Presidenza di George Washington

1ª presidenza degli Stati Uniti d'America (1789-1797)

La presidenza di George Washington iniziò il 30 aprile 1789 con la cerimonia d'inaugurazione e insediamento del primo presidente degli Stati Uniti d'America e terminò il 4 marzo 1797. George Washington assunse la carica a seguito delle elezioni presidenziali del 1788-1789. In questa prima elezione presidenziale del paese, di durata quadriennale, Washington risultò eletto all'unanimità. Ottenne lo stesso successo anche nelle elezioni presidenziali del 1792. Al termine del secondo mandato consecutivo, non volle più partecipare alla competizione politica, ritirandosi invece a vita privata. Gli successe il vicepresidente in carica John Adams, esponente di punta del Partito Federalista.

Presidenza George Washington
George Washington (primo presidente degli Stati Uniti d'America) in un ritratto di Gilbert Stuart del 1796.
StatoStati Uniti Stati Uniti
Capo del governoGeorge Washington
(Indipendente)
Giuramento30 aprile 1789
Governo successivo4 marzo 1797
Carica istituita Presidenza di John Adams

Negli anni antecedenti la sua elezione a presidente, Washington consolidò la propria autorevolezza tra i Padri Fondatori della nuova nazione attraverso il servizio svolto come comandante in capo dell'Esercito continentale nel corso della guerra d'indipendenza americana, oltre che come presidente della Convenzione di Filadelfia del 1787. Era ampiamente previsto che sarebbe diventato il primo Capo dello Stato una volta approvata la Costituzione degli Stati Uniti, nonostante il suo desiderio di allontanarsi dalla vita pubblica. Nel primo discorso inaugurale espresse la propria intima riluttanza ad accettare la carica offertagli, dovuta anche al fatto di non avere alcuna esperienza nei doveri dell'amministrazione civile.

Washington presiedette all'istituzione del nuovo Governo federale degli Stati Uniti, nominando tutti i funzionari di più alto rango, sia nel ramo esecutivo sia in quello giudiziario, plasmando – grazie alle sue notevoli doti di leadership – numerose nuove pratiche politiche e stabilendo la sede permanente della futura capitale degli Stati Uniti. Sostenne le politiche economiche di Alexander Hamilton, secondo cui il governo federale si sarebbe assunto i debiti dei singoli Stati federati, e fondò la Prima banca degli Stati Uniti d'America, la United States Mint (la Zecca nazionale) e lo United States Customs and Border Protection (il Servizio doganale e di Polizia di frontiera).

Il primo Congresso degli Stati Uniti approvò le politiche fiscali con il Tariff Act del 1789 e il Tariff Act del 1790: vennero innalzati i dazi doganali per fare fronte allo squilibrio commerciale nei confronti della Gran Bretagna e introdotta un'accisa sulla produzione e la vendita di whisky per finanziare le attività governative. Il presidente guidò personalmente i soldati federali nella repressione della Whiskey Rebellion, sorta in opposizione alle politiche fiscali adottate dall'amministrazione. Diresse personalmente la guerra indiana del Nord-Ovest, che vide il paese stabilire il controllo sulle tribù dei nativi americani in tutto il territorio del nord-ovest.

Negli affari esteri assicurò la tranquillità interna e mantenne rapporti pacifici con le diverse potenze europee nonostante l'imperversare delle guerre rivoluzionarie francesi, come documentato dalla Proclamazione di neutralità del 1793. Ottenne inoltre due importanti trattati bilaterali: il trattato di Jay del 1794 con l'Impero britannico e il trattato Pinkney-Monroe dell'anno seguente con l'impero spagnolo. Entrambi i trattati promossero il commercio internazionale e contribuirono a garantire il controllo della frontiera rispettivamente a Nord e a Sud. Per proteggere le spedizioni americane dai corsari barbareschi e da altre minacce, Washington ristabilì la United States Navy tramite il Naval Act del 1794.

Fortemente preoccupato per la crescente partigianeria all'interno del governo e per l'impatto negativo che i partiti politici avrebbero potuto avere sull'ancor fragile unità che teneva insieme la nazione, il presidente si prodigò sempre per mantenere concordi le fazioni rivali; fu - e rimane a tutt'oggi - l'unico presidente eletto a non essersi mai affiliato ad alcuna corrente politica[1]. Nonostante gli sforzi intrapresi, gli accesi dibattiti scoppiati nei riguardi delle misure finanziarie varate, della rivoluzione francese e del trattato di Jay, le iniziative di George Washington ebbero come loro risultato ultimo quello d'inasprire le divisioni politiche.

I sostenitori di Hamilton diedero vita al Partito Federalista, mentre i suoi avversari si coalizzarono attorno al Segretario di Stato Thomas Jefferson e formarono il Partito Democratico-Repubblicano. Nonostante l'accusa di aver favorito Hamilton e quindi lo svilupparsi della partigianeria, Washington viene considerato dagli studiosi presidenziali e dagli storici politici come uno dei più grandi presidenti della storia degli Stati Uniti d'America.

Secondo la classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti, George Washington è uno dei tre presidenti più apprezzati di sempre insieme ad Abraham Lincoln e Franklin Delano Roosevelt[2].

Elezioni presidenziali del 1788-1789Modifica

Al termine della Convenzione di Filadelfia del 1787, Washington, affaticato, si ritirò nel suo podere a Mount Vernon; sembrava seriamente intenzionato a riprendere il proprio status di pensionamento già precedentemente assunto e lasciare che fossero gli altri padri fondatori a governare la nazione con la sua nuova cornice di governo impostata sul repubblicanesimo[3]. Tuttavia, l'opinione pubblica della nuova borghesia, da poco insediatasi saldamente al potere con la vittoria della guerra d'indipendenza, parve in larga parte non voler nessun altro che lui e Washington fu esortato da più parti ad accettare di essere il primo presidente degli Stati Uniti d'America[4][5].

La campagna elettorale presidenziale fu incentrata su un movimento nell'opinione pubblica che oggi potremmo definire "di base", o grassroots, per convincere Washington ad accettare l'incarico[4]. Cumuli di lettere d'incoraggiamento si riversarono sulla sua residenza, da parte di gente comune, ex commilitoni e corrispondenti stranieri, soprattutto francesi, che lo informarono del sentimento pubblico tutto a suo favore implorandolo di accettare. Gouverneur Morris lo esortò infine a rispondere positivamente alle richieste che gli venivano poste da più parti, scrivendo: "[Tra i] tredici cavalli che ora stanno per essere aggiogati insieme, ve ne sono di ogni razza e carattere. Ascolteranno la vostra voce e si sottoporranno alla vostra guida. Voi perciò dovete, e dico dovete, montare su quel posto"[6].

Alexander Hamilton fu tra coloro che si spesero maggiormente per ottenere da Washington l'accettazione della presidenza, anche perché prevedeva in tal caso di ottenere una posizione importante, se non di primo piano, nella nascente amministrazione. Anche il generale Rochambeau lo esortò in tal senso, come già aveva fatto La Fayette: quest'ultimo lo spinse a "non negare la vostra accettazione dell'ufficio di Presidente per i primi anni"[5], provocando la replica di Washington: "Lasciatelo a quelli che inseguono sogni di ambizione e fama, che hanno un'attrazione più appassionata per cose del genere, o che possono avere più anni a disposizione per godersele"[5].

