Museo archeologico nazionale delle Marche

museo archeologico ad Ancona

Il Museo archeologico nazionale delle Marche si trova ad Ancona, all'interno del cinquecentesco palazzo Ferretti. Documenta in modo pressoché completo la preistoria e la protostoria del territorio marchigiano; comprende ricche collezioni relative alla civiltà greca, romana e a quella dei Galli Senoni. I reperti relativi alla civiltà picena formano la più completa raccolta esistente; per la ricchezza delle sue collezioni il museo è uno dei più importanti musei archeologici d'Italia[2].

Museo archeologico nazionale delle Marche
Palazzo Ferretti
Ubicazione
StatoItalia Italia
Località Ancona
IndirizzoPalazzo Ferretti, Via Ferretti 6
Coordinate43°37′23″N 13°30′40″E / 43.623056°N 13.511111°E43.623056; 13.511111
Caratteristiche
TipoArcheologia
Istituzione1863
Apertura1863
GestioneMiC - Direzione regionale Musei Marche
DirettoreDiego Voltolini
Visitatori13 195 (2015)[1]
Sito web

Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite la Direzione regionale Musei.

StoriaModifica

 
1) Danzatrice riprodotta in un cratere attico ritrovato in una tomba picena di Numana (sala 24)

Istituzione e ampliamenti successiviModifica

Il museo, con il nome di "Gabinetto paleoetnografico ed archeologico delle Marche", fu istituito nel 1863 dalla Regia Commissione Conservatrice delle Marche[3].

Successivamente le collezioni archeologiche furono ampliate da Carisio Ciavarini, dal maggio 1876 Ispettore degli scavi e dei monumenti del Regio Commissariato per i Musei e Scavi di Antichità per l'Emilia e le Marche, e sistemate nel fabbricato delle Regie Scuole Tecniche in via San Martino[4], dove Ciavarini insegnava[5] e dove il museo fu ospitato dal 1868 al 1877. Fu quindi trasferito nella sede del Palazzo degli Anziani e da qui, nel 1884, passò nell'ex Convento di San Domenico. Fu di nuovo trasferito nel 1898 nelle più ampie sale dell'ex convento degli Scalzi, in via Duomo n.12, dove rimase fino al 1923.

Museo NazionaleModifica

Nel 1906, grazie alla ricchezza e alla rappresentatività delle sue collezioni, l'istituzione ottenne il riconoscimento statale[5] e assunse la denominazione di Museo Archeologico Nazionale delle Marche. Il riconoscimento dell'interesse nazionale non va sottovalutato poiché all'epoca i musei archeologici nazionali italiani erano pochi, tra cui i tre di Roma (Museo nazionale romano, Museo nazionale preistorico, Museo nazionale etrusco) e quelli di Napoli, Firenze, Cagliari, Taranto, Parma e di Portogruaro. Dopo l'apertura del museo di Ancona e di quello di Matera (1911), il numero dei musei archeologici rimase stabile sino agli anni settanta del Novecento[6].

A San Francesco alle ScaleModifica

Il museo rimase al convento degli Scalzi fino al 1923, quando fu trasferito negli spaziosi locali del convento di San Francesco alle Scale ed inaugurato il 9 ottobre 1927 alla presenza del re Vittorio Emanuele III di Savoia[5]. Secondo i criteri dell'epoca, i chiostri furono trasformati in fiorenti giardini, gli arredi vennero realizzati da esperti ebanisti[7], i sostegni delle vetrine furono ispirati ai trapezofori pompeiani; tutto ciò rendeva l'ambiente del museo all'altezza delle collezioni ospitate. Le sezioni erano tre: preistorica, picena e gallica, mentre specifici settori erano dedicati alla collezione numismatica e alle ricche raccolte provenienti dalla necropoli picena di Numana e da quella greco-romana di Ancona[5].

Durante la Seconda Guerra Mondiale l'edificio fu pesantemente danneggiato dai bombardamenti, con conseguenti danni alle collezioni che improvvidamente non erano state inviate nei depositi allestiti dal soprintendente Pasquale Rotondi a Sassocorvaro[8]; nel dopoguerra non fu dunque possibile riaprire subito al pubblico le raccolte.

