Piromorfite
La piromorfite è un minerale appartenente al gruppo dell'apatite e composto da clorofosfato di piombo: Pb5(PO4)3Cl che, a volte, si rinviene in concentrazioni abbastanza elevate da permetterne l'estrazione come minerale di piombo.
Piromorfite | |
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Classificazione Strunz | 8.BN.05 |
Formula chimica | Pb5(PO4)3Cl |
Proprietà cristallografiche | |
Gruppo cristallino | dimetrico |
Sistema cristallino | esagonale[1][2][3] |
Classe di simmetria | 6/m - dipiramidale[2][3] |
Parametri di cella | a = 9.987 Å, c = 7.33 Å |
Gruppo puntuale | 6/m[2][3] |
Gruppo spaziale | P 63/m[2][3] |
Proprietà fisiche | |
Densità | 6,7[2]-7,0[2][4], 7,1[1][3] g/cm³ |
Durezza (Mohs) | 3,5[2][1][4]-4[1][2][3] |
Sfaldatura | povera/indistinta[3], imperfetta[2], in tracce[1] |
Frattura | irregolare[2][3] |
Colore | da verde a giallo con tutte le sufmature intermedie[2][3][1][4], giallo-arancio[2][3], bruno brillante[2][3], bruno[4], bianco[2][3], incolore[3][4], rosaceo-bruno[1], rosso fuoco[1], verde smeraldo intenso[1] |
Lucentezza | sotto-vitrea[3], resinosa[2][3], cerosa[3], oleosa[3], admantina[2] |
Opacità | trapsarente o traslucida[2][3] |
Striscio | bianco[2][3] |
Diffusione | diffuso[5] |
Si invita a seguire lo schema di Modello di voce – Minerale |
La piromorfite è parte di una serie con la mimetite (Pb5(AsO4)3Cl) e la vanadinite (Pb5(VO4)3Cl) e la somiglianza delle caratteristiche esterne fra questi tre minerali è tale che in genere è possibile distinguerli solo mediante un'analisi chimica.
Un tempo si faceva confusione coi nomi di piombo verde e piombo bruno (in tedesco, Grünbleierz e Braunbleierz). Il fosfato fu identificato dal chimico M. H. Kiaproth nel 1784 ed il nome gli fu attribuito da J. F. L. Hausmann in 1813.
Sostituendo il fosforo con l'arsenico si passa gradualmente dalla piromorfite alla mimetite. Le varietà contenenti calcio in sostituzione del piombo hanno densità minore ed un colore più tenue (il peso specifico varia da 4,9 a 6,5) ma molti di questi campioni è stato appurato che sono classificabili come phosphohedyphane, minerale scoperto nel 2004, in particolare quelli classificati come polysphaerite e nussièrite [6].
Fra le varietà sono da elencare la miesite dalla città di Mies (Stříbro in lingua ceca) in Boemia e la cherokina in onore della contea di Cherokee in Georgia.
Morfologia modifica
Si rinviene spesso in abito cristallino sotto forma di prismi esagonali terminati dai piani basali, a volte combinati con le facce strette di una piramide esagonale. Cristalli con curvatura a botte sono abbastanza comuni. A volte si rinviene in masse globulari o reniformi.
Origine e giacitura modifica
Al cappello dei giacimenti piombiferi[1][4], insieme alla cerussite[4].
Forme in cui si presenta in natura modifica
in cristalli prismatici arrotondati a bariletto[1].
Caratteristiche chimico-fisiche modifica
- Solubile in acido nitrico[1]
- Al cannello fonde facilmente dando reazioni del piombo[4]
- Peso molecolare: 1356,37 gm[2]
- Indice di fermioni: 0,16[2]
- Indice di bosoni: 0,84[2]
- Fluorescenza: raggi UV lunghi: giallo[2]
- Fotoelettricità: 1400,54 barn/elettrone[2]
- Geminazione: molto rara secondo {1122} e secondo {1010}[3]
- Birifrangenza: 0,010[3]
- Pleocroismo: debole[3]
Note modifica
- ^ a b c d e f g h i j k l Carlo Maria Gramaccioli, VII. Fosfati, arseniati, vanadati, in Come collezionare i minerali dalla A alla Z, vol. 3, Milano, Alberto Peruzzo editore, 1988, p. 576.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w (EN) Webmin, su webmineral.com.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v (EN) Mindat, su mindat.org.
- ^ a b c d e f g h E. Artini, Classe VI. Sali ossigenati, in I minerali, sesta edizione riveduta e ampliata, Milano, Ultico Hoepli editore, 1981, pp. 520-521, ISBN 88-203-1266-2.
- ^ Annibale Mottana, Rodolfo Crespi, Giuseppe Liborio, "Minerali e rocce", Mondadori Editore, 1977"
- ^ (EN) A. R. Kampf, Steele I. M., Jenkins R. A., Phosphohedyphane, Ca2Pb3(PO4)3Cl, the phosphate analog of hedyphane: Description and crystal structure (PDF), in American Mineralogist, vol. 91, 2006, pp. 1909-1917. URL consultato il 20 marzo 2014.
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Collegamenti esterni modifica
- (EN) Webmin, su webmineral.com.