In una lettera datata agosto del 1788, Washington espose ulteriormente i suoi sentimenti riguardo alle elezioni:

(EN)

«I should unfeignedly rejoice, in case the Electors, by giving their votes to another person would save me from the dreaded dilemma of being forced to accept or refuse... If that may not be–I am, in the next place, earnestly desirous of searching out the truth, and knowing whether there does not exist a probability that the government would be just as happily and effectually carried into execution without my aid»

(IT)

«Dovrei sinceramente gioire nel caso in cui gli Elettori, dando i loro voti a un'altra persona, mi salvassero dal temuto dilemma di essere costretto ad accettare o a rifiutare... Se così non fosse, sarei inoltre ardentemente desideroso di scoprire la verità e venire a sapere se davvero non esista la possibilità che il governo possa essere altrettanto felicemente ed effettivamente formato senza il mio apporto»

(Documenti del George Washington Project presso la University of Virginia[7].)

Meno certa era la scelta per la vicepresidenza, incarico cui la Costituzione aveva riservato poche regole esplicite. L'unica attribuzione del vicepresidente formalmente stabilita era quella di presiedere le sessioni del Senato, funzione estranea al potere esecutivo. La Costituzione aveva previsto che l'incarico fosse attribuito al secondo classificato nelle elezioni presidenziali o in alternativa alla persona che avesse conseguito il secondo più alto numero di voti dei grandi elettori su base statale. Provenendo della Virginia, Washington, che rimase neutrale sui candidati, aveva dato per scontato che il vicepresidente sarebbe stato scelto tra candidati del Massachusetts (quindi tra John Adams e John Hancock) per mitigare il rischio di tensioni tra gli Stati[8]. In una lettera dell'agosto 1788, Thomas Jefferson scrisse di considerare John Adams, John Hancock, John Jay, James Madison e John Rutledge come possibili candidati alla vicepresidenza[9]. Nel gennaio 1789, dopo aver sentito che Adams sarebbe probabilmente diventato vicepresidente, Washington scrisse a Henry Knox di essere "completamente soddisfatto della soluzione per la nomina della seconda carica"[8].

Il 4 febbraio, gli aventi diritto al voto di ognuno degli Stati federati si radunarono nelle rispettive capitali per avviare ufficialmente le procedure di elezione. Poiché le elezioni si svolsero prima della ratifica del XII emendamento, ogni elettore votò due nomi per la presidenza, con la regola di non votare due volte la stessa persona[10]. Ai sensi della Costituzione, la persona che avesse avuto il maggior numero di voti dei grandi elettori sarebbe diventato presidente e colui che fosse arrivato secondo avrebbe ottenuto l'incarico di vicepresidente; i voti assegnati da ogni Stato vennero quindi sigillati e consegnati al Congresso per il conteggio[11]. Solo dieci dei tredici Stati parteciparono alle elezioni. La Carolina del Nord e il Rhode Island non vi poterono partecipare in quanto non avevano ancora ratificato la Costituzione; l'Assemblea legislativa dello Stato di New York non riuscì invece a nominare gli elettori assegnatigli in tempo utile[12][13].

Prima che i voti venissero contati, Washington aveva dichiarato la sua disponibilità ad accettare l'incarico e si preparava a lasciare Mount Vernon per New York, all'epoca capitale della nazione[5]. Il 6 aprile la Camera dei Rappresentanti e il Senato, riuniti in sessione congiunta, contarono i voti elettorali e proclamarono l'elezione di Washington a Presidente degli Stati Uniti con 69 preferenze; Adams, con 34 voti, era stato invece scelto come suo vice[11][12]. I rimanenti 35 voti si suddivisero tra John Jay (9), Robert Hanson Harrison (6), John Rutledge (6), John Hancock (4), George Clinton (3), Samuel Huntington (2), John Milton (2), James Armstrong (1), Benjamin Lincoln (1) e Edward Telfair (1)[14]. Informato il 14 aprile[11] della sua avvenuta elezione, Washington scrisse in una lettera a Edward Rutledge che nell'accettare la presidenza aveva rinunciato a "ogni aspettativa di felicità privata in questo mondo"[15].

 
La prima cerimonia inaugurale del presidente il 30 aprile 1789 in un ritratto a olio.

Inaugurazione e primi attiModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America.

Il primo mandato presidenziale e vice-presidenziale della storia degli Stati Uniti avrebbe dovuto iniziare ufficialmente il 4 marzo, data fissata dal Congresso della confederazione per l'avvio delle operazioni del Governo federale sotto la nuova Costituzione. Tuttavia, a causa delle forti difficoltà nei viaggi sulle lunghe distanze alla fine del XVIII secolo, il Congresso non riuscì a raggiungere il quorum necessario per esercitare le sue funzioni sino ad aprile[16]. Le Assemblee della Camera e del Senato si riunirono alla data prescritta ma le sedute furono presto sospese a causa della mancanza di un quorum sufficiente; di conseguenza, i voti elettorali presidenziali non poterono essere contati o certificati nei tempi previsti. La Camera raggiunse il quorum il 1° di aprile, mentre il Senato il 6 aprile; solo a quel punto si poté procedere con la conta dei voti elettorali[17][18][19].

 
Il giurista Robert R. Livingston, che presiedette alla cerimonia inaugurale, in un ritratto di Gilbert Stuart.

Washington e Adams vennero così certificati come eletti rispettivamente in qualità di presidente e vicepresidente[20][21]. J. Adams giunse a New York pochi giorni prima di Washington[22] e presiedettero i lavori del Senato il 21 aprile.

Lungo il percorso che lo portava alla meta, il neoeletto presidente ricevette i saluti trionfali in quasi tutte le città da cui passava, tra cui Alexandria (Virginia), Georgetown (Distretto di Columbia), Baltimora, Filadelfia e Trenton (New Jersey). Arrivato a New York il 23 aprile, fu accolto dal governatore di New York George Clinton, da molti membri del Congresso e da altri cittadini comuni e personalità di spicco locali[23].

Washington giurò alla cerimonia d'insediamento il 30 aprile[24] presso la Federal Hall di New York. Siccome i giudici delle corti federali non erano ancora stati nominati, il giuramento fu amministrato dal Capo cancelliere della Corte cittadina Robert R. Livingston, il più alto ufficiale giudiziario operante in loco[25].

 
La Federal Hall di New York dal cui balcone prestò giuramento il presidente, davanti alla folla raccoltasi per l'occasione.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Bibbia di Washington.

Il rito fu tenuto sul balcone del secondo piano dell'edificio, sotto gli occhi di una nutrita folla di cittadini scesa in strada per l'occasione[17]; la Bibbia utilizzata era quella della grande loggia della Massoneria St. John n. 1, A.Y.M. e venne aperta a caso sul Libro della Genesi 49:13 ("Zabulon deve dimorare nel paradiso del mare; e lui sarà un rifugio per le navi; e il suo confine sarà unto da Sidone")[26][27].

In seguito Livingston gridò: "Viva George Washington, presidente degli Stati Uniti!"[15] Lo storico John R. Alden Mason indica che Washington avrebbe aggiunto le parole "che Dio mi aiuti" alle parole del giuramento prescritto dalla Costituzione[28].

Nel suo discorso inaugurale (Testo completo su Wikisource), trasmesso nell'Aula del Senato subito dopo la cerimonia, il nuovo presidente toccò ancora una volta il tema della sua riluttanza ad accettare la carica:

«Concittadini del Senato e della Camera dei rappresentanti: tra le vicissitudini e gli inevitabili incidenti e imprevisti che la vita riserva a ognuno di noi, nessun evento avrebbe potuto riempirmi di ansie più grandi di quella la cui notifica è stata trasmessa e da voi ricevuta il 14° giorno del mese presente.»