A Palazzo FerrettiModifica

Per la riapertura del Museo Archeologico Nazionale delle Marche si dovette attendere il 1958, quando fu allestito nell'attuale prestigiosa sede di Palazzo Ferretti. Il forte terremoto che colpì Ancona nel 1972 costrinse ad una nuova chiusura, protrattasi fino al 1988. A partire da quella data il museo ha gradualmente riaperto le sue sezioni, iniziando da quelle protostorica e preistorica, per proseguire con quelle dell'Età del Rame e del Bronzo, a quella ellenistica e infine (parzialmente) quella romana. Nel 2022 devono ancora essere riaperte la sezione altomedievale e la ricchissima collezione numismatica; deve inoltre essere completata la riapertura della sezione romana.

Il ruolo del Museo nella protezione del patrimonio archeologico regionaleModifica

 
La lekythos ritrovata ad Ancona (Metropolitan Museum).
 
L'ambra etrusca con Afrodite ed Adone ritrovata a Falconara (Metropolitan Museum).
 
Il cratere con Amazzonomachia da Numana (Metropolitan Museum).

Il Museo Nazionale ha sempre svolto un attivo ruolo nel contrastare il fenomeno della vendita illegale all'estero di reperti che, come in tutta Italia, purtroppo è presente anche nelle Marche. Esemplare in questo senso fu il recupero dei Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola: nel 1946, nonostante i disagi derivati dai bombardamenti che avevano semidistrutto la sede del Museo, l'unico dipendente ancora in servizio si recò sul luogo del ritrovamento e prese possesso dei frammenti di bronzo dorato che erano appena stati scavati, mentre il proprietario del terreno si era recato urgentemente a Roma; sospettando che il viaggio improvviso fosse dovuto all'intenzione di contattare il mercato antiquario clandestino, il dipendente sequestrò i reperti nel nome dello Stato e fece in modo di farsi consegnare altri frammenti precedentemente occultati. Fu così che fu possibile, dal 1959, esporre al pubblico il celebre gruppo statuario[9][10].

In negativo, il ruolo del Museo è deducibile dal fatto che, prima della sua istituzione, preziosi reperti trovati nelle Marche finirono all'estero; valgano i seguenti esempi.

- il cratere a calice con Amazzonomachia attribuito al pittore dell'hydria di Berlino;
- il cratere a campana con satiri e menadi, attribuito al pittore di Methyse;
- il cratere a volute con centauri e lapiti, attribuito al pittore dei satiri villosi;

CollezioniModifica

 
2) Ciottolo con incisione paleolitica: la donna-lupo
 
La "Venere di Frasassi"

Sezione preistoricaModifica

La sezione preistorica comprende quattro settori, dedicati al Paleolitico, al Neolitico, all'Età del Rame e all'Età del Bronzo.

- Sala 1 - Prima dell'inizio del percorso cronologico, si trova la sala della Venere di Frasassi; venne ritrovata nel 2007[16] all'interno della Grotta della Beata Vergine di Frasassi, poco distante dalla Grotta Grande del Vento; è stata realizzata utilizzando una stalattite. Si tratta di una figura femminile dalle forme generose, con gli avambracci piegati in avanti e con le mani congiunte, in un gesto di preghiera e di offerta; il ventre mostra che la donna è incinta. Il reperto è una venere paleolitica; in Italia esistono solo altri dieci esemplari simili[17]. Risale a circa 20.000 anni fa (Paleolitico superiore, periodo Gravettiano o Epigravettiano antico).

- Sala 2 - Sono qui esposti i reperti più antichi mai rinvenuti nelle Marche: quelli della zona sommitale di Monte Conero, risalenti a circa 300.000 anni fa (Paleolitico inferiore[18]). Si tratta di bifacciali e di manufatti su scheggia di cultura acheuleana. Più recenti sono i reperti realizzati con la tecnica Levallois.

- Sala 3 - Sono esposti oggetti realizzati con tecnica microlitica. Reperto specificatamente artistico è il ciottolo graffito con la figura femminile avente testa di lupo (foto 2).

