Museo del Risorgimento e della Resistenza (Ferrara)

museo di Ferrara

Il Museo del Risorgimento e della Resistenza è stato uno spazio espositivo di Ferrara dedicato al Risorgimento e alla Resistenza italiana. Si trova in corso Ercole I d'Este n. 19, adiacente a palazzo dei Diamanti.

Museo del Risorgimento
e della Resistenza
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàFerrara
IndirizzoCorso Ercole I d'Este, 19 e Corso Ercole I d'este 19, 44121 Ferrara
Coordinate44°50′30.3″N 11°37′15.6″E / 44.84175°N 11.621°E44.84175; 11.621
Caratteristiche
Tipostorico-militare
Periodo storico collezionidal Risorgimento alla Resistenza italiana
Apertura1903
DirettoreAntonella Guarnieri (Responsabile)
Visitatori1 366 (2020)
Sito web

Storia modifica

Il nucleo originario, dedicato al Risorgimento, risale al 1903, anno della commemorazione del cinquantenario della fucilazione dei patrioti ferraresi Domenico Malagutti, Giacomo Succi e Luigi Parmeggiani. Nel 1954 venne aggiunta la sezione dedicata alla Resistenza italiana; nell'occasione l'originario "Museo del Risorgimento" cambiò nome in "Museo del Risorgimento e della Resistenza".

Le esposizioni modifica

 
Allegoria della città di Ferrara, opera di Giulio Monteverde, che nel 1889 faceva parte di un monumento posto in piazza della Cattedrale raffigurante Vittorio Emanuele II

La collezione è costituita da documenti e cimeli storici di importanza locale e nazionale, oltre che da illustrazioni d'epoca, uniformi, armi, vessilli militari e bandiere. Di particolare importanza sono i cimeli legati alla compagnia dei Bersaglieri del Po, unità militare composta da volontari di Ferrara che partecipò alla prima guerra d'indipendenza italiana. La datazione dei reperti conservati parte dai moti del 1848 e arriva alla seconda guerra mondiale. La sezione sulla Resistenza documenta gli anni dal 1919 al 1945.

Nel museo è conservata la statua di Vittorio Emanuele II di Savoia che costituiva, insieme all'Allegoria di Ferrara, ora collocata sulla facciata esterna del museo, un unico monumento originariamente posizionato di fronte alla cattedrale di San Giorgio.

Si possono vedere, tra i materiali esposti nel museo, anche parte di quanto è rimasto del periodo austriaco della fortezza di Ferrara. Questa venne costruita dopo la devoluzione del 1598, quando Ferrara entrò a far parte dello Stato Pontificio, in seguito smantellata durante la Campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte del 1796, poi riedificata nel XIX secolo dagli austriaci e infine demolita nel 1859.

Attività modifica

Il museo collabora con alcuni istituti scolastici cittadini, come la scuola elementare Alda Costa, il liceo statale G. Carducci e il liceo scientifico Antonio Roiti a progetti volti a raccontare in rete le collezioni storiche e il loro rapporto col territorio.[1][2]

Trasferimento sede modifica

Il Museo del Risorgimento e della Resistenza dall'estate 2020 è chiuso al pubblico fino a data da destinarsi per trasferimento sede.[3][4]

Note modifica

  1. ^ Il progetto ferrarese tra i vincitori del concorso IBC regionale 'La storia con un clic' raccontata dagli studenti delle scuole cittadine, su cronacacomune.it, Cronaca Comune Comune di Ferrara, 1º marzo 2018. URL consultato il 5 agosto 2019.
    «'La storia con un clic' che è risultato tra i vincitori del concorso annuale bandito dall'Istituto per i beni artistici naturali e culturali (IBC) della Regione Emilia Romagna 'Io Amo i Beni Culturali- VII Edizione 2017/18, sezione Musei»
  2. ^ La storia in un clic La Resistenza nella provincia di Ferrara, su sites.google.com, Scuola Secondaria Statale di primo grado "M. M. Boiardo", 2018. URL consultato il 25 agosto 2019.
  3. ^ Museo del Risorgimento e della Resistenza, su artecultura.fe.it. URL consultato il 3 ottobre 2020.
  4. ^ Appello dell’Anpi: Ferrara non chiuda il Museo del Risorgimento e della Resistenza, su estense.com. URL consultato il 3 ottobre 2020.

Bibliografia modifica

  • Augusta Busico, Il tricolore: il simbolo la storia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 2005, pp. 176-177.

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Collegamenti esterni modifica

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