Affrontò anche l'argomento inerente alle necessarie modifiche costituzionali per includervi una Carta dei diritti (Bill of rights), esortando il Congresso a

«decidere fino a che punto un esercizio temporaneo del potere delegato dall'Articolo 5 della Costituzione è reso opportuno al momento attuale dalla natura delle obiezioni che sono state sollecitate contro il sistema, o dal grado di inquietudine che ha prodotto in tutti voi la sua nascita. Invece di formulare raccomandazioni particolari su questo tema, in cui non potrei essere guidato da nessuna luce derivante dalle opportunità ufficiali, ancora una volta io cederò le mie posizioni con la piena fiducia nel vostro discernimento nella ricerca del bene pubblico...
Mi assicurerò che si eviti accuratamente ogni alterazione che potrebbe mettere in pericolo i benefici di un governo Unito ed efficace il quale opti, mentre dovrebbe attendere le future lezioni donate dell'esperienza, a una riverenza incondizionata nei riguardi dei diritti caratteristici degli uomini liberi e un rispetto per l'armonia pubblica; che possa sufficientemente influenzare le vostre deliberazioni sulla questione di quanto il primo possa essere inespugnabile e fortificato o quest'ultimo essere in modo sicuro e vantaggiosamente promosso.»

Partiti politici:
  Federalista   Democratico-Repubblicano   Indipendente

Dipartimento /
Funzione
Foto Nome Data
Presidente  
 
George Washington 1789 - 1797
Vicepresidente  
 
John Adams 1789 - 1797
Segretario di Stato  
 
John Jay 1789 - 1790
 
 
Thomas Jefferson 1790 - 1793
 
 
Edmund Randolph 1794 - 1795
 
 
Timothy Pickering 1795 - 1797
Segretario al tesoro  
 
Alexander Hamilton 1789 - 1795
 
 
Oliver Wolcott Jr. 1795 - 1797
Segretario alla Guerra  
 
Henry Knox 1789 - 1794
 
 
Timothy Pickering 1794 - 1796
 
 
James McHenry 1796 - 1797
Procuratore generale  
 
Edmund Randolph 1789 - 1794
 
 
William Bradford 1794 - 1795
 
 
Charles Lee 1795 - 1797
Direttore generale delle poste  
 
Samuel Osgood 1789 - 1791
 
 
Timothy Pickering 1791 - 1795
 
 
Joseph Habersham 1795 - 1797

AmministrazioneModifica

Gli avvenimenti salienti della presidenza Washington furono:

1789
1790
1791
1792
1793
1794
1795
1796
1797

Gabinetto ministerialeModifica

La nuova Costituzione autorizzò il presidente a nominare i capi dei Dipartimenti dell'Esecutivo federale con il previo consenso del Senato[29]; almeno tre di questi erano già esistiti sotto gli Articoli della Confederazione: il Dipartimento della Guerra, il Ministero degli Affari Esteri (dal 1781) e la Sovrintendenza alle Finanze.

Il primo fu mantenuto, mentre gli altri due divennero rispettivamente il Dipartimento di Stato il 7 agosto e il Dipartimento del Tesoro il 2 settembre[30]. I leader di questi tre dicasteri principali costituirono le posizioni iniziali nel Governo di Washington.

Il Congresso prese inoltre in considerazione l'ipotesi di attivare un ministero degli Interni per supervisionare gli affari concernenti i rapporti con i nativi, per la conservazione dei documenti governativi di maggior rilevanza e per altre questioni d'importanza nazionale; i compiti da assegnare al dipartimento proposto vennero invece rilevati dal Dipartimento di Stato[31].

Nel settembre del 1789, il Congresso stabilì il ruolo di Procuratore generale con il compito di servire come il principale consulente legale del presidente; sebbene non sovrintendesse a un Dipartimento specifico (il Dipartimento di Giustizia sarebbe difatti stato istituito solo nel 1870 durante la presidenza di Ulysses S. Grant), la posizione divenne comunque parte integrante del Gabinetto ministeriale; oltre che il Direttore generale delle Poste per occuparsi della direzione del servizio postale[32].

Inizialmente il presidente s'incontrò individualmente con i dirigenti dei dipartimenti esecutivi e col procuratore, ma iniziò a tenere riunioni congiunte a partire dal 1791, con il primo di questi incontri avvenuto il 26 novembre[33]. Le quattro principali posizioni governative Guerra, Segreteria di Stato, Guerra e Procuratore generale furono subito denominati collettivamente come "il Gabinetto" e Washington tenne riunioni regolari di esso durante il suo secondo mandato[34].

Edmund Randolph divenne il primo Procuratore generale, mentre Henry Knox mantenne la sua posizione di capo del Dipartimento della Guerra e Thomas Jefferson fu il primo Segretario di Stato a partire dal 1790, anche se in un primo momento la posizione venne offerta a John Jay il quale era già stato il Segretario degli Affari Esteri fin dal 1784 e che in quel momento fungeva da Segretario ad interim. Solo dopo che Jay ebbe espresso la propria preferenza per un incarico giudiziario, Washington scelse Jefferson in qualità di Segretario permanente[35].

Per la carica chiave del Segretario al tesoro, che avrebbe supervisionato l'intera la politica economica federale, Washington scelse Alexander Hamilton dopo che la sua prima scelta rappresentata da Robert Morris declinò l'invito. Questi aveva invece raccomandato proprio Hamilton al suo posto, scrivendo: "ma, mio caro generale, non sarai un perdente per il mio rifiuto della Segreteria del Tesoro, perché posso raccomandare un amico molto più intelligente di me come ministro delle finanze nella persona del tuo aiutante di campo, il colonnello Hamilton"[36].

Il Gabinetto iniziale di Washington fu quindi composto da una persona originaria della Nuova Inghilterra (Knox), da una degli Stati del Medio Atlantico (Hamilton) e da due del Profondo Sud (Jefferson e Randolph)[37].

Il presidente si considerava un esperto sia degli affari esteri sia del dipartimento della guerra e, come tale, secondo lo storico Forrest McDonald, "era nella pratica sia il Segretario agli Esteri sia quello della Guerra"[38]. Jefferson lasciò l'incarico affidatogli alla fine del 1793[39] e fu quindi sostituito da Randolph; mentre a sua volta William Bradford prese il posto di Procuratore generale[40]; Knox lasciò la carica l'anno seguente e fu sostituito da Timothy Pickering.

Esattamente come Jefferson, anche Randolph tendeva a favorire i francesi nel campo della politica estera, ma a differenza del primo riuscì a esercitare una ben scarsa influenza sulla compagine governativa nel suo complesso[41]. Knox, Hamilton e Randolph lasciarono tutti il governo nel corso del secondo mandato presidenziale; quest'ultimo venne costretto a rassegnare le proprie dimissioni durante il dibattito apertosi sul trattato di Jay.

Hamilton lasciò il gabinetto nel 1795, così come Randolph. Con la loro partenza, Oliver Wolcott Jr. divenne segretario del Tesoro e Pickering succedette a Randolph come segretario di Stato. James McHenry sostituì Pickering come segretario della Guerra[42], mentre Charles Lee divenne procuratore generale dopo la partenza di Bradford[43].

Hamilton e Jefferson ebbero il maggiore impatto sulle deliberazioni del governo durante il primo mandato di Washington. Le loro profonde divergenze filosofiche li misero fin dall'inizio l'uno contro l'altro e spesso trovarono l'occasione di litigare anche aspramente sulle principali questioni di politica estera e finanche sugli affari più prettamente economici[44].

Con la partenza di Jefferson, Hamilton arrivò a dominare l'intera compagine governativa[45] e il presidente continuò a rivolgersi a lui per consigli anche dopo che egli si dimise[42] per andare a esercitare la professione legale nella città di New York[46].

VicepresidenzaModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Vicepresidente degli Stati Uniti d'America.

Durante i suoi due mandati come vicepresidente, Adams partecipò a ben poche riunioni di Gabinetto e lo stesso presidente cercò il suo consiglio solo di rado; nondimeno i due uomini, secondo quanto ne dice il biografo di Adams John E. Ferling, "eseguirono insieme molte delle cerimonie del ramo esecutivo, più di quanto sarebbe probabile farlo per un presidente e un vicepresidente contemporaneamente"[47].

