Oplita

antico soldato greco, membro di una falange oplitica
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L'oplita o oplite (al plurale opliti; in greco antico: ὁπλίτης?, hoplìtēs) è un termine nato intorno al VII secolo a.C. per indicare una categoria di contadini-operai-soldati.

Oplita spartano (dalla collezione Vinkhuijzen di illustrazioni di costumi militari, prima del 1910)

Descrizione modifica

L'armatura completa di un oplita "tipo", definita con il termine panoplia, era costituita da un elmo, in greco kranos (famoso il modello corinzio, preferito dalle popolazioni doriche, ma diffusi anche modelli meno protettivi, e al contempo meno limitanti per la vista e l'udito come il calcidico, l'attico e il beotico), da una corazza in lana o lino e cuoio lavorati (linothorax) che proteggeva efficacemente dalle frecce o da delle corazze più elaborate in bronzo (le thorax in epoca arcaica diffuse erano quelle "a campana", più costosi e, inizialmente più rari, i torax "anatomici"), da schinieri in bronzo (molto scomodi, per questo non sempre usati o utilizzati solo sulla più esposta gamba destra, spesso sostituiti da schinieri in cuoio o da un'ocrea), da una corta spada in ferro (xiphos, anche se in età arcaica pre falangitica erano utilizzati molti tipi di lama, inclusi il kopis e la makhaira, in seguito proprie della cavalleria), da una lancia (dory) e infine da uno scudo bronzeo rotondo (oplon) fornito di un passante centrale ("porpax") e di un'impugnatura lungo il bordo (antilabē).

In verità era lo scudo che definiva l'oplita, non tutti gli opliti disponevano di una panoplia completa (specie il thorax era molto costoso), ma se utilizzavano lo scudo rotondo hoplon erano opliti. Il termine però può essere talvolta (specie nella Beozia arcaica) anche associata a delle fanterie pesanti armate di scudi a dipylon, simili per molti versi a degli oplon alleggeriti e ridotti di dimensione, e che, in beozia ("scudo beota") rimasero popolari nei combattimenti a ranghi più aperti. Questo tipo di scudo, che consentiva una tenuta molto salda in posizione di difesa contro gli assalitori, costituì un'innovazione decisiva e sembra da mettere in relazione con il sorgere della falange, formazione compatta di combattenti che con gli scudi si coprivano a vicenda.

L'innovazione consisteva nelle dimensioni dello scudo, che variavano dai 60 cm ai 90 cm, sufficienti a proteggere le parti del corpo più vulnerabili. Inoltre lo scudo era munito di una correggia di cuoio, per permettere anche alle spalle di sostenerne una parte del peso, di un'altra correggia in lino da fasciare sull'avambraccio e da una manopola sul bordo in cui si saldava la mano. Lo scudo non era solo un'arma difensiva, ma permetteva di generare delle spinte utili nel corpo a corpo e negli scontri tra falangi, oltre a menar fendenti in caso di rottura o perdita del dory e dello xiphos.

Storia modifica

 
Oplita selinuntino

Il termine oplita indica i soldati di fanteria pesante greca provvisti del caratteristico scudo chiamato oplon, variante argiva dell'aspis.

A partire dal 1300-1200 a.C. (anche se probabilmente queste innovazioni si generalizzarono solo secoli più tardi, verso il X o XI secolo a.C. in Caria e Licia) alcune popolazioni anatoliche iniziarono a utilizzare, presto imitate nell'Egeo, armature pesanti e ampi scudi, atti a ripararsi adeguatamente dalle armi degli arcieri a cavallo, dei carri da guerra e dalle avverse fanterie. Questi guerrieri iniziarono anche a utilizzare ben presto lunghe lance, invece di corti giavellotti e lance leggere, sebbene in epoca arcaica (e fino al 600 a.C. circa) gli opliti spesso siano raffigurati sui vasi con giavellotti e spade, ma senza la tipica dory.

