Nella religione dell'antica Grecia il Nomos (in greco: Νόμος) era lo spirito delle leggi, degli statuti e delle ordinanze. La moglie di Nomos è Eusebia (pietà) e la loro figlia è Dike (giustizia). Un chiaro modo di concepire il nomos è ben descritto da Erodoto:

«Se uno proponesse a tutti gli uomini di scegliere, tra tutti i costumi esistenti, i migliori, ciascuno, dopo averci ben pensato, sceglierebbe i propri: a tal punto ciascuno ritiene di gran lunga migliori propri. Perciò solo un pazzo può mettere in ridicolo queste cose. Che questo sia l'atteggiamento di tutti uomini per quanto riguarda i costumi lo si può congetturare da molti indizi: in particolare da questo che ora dirò. Dario al tempo del suo regno mandò a chiamare greci che erano alla sua corte e chiese loro a che prezzo avrebbero accettato di mangiare i loro avi defunti: e quelli risposero che non lo avrebbero fatto a nessun prezzo. Dopodiché Dario chiamò alcuni indiani appartenenti alla popolazione dei Callatii, che hanno l'abitudine di mangiare i genitori defunti, e chiese loro a quale prezzo avrebbe accettato di bruciare i loro genitori defunti; quelli si misero ad urlare ingiungendogli di non bestemmiare. Tale è la forza del nomos in un ambito come questo, e a ragione, secondo me, Pindaro disse che il nomos è il sommo sovrano.»

Note modifica

  1. ^ Erodoto, su tes.mi.it. URL consultato il 6 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2008).
  2. ^ Luciano Canfora, Storia della letteratura greca, Laterza, p. 251, ISBN 88-421-0205-9.

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