Al Senato, Adams giocò invece un ruolo più attivo, in particolare durante il suo primo quadriennio. Almeno in un'occasione riuscì a persuadere i senatori a votare contro la legge a cui si opponeva e spesso tenne conferenze su questioni procedurali e politiche dell'organo parlamentare. Come previsto dalla Costituzione, il vicepresidente può votare al Senato, e il voto di Adams fu decisivo per 29 volte[47].

La sua prima incursione nel ramo legislativo avvenne poco dopo che assunse la carica, durante i dibattiti del Senato sui titoli onorifici da dare al presidente e agli ufficiali esecutivi del nuovo governo. La Camera dei Rappresentanti convenne in breve tempo sul fatto che il presidente dovesse essere chiamato semplicemente "George Washington, Presidente degli Stati Uniti", il Senato invece discusse a lungo la questione[47].

Adams era a favore dell'adozione del sinonimo di "Sua Altezza" (così come del titolo di Protector of Their [the United States] Liberties) per il presidente[48]; altri avrebbero invece preferito la variante di "Altezza elettorale" o di "Sua Eccellenza"[49]. I propugnatori dell'Antifederalismo al Senato si opposero però al suono monarchico di queste espressioni; alla fine Washington dovette cedere alle loro obiezioni e l'Assemblea decise che d'ora in avanti sarebbe stato utilizzato solamente il titolo di "Signor Presidente"[50].

Mentre Adams portò energia e dedizione all'incarico di presidente del Senato, ruolo del vicepresidente, trovò nondimeno il compito "non del tutto adatto al mio carattere"[47][51]. Sempre timoroso di andare oltre i limiti costituzionali della vicepresidenza o di invadere senza volerlo le prerogative del presidente, spesso finì per lamentarsi amaramente di ciò che considerava la "completa insignificanza" della sua situazione.

A sua moglie Abigail Adams scrisse: "il mio paese ha - nella sua grande saggezza - inventato per me l'ufficio più insignificante che sia mai stato creato dall'uomo... ideato o concepito come pura immagine e, poiché non posso in tale contesto né fare il bene né tanto meno il male, io deve essere escluso dagli altri ministri per incontrarmi con il destino dell'uomo comune"[52].

 
Logo della United States Mint

StipendiModifica

Il 24 settembre 1789[53] il Congresso votò per pagare al presidente uno stipendio di 25.000 dollari annuali e per concedere al suo vice un salario di 5.000 dollari all'anno[54]. Lo stipendio di Washington era pari al 2% del bilancio federale totale approvato per quell'anno[55].

Nomine giuridicheModifica

Attraverso il Judiciary Act of 1789 il Congresso istituì una "Corte suprema degli Stati Uniti d'America" composta da sei membri: un "Presidente della Corte suprema" assistito da cinque giudici associati.

Gli venne affidata la giurisdizione originale esclusiva su tutte le azioni legali civili tra gli Stati o tra uno Stato e gli Stati Uniti, nonché su tutte le cause e le azioni intentate contro gli ambasciatori e altri membri del personale diplomatico; infine l'originale, ma non esclusiva, giurisdizione su tutti gli altri casi in cui uno Stato era una delle parti in causa e su ogni causa portata alla sua attenzione da un corriere diplomatico[56].

La Corte ricevette la giurisdizione di appello per le decisioni dei tribunali circoscrizionali federali nonché sulle decisioni dei tribunali statali che avessero invalidato qualsiasi statuto o trattato nazionale o altresì fatto mantenere valida qualsiasi legge o pratica statale che fosse già stata contestata come incoerente con la Costituzione, i Trattati internazionali o le legislazioni federali; o infine avendo rifiutato qualsiasi rivendicazione avanzata da una parte singola in base a una disposizione costituzionale, un trattato o una qualsiasi legge specifica[57].

Nella sua qualità di primo presidente, Washington venne reso responsabile della nomina dell'intera Corte; a causa di questo fatto riempì più posti vacanti rispetto a qualsiasi altro presidente nella storia americana; nel settembre del 1789 nominò John Jay come suo primo Presidente della Corte e John Rutledge, William Cushing, James Wilson, John Blair Jr. e Robert Hanson Harrison come suoi giudici associati. Tutti furono rapidamente confermati dal Senato, ma dopo che Harrison declinò la nomina Washington dovette sostituirlo con James Iredell nel 1790.

 
Un disegno del vecchio edificio della "Royal Exchange" a New York, precedentemente situato in Broad Street vicino all'incrocio con Water Street. Fu la prima sede della Corte suprema

Il primo mandato della Corte ebbe inizio il 2 febbraio 1790 al "Royal Exchange" di New York; tuttavia in assenza di casi sulla contabilità e di attività poco pressanti (vennero prese delle decisioni su alcune questioni procedurali e l'ammissione di 26 avvocati e consiglieri al foro federale), la sessione durò solamente otto giorni[58].

Mentre i giudici associati lasciavano la Corte negli anni successivi, Washington nominò in successione Thomas Johnson, William Paterson e Samuel Chase. Jay si dimise dal ruolo di Presidente della Corte nel 1795 e fu quindi sostituito da Rutledge, che ricevette l'incarico; egli prestò servizio per sei mesi ma si trovò costretto a ritirarsi dopo che la sua nomina fu respinta dal Senato a dicembre. Questa fu la prima candidatura alla Corte suprema a essere respinta, ed è l'unico giudice nominato per recessione dell'incarico a non essere stato successivamente confermato.

 
Riratto di Oliver Ellsworth, terzo presidente della Corte suprema dal 1795 al 1800

Dopo la bocciatura della nomina di Rutledge il presidente scelse Oliver Ellsworth come terzo presidente della Corte suprema degli Stati Uniti[59].

Nome Seggio Stato Inizio servizio
attivo
Termine servizio
attivo
John Blair Jr.   Virginia 30 settembre 1789 25 ottobre 1795
Samuel Chase   Maryland 27 gennaio 1796 19 giugno 1811
William Cushing   Massachusetts 26 settembre 1789 13 settembre 1810
Oliver Ellsworth Presidente   Connecticut 4 marzo 1796 30 settembre 1800
James Iredell   Carolina del Nord 10 febbraio 1790 20 ottobre 1799
John Jay Presidente   New York 19 ottobre 1789 29 giugno 1795
Thomas Johnson   Maryland 5 agosto 1791[60] 16 gennaio 1793
William Paterson   New Jersey 4 marzo 1793[61] 9 settembre 1806
John Rutledge   Carolina del Sud 26 settembre 1789 4 marzo 1791
John Rutledge Presidente   Carolina del Sud 30 giugno 1795[62] 28 dicembre 1795
James Wilson   Pennsylvania 26 settembre 1789 28 agosto 1798

La Judiciary Act creò anche 13 distretti giudiziari all'interno degli 11 Stati che avevano inizialmente ratificato la Costituzione[63]; con il Massachusetts e la Virginia suddivisi in due giurisdizioni[64]. Sia la Carolina del Nord sia il Rhode Island furono aggiunti nel 1790 dopo aver a loro volta ratificato la Costituzione, così come gli Stati successivi che il Congresso ammise nell'Unione; inoltre l'Atto stabilì l'istituzione di "circuit courts" e "district courts" all'interno dei suddetti distretti.

 
Il presidente nominò i giudici federali per i 17 tribunali distrettuali; di questi 16 sono raffigurati nella mappa, mentre il 17 - il Distretto del Tennessee - fu creato poco prima della fine della sua amministrazione.

