sono cinque ponti che attraversano il Tigri a Mosul, da nord a sud:[11]

  • Ponte Al Shohada (conosciuto anche come "Terzo Ponte")
  • Quinto ponte
  • Vecchio ponte (o "Iron Bridge", conosciuto anche come "Primo ponte")
  • Al Huriya Bridge (letteralmente: "Ponte della libertà", Noto anche come "Secondo ponte")
  • Quarto ponte
  1. ^ a b Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Mauṣil, al-", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ Il “Califfo” al Baghdadi fa saltare in aria la moschea Archiviato il 26 luglio 2014 in Internet Archive., La Stampa, 25 luglio 2014.
  3. ^ Marta Serafini, Mosul, Isis fa saltare in aria l’antica moschea di Al Nuri, in Corriere della Sera. URL consultato il 22 giugno 2017.
  4. ^ L'Is fa saltare in aria le millenarie mura di Ninive, su Il Secolo XIX, 29 gennaio 2015. URL consultato il 7 febbraio 2024 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2017).
  5. ^ [1], Il Giornale, 25 febbraio 2015.
  6. ^ Isis, jihadisti distruggono reperti e statue antiche in un museo di Ninive, Il Fatto quotidiano, 26 febbraio 2015.
  7. ^ Viaggio nella Mosul liberata: l'ingresso in città del premier iracheno Haider al Abadi, in Rainews. URL consultato il 12 luglio 2017.
  8. ^ Iraq, il premier Abadi: "Mosul liberata", in Repubblica.it, 9 luglio 2017. URL consultato il 12 luglio 2017.
  9. ^ (EN) UNHCR Iraq Rep, Bruno Geddo, speaking in Batnaya, Iraq. URL consultato il 5 giugno 2021.
  10. ^ (EN) The massacre of Mosul: 40,000 feared dead in battle to take back city from Isis as scale of civilian casualties revealed, in independent.co.uk, 19 luglio 2017. URL consultato l'11 settembre 2017.
  11. ^ Mosul battle: Last bridge 'disabled by air strike', in BBC News, 27 dicembre 2016. URL consultato il 2 marzo 2017.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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