Nicola Pende

endocrinologo e politico italiano (1880-1970)

Nicola Pende (Noicattaro, 21 aprile 1880Roma, 8 giugno 1970) è stato un politico e medico italiano.

Nicola Pende

Senatore del Regno d'Italia
Legislaturadalla XXVIII
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
Titolo di studioLaurea in medicina e chirurgia
Professionedocente universitario

Biografia modifica

Approfondendo gli studi del suo maestro Achille De Giovanni, sostenne l'importanza delle ghiandole a secrezione interna nella determinazione delle costituzioni umane con l'endocrinologia nella costruzione dell'«uomo nuovo» fascista. Come nei progetti di «rigenerazione» dell'umanità di tipo biologico dell'ingegneria sociale che si accompagnarono in Germania, Austria e Unione Sovietica, così in Italia l'endocrinologia di Pende divenne il fondamentale strumento delle politiche eugenetiche e demografiche del regime fascista.[1]

Dal 1907 al 1924, professore universitario a Bologna, Messina e Cagliari; nel 1925 fu il primo rettore dell'Università Adriatica Benito Mussolini.[2] Nel 1926, con la sua «bonifica umana razionale», fondò a Genova l'"Istituto di Biotipologia individuale e ortogenesi" che a metà degli anni 30 venne trasferito a Roma.[2][3] Era dalle colonizzazioni interne, in particolare nell’Agro Pontino dove con la sua «bonifica delle stirpi» sembrava attuarsi in questa direzione un primo esperimento.[4]

«Un grande progresso è stato realizzato in Italia da Nicola Pende, col suo Istituto Biotipologico per il miglioramento fisico, morale ed intellettuale dell'individuo. Questo sentimento, pur essendo diffuso tra i medici americani, non è ancora stato formulato in America in modo così chiaro come in Italia.»

All'estero la biotipologia come modello cattolico e latino d'eugenetica, si diffondeva in Francia, Portogallo, Spagna e in Paesi del Centro-America.[6] Nel 1937, presiedeva la sezione eugenetica del CNR, l'anno successivo partecipava all'elaborazione della politica razziale nell'annuale riunione della SIPS.[7]

Aderì al fascismo; firmò il "Manifesto della razza" e se mosse alcune critiche al documento erano dovute al fatto che Pende sosteneva un approccio razzista proprio della scienza italiana[8] in contrasto al razzismo di matrice tedesca. Secondo Giorgio Israel, Pende non intendeva minimamente opporsi alla campagna razziale, bensì intendeva porla sotto l'egida delle sue teorie.[2][9] Infatti le sue posizioni scientifiche contemplavano un'espressione di razzismo diversa rispetto a quella suggerita dal manifesto. Il documentario "Il caso Pende", della serie La Storia siamo noi, ha documentato una forte polemica fra Pende e La difesa della razza diretta da Telesio Interlandi, con la quale Pende mai collaborò.[10]

Pende, dopo il 1945, sostenne di aver smentito la condivisione delle tesi razziste del Manifesto due mesi e mezzo dopo la sua pubblicazione in un articolo del 5 ottobre 1938 sulla rivista "Vita Universitaria", ma in tale rivista non vi è traccia della smentita.[11]

«... la necessità di evitare il matrimonio con individui di stirpe semitica, come sono gli ebrei, i quali non appartengono alla progenie romano-italica, e soprattutto dal lato spirituale, differiscono profondamente dalla forma mentis della nostra razza.»

Sempre nel 1938, con il patrocinio di Mussolini per l'E42, si avvia la costruzione dell’Istituto Centrale di Bonifica Umana finanziato dal Pio Istituto di S.Spirito e Ospedali di Roma. Nel 1940 Mussolini lo nomina cancelliere della GIL; la Civiltà Cattolica si interessa alle sue teorie dalla fine del 1942 alla metà del 1943.[12]

Il 16 ottobre 1943, durante il rastrellamento nazista del ghetto di Roma, 23 ebrei trovarono rifugio nei locali Policlinico Umberto I.[2] Alla proclamazione della Repubblica Sociale Italiana fu invitato dal governo fascista repubblicano ad assumere incarichi di prestigio, ma Pende declinò la proposta e preferì poi rifugiarsi all'interno della Basilica di San Paolo fuori le mura.[2]

Il dopoguerra modifica

Nel dopoguerra, su richiesta del sostituto procuratore generale, il 15 maggio 1946 la corte d'appello di Roma escluse la responsabilità di Pende nella promulgazione delle leggi razziali[13] dichiarando di "non doversi promuovere l'azione penale".[14]

Inoltre per breve tempo fu anche esonerato dall'insegnamento,[2] ma in suo favore si mosse anche Giuseppe Nathan, commissario dell'Unione delle comunità ebraiche[2] e con una pronuncia dell'8 luglio 1948 della Corte di Cassazione, che tenne conto del ricovero offerto nel 1943 ai cittadini israeliti all'interno del Policlinico,[2] mantenne la cattedra dell'Istituto di Patologia Medica dell'Università di Roma[15] fino al raggiungimento dei limiti di età nel 1955. Orfano del fascismo, mise la sua biotipologia al servizio del cattolicesimo.[12]

«Ho scoperto con le mie osservazioni fatti importantissimi. Ho trovato ad esempio, che negli omosessuali, vera piaga della società moderna, la pineale risulta sempre calcificata: una piccola pietra. Operando su alcuni soggetti innesti di pineale di vitello sono riuscito a guarirli, a normalizzarli.»

Vita privata modifica

Anche il figlio Vito Pende ha svolto la professione di endocrinologo, mentre la nipote Stella è una giornalista e conduttrice televisiva.[16]

Onorificenze modifica

Opere modifica

Note modifica

  1. ^ Cassata 2015, p. 43.
  2. ^ a b c d e f g h Nicola Pende, lo strano caso della firma fantasma, in Corriere della Sera, 15 febbraio 2007. URL consultato il 5 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2013).
  3. ^ Cassata 2015, p. 44.
  4. ^ Cassata 2011, p. 209.
  5. ^ Carrel, p. 299.
  6. ^ Cassata 2015, p. 45.
  7. ^ Cassata 2006, p. 208.
  8. ^ Dizionario Biografico degli Italiani.
  9. ^ Israel 2010, citato nel Dizionario Biografico degli Italiani.
  10. ^ Inchiesta Rai Storia, su La storia siamo noi. URL consultato il 18 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 23 luglio 2013).
  11. ^ Cuomo, pp. 95-96 e 250-261.
  12. ^ a b Cassata 2011, p. 213.
  13. ^ Franzinelli, pp. 208-209.
  14. ^ Franzinelli, p. 209.
  15. ^ Franzinelli, p. 210.
  16. ^ Altri mondi, su gazzetta.it. URL consultato il 2007.
  17. ^ Diplomi e onorificenze di Giovanni Colli (PDF), su archivio.quirinale.it. URL consultato il 16 novembre 2023.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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