I "tribunali del circuito", composti da un giudice distrettuale e (inizialmente) da due giudici della Corte suprema, avrebbero avuto giurisdizione sui crimini di più grave rilevanza, sulle cause civili e sulla giurisdizione di appello nei tribunali distrettuali, mentre quei tribunali distrettuali che erano a giudice unico ebbero giurisdizione principalmente su casi di ammiragliato, insieme ai piccoli reati e alle cause che comportano richieste minori. I tribunali del circuito furono raggruppati in tre gruppi geografici a cui i giudici relativi vennero assegnati a rotazione (turnover)[64].

Washington nominò 28 giudici presso i tribunali distrettuali federali durante i suoi due mandati in carica[65].

 
Il Novus Ordo Seclorum dello Stemma degli Stati Uniti d'America.
Nome Corte Inizio servizio
attivo
Termine servizio
attivo
Gunning Bedford Jr.   Delaware 26 settembre 1789 30 marzo 1812
Thomas Bee   Carolina del Sud 14 giugno 1790 18 febbraio 1812
Benjamin Bourne   Rhode Island 13 ottobre 1796[66] 20 febbraio 1801
David Brearley   New Jersey 26 settembre 1789 16 agosto 1790
Nathaniel Chipman   Vermont 4 marzo 1791 1à gennaio 1793
Joseph Clay Jr.   Georgia 16 settembre 1796[67] 24 febbraio 1801
William Drayton Sr.   Carolina del Sud 18 novembre 1789[68] 18 maggio 1790
James Duane   New York 26 settembre 1789 17 marzo 1794
Cyrus Griffin   Virginia 28 novembre 1789[68] 14 dicembre 1810
Samuel Hitchcock   Vermont 3 settembre 1793[69] 20 febbraio 1801
Francis Hopkinson   Pennsylvania 26 settembre 1789 9 maggio 1791
Harry Innes   Kentucky 26 settembre 1789 20 settembre 1816
John Laurance   New York 6 maggio 1794 8 novembre 1796
Richard Law   Connecticut 26 settembre 1789 26 gennaio 1806
William Lewis   Pennsylvania 14 luglio 1791[60] 4 gennaio 1792
John Lowell   Massachusetts 26 settembre 1789 20 febbraio 1801
Henry Marchant   Rhode Island 3 luglio 1790 30 agosto 1796
John McNairy   Tennessee 20 febbraio 1797 1º settembre 1833[70]
Robert Morris   New Jersey 28 agosto 1790[71] 2 giugno 1815[72]
William Paca   Maryland 22 dicembre 1789[73] 13 ottobre 1799
Nathaniel Pendleton   Georgia 26 settembre 1789 1º settembre 1796
Richard Peters   Pennsylvania 12 gennaio 1792 22 agosto 1828[74]
John Pickering   New Hampshire 11 febbraio 1795 12 marzo 1804
David Sewal   Maine 26 settembre 1789 9 gennaio 1818
John Sitgreaves   Carolina del Nord 20 dicembre 1790 4 marzo 1802[75]
John Stokes   Carolina del Nord 3 agosto 1790 12 ottobre 1790
John Sullivan   New Hampshire 26 settembre 1789 23 gennaio 1795
Robert Troup   New York 12 dicembre 1796 4 aprile 1798

Emendamenti costituzionaliModifica

Sebbene alcuni anti-federalisti continuassero a richiedere una nuova convenzione costituzionale federale e li ridicolizzassero[76], il Congresso approvò velocemente 12 emendamenti alla Costituzione già il 25 settembre 1789, stabilendo specifiche garanzie costituzionali di libertà e diritti personali, chiari limiti al potere del governo in ambito di procedimenti giudiziari e di altro tipo e pronunziando dichiarazioni esplicite secondo cui tutti i poteri non espressamente delegati al Congresso dalla Costituzione sono riservati agli Stati federati o al principio di sovranità popolare; infine li sottoposero alle legislature statali per la ratifica[77].

 
Targa che elenca la Carta dei Diritti degli Stati Uniti d'America

L'approvazione venne guidata da James Madison il quale si era precedente opposto a qualsivoglia modifica costituzionale; ma sperò in tal maniera d'impedire riforme di ben più ampia portata facendo accogliere il proprio pacchetto di emendamenti[78]; con il diretto sostegno giuntogli dal presidente raccolse una serie di proposte relativamente controverse che gli fecero ottenere un voto bipartisan. Il Congresso approvò il pacchetto di emendamenti i quali erano in gran parte basati sulle proposte originali di Madison, anche se alcune di queste idee non verranno poi adottate[79].

Entro il 15 dicembre del 1791 10 delle 12 proposte erano state ratificate dal numero richiesto di Stati (quindi 11) e divennero quindi gli emendamenti dal I al X della Costituzione; collettivamente sono conosciuti come la Carta dei Diritti degli Stati Uniti d'America[80]. Uno dei due emendamenti non ratificato nel 1791 lo fu successivamente, il 7 maggio 1992, diventando così il XXVII emendamento[81]; l'altro - l'emendamento per la modifica della ripartizione del Congresso - è tecnicamente ancora pendente dinanzi agli Stati[82].

  • I emendamento - Garantisce la terzietà della legge rispetto al culto e l'esercizio della libertà religiosa, nonché la libertà di parola e la libertà di stampa, il diritto di riunirsi pacificamente; infine il diritto di appellarsi al governo per correggere gli eventuali torti subiti.
  • II emendamento - Garantisce il diritto di possedere un'arma per la difesa personale.
  • III emendamento - impone restrizioni all'acquartieramento di truppe in abitazioni private senza il consenso del proprietario, proibendolo in tempo di pace e sottoponendolo a riserva di legge in tempo di guerra.
  • IV emendamento - Proibisce il mandato d'arresto senza una valida ragione.
  • V emendamento - Protegge i soggetti giuridici dall'essere costretti a testimoniare contro sé stessi in casi criminali.
  • VI emendamento - In qualsiasi procedimento penale l'imputato gode del diritto a un equo processo rapido e pubblico, a essere giudicato da un grand jury imparziale dello Stato e del distretto in cui il crimine è stato commesso e di essere informato preventivamente sulla natura e la causa dell'accusa; di poter essere confrontato con i testimoni a lui contrari; di avere un procedimento obbligatorio per ottenere testimoni a suo favore e infine di avere l'assistenza di un difensore personale.
  • VII emendamento - Codifica il diritto a un processo con giuria in alcuni casi civili e impedisce ai tribunali di rovesciare le constatazioni di fatto di una giuria.
  • VIII emendamento - Vieta di imporre cauzioni esorbitanti e ammende eccessive e di fare ricorso a pene crudeli e inusitate.
  • IX emendamento - Affronta i diritti, conservati dal popolo, che non sono specificatamente enumerati nella Costituzione.
  • X emendamento - Esprime il principio del federalismo e dei diritti di autonomia degli Stati federati affermando che il governo federale possiede solo quei poteri a lui delegati espressamente dalla Costituzione; tutti i restanti poteri sono riservati agli Stati o alle singole persone.

Il 4 marzo 1794, in risposta alla sentenza "Chisholm contro Georgia", il Congresso approvò un ulteriore emendamento che chiariva il potere giudiziario sugli stranieri e limitava la possibilità dei cittadini di citare in giudizio i singoli Stati nei tribunali federali e applicando la legge federale, e lo sottopose ai parlamenti statali per la ratifica[83]; l'XI emendamento fu ratificato dal numero di Stati allora richiesto, dodici, il 7 febbraio del 1795, entrando in tal modo a far parte della Costituzione.

 
La bandiera degli Stati Uniti d'America a 13 stelle (Betsy Ross flag) adottata nel 1789, ma in uso già a partire dal 1777

Stati aderenti all'UnioneModifica

 
Gli Stati Uniti nel 1790 (in arancio) con i territori corrispondenti (in azzurro).

