Paronomasia
La paronomasia[1] (dal latino tardo paronomasia a sua volta dal greco παρονομασία paronomasía «mutamento di nome», composto da παρά pará, «presso», e ὀνoμασία onomasía, «denominazione»[2]), detta anche bisticcio di parole, annominazione[3] o parechesi, è una figura retorica che consiste nell'accostare due o più parole che abbiano suono molto simile (differendo per una o due lettere) ma significato diverso[4]. Le due parole in questione si chiamano paronimi.
Si possono distinguere due tipi di paronomasia: la paronomasia apofonica e quella isofonica. La prima è basata sull'alternanza vocalica nella radice della parola (risica ~ rosica); la seconda sull'uguaglianza dei suoni su cui cade l'accento (traduttore ~ traditore)[3][5].
Può essere usata per rendere perentoria l'associazione tra due concetti, per esaltare la musicalità di un verso o per scopi umoristici (gioco di parole). Ricorre spessissimo nel linguaggio della pubblicità e nei marchi commerciali (l'esempio forse più noto è Coca-Cola).
EsempiModifica
Esempi di proverbi ed espressioni idiomatiche:
- «Carta canta»
- «Capire fischi per fiaschi»
- «Dalle stelle alle stalle»
- «Chi non risica non rosica»
- «Senza arte né parte»
- «Volente o nolente»
- «Il troppo stroppia»
- «C'era un grande via vai»
Esempi di poesia:
«...e non mi si partia dinanzi al volto anzi 'mpediva tanto il mio cammino ch'i' fui per ritornar più volte volto.» |
(Dante, Inferno, I, 36) |
«Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond'io nudriva il core in sul mio primo giovenile errore quand'era in parte altr'uom da quel ch'io sono...» |
(Petrarca) |
«Talor, mentre cammino solo al sole e guardo coi miei occhi chiari il mondo...» |
(Sbarbaro) |
«[...]perché fuor negletti li nostri voti, e vòti in alcun canto.» |
(Dante, Paradiso, III, 57) |
Attrazione paronimicaModifica
L'attrazione paronimica[3] è il fenomeno di etimologia popolare per cui si dà lo stesso significato o un significato simile ai due paronimi che in origine si assomigliavano solo formalmente: per esempio regalia ("le cose del re") ha assunto anche il senso di «mancia» a causa dell'attrazione paronimica di regalare.
L'annominazioneModifica
L'annominazione in senso stretto è una figura retorica affine alla paronomasia, in cui alla somiglianza formale tra le parole si aggiunge la parentela etimologica. In senso lato, invece, "annominazione" è sinonimo di "paronomasia".
Il bisticcioModifica
Il bisticcio, sebbene possa essere sinonimo di paronomasia tout court[3], è più propriamente il procedimento con cui, nel discorso, si accostano volontariamente parole che abbiano una somiglianza formale, ma una radice diversa. Mentre la paronomasia è un fenomeno generale, "istituzionalizzato", di una lingua, il bisticcio è un'invenzione estemporanea usata come preziosismo letterario.
Per esempio, nel verso di Torquato Tasso:
«Girò tre volte a l'orïente il vólto» |
(Gerusalemme liberata, XIII) |
la parola vólto richiama il participio del verbo volgere, sinonimo di girare, anche se in realtà è un sostantivo maschile con una radice etimologica ben diversa. Sempre da Tasso:
«Apre la porta e porta inaspettata guerra.» |
(Gerusalemme liberata, XX) |
Il bisticcio è caro ai poeti sin dal tempo dei greci. Un esempio di paretimologia e di bisticcio a fini espressivi è infatti dato già dai nomi (il cui reale etimo è incerto) degli eroi omerici Akhilléus (Achille) – ricondotto artificiosamente alla parola ákhos, "angoscia, sofferenza" (Achille come eroe della sofferenza, per l'onore leso e per il compagno caduto) – e Odysséus (Ulisse, Odisseo) - ricondotto artificiosamente al verbo odýssomai "odiare" (Ulisse, Odisseo, cioè l'eroe "odiato" dagli dèi, e in particolare da Poseidone) e odýromai, "gemere di dolore", poiché Odisseo è l'eroe afflitto dalla lontananza. Un altro esempio è dato dalle false etimologie proposte da Esiodo e da Eschilo per il nome del dio supremo Zeus. Esiodo collega l'accusativo di Zeus, cioè Dia alla preposizione diá, "per mezzo di", poiché tutto avviene per mezzo di (dià) Zeus; Eschilo collega l'accusativo dialettale (ionico) di Zeus, cioè Zen o Zena, al verbo greco zen, "vivere", poiché Zen è il dio principio di ogni vita. Sempre Esiodo, nella Teogonia, collega il nome dei Titani al verbo greco titáino, tendere (le braccia), poiché "avrebbero tese le braccia a compiere un grande delitto".
«Il padre, il grande Urano, chiamava col nome di Titani I figli che aveva generati egli stesso, così insultandoli; e soleva dire che protendendosi per follia avrebbero compiuto un delitto grande, di cui poi sarebbe venuta la pena» |
(Teogonia vv. 207-210) |
Deformazioni paronimiche satiricheModifica
Processi di deformazione paronimica usate estemporaneamente a scopo satirico («Siamo obesi di lavoro» – invece che oberati; «l'inverno è lastricato di buone intenzioni» – anziché inferno da Flaiano) sono molto frequenti al giorno d'oggi; si usano anche nel linguaggio giornalistico («Straordinari Stradivari» da la Repubblica) e in altri settori.[3]
Nella letteratura ingleseModifica
Nella letteratura inglese paronomasia si chiama pun.[6] La paronomasia è stata molto popolare nel teatro elisabettiano (William Shakespeare). Gerard Manley Hopkins ha spesso usato paronomasia in sue poesie:
- Thou mastering me
- God! giver of breath and bread;
- (The Wreck of the Deutschland)
- As kingfishers catch fire, dragonflies draw flame;
- (As Kingfishers Catch Fire)
NoteModifica
- ^ Si pronuncia alla latina /paronoˈmazja/: cfr. DOP; Bice Mortara Garavelli accetta anche la pronuncia alla greca /paronomaˈzia/.
- ^ Giacomo Devoto, Dizionario etimologico. Avviamento alla etimologia italiana, Milano, Mondadori, 1989, ISBN 978-8-80-051025-7.
- ^ a b c d e Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Milano, Bompiani, 2000, ISBN 978-8-84-524750-7.
- ^ paronomasia nell'Enciclopedia Treccani, su Treccani.it. URL consultato il 27 febbraio 2020.
- ^ (EN) Roman Jakobson, On linguistic Aspect of Translation (PDF), su Web.Stanford.edu. URL consultato il 27 febbraio 2020.
- ^ Pun (word play), Encyclopaedia Britannica.