Lo scudo di legno e di vimini che copriva l'intera persona fu sostituito da quello di metallo (anche se i più antichi scudi di tipo oplon non risalgono a prima dell'VIII secolo a.C.), il quale copriva tre quarti del guerriero. Le parti esposte venivano protette con armature specifiche per le gambe, le braccia e la testa. Il complesso di queste armi, compresa la spada, costituiva la panoplia. Essa era meno costosa della dotazione del cavaliere (specie in un territorio, come quello di ampie parti della Grecia, in cui l'allevamento di cavalli era molto costoso per la scarsità di pascoli pianeggianti) e quindi poteva essere posseduta dai cittadini della classe media. Gli opliti spartani erano tenuti ad avere armature tutte uguali (o almeno scudi tutti uguali), mentre nelle altre polis si stabiliva solo il tipo di dotazioni necessarie e ogni singolo oplita se le procurava in base ai suoi gusti e alle sue possibilità.

Gli opliti in battaglia operavano in ranghi serrati costituendo un muro di metallo da cui spuntavano le lunghe lance e tale formazione fu tanto efficace che il ruolo della fanteria leggera, della cavalleria e dei carri da guerra, fu notevolmente ridimensionato in Grecia. La filosofia bellica dell'oplite si basava sulla moderazione e l'aiuto reciproco e non sulle gesta valorose di un eroe, non esistono infatti opliti nei poemi omerici. Altri scudi, come la leggera pelta e il diplyon (poco più leggero dell'hoplon) rimasero comunque in uso, e ai margini del mondo greco, così come in ruoli specializzati, mentre alcune realtà elleniche (Rodi, Creta occidentale, Tessaglia) videro lo sviluppo di fanterie leggere specializzate (arcieri, frombolieri, peltasti) o della cavalleria leggera (popolare anche in Sicilia).

Una delle prime guerre in cui fu utilizzato un numero congruo di opliti (anche montati su carro, ma poi confluiti nella falange) fu quella lelantina tra Eretria e Calcide (verso la fine dell'VIII secolo a.C.), soprattutto fu una delle prime occasioni in cui i contingenti di opliti invece di combattere in modo simile a quello degli eroi dell'Iliade formarono, presumibilmente, qualcosa di simile a delle falangi. La guerra lelantina fu una delle poche guerre arcaiche che coinvolse molte polis anche lontane dalla principale zona del "fronte" (per esempio Megara e Corinto) e che si allargò rapidamente anche alle colonie (per esempio determinando il fallimento della colonia di Pitecusa, che era in comune tra Eretria e Calcide), diffondendo in tutta la Grecia non solo il modello oplita, ma anche il combattimento a falangi serrate. Che ebbe una conferma poco dopo, nelle guerre tra Sparta e Messene. In particolare nella seconda guerra messenica (iniziata nel 685 a.C.) i soldati spartani furono inizialmente battuti dagli argivi, alleati dei messeni, che avevano formato un esercito in cui tutti i soldati combattevano uniti in falange con un armamento oplitico (e in particolare con lo scudo oplon). Sparta fu lesta a copiare questa innovazione (del resto già in corso di attuazione nei suoi ordinamenti militari), superando gli avversari. Infatti in precedenza (come mostrato nella pittura vascolare) gli opliti combattevano mescolati agli arcieri, oppure a ranghi poco serrati (la panoplia stessa nacque per difendersi dai dardi e dai colpi alla schiena, anche se funzionò meglio in falange); inoltre in età arcaica gli opliti non sempre combattevano con la lancia, ma erano anche lanciatori di giavellotti, una specializzazione che rimase propria degli opliti "di marina" (celebri quelli ateniesi e siracusani) usati nel combattimento navale (che riuscivano a tirare dardi stando seduti dietro i loro scudi), ma che si perse nei combattimenti terrestri.