Quando il 4 marzo 1789 l'istituzione federale diede inizio alla propria fase operativa sotto la nuova forma di governo, due delle ex Tredici colonie non erano ancora state ammesse a partecipare come legittimi Stati federati poiché non avevano completato l'opera di ratifica della Costituzione. Entrambi lo fecero mentre Washington era in carica, entrando così a far parte della nuova Unione:

 
La bandiera degli Stati Uniti d'America a 15 stelle (Star-Spangled Banner) adottata a partire dal 1795.

Tre nuovi stati furono ammessi all'Unione (ciascuno sullo stesso piano di quelli già esistenti) mentre Washington si trovava in carica:

Il Vermont si dichiarò una repubblica indipendente il 17 gennaio del 1777 durante la prima fase della guerra d'indipendenza americana; tuttavia il suo territorio fu rivendicato dallo Stato di New York. Solo quando questo fu indotto a rinunciare alla sua richiesta in cambio di una remunerazione finanziaria (30.000 dollari, un accordo formalmente accettato da entrambe le giurisdizioni fino al 28 ottobre 1790) fu possibile ottenere la costituzione in Stato del Vermont[87];

Il Kentucky è uno dei 3 Stati si formarono per divisione da altri Stati già esistenti (assieme al Maine e alla Virginia Occidentale, quest'ultima durante la presidenza di Abraham Lincoln). L'Assemblea Generale della Virginia adottò il 18 dicembre del 1789 una legislazione che separò il suo "Distretto del Kentucky" dal resto dello Stato e ne approvò la costituzione statuale[87];

Il Tennessee fu il primo Stato creato da un precedente territorio, il Territorio del Sud-ovest a Sud del fiume Ohio; in precedenza, ciò che sarebbe diventato il Tennessee era stato parte della Carolina del Nord[87].

 
"Leader non partigiano" (1918)

Residenze presidenziali e viaggiModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Capitali degli Stati Uniti d'America.

Il presidente visse in tre edifici governativi differenti nel corso dei propri mandati;

Residenza e città Arco di tempo Note
  Samuel Osgood House
3 Cherry Street
New York.
23 aprile 1789

23 febbraio 1790
Il Congresso prese in affitto l'abitazione da Samuel Osgood per una somma di 845 dollari all'anno.[90][91]
  Alexander Macomb House
39–41 Broadway
New York.
23 febbraio 1790

20 agosto 1790
La "famiglia del presidente" si trasferì in questa casa più grande e maggiormente comoda quando l'Ufficiale francese Elénor-François-Elie, Conte de Moustier se ne tornò in patria.[91]
  President's House
524-30 Market Street
Filadelfia.
27 novembre 1790

10 marzo 1797
[92][93]
Il presidente, proprietario di nove schiavi, eluse la legge di abolizione graduale della schiavitù (An Act for the Gradual Abolition of Slavery) della Pennsylvania facedoli spostare a intermittenza tra Filadelfia e Mount Vernon (Virginia)[94]

Washington effettuò tre viaggi importanti in tutto il paese; il primo fu quello attraverso la Nuova Inghilterra nel 1789, il secondo nel Rhode Island e a New York nel 1790, e infine il terzo negli Stati del profondo Sud nel 1791[95].

Il primo viaggio fu nel New England; i suoi obiettivi principali furono quelli di educare se stesso sul "carattere principale e le circostanze interne" delle diverse regioni del paese, così come di incontrare "persone ben informate, che potrebbero dargli utili informazioni e consigli su argomenti politici", oltre che per conoscere l'opinione popolare sui più svariati problemi. Inoltre esplorò i luoghi da adibire a canalizzazione e ad altri miglioramenti strutturali interni[96].

 
Il Campidoglio nel 1800

La sua prima tappa fu a New Haven, nel Connecticut. Da qui partì per attraversare il Massachusetts sulla strada che lo avrebbe condotto a Boston, ove una grande fanfara lo accolse festosamente. Viaggiò quindi verso Nord, fermandosi a Marblehead e a Salem[97].

Circa una settimana dopo essere stato a Boston si diresse ancora verso Nord fino a raggiungere Portsmouth nel New Hampshire, per poi fare ritorno a New York, fermandosi a Waltham e a Lexington. Il tour si rivelò essere un vero e proprio successo, il che servì a consolidare la sua posizione di popolarità, ma anche a rinfrancarne la salute fisica[98].

Dopo che il Rhode Island ebbe ratificato la Costituzione, il presidente fece un altro giro per visitarlo. Insieme a Jefferson e all'allora governatore di New York George Clinton, si fermò per la prima volta a Newport, per poi recarsi a Providence. Il 22 agosto 1790 tornò quindi a New York[99].

Nel 1791 partì per il suo terzo viaggio, questa volta a Sud, in gran parte per promuovere l'unità nazionale scossa dai tumulti prodotti dal severo piano economico di Hamilton, così come dalla tematica nascente sulla questione della schiavitù negli Stati Uniti d'America; il tour iniziò il 20 marzo, quando Washington con l'accompagnamento di un ristretto drappello di aiutanti personali, si mise in navigazione lungo il fiume Severn nel Maryland. Dopo aver superato una violente tempesta arrivarono tutti sani e salvi ad Annapolis[100].

Da qui si recò a Mount Vernon e subito dopo a Colchester in Virginia e a Richmond; si recò a Petersburg e a Emporia. Lasciata la Virginia si diresse verso la contea di Craven nella Carolina del Nord e poi a New Bern; l'ultima tappa nella Carolina settentrionale fu Wilmington, per arrivare prontamente a Georgetown prima e a Charleston nella Carolina del Sud subito dopo[101].

 
L'abitazione privata presidenziale di Mount Vernon nel 1850 circa.

Dopo la Carolina del Sud arrivò nella Georgia, andando anche (tra gli altri luoghi) ad Augusta. Verso la fine di maggio cominciò a tornare indietro, fermandosi in molti siti di guerra della Rivoluzione. L'11 luglio il corteo arrivò all'abitazione privata del presidente a Mount Vernon[102][103].

Il primo vetoModifica

Washington esercitò il suo potere di veto presidenziale per la prima volta il 5 aprile del 1792 per impedire che un "Atto di ripartizione" (la ripartizione è il processo attraverso il quale i seggi di un potere legislativo sono distribuiti tra le suddivisioni amministrative aventi diritto alla rappresentanza politica) diventasse legge. La legislazione proposta avrebbe introdotto un nuovo piano per i seggi distribuiti nella Camera dei Rappresentanti tra i vari stati in un modo che il presidente ritenne essere incostituzionale[104][105].

Dopo aver tentato di scavalcare il veto, ma non riuscendovi, il Congresso elaborò rapidamente un nuovo disegno di legge, l'"Apportionment Act of 1792", che Washington controfirmò il 14 aprile[106].

Affari interniModifica

Selezione di una capitale permanenteModifica

Il progetto di realizzare una capitale permanente venne a costituire un tema già discusso più volte, ma il Congresso continentale non avrebbe mai da parte sua concordato sopra un sito specifico e stabile innanzitutto a causa delle differenti lealtà e tensioni regionalistiche[107].

Fino ad allora New York era servita come una sorta di "capitale temporanea" della neonata istituzione nazionale; ma sin dal 1785 mai v'era stata l'intenzione di farle fungere il ruolo di unica e sola capitale per tutti gli Stati federati degli Stati Uniti d'America. Ma nel frattempo la città apportò numerosi miglioramenti per prepararsi ad accogliere al meglio gli organismi governativi appena ideati e il vecchio municipio venne fatto ristrutturare dall'architetto Pierre L'Enfant il quale lo trasformò talmente da poter così farlo diventare la nuova Federal Hall[108].