  • Neolitico (sale 4, 5 e 6). La sezione illustra esaurientemente la Rivoluzione neolitica, verificatasi nelle Marche nel VI millennio a.C.[19] Espone infatti le prime testimonianze dell'agricoltura (macine e macinelli), dell'addomesticazione e dell'allevamento (ossa di animali domestici), del commercio (oggetti realizzati con ossidiana e steatite), della divisione del lavoro (vasi fittili), della costruzione di villaggi (resti di intonaco e di focolari domestici). Presenti anche i primi manufatti in pietra levigata.
  • Età del Rame (sala 7). La sezione presenta i primi, rari esempi di uso e di manipolazione dei metalli, oltre a splendide asce-martello in pietra levigata. I reperti testimoniano come le comunità diventino sempre più dipendenti dall'approvvigionamento dei metalli, disponibili solo in alcune zone geografiche. Questa sezione al Museo è indicata con il nome di "Prima Età dei Metalli", in quanto il rame usato in questo periodo era sempre impuro e in lega con altri elementi.
  • Età del Bronzo (sale 8 e 9). Sono esposti in questa sezione reperti provenienti dal più antico villaggio sorto nella zona di Ancona, al Campo della Mostra. Interessanti sono gli insiemi di pugnali di bronzo ritrovati in nascondigli (produzione locale dell'inizio del II millennio a.C.[19]) e i frammenti di ceramica micenea (della fase neo-palaziale) provenienti da Ancona, che testimoniano i primi contatti tra la zona in cui sorge la città e la Grecia[20].

Sezione protostoricaModifica

La sezione protostorica illustra le civiltà che interessarono le Marche nell'Età del ferro: quella picena, diffusa su tutto il territorio regionale dal IX al III secolo a.C. e quella dei Galli Senoni, che invasero il territorio piceno settentrionale nel corso del IV secolo a.C.

Civiltà picenaModifica

 
3) Particolare del pettorale piceno detto "degli amuleti", proveniente da Numana (sala 14)
 
20) Ansa figurata rappresentante il Signore degli Animali (sala 19)

Le testimonianze della Civiltà picena sono esposte nelle sale dalla 10 alla 27 e nella sala 32. La collezione di reperti piceni del Museo costituisce la più completa testimonianza della vita e dell'arte del popolo che diede unità etnica alle Marche nell'Età del ferro e il cui totem (il picchio verde) è raffigurato nello stemma della regione[21]. La collezione picena comprende anche una ricca raccolta di ceramica greca e alcuni pregevoli oggetti etruschi, frutto del commercio che i Piceni avevano con i Greci e gli Etruschi.