Nei secoli VII-VI a.C. gli opliti divennero la forza preponderante negli eserciti di Atene, di Sparta e di altre città greche, e tale struttura militare si diffuse in Occidente sia nelle comunità della Magna Grecia, sia attraverso la società etrusca a Roma, dove furono valorizzati politicamente nella metà del VI secolo a.C. con la costituzione centuriata di Servio Tullio. In seguito, con il decadere dei regimi aristocratici, gli opliti rimasero il corpo militare per eccellenza, nel quale venivano però arruolati, ormai a spese dello Stato, anche cittadini delle classi meno abbienti. Anche nel mondo punico si sviluppò un modello di fanteria oplitica, anche per l'uso diffuso di mercenari greci.

La struttura militare dell'esercito oplitico venne superata prima dagli eserciti organizzati sempre in falange, macedoni (molto duttili per altro nell'impiego congiunto di fanteria pesante, leggera e cavalleria), e infine dai Romani, la cui tecnica militare si era evoluta nella tattica manipolare e poi nelle coorti di fanteria pesante mariane (che però potevano utilizzare tattiche di fanteria leggera utilizzando i giavellotti e la frombola).

Opliti spartani modifica

Gli Spartiati consideravano sé stessi gli unici veri opliti.

Infatti i bambini venivano educati alla guerra e all'uso delle armi da una apposita struttura voluta da Licurgo e definita agoghé.

Tale sistema venne introdotto a Lacedemone intorno al 669 a.C. dopo aver subito una durissima sconfitta per opera di Argo, precursore dell'utilizzo della falange e la conseguente rivolta messenica. L'ordinamento che ne seguì, l'eunomia, permise l'affermazione, sul piano militare prima e su quello sociale poi, dell'oplita spartano. Gli uguali, "homoioi", vivevano solo per la guerra e la politica, i lavori umili erano affidati agli iloti.

Di etnia dorica erano gli unici abitanti della città che detenevano diritti civili e politici, avevano l'obbligo di coltivare l'arte della guerra e, partecipare alla syssitia, letteralmente "comunità dei pasti": si trattava di pasti comuni ai quali era severamente vietato mancare, tuttavia non erano semplici banchetti, il valore dei sissizi era di natura quasi sacrale, poiché rinsaldava i legami tra gli spartiati. Agli spartiati era vietata qualsiasi forma di attività commerciale a cui si dedicavano i perieci, i quali partecipavano alla guerra al fianco degli opliti spartiati in qualità di opliti leggeri o di membri di altri contingenti, mentre gli iloti, lavoravano la terra degli spartiati, ed erano obbligati a servire i "signori" spartani in guerra accompagnandoli portando loro la panoplia e le vettovaglie (e in rari casi tardivi, venivano armati per la guerra anche come opliti).

Gli opliti spartani non erano famosi solo per l'addestramento e la disciplina, ma anche per il modo di combattere; soltanto loro, ad esempio, aprivano le ostilità marciando cadenzati al passo della musica dei flauti (i suonatori di flauti, all'interno della società spartana godevano di particolare rispetto) in luogo di una carica spesso disordinata.

«A questo punto le armate avanzarono i primi passi; gli Argivi e gli alleati si spingevano avanti con il cuore in tumulto, fremendo: gli Spartani con fredda disciplina, al suono regolato di molti flautisti, come usa tra loro, non per devozione al dio, ma perché la marcia di avvicinamento proceda misurata e composta, ad evitare lo scompiglio che suole nascere tra le file dei grandi eserciti nella fase di attacco.»

Demarato, rispondendo a Serse I, disse:

«E così i Lacedemoni, che ad uno ad uno non sono inferiori in combattimento ad alcun popolo, uniti insieme sono i più valorosi uomini del mondo.»

«La vista dei mantelli scarlatti e dei lunghi capelli degli uomini di una falange spartana instillava la paura nell'animo di quasi tutti i nemici.»

Gli stessi ateniesi, soldati di grandissimo valore, non erano esenti da ciò: poiché Cleone, comandante degli ateniesi ad Anfipoli nel 422:

«si diede alla fuga non appena vide la "Lambda" scarlatta che brillava sugli scudi degli spartani dall'altra parte della piana.»