La Costituzione appena promulgata non diceva espressamente in quale luogo si sarebbe dovuta insediare l'eventuale capitale permanente; l'interesse per attrarre a sé il sito prescelto crebbe di pari passo con il numero di cittadini che si rendevano conto non solo degli immediati benefici economici che ciò avrebbe quasi certamente comportato, ma anche e soprattutto del prestigio che ne sarebbe sicuramente derivato[107].

Molti fattori, tanto pratici quanto ideali, entrarono in gioco. Si avviarono pertanto svariate manovre da parte di innumerevoli coalizioni interstatali le quali finirono per formarsi e sciogliersi a un ritmo praticamente quotidiano. Intanto il Congresso proseguiva nella discussione relativa alla questione[107]. Arrivarono a esserci più di 30 proposte - inclusa la Hudson Valley - tra cui Trenton (New Jersey); Wilmington (Delaware); Baltimora, nel Maryland; Norfolk (Virginia) oltre a diverse altre località della Pennsylvania[109].

 
Un'immagine storica di Germantown (Filadelfia), una delle sedi proposte come prima capitale federale

Nel 1789 le candidature si erano ristrette a tre luoghi possibili prescelti: un ampio spazio fiancheggiante il fiume Potomac nelle immediate vicinanze di Georgetown (Distretto di Columbia); un altro presso il Susquehanna vicino a "Wrights Ferry" (l'attuale Columbia (Pennsylvania)) e infine l'ultimo proprio accanto al fiume Delaware nei pressi di Germantown (Filadelfia). Entrambe le scelte della Pennsylvania giunsero per un breve lasso di tempo a ottenere l'approvazione generale del parlamento; ma le divisioni sorte tra i due senatori territoriali corrispondenti, insieme alle più che abili manovre politiche intessute dal congressista James Madison fecero sì che la presa in considerazione definitiva sull'argomento si protraesse fino al 1790[110].

Washington, Jefferson e lo stesso Madison sostennero tutti una capitale permanente posta sul Potomac; Hamilton invece appoggiò la scelta di una capitale provvisoria a New York e un'altra permanente a Trenton.

Allo stesso tempo il progetto di finanziamento hamiltoniano un piano pensato per far sì che il Governo federale si sarebbe assunto i pregressi debiti (Debt Assumption) contratti dalle singole entità statali nella conduzione della guerra d'indipendenza americana, non ebbe la forza di raccogliere un consenso sufficiente per essere fatta approvare. Il presidente, ben comprendendo che il proprio Segretario al tesoro degli Stati Uniti d'America avrebbe avuto per forza di cose bisogno dei voti meridionali per far passare la sua idea - e acutamente consapevole del fatto che la capitale lungo il Potomac non si sarebbe mai potuto realizzarsi senza un ulteriore supporto settentrionale - sfruttò l'opportunità offerta da un incontro con Hamilton per organizzare una cena informale in cui le parti interessate avrebbero potuto discutere sul merito di una "sistemazione comune" (Quid pro quo[107].

L'accordo successivamente raggiunto e noto come il Compromesso del 1790 aprì la strada per il passaggio, a luglio di quello stesso anno, della legge sulla residenza. L'atto legislativo trasferì pertanto la capitale federale a Filadelfia per un arco di tempo di 10 anni, mentre una capitale permanente lungo il Potomac si trovava oramai in fase di costruzione. Il piano di assunzione debitoria divenne quindi legge con il passaggio alle camere riunite e la successiva approvazione sotto la denominazione di Funding Act[111].

Il Residence Act concesse all'autorità presidenziale la prerogativa di selezionare un sito specifico lungo il corso del Potomac per impiantarvi la sede governativa federale; ciò lo autorizzò anche a nominare tre commissari per una prima indagine sul terreno e l'eventuale seguente acquisizione di proprietà per la definizione ultima della Città federale. Washington poté così dare l'annuncio dell'avvenuta selezione già il 24 gennaio 1791 e contemporaneamente iniziò la pianificazione urbana[112].

Il presidente supervisionò personalmente questo sforzo fino al termine del suo doppio mandato; a settembre i commissari preposti battezzarono la nascente città chiamandola Washington e il territorio immediatamente adiacente "Distretto di Columbia", in riferimento a Cristoforo Colombo - comunemente in uso in quel particolare momento storico[113].

I lavori per la costruzione della Casa Bianca (presto conosciuta come President House) presero avvio nel 1792[114][115]. Il presidente pose la pietra angolare per il Campidoglio (allora chiamato Congress Palace) il 18 settembre 1793[116][117]. John Adams, il diretto successore, vi si trasferì nel novembre del 1800[118]; in quello stesso mese il Congresso degli Stati Uniti d'America tenne la sua prima sessione all'interno del nuovo Campidoglio[119]. A febbraio poi venne fatto approvare il District of Columbia Organic Act il quale organizzò ufficialmente il District of Columbiae in conformità con la Costituzione e nominando il Congresso quale sua autorità governativa esclusiva (District of Columbia home rule)[120].

Tariff of 1789Modifica

Una delle questioni più urgenti che dovette affrontare il 1º Congresso degli Stati Uniti d'America già nel corso della sua sessione inaugurale fu quella di come fare per aumentare le entrate da destinare al Governo federale. Poiché le imposte dirette erano politicamente irrealizzabili, si ricorse ai dazi doganali quale principale fonte di finanziamento; questi avrebbero anche avuto un ruolo di protezionismo (Protective tariff) a favore della nascente manifattura statunitense, aumentando il costo della merce importata, molta della quale proveniente dalla Gran Bretagna. Ognuna delle regioni in campo cercò di assicurarsi le migliori condizioni per i propri interessi[121].

Poiché il governo federale non sarebbe nemmeno stato in grado di pagare gli stipendi dei suoi funzionari senza l'approvazione di una nuova legge, i membri del Congresso si trovarono fortemente motivati nel raggiungere al più presto un compromesso. A luglio fu finalmente approvata la legge tariff of 1789, che Washington velocemente controfirmò; essa creò un'imposta uniforme sulle merci trasportate da navi straniere, stabilendo altresì anche un'imposta molto minore sulle merci trasportate da navi di proprietà statunitense[122].

I dazi stabiliti da questo e da successivi Act avrebbero per un lungo lasso di tempo costituito la grande maggioranza delle entrate governative; oltre l'87% di esse, tra il 1789 e il 1800, provennero dal dazio all'importazione[123].

Inoltre per poter consentire al governo federale di riscuotere i dazi così dovuti il Congresso approvò anche la legge sulla raccolta della tassazione del 1789 che istituiva lo United States Customs Service, cioè il corpo delle dogane, e i relativi scali portuali d'ingresso designati allo scopo[124]. Un anno dopo l'United States Revenue Cutter Service (Revenue-Marine) fu istituito quando il presidente in carica firmò una legge che autorizzava la costruzione di dieci cutter (i First ten Revenue Service cutters) con l'intento di far rispettare le leggi appena entrate in vigore sul commercio e per impedire il contrabbando.

Fino a quando non fu stabilito il Dipartimento della Marina nel 1798, questo servì come unica forza armata della neonata nazione sui mari; rinominato un secolo dopo come Revenue Cutter Service, esso e l'United States Life Saving Service furono uniti nel 1915 per formare la United States Coast Guard[125][126].

Politica e programma economico hamiltonianoModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Economia degli Stati Uniti d'America.

Subito dopo il passaggio definitivo dell'imposta tariffaria all'attenzione delle aule, nel corso di quella prima sessione congressuale diversi altri progetti cominciarono a venire presi in considerazione con lo scopo di poter affrontare al meglio i problemi debitori accumulati; ma nessuno dei piani proposti fu inizialmente in rado di generare un sostegno diffuso. Nel settembre del 1789, senza alcuna prospettiva di risoluzione in vista e con la chiusura invernale dei lavori parlamentari in avvicinamento il Segretario Hamilton preparò un dettagliato rapporto (il First Report on the Public Credit) sul credito[127].