  • Oggetti piceni del percorso cronologico. Tra i reperti più interessanti si segnalano[22]: i corredi di armi, per le quali i Piceni sono famosi (foto 4), i pettorali bronzei (foto 3, 5 e 7) e i dischi-corazza (foto 14), oggetti figurati nel tipico stile sintetico piceno, un coperchio bronzeo con statuine di opliti e arcieri danzanti attorno ad un totem (foto 10 e 11), le ceramiche picene, di originalissima foggia (foto 8, 15 e 16), una brocca realizzata con un uovo di struzzo graffito di fattura orientale (foto 12), gli avori scolpiti orientalizzanti (foto 17), gli anelloni a nodi oggetti di incerto uso presi a simbolo della civiltà picena (foto 18), due appliques con il Signore degli animali (foto 20), alcune ambre scolpite (foto 19). A proposito di questi ultimi oggetti, si ricorda che il popolo piceno era stato soprannominato "popolo dell'ambra" per l'amore che mostrava nei confronti di questo materiale dal colore e dalla luminosità solare e che il Piceno era un terminale della "via dell'ambra" che partiva dal Mar Baltico ed arrivava al Mediterraneo. Un raro esempio di scultura italica preromana è la testa di guerriero in calcare (foto 13). Nella sala 32 si possono ammirare i vasi dello stile detto "alto-adriatico", prodotto dell'estremo periodo piceno, ispirato alla ceramica greca, ma in cui le figure, con la stilizzazione spinta dei profili e delle acconciature, tendono quasi all'arte astratta (foto 24).
  • Sale tematiche. Lungo il percorso di visita, strettamente cronologico, sono presenti quattro sale tematiche. Le sale tematiche 11 e 12 sono allestite all'interno della suggestiva torre medievale del palazzo.
    • Nella sala 1 sono esposti i reperti del villaggio protovillanoviano e poi piceno di Ancona, legato alle attività della pesca, della caccia, dell'allevamento e dell'agricoltura.
    • Nella sala 4 sono visibili i reperti dell'isola culturale villanoviana di Fermo.
    • La sala 11 presenta la collezione delle epigrafi picene scritte nei due caratteristici alfabeti usati nella regione durante l'Età del Ferro, testimonianze fondamentali della lingua picena meridionale (foto 22) e di quella settentrionale (foto 21).
    • La sala 12 espone testimonianze dei luoghi di culto; tra i reperti qui conservati si segnalano le allungatissime figure in lamina di bronzo, simili alle "ombre della sera" etrusche[23] (foto 22).
  • Tra i vasi greci acquistati dai Piceni tra IV e V secolo (sale 22-27) ci sono sia vasi a figure nere, sia vasi a figure rosse. Si segnalano soprattutto il cratere a calice di Bacco, Arianna, Edipo e la sfinge (foto 1, 38, 39), il cratere a volute a tre fasce rappresentanti scene di guerra, corse di cavalli e un simposio (foto 37), l'anfora di Zeus ed Hera (foto 40), il dinos di Prometeo (foto 33 e 34), l'idria bronzea con protome leonina, la pisside a fondo bianco con la nascita di Afrodite, il dinos bronzeo con statuine di toro e di leone (foto 32), il rhyton con scene dionisiache (foto 35), il piattello ad alto piede con Eracle giovane ricoperto dalla pelle del leone nemeo, tipologia prodotta appositamente per il Piceno (foto 36), e numerosi altri (foto 41).
  • Tra gli oggetti etruschi acquistati dai Piceni (sale 12, 15, 16, 29, 30) si segnalano i vasi bronzei (foto 9), gli scudi, gli argenti e gli avori. Notevole è la testa bronzea esposta nella sala 12, capolavoro della bronzistica etrusca.
Galleria di reperti piceni
 
25) Corona ritrovata in una tomba celtica, realizzata in lamina d'oro e smalti (sala 31)
 
28) Bracciale gallico-etrusco in oro con protome di serpente (sala 30)

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Civiltà gallicaModifica

I reperti della Civiltà gallica dei Senoni sono esposti nelle sale 28, 29, 30 e 31.

  • La collezione gallica è costituita dai reperti relativi all'invasione dei Galli Senoni nelle Marche settentrionali, molti dei quali in oro. Tra i pezzi più significativi ci sono le caratteristiche torque (foto 31), alcuni elmi (foto 26) e spade celtiche. Molto ammirate dai visitatori della collezione sono le tre corone di raffinatissima fattura realizzate con elementi vegetali in oro (foto 25); esse rappresentano dei pezzi unici in Italia di una rara tecnica orafa che era invece diffusa nei contesti regali della Grecia[24].
  • Tra i numerosi oggetti che i Galli acquistarono dagli Etruschi, si segnala una teglia con anse raffiguranti guerrieri in duello (foto 29) ed alcuni oggetti di ornamento (foto 27, 28 e 30).
  • Dal 2015 sono nuovamente esposte al pubblico le sculture fittili del Tempio di Civiltalba (foto 44), opera romana che rappresenta, tra le altre cose, alcuni guerrieri senoni[25][26][27].
Galleria di reperti provenienti dalle necropoli galliche delle Marche

Sezione greco-ellenisticaModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scavi archeologici di Ankón.
 
31) La moneta greca di Ancona, con il gomito piegato ed Afrodite (sala 33)
 
31b) Stele greca proveniente da Ancona.
 
39) Satiro seduto che suona il diaulos e un erote con armi (particolare del vaso della fig. 38)

La sezione greco-ellenistica è esposta nella sala 33.