Infine, per citare Plutarco:

«era uno spettacolo grandioso ed insieme terrificante vederli avanzare, al passo cadenzato dei flauti, senza aprire la minima frattura nello schieramento o provare turbamento nell'animo, calmi e allegri, guidati al pericolo dalla musica.»

Non deve sorprendere, dunque, che Sparta sia stata, per secoli, l'esempio da seguire e da imitare per ciò che riguardava ogni aspetto della marzialità e della capacità militare.

 
Busto di un oplita

Opliti greci modifica

In Beozia l'oplita praticava il culto del proprio corpo praticando quotidianamente ginnastica e allenamenti che lo preparassero alla guerra. Al contrario degli altri fanti il soldato beota (talvolta) combatteva completamente nudo, cosa che gli permetteva una maggiore elasticità; la panoplia, quindi, consisteva nel paio di stivaletti che gli permettevano una aderenza maggiore in fase di spinta durante lo scontro tra falangi. Dopo le guerre del Peloponneso gli opliti beoti furono particolarmente ben addestrati e armati, in particolare il battaglione sacro. Comunque in Beozia erano esistite formazioni d'élite di fanteria oplitica anche in precedenza, come, in epoca arcaica, gli opliti montati su carro, che raggiungevano il campo di battaglia trasportati da carri per poi scendere e combattere a piedi davanti o sul lato destro dello schieramento.

Gli altri contingenti al contrario combattevano a piedi scalzi, ma rivestiti della pesante e costosa panoplia.

Anche ad Atene come a Sparta l'oplita veniva seguito da un attendente chiamato SKENOPHOROS o da un parente più giovane al fine di fare esperienza.

Opliti ificratei modifica

Nel IV secolo a.C., durante la guerra di Corinto, lo stratega ateniese Ificrate riformò l'armamento dei suoi opliti cercando di superare il modello dominante imposto dai continui successi bellici degli Spartani. L'oplita ificrateo era armato di una picca più lunga rispetto alla dory tradizionale, un accorgimento molto probabilmente derivato dall'osservazione delle armi in uso presso i soldati d'Egitto che spesso gli strateghi professionisti greci erano chiamati a comandare per conto dei faraoni[1]. Per impugnare quest'arma più lunga, l'oplita necessitava di entrambe le mani, motivo per il quale Ificrate abbandonò l'uso del pesante aspis e adottò la pelta in uso presso le truppe degli schermagliatori (i peltasti); la corazza venne alleggerita e l'elmo corinzio sostituito con uno di tipo beotico conico, a forma di Pileo. Obiettivo della riforma dell'armamento era mettere le truppe ificratee nella condizione di poter bloccare la carica degli opliti spartani e vanificarne l'urto pesante, tenendo i fanti pesanti nemici a distanza con le lunghe picche per farne poi facile bersaglio agli attacchi rapidi degli arcieri (toxotes) e dei peltasti.

Opliti macedoni modifica

La riforma ificratea dell'armamento oplitico fu un passaggio fondamentale verso il successivo sviluppo della falange macedone creata da Filippo II di Macedonia. La falange macedone era composta da 8 000 fanti su 16 file con opliti dotati di lance lunghe da 5 a 7 m, a seconda della fila che occupavano.

Ricostruzioni cinematografiche modifica

Tra le tante che si sono succedute nel tempo, è possibile vedere una recente ricostruzione delle armi e delle tecniche di battaglia degli opliti nel film del 2004 Alexander. Va detto, tuttavia, che in questo caso si tratta di formazioni falangite, un'evoluzione macedone successiva e molto differente dalla falange oplitica.

Note modifica

  1. ^ Lane Fox, Robin (1981), Alessandro Magno, Torino, Einaudi, p. 72.

Bibliografia modifica

  • Robin Lane Fox, Alessandro Magno, Torino, Einaudi, 1981.
  • Andrea Frediani, Le grandi battaglie dell'antica Grecia, Newton & Compton Editori.
  • Paolo Taviani, Furor bellicus, Milano, FrancoAngeli, 2012.

Voci correlate modifica

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