Pietro l'eremita

religioso francese, promotore della prima crociata
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(LA)

«Deus le volt

(IT)

«Dio lo vuole.»

Pietro d'Amiens, meglio noto come Pietro l'Eremita (Amiens, 1050 circa – Neufmoustier, 8 luglio 1115), fu uno dei promotori della prima crociata, nonché guida della cosiddetta crociata dei pezzenti.

Statua di Pietro l'eremita nella Cattedrale di Amiens

Biografia modifica

 
Pietro l'eremita predica ai Crociati (G. Doré)

La vita di Pietro è stata arricchita da episodi e leggende. Il suo ruolo come promotore della Prima Crociata (e ancor prima, della Crociata dei pezzenti) sarebbe nato da una visione avuta nel 1093 nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nella quale il Cristo gli ordinava di recarsi dal Patriarca di Gerusalemme e poi in Europa per predicare la liberazione dei luoghi sacri in Terra Santa e mettere così termine alle persecuzioni patite dai pellegrini[1].
Questo episodio è messo in dubbio[2], così come il suo ruolo preponderante durante le crociate poiché non viene menzionato dai suoi contemporanei, ma solo da autori successivi[3].

Nella sua entusiasmante predicazione filo-crociata che spaziò da Bourges a Colonia, l'eloquenza di Pietro sollevò l'entusiasmo di migliaia di cristiani (più di 12.000 persone) che - al grido di Deus le volt - si posero in marcia nel maggio 1096. L'estremismo religioso dei partecipanti a questa crociata fece sì che non seguisse unicamente le linee tracciate da Urbano II nel suo discorso a Clermont, ma i predicatori introdussero presto elementi antiebraici che si sarebbe poi tradotta in razzie ai danni degli ebrei della Renania e della valle del Danubio[4][5].

 
L'armata di Pietro l'eremita sconfitta dalle truppe ungheresi (G. Doré).
 
Pietro l'Eremita mostra ai crociati la via per Gerusalemme.
Illustrazione tratta dal manoscritto pergamenaceo Roman du Chevalier du Cygne (1270 ca).
 
I Crociati trovano i resti dell'armata di Pietro l'eremita (G. Doré).

Nella città di Semlin, presso la frontiera fra Ungheria ed Impero bizantino, scoppiarono contrasti con la popolazione locale che degenerarono in uno scontro armato nel quale 4000 ungheresi furono uccisi e le riserve di cibo saccheggiate dall'armata di Pietro[6]. I crociati furono inseguiti ed attaccati da Nicetas, governatore della città di Niš, al seguito di altri saccheggi e devastazioni perpetrate. Pietro l'eremita riuscì a fuggire sulle alture, perdendo però la cassa con le sue riserve d'oro e molti uomini[6]. Pietro riparò quindi con le sue truppe nei territori bizantini e l'armata di pellegrini raggiunse Costantinopoli alla fine di luglio, dove furono accolti dal basileus, Alessio I Comneno. Dapprima favorevole all'impresa di Pietro, Alessio I consigliò di aspettare l'arrivo dei baroni, ossia del grosso delle forze regolari che componevano la spedizione della Prima Crociata, ma i saccheggi dei sobborghi di Costantinopoli da parte dei "pezzenti" spinse Alessio I a far evacuare queste truppe rapidamente oltre il Bosforo, stabilendole nell'accampamento a Civitot (Kibotos), nei pressi di Nicomedia[7]. Questi episodi di violenza indicavano che già dall'entrata in Ungheria, Pietro avesse perso buona parte del controllo delle sue armate.

Spintosi fino a Nicomedia, Pietro l'Eremita non riuscì a tenere oltre la già scadente disciplina fra le sue file e, davanti a ulteriori segni di indisciplina[8], tornò nella capitale bizantina per chiedere l'aiuto di Alessio I.
Nel frattempo il suo seguito, armato alla bell'e meglio, fu massacrato dai Turchi Selgiuchidi di Rūm sui campi di Civitot ed egli dovette aspettare l'arrivo dei nobili crociati, cui si unì in una posizione tuttavia non di eccellenza.

Quando arrivarono i crociati mandati dagli altri re europei, Pietro li seguì. E durante l'assedio di Antiochia cercò addirittura di fuggire, ma venne subito ricatturato. Dopo qualche mese riprese credibilità fra i crociati, al punto di diventare ambasciatore dei cristiani durante un successivo assedio di Antiochia, questa volta da parte dei musulmani.

Quando Gerusalemme fu presa il venerdì 15 luglio 1099, Pietro diventò elemosiniere dell'esercito crociato vittorioso. Il suo sermone sul Monte degli Ulivi fu seguito dal saccheggio della città e dai massacri degli abitanti inermi della Città Santa: altri cristiani[senza fonte], ebrei e musulmani.

Tornato nel 1100 a Huy (Belgio), Pietro l'Eremita vi fondò il monastero di Neufmoustier, dove finì i suoi giorni nel 1115.

 
Statua di Pietro l'Eremita al Neufmoustier in Huy, Belgio

La sua figura è presente nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso e nel De vita solitaria di Francesco Petrarca.

Note modifica

  1. ^ (LA) Albericus, Historia Hierosolymitanae expeditionis, 1584.
  2. ^ René Grousset, Histoire des croisades et du royaume franc de Jérusalem, I. 1095-1130 L'anarchie musulmane, Parigi, Perrin, 1934, p. 74.
    «[la storia di Pietro l'eremita sarebbe] una leggenda da cancellare definitivamente dalla storia»
  3. ^ (EN) Louis René Bréhier, Peter the Hermit, in Catholic Encyclopedia, vol. 11, 1913.
  4. ^ (FR) Jean Richard, Histoire des croisades, Fayard, 1996, p. 41, ISBN 2-213-59787-1.
  5. ^ (EN) Robert Chazan, European Jewry and the First Crusade, University of California Press, 1987, ISBN 9780520205062.
  6. ^ a b (EN) Steven Runciman, The First Crusade, Cambridge University Press, 1992, pp. 54-56, ISBN 9780521427050. URL consultato il 24 agosto 2015.
  7. ^ Gousset, pp. 77-79.
  8. ^ Truppe dell'armata di Pietro si lanciarono autonomamente in attacchi e razzie nei villaggi oltre la frontiera turca.

Bibliografia modifica

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