  • Sono esposti in questa sezione i ricchi materiali provenienti dalla necropoli ellenistica di Ankón (Ἀγκών in greco antico), ossia la città di Ancona durante la fase di colonia greca. Tra questi reperti si segnalano: una delle sei monete greche di Ancona conservate al Museo (foto 31), oggetti in vetro, statuette, oggetti di oreficeria, servizi domestici in argento[28]. Alcuni reperti sono testimonianze uniche nell'Adriatico a nord della Magna Grecia e mostrano lo stretto legame esistente in epoca ellenistica tra la Grecia ed Ancona, che era in questo periodo simile ad un'isola culturale.
    Le stele funerarie figurate, con iscrizioni in greco, provengono dalla necropoli ellenistica di Ancona e sono reperti che trovano confronti solo delle isole Cicladi. I testi delle iscrizioni di ciascuna stele ed altri dettagli sono presenti nella voce "Scavi archeologici di Ankón", al capitolo "Le stele figurate e iscritte". Tra la sala ellenistica e quella romana è esposto il Bassorilevo con suonatrice di khitara danzante, risalente alla tarda fase ellenistica di Ankòn.
  • Oltre ai reperti greci provenienti dalla necropoli ellenistica di Ancona, il museo è ricco di notevoli esemplari di ceramica attica ritrovati nelle necropoli picene e che dunque non sono esposti nella sezione ellenistica, ma in quella protostorica, nelle sale che vanno dalla 22 alla 27. Se ne sono date informazioni nel paragrafo "Civiltà picena". Nella galleria sottostante si può vedere una scelta delle ceramiche attiche più rappresentative.
Galleria di reperti greci provenienti da siti archeologici piceni

Sezione romanaModifica

 
43) Ritratto di Augusto capite velato, da Ancona (sala 33)
 
Bassorilevo con suonatrice di khitara danzante.

La sezione romana non è ancora visitabile completamente (2022), a 49 anni dalla sua chiusura; il 19 dicembre 2013[29] ne è stata però aperta una prima sala; oltre ai reperti in essa esposti, altre testimonianze romane sono visibili in allestimento provvisorio oppure nella sala della necropoli ellenistica di Ancona.

  • Reperti esposti nella prima sala della sezione romana. I reperti qui esposti provengono tutti da Ancona. Si segnalano: le decorazioni in avorio e in bronzo di tre letti funebri, il mosaico policromo raffigurante la testa di Oceano, il Sarcofago del Vinaio (foto 45), con bassorilievo raffigurante una scena di compravendita di vino (per il suo interesse ne è stata tratta una copia, esposta al Museo della Civiltà Romana), il bassorilievo della Musa citareda, il calco delle scene 58 e 59 della Colonna Traiana in cui l'imperatore e il suo esercito si imbarcano per la Dacia dal porto di Ancona, il modellino ricostruttivo dell'Arco di Traiano di Ancona, i reperti provenienti dagli scavi del porto traianeo di Ancona[30][31]. Il pavimento della sala accoglie uno splendido mosaico proveniente da Helvia Recina, recante inserzioni di marmi colorati.
  • Dal 15 maggio 2015[32] sono finalmente esposte, nel panoramico corridoio che conduce alla sala 33, le pregevoli sculture fittili del Tempio di Civiltalba (foto 44)[33], che raffigurano, tra l'altro, la scena del saccheggio del tempio di Delfi da parte di soldati celtici, avvenuto nel 279 a.C.
  • Reperti visibili in allestimento provvisorio. Nella galleria vetrata che corre intorno al cortile, si possono ammirare due magnifici esempi di sarcofagi romani: il sarcofago con scene del mito di Medea e quello con corteo marino di tritoni e nereidi[34]; nella stessa galleria è presente un bell'esempio di cippo funerario figurato con iscrizione: la Stele del seviro Sesto Tizio Primo da Suasa[35].
  • Reperti romani esposti nella sala della sezione ellenistica. Si segnalano: un affresco illusionistico con scene nilotiche e la testa marmorea dell'Imperatore Augusto (Augusto capite velato), trovata nei pressi della sede del Museo (foto 43), il modellino ricostruttivo del Tempio di Venere di Ancona, i cui resti sono visitabili nell'area archeologica sottostante il Duomo, l'urna cineraria marmorea con volto dionisiaco, rinvenuta ad Ancona, in una sepoltura ancora visibile lungo Corso Matteotti.
  • A piano terra sono esposte inoltre le copie conformi dei Bronzi Dorati da Cartoceto; le loro copie ricostruttive svettano dal tetto di Palazzo Ferretti come simbolo dell'archeologia marchigiana (foto 46, 47). I Bronzi Dorati sono stati esposti nel museo dal 1959 al 1972 e nel 1988. Per la controversia relativa al luogo in cui esporre queste eccezionali testimonianze di scultura antica, vedi la voce apposita.
  • Reperti non ancora visibili. Quando la sezione riaprirà completamente, si potranno finalmente ammirare le tante testimonianze ancora conservate nei magazzini.

