Pieve di Brebbia

antica circoscrizione religiosa e civile dell'arcidiocesi di Milano e del ducato di Milano con capoluogo Brebbia

La pieve di Brebbia o pieve dei Santi Pietro e Paolo di Brebbia (in latino: Plebis Brebiae o Plebis Sanctorum Petri et Pauli Brebiae) era il nome di un'antica pieve dell'arcidiocesi di Milano e del ducato di Milano con capoluogo Brebbia.

Pieve di Brebbia
Informazioni generali
CapoluogoBrebbia
400 abitanti (1751)
Dipendente daProvincia di Milano
Suddiviso in24 comuni
Amministrazione
Forma amministrativaPieve
Podestàlista sconosciuta
Organi deliberativiConsiglio generale
Evoluzione storica
InizioXIV secolo
CausaSecolarizzazione delle pievi
Fine1797
CausaInvasione napoleonica
Preceduto da Succeduto da
Nessuna Distretto di Besozzo
Cartografia
Pieve dei Santi Pietro e Paolo
Informazioni generali
CapoluogoBrebbia
400 abitanti (1751)
Dipendente daArcidiocesi di Milano
Suddiviso in20 parrocchie
Amministrazione
Forma amministrativaPieve
Prevostovedi sotto
Evoluzione storica
InizioX secolo
CausaIstituzione delle pievi
Fine1574
CausaDecreto di San Carlo Borromeo
Preceduto da Succeduto da
Nessuna Pieve dei Santi martiri Alessandro e Tiburzio
Cartografia

I patroni erano i santi Pietro e Paolo che vengono ancor'oggi festeggiati in città il 29 giugno. A loro è tuttora dedicata la chiesa prepositurale di Brebbia.

Storia modifica

Il primo documento storico che riporta esplicitamente la presenza di un'organizzazione plebana a Brebbia è un atto di permuta del 22 giugno 999, ma il nome di un prevosto ci perviene solo in epoche più tarde.[1]

Nel 1148 la pieve accolse per la prima volta una dipendenza monastica del monastero di Sant'Ambrogio di Milano che si sviluppò attorno al santuario di San Sepolcro di Ternate, il quale passò poi agli agostiniani e nel XV venne definitivamente ceduto ai benedettini di San Pietro in Gessate. Altrove, sempre nella pieve, si instaurarono carmelitani e cluniacensi che fecero crescere sempre più il prestigio dell'antica pieve.[1]

Secondo la "Notitia cleri" del 1398, la canonica di Brebbia comprendeva a quell'epoca un prevosto e ben diciotto canonici, il che si può dire che fosse quasi un unicum in tutta la regione lombarda, anche se alcuni critici moderni hanno ritenuto essere troppo elevato questo numero e quindi poco verosimile dal momento che solo nel 1455, l'arcivescovo Gabriele Sforza valutò appena otto canonici ed il prevosto. Già quando la macchina del concilio di Trento si era avviata, alla visita del visitatore apostolico Melchiorre Crivelli del 1545, era stata ravvisata la presenza di un vicecurato che aveva funzioni di sostituire il prevosto, il quale quindi non risiedeva in paese, contravvenendo a quelle norme che San Carlo Borromeo avrebbe in seguito fortemente voluto.[1]

Malgrado la ricchezza della sua pieve, la città di Brebbia era quasi praticamente spopolata e tale si trovava all'epoca della visita dell'arcivescovo milanese Carlo Borromeo nel 1574. Giudicando quindi inadatto l'assetto urbano per ospitare un'istituzione tanto importante come la pieve, fu egli stesso il 6 ottobre di quello stesso anno a stabilire che le funzioni plebane venissero trasportate a Besozzo.[1] Oggi il suo territorio ricade sotto il decanato di Besozzo e comprende 28 parrocchie su un'area di 98,04 km² e una popolazione di 42.701 abitanti nel 1972.

Diversa sorte ebbe invece la coestensiva pieve secolare e laica nella quella si articolava la Provincia del Ducato di Milano: la pieve civile raccoglieva ventiquattro comuni. I mutamenti ecclesiastici non influenzarono infatti per nulla l'ambito amministrativo civile, rispetto al quale Brebbia fu il capoluogo della propria pieve per altri due secoli: fu l'invasione di Napoleone del 1797 e la conseguente riforma amministrativa voluta dai rivoluzionari giacobini al suo seguito a determinare la soppressione dell'antico compartimento territoriale, sostituendolo con un nuovo e moderno distretto avente sede a Besozzo.

Territorio modifica

Nella seconda metà del XVIII secolo, il territorio della pieve era così suddiviso:

Pieve civile Pieve religiosa di Besozzo
Comune di Brebbia
Comune di Malgesso
Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo
Comune di Besozzo Parrocchia prepositurale dei Santi Alessandro e Tiburzio
Comune di Bardello
Comune di Olginasio
Parrocchia di Santo Stefano
-[2]
Comune di Barza con Monteggia
Parrocchia di San Martino
Comune di Biandronno
Comune di Bregano
Parrocchia di San Lorenzo
Comune di Bogno Parrocchia di San Vito
Comune di Cadrezzate Parrocchia di Santa Margherita
Comune di Cardana Parrocchia di San Martino
Comune di Cazzago Parrocchia di San Carlo
Comune di Comabbio Parrocchia di San Giacomo
Comune di Comerio
Comune di Voltorre
Parrocchia di Sant’Ippolito e Cassiano
Comune di Cocquio con Sant'Andrea

Comune di Trevisago
Parrocchia della Purificazione di Maria
Parrocchia della Beata Vergine Assunta
Parrocchia di Sant’Andrea
Comune di Gavirate con Fignano Parrocchia di San Giovanni
Comune di Monvalle con Turro Parrocchia di Santo Stefano
Comune di Osmate Parrocchia di Santa Cosma e Damiano
Comune di Ternate con San Sepolcro
Comune di Varano
Parrocchia dei Santi Quirico e Giuditta
Comune di Travedona
Comune di Monate
Parrocchia dei Santi Vito e Modesto
-[3] Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo

Dal punto di vista ecclesiastico, tutto il territorio era a quel tempo incluso nella Pieve dei Santi martiri Alessandro e Tiburzio di Besozzo, alla quale afferivano anche le parrocchie di Inarzo e di Ispra.

Note modifica

  1. ^ a b c d vedi qui
  2. ^ Per ignoti motivi del tardo Rinascimento, il comune di Ispra era passato amministrativamente nella Pieve di Angera uscendo da quella di Brebbia. Il comune di Barza dipendente dalla stessa parrocchia rimase invece immutato.
  3. ^ In seguito alla sua annessione da parte di Casale nel 1730, di fatto il territorio della vecchia Inarzo si ritrovò amministrativamente nella Pieve di Somma uscendo da quella di Brebbia.

Bibliografia modifica

  • Liber notitiae sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero. Manoscritto della Biblioteca Capitolare di Milano, a cura di M. Magistretti, U. Monneret de Villard, Milano, 1917.
  • Diocesi di Milano. Sinodo 46°, Milano, 1972, Pubblicazione curata dall'ufficio stampa della Curia arcivescovile di Milano.
  • G. Vigotti, La diocesi di Milano alla fine del secolo XIII. Chiese cittadine e forensi nel “Liber Sanctorum” di Goffredo da Bussero, Roma, 1974.
  • Istituzione dei nuovi vicariati urbani e foranei, 11 marzo 1971, Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Rivista Diocesana Milanese, 1971.

Voci correlate modifica