Mylopharyngodon piceus

specie di animali della famiglia Cyprinidae

La carpa nera (Mylopharyngodon piceus (Richardson, 1846); in cinese 乌鰡S, wūliúP o 青魚T, 青鱼S, qīngyúP)[2] è una grossa specie di carpa originaria della Cina.

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Carpa nera
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Actinopterygii
Ordine Cypriniformes
Superfamiglia Cyprinoidea
Famiglia Xenocyprididae
Genere Mylopharyngodon
Peters, 1881
Specie M. piceus
Nomenclatura binomiale
Mylopharyngodon piceus
(Richardson, 1846)

Descrizione modifica

Per quanto riguarda l'aspetto, la carpa nera è molto simile alla carpa erbivora (Ctenopharyngodon idella), anche se differisce da questa per le macchie più scure (da marrone scuro a grigio scuro a seconda del tipo di acqua), alle quali deve il nome comune.

Il pesce ha un corpo allungato e appiattito con grandi scaglie, testa e bocca relativamente piccole e pinna caudale profondamente incisa. Le pinne presentano la seguente formula: dorsale 7–9, anale 7–9.[3] Con i suoi potenti denti faringei è in grado di frantumare il rivestimento di cozze e lumache. La carpa nera raggiunge generalmente un metro di lunghezza e 30 chilogrammi di peso.[2]

Nel 2004, un esemplare catturato con la lenza nel bacino artificiale di Shiba nella provincia dell'Anhui, in Cina, è ritenuto essere il più grande esemplare della sua specie catturato con la canna fino ad oggi: pesava 72,5 chilogrammi. Un esemplare rinvenuto nel bacino artificiale di Jinniushan vicino a Nanchino, catturato con una rete dai dipendenti del bacino, era ancora più grande: pesava 106 chilogrammi ed era lungo 174 centimetri.[4] Fonti non confermate, riferiscono che nello Yangtze ci fossero esemplari lunghi anche due metri.[5]

Distribuzione e habitat modifica

La specie è originaria dell'Asia orientale; in Cina è presente in molti fiumi che sfociano nel Pacifico, come il Fiume delle Perle (Zhu Jiang) o l'Amur (Heilong Jiang),[2] così come in Manciuria e nella Russia sud-orientale e nel Fiume Rosso (Honghe) nel Vietnam settentrionale.[2] Dalla nativa Cina è stata introdotta in numerosi paesi di Europa, Asia e America.[2] Negli Stati Uniti, quattro specie (la carpa nera, la carpa erbivora, la carpa argentata e la carpa testa grossa) vengono indicate collettivamente come «carpe asiatiche»,[6] anche se la carpa nera non sia così diffusa come le altre.

Biologia modifica

Questo pesce vive vicino al fondo e si nutre principalmente di lumache acquatiche e cozze. Vive a profondità comprese tra i 5 e i 30 metri in acque con un pH compreso tra 7,5 e 8,5.[2] Il suo habitat sono i fiumi e i laghi di pianura con acqua limpida e alte concentrazioni di ossigeno. La carpa nera intraprende migrazioni riproduttive a monte e depone le uova in acque libere. Le uova sono pelagiche o semipelagiche e vengono trascinate a valle dalla corrente, man mano che i piccoli si sviluppano. Gli avannotti e, successivamente, i giovani vanno in cerca di paludi alluvionali o di corsi d'acqua a flusso molto lento. Nelle fasi iniziali, i giovani pesci si nutrono di zooplancton. La specie può vivere probabilmente fino a 15 anni; non vi sono prove di esemplari vissuti 20 anni.[2]

Rapporti con l'uomo modifica

La carpa nera viene utilizzata per il consumo alimentare nella sua terra natale e da essa vengono ricavati prodotti per la medicina tradizionale. Nella policoltura[7] degli allevamenti cinesi, M. piceus, insieme alla carpa erbivora, alla carpa argentata e alla carpa testa grossa, è una delle specie meglio rappresentate e viene allevata da oltre mille anni. Dal momento che viene allevata in quantità minori, la sua carne raggiunge il prezzo di mercato più elevato. In Cina e Giappone, la carpa nera è una preda popolare tra i pescatori sportivi, grazie alle dimensioni che raggiunge.

Introduzione negli Stati Uniti modifica

Negli Stati Uniti, la carpa nera è stata introdotta per tenere sotto controllo le lumache acquatiche negli impianti di acquacoltura.[8] Le lumache acquatiche sono spesso ospiti intermedi di trematodi e possono quindi portare alla diffusione di malattie dei pesci. La legge statunitense impone di allevare solo esemplari triploidi di M. piceus per avere una prole sterile che non si riprodurrà ulteriormente anche se dovesse finire accidentalmente in acque libere. Per produrre pesci con un corredo genetico triploide, sono necessari esemplari diploidi fertili. Il rilascio di pesci sterili o fertili di carpa nera è vietato in tutti gli stati del paese. Tuttavia, sono state registrate catture allo stato selvatico nel Mississippi, nel White River/Arkansas, nel fiume Atchafalaya e nel Red River in Louisiana e nel fiume Osage nel Missouri. Gli scienziati hanno scoperto che alcuni esemplari erano diploidi e potevano quindi riprodursi tranquillamente in natura. La carpa nera è considerata una grave minaccia per la malacofauna locale ed è stata classificata come specie nociva nel 2007.[9]

Tassonomia modifica

Mylopharyngodon piceus è l'unica specie del genere Mylopharyngodon.

Note modifica

  1. ^ (EN) Bogutskaya, N. 2022, Mylopharyngodon piceus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e f g Mylopharyngodon piceus, su FishBase. URL consultato il 26 marzo 2024.
  3. ^ (DE) Besatzmaßnahmen - Grasfische: Tipps zum Besatz, Unterscheidung der Arten, Nahrung, Köder etc., su Fisch Hitparade Forum.
  4. ^ Mylopharyngodon piceus, su Fishing World Records.
  5. ^ Black Carp (Mylopharyngodon piceus) - Species Profile, su USGS - Science for a Changing World.
  6. ^ In inglese Asian Carps.
  7. ^ Tipo di itticoltura riguardante l'allevamento in stagni di più specie che sfruttano fonti alimentari diverse, ad esempio carpe erbivore (piante acquatiche), carpe argentate (alghe), carpe nere (molluschi) ecc.
  8. ^ Frida Ben-Ami e Joseph Heller, Biological Control of Aquatic Pest Snails by the Black Carp Mylopharyngodon piceus, DOI:10.1006/bcon.2001.0967.
  9. ^ Nico et al., Black carp: biological synopsis and risk assessment of an introduced fish, vol. 32, American Fisheries Society Special Publication, 2005, pp. 337 e seguenti.

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