Sezione altomedievaleModifica

La sezione altomedievale non è ancora aperta (2022).

  • Comprende soprattutto le testimonianze lasciate nelle Marche dagli Ostrogoti (fine V secolo - inizi del VI secolo) e dai Longobardi (fine VI secolo - tutto il VII secolo). I reperti comprendono armi, accessori di abbigliamento e oggetti di oreficeria. È importante in quanto non sono molto comuni in Italia i ritrovamenti di questo periodo.

Collezione numismaticaModifica

La ricca collezione numismatica non è ancora aperta (2022).

Reperti paleontologiciModifica

Il Museo nazionale, pur avendo carattere archeologico, espone alcuni reperti paleontologici.

Riapertura delle collezioni dopo il 1972Modifica

  • 1988
  • 1995
  • 1997
  • 2010
    • riapertura al pubblico della collezione greco-ellenistica[37]. Nel contempo si tolgono dalla fruizione pubblica i reperti del Tempio di Civitalba.
  • 2012
    • parziale chiusura della sezione greco-ellenistica (le iscrizioni della necropoli di Ancona sono state spostate in una sala non aperta al pubblico).
  • 2013
    • le iscrizioni greche provenienti dalla necropoli ellenistica di Ancona sono nuovamente visibili; apertura della prima sala della sezione romana.
  • 2015
    • le sculture del Tempio di Civitalba sono nuovamente visibili, con un nuovo allestimento.
  • 2021
    • Vengono chiuse al pubblico le collezioni dell'Età del Rame e dell'Età del Bronzo.

Nel 2022 sono ancora chiuse al pubblico la collezione romana (tranne la prima sala), la collezione altomedievale, la collezione numismatica.

Palazzo FerrettiModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzo Ferretti.
 
48) Palazzo Ferretti

La sede del Museo è dal 1958 Palazzo Ferretti, residenza nobiliare tra le più importanti della città[38]; già da solo l'edificio merita una visita, anche per la fama degli artisti che vi hanno lasciato la loro opera.

La storia del palazzo inizia tra il 1540 e il 1543, quando fu edificato su probabile disegno di Antonio da Sangallo il Giovane[39]. Fu costruito poco dopo la cacciata del famigerato cardinale Accolti, il legato pontificio che tanto aveva fatto penare la città dopo il colpo di Stato con il quale papa Clemente VII aveva posto fine alla libertà della Repubblica di Ancona. La costruzione di Palazzo Ferretti avvenne quindi nel periodo in cui la città stava rimarginando le ferite dovute alla perdita della libertà e fu dunque segno della ritrovata pace cittadina, pur nell'ambito dello Stato Pontificio[40]. Una volta terminato, i conti Ferretti vollero farlo affrescare da importanti artisti: Pellegrino Tibaldi e Federico Zuccari.

Gli affreschi del Tibaldi realizzati nel piano nobile (salone dei ricevimenti, sala degli emblemi, sala dei miti, camera di San Carlo[41]) rappresentano: la Battaglia dei tre Orazi, Andromeda, Apollo e Dafne, Caduta del carro di Fetonte, Ratto di Proserpina. Al terzo piano il Tibaldi dipinse invece la sala con ciclo astrologico celebrante il Trionfo di Apollo.

Federico Zuccari invece decorò le volte dell'ampio salone del terzo piano con grottesche, paesaggi fantastici e vedute di monumenti romani[41].

Nel 1759 i Ferretti commissionarono a Luigi Vanvitelli l'ampliamento dell'edificio; verso sud giunse ad inglobare una torre medievale, mentre verso ovest giunse al confine con la chiesa degli Scalzi; in questa occasione fu costruito il balcone sulla facciata, lo scalone d'onore ed il terrazzo pensile[41][42]. Furono aggiunte anche statue di Gioacchino Varlè e della sua scuola. Diversi restauri furono eseguiti nel Novecento, il primo (1928-1931) commissionato dalla stessa famiglia Ferretti, i successivi a causa dei danni derivati dalla Seconda guerra mondiale e dal terremoto del 1972.

