Areca catechu

specie di pianta della famiglia Arecaceae
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La palma di Betel (Areca catechu L., 1753) è una palma originaria delle Filippine[1], ampiamente coltivata anche al di fuori del suo bacino di origine. Produce la noce di betel, utilizzata come stimolante in diversi paesi asiatici.[2]

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Areca catechu
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
(clade) Commelinidi
Ordine Arecales
Famiglia Arecaceae
Sottofamiglia Arecoideae
Tribù Areceae
Sottotribù Arecinae
Genere Areca
Specie A. catechu
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Ordine Arecales
Famiglia Arecaceae
Genere Areca
Specie A. catechu
Nomenclatura binomiale
Areca catechu
L., 1753

Descrizione modifica

 

Il fusto è sottile e non ramificato, alto fino a 30 m e largo circa 20 cm, inizialmente verde, poi grigiastro. Le foglie, disposte a corona alla sommità del fusto, sono pennate, con rachide rigido e arcuato, lunghe 1,5-2 metri. I fiori, di colore giallo, sono unisessuali, riuniti in infiorescenze che si sviluppano alla base delle foglie. I frutti sono duri, di colore rosso-arancio, ovoidali, con mesocarpo fibroso ed endocarpo sottile e legnoso che avvolge un unico seme.

Usi modifica

 
Noci di betel

Il seme, erroneamente chiamato noce di Betel, è considerato economicamente importante per le sue proprietà come stimolante, digestivo e cardiotonico. Infatti, viene usato per estrarne sostanze alcaloidi come il principio attivo arecolina, utilizzato come antielmintico, l'arecaina (o arecaidina), e la guvacina.

Per questi motivi è largamente coltivata oltre che in India e Malaysia anche in molte altre regioni tropicali, non solo asiatiche, dal Pakistan fino alle isole meridionali del Pacifico e a Taiwan nonché in Africa.

Il consumo delle noci di Betel è una pratica molto antica, assai diffusa e profondamente radicata nei costumi di molte popolazioni, tra le persone di ogni classe sociale. Notizie sugli usi e sulle proprietà dei semi di betel già si rinvengono in un documento cinese datato tra il 180 e il 140 a.C., mentre in Europa le prime informazioni vennero introdotte da Marco Polo nel 1298.[senza fonte]

I semi di Areca catechu, oltre a essere ricchi di grassi, contengono molti tannini, uno dei quali di colore rosso, detto kuni o rosso-areca. Queste sostanze hanno la proprietà di stimolare la secrezione salivare e favorire la digestione, hanno effetti cardiotonici e azione vermifuga e astringente.

Il modo più comune di consumare le noci di betel è quello di tagliarle in fette sottili, avvolgerle nelle foglie di pepe di betel (Piper betle L.), preventivamente spolverate di calce, aggiungendo, talora, altre spezie, come cannella, noce moscata, cardamomo, catecù, ecc. Si ottiene, così, il vero e proprio betel, sotto forma di bocconcini che vengono masticati dopo i pasti per profumare l'alito e aiutare la digestione, spesso anche per consuetudini sociali o riti cerimoniali. La presenza delle foglie di pepe di betel aggiunge anche un blando effetto narcotico, oltre al sapore aromatico piccante.

Le noci di betel presentano, tuttavia, l'inconveniente di annerire i denti e tingere la saliva di rosso, come conseguenza dei tannini contenuti in abbondanza.

Effetti indesiderati modifica

La masticazione delle noci di betel predispone al carcinoma della bocca e della laringe.[3]

Avversità modifica

Uno dei più temibili parassiti di questa pianta è il Rhynchophorus ferrugineus, noto come punteruolo rosso delle palme. Si tratta di un coleottero curculionide originario dell'Asia, propagatosi negli anni ottanta del secolo scorso in Medio Oriente e successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo, rivelatosi resistente a tutti i mezzi di controllo convenzionali.

Note modifica

  1. ^ (EN) Areca catechu, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  2. ^ (EN) Betel, in Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
  3. ^ Gallo, D'Amati - Anatomia Patologica, la Sistematica, vol 1,(2008), pag 348; Handbook of Evidence-Based Radiation Oncology, Second Editi~1 ISBN 978-88-02-07900-4-U1200247

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