NoteModifica

  1. ^ Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Visitatori e introiti dei musei
  2. ^ Autori vari, Musei e gallerie d'Italia, Volumi 4-6, De Luca Editore., 1959 (pagina 3), da cui si cita: ...in breve tempo insperatamente arricchendo di prezioso e copiosissimo materiale, sino a divenire uno dei più importanti d'Italia.
  3. ^ La denominazione completa di questa istituzione, che corrisponde alle attuali soprintendenze ai monumenti ed archeologica, è: "Regia Commissione Conservatrice dei monumenti storici e letterari, oggetti di antichità e belle arti delle Marche", come risulta da: G. Baldelli e M. Landolfi, Il Museo Archeologico Nazionale delle Marche, in Ancona anni Venti e Trenta, Canonici editore, Ancona 1998
  4. ^ Non si deve confondere la via San Martino di allora con quella di oggi. Oggi la via ove sorgeva il museo è intitolata a Francesco Podesti; il museo aveva sede nell'ex convento di San Martino, che oggi ospita la residenza per anziani "Benincasa".
  5. ^ a b c d G. Baldelli e M. Landolfi, Il Museo Archeologico Nazionale delle Marche, in Ancona anni Venti e Trenta, Canonici editore, Ancona 1998
  6. ^ Le notizie sui musei archeologici nazionali esistenti nel 1906 (e negli anni successivi) sono tratte consultando tutti i siti ufficiali dei Musei Archeologici Nazionali attuali (2012) e cercando la data in cui essi sono stati dichiarati nazionali. Da queste ricerche risulta che l'esplosione di aperture, che ha portato all'alto numero di musei archeologici nazionali esistenti oggi in Italia, è iniziata dagli anni settanta del Novecento in poi, specie nell'Italia meridionale.
  7. ^ Precisamente dalla scuola di ebanisteria di Fano.
  8. ^ Dal diario di Pasquale Rotondi, in: Salvatore Giannella e Pier Damiano Mandelli, L'Arca dell'Arte, Editoriale Delfi, Cassina de' Pecchi, Milano, 1999 e 2009. Dopo il bombardamento che distrusse l'edificio del museo le parole di Rotondi furono: E pensare che proprio pochi giorni prima io avevo detto al mio collega: "Dammi tutto, porto tutto a Sassocorvaro", ma lui non ne volle sapere".
  9. ^ Il dipendente era il salatariato giornaliero Nereo Alfieri. Notizie tratte dalla sua relazione sullo scoprimento dei Bronzi Dorati, pubblicata a pagina 302 su La Civiltà Picena, Editrice Maroni, Ripatransone 1992
  10. ^ Sandro Stucchi Il gruppo bronzeo tiberiano da Cartoceto (pag. 10); L'Erma di Bretschneider, 1988
  11. ^ La Civiltà Picena, Editrice Maroni, Ripatransone 1992 (capitolo sulla ceramica greca trovata nelle Marche)
  12. ^ Maurizio Landolfi, Ancona greca e romana, in Scultura nelle Marche, a cura di Pietro Zampetti, Nardini editore, 1993.
  13. ^ L'esemplare proviene dalla zona di Falconara. Si veda: Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, L'Erma di Bretschneider, 2004. (pagina 28). ISBN 9788882652777. Consultabile su Google Libri a questa poagina
  14. ^ Scheda ed immagine del reperto, dal sito del museo: si veda questa pagina
  15. ^ Scheda ed immagine del reperto, dal sito del museo: si veda questa pagina
  16. ^ Il ritrovamento è opera di da Sandro Polzonetti. Vedi sito del Rotary club.
  17. ^ Vedi, su archeomarche.beniculturali.it. URL consultato il 26 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2017).
  18. ^ Dalla guida del Museo distribuita nel 2012
  19. ^ a b Vedi la pagina Archiviato il 17 ottobre 2011 in Internet Archive.
  20. ^ Lorenzo Braccesi, I Greci in Adriatico, Volume 2, L'Erma di Bretschneider, 2004 (pag. 15)
  21. ^ La scelta del picchio come stemma regionale, dal sito della Regione Marche
  22. ^ TCI, Guida d'Italia, volume Marche, edizioni 1979 e 2005
  23. ^ Storia delle Ombre della sera, su specchioromano.it.
  24. ^ La regina di Montefortino: I segreti delle corone d'oro della tomba n. 8 - Senigallia Notizie – 60019.it: quotidiano on-line di Senigallia e del territorio
  25. ^ Scheda e immagini del fregio del tempio con guerrieri gallici in fuga, dal catalogo dei beni culturali della regione Marche
  26. ^ Descrizione e immagini Archiviato il 24 giugno 2007 in Internet Archive.
  27. ^ Lorenzo Braccesi, Terra Di Confine: Archeologia e Storia Tra Marche, Romagna e San Marino, edito da L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 31/dic/2007(pagina 40)
  28. ^ Articolo sulla riapertura della sezione, con immagini, su archeologia.beniculturali.it. URL consultato il 13 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2017).
  29. ^ Dal sito del Ministero dei Beni culturali, su beniculturali.it. URL consultato il 22 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  30. ^ Scheda sull'area archeologica del porto romano di Ancona Archiviato il 26 novembre 2013 in Internet Archive.
  31. ^ Monica Salvini, Lo scavo del Lungomare Vanvitelli: il porto romano di Ancona, edito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Archeologica per le Marche nel 2001
  32. ^ Notizia dell'inaugurazione dell'allestimento
  33. ^ Scheda e immagini del frontone del tempio, dal catalogo dei beni culturali della regione Marche; Scheda e immagini del fregio del tempio, dal catalogo dei beni culturali della regione Marche
  34. ^ Valorizzazione dei sarcofagi [collegamento interrotto], su ufficiostudi.beniculturali.it.
  35. ^ Scheda e immagine della stele, su culturaitalia.it.
  36. ^ a b c d e f Vedi sito Archiviato il 9 maggio 2006 in Internet Archive.
  37. ^ Vedi la pagina, su beniculturali.it.
  38. ^ Storia della famiglia dei conti Ferretti e del loro palazzo, con immagini Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.; Francesco Maria Ferretti L'AMBITO PRIVILEGIO DEGLI ORDINI CAVALLERESCHI NEL FAUSTO MONDO DE LA NOBILTÀ DEI NATALI, stampato nel mese di giugno 2000 c/o l'industria grafica Tecnostampa - Recanati (sono presenti foto degli interni del palazzo quando ancora esso era residenza dei conti Ferretti
  39. ^ Scheda dal sito del Museo Diffuso Urbano di Ancona Archiviato il 27 novembre 2013 in Internet Archive.
  40. ^ Sito che riporta alcune pagine del libro di Francesco Maria Ferretti L'AMBITO PRIVILEGIO DEGLI ORDINI CAVALLERESCHI NEL FAUSTO MONDO DE LA NOBILTÀ DEI NATALI
  41. ^ a b c Scheda sul sito dell'Archeomarche Archiviato il 10 ottobre 2007 in Internet Archive.
  42. ^ L'interesse del Vanvitelli per Palazzo Ferretti è testimoniato anche dal disegno già nella collezione T.A. Heinrich – Toronto -, poi nella collezione privata del duca Roberto Ferretti, come riportato in Minelli M., La famiglia Ferretti di Ancona, Pievetorina, 1987 (pagina 44).

BibliografiaModifica

  • Delia Lollini (a cura di), Museo Archeologico nazionale delle Marche, sezione preistorica (Paleolitico - Neolitico), Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, 2002
  • Delia Lollini, Museo Archeologico nazionale delle Marche, sezione protostorica, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1993
  • Innocenzo Dall'Osso, Guida illustrata del Museo nazionale: con estesi ragguagli sugli scavi dell'ultimo decennio (edizione del 1915 in ristampa anastatica, con allegato il volume Istruzioni per l'uso, di Milena Mancini e Marco Betti)
  • AA. VV. La Ceramica attica figurata nelle Marche, Museo archeologico nazionale delle Marche, 1991
  • Gabriele Baldelli e Maurizio Landolfi, Il Museo Archeologico Nazionale delle Marche, in Ancona anni venti e trenta - immagini di una città edizioni Canonici, 1998.

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