 
Alexander Hamilton in un ritratto di John Trumbull

Nella sua relazione stimò che i governi statali e federali soffrissero complessivamente un debito combinato di 79 milioni, prospettano inoltre che il reddito annuale governativo federale si sarebbe attestato a non più di 2,8 milioni annui. Prendendo così spunto dalle idee esposte da Robert Morris e da altri propose il piano economico più ambizioso e di vasta portata mai avanzato da un Segretario al Tesoro in tutta la successiva storia degli Stati Uniti d'America, chiedendo pertanto l'assunzione federale del debito pubblico e la contemporanea emissione di massa di titoli di obbligazione[128].

Hamilton ritenne che tali misure avrebbero aiutato in una maniera sostanziale a ripristinare le difficoltà intrinseche del sistema economico nazionale, assicurato una quantità di denaro stabile e adeguato alle esigenze oltre che reso più facile a livello governativo poter attingere al prestito durante le eventuali emergenze future come ad esempio lo stato di guerra[129].

Propose anche il riscatto a un valore pieno delle cambiali emesse nel periodo del Congresso continentale durante la rivoluzione americana, stabilendo in tal senso il precedente che il governo avrebbe sostenuto il valore dei propri valori mobiliari. La multipla proposta si attirò però l'opposizione di Madison, il quale si dimostrò assai riluttante alla concessione di un premio alla speculazione, in quanto i suoi autori avevano acquistato molte delle cambiali messe in vendita solo a una frazione del loro valore nominale al termine del conflitto indipendentista[130].

Le delegazioni parlamentari di Virginia, Maryland e Georgia, che detenevano debiti inferiori o nulli e i cittadini avrebbero però dovuto lo stesso e a tutti gli effetti pagare una parte del debito delle altre entità statali se il governo lo avesse assunto, non furono molto propensi né tanto meno entusiasti ad accettarne l'idea, in molti all'interno del Congresso sostennero che il piano fosse oltre alle prerogative costituzionali recentemente assegnate al potere esecutivo; Madison a questo punto guidò il tentativo di bloccarne la messa in atto impedendo al piano di ottenere l'approvazione necessaria[131].

Altri ancora sostennero che i debiti avrebbero dovuto essere rigettati e pertanto che gli Stati Uniti dovevano rifiutarsi di pagarli[132]. Il presidente però appoggiò in toto il progetto del suo ministro, seppur rifiutandosi categoricamente di venire coinvolto nel dibattito in corso; nel frattempo alla Camera dei Rappresentanti l'opposizione montò[133]. Questa questione venne presto a intrecciarsi con il dibattito simultaneo inerente al sito su cui far sorgere la capitale nazionale, nell'accordo compromissorio del 1790 il piano hamiltoniano fu adottato come Funding Act in quanto diversi membri sudisti del Congresso votarono infine a favore in cambio di una capitale situata sul Potomac[134].

Poco più tardi lo stesso Hamilton espresse ufficialmente tutta un'altra serie di raccomandazioni nel suo secondo rapporto su credito pubblico; esso richiedeva a rapida istituzione di una banca centrale e un'imposta sul consumo (l'accisa) della bevanda alcolica sottoposta a distillazione (il distillato). Il sistema bancario avrebbe fornito il credito necessario alle nascenti industrie, servendo inoltre in qualità di depositario per i fondi governativi oltre che come supervisore di una valuta a livello nazionale. Come risposta a una tal messe di proposte venne fatto approvare il Bank Bill, istituendo a tal fine la prima banca degli Stati Uniti d'America[135].

Madison assieme al Procuratore generale Edmund Randolph spinsero Washington a porre il proprio diritto di veto al disegno di legge con la motivazione che si trattava di un'estensione incostituzionale dell'autorità governativa federale. Il presidente, avendo 10 giorni di tempo per decidere, inviò tutte le obiezioni ricevute direttamente a Hamilton sollecitandolo a un commento di risposta, questi venne a sostenere in modo persuasivo che Costituzione concedeva al Congresso le prerogative e il potere di stabilire una banca nazionale[136].

Asseri quindi che la Costituzione garantiva dei "poteri espressi e impliciti" e che le funzioni governative si sarebbero ritrovate del tutto paralizzate se ciò non fosse riconosciuto e quindi anche esercitato. Dopo aver ricevuto la lettera di risposta, pur continuando a nutrire qualche dubbio, nonostante ciò il presidente controfirmò quella sera stessa[137]. L'anno seguente venne approvata la legislazione detta Coinage Act del 1792 stabilendo in tal modo la zecca (l'United States Mint) e il dollaro statunitense, e in più regolando la monetazione nazionale[138].

Lo storico Samuel Eliot Morison fa riferimento al rapporto bancario hamiltoniano del 1790 come a "Jefferson contro Hamilton"[139]; il primo prospettò il timore sul fatto che la creazione di un istituto bancario a livello federale avrebbe inevitabilmente e in breve periodo condotto a disuguaglianze sia politiche sia economiche e di natura sociale, con gli interessi prettamente finanziari del Nord a far da dominatori all'interno della società americana esattamente come l'aristocrazia dominava il sistema sociale europeo[140].

Nel dicembre del 1791 il Segretario al Tesoro pubblicò il Rapporto sui produttori il quale raccomandava numerose politiche progettate espressamente con l'intento di proteggere il commercio e l'industria statunitensi e per aumentare la ricchezza nazionale, indurre gli artigiani a immigrare, creare macchinari da inventare con lo scopo precipuo per poter venire impiegati anche da donne e bambini[141]. Hamilton chiese inoltre decisive prospettive di infrastruttura sotto la supervisione federale, l'istituzione di fabbriche di munizioni statali e sussidio per fabbriche private oltre che l'imposizione di un dazio protezionistico[142].

Sebbene il Congresso avesse adottato gran parte delle precedenti proposte, questi suoi ulteriori indirizzi di produzione caddero nel nulla, anche nel Nord più industrializzato, poiché gli armatori mercantili mantenevano un forte interesse nella prosecuzione del libero scambio[141]. Vi furono anche domande e dubbi sulla costituzionalità di queste proposte[143] e gli avversari come Jefferson paventarono fortemente che l'ampia interpretazione di Hamilton sulla "Necessaria e Corretta clausola" avrebbe di fatto concesso al Congresso il potere di legiferare praticamente su qualsiasi argomento[144].

Al assaggio dell'anno 1792, con il loro rapporto collaborativo oramai quasi completamente in una fase di definitiva rottura, Jefferson tentò ancora una volta di convincere - ma senza trovare alcun riscontro positivo per lui - il presidente a rimuovere dall'incarico assegnato a Hamilton; ma Washington in larga parte invece sostenne le idee del proprio Segretario al tesoro, credendo sinceramente ch'egli avesse contribuito a riportare alla stabilità sociale ed economica il paese[145].

La forte dissonanza prodotta dalle proposte hamiltoniane produsse irrimediabilmente anche la rottura delle relazioni tra lo stesso presidente e Madison il quale era stato uno dei principali e più importanti alleati presidenziali in sede congressuale nel corso del primo anno di mandato di Washington[146]. Gli avversari di Hamilton e dell'amministrazione in carica (il Partito anti-amministrativo) riuscirono quindi a conquistare diversi seggi al Congresso degli Stati Uniti alle elezioni del 1792[142].

Hamilton a questo punto non fu più in grado di ottenere l'approvazione dell'ambizioso progetto da lui ideato, fino a che di lì a poco la stragrande maggioranza delle sue proposte economiche vennero abbandonate in maniera definitiva[142]. In seguito si trovò costretto a lasciare anche il propria posizione governativa.

 
Cartello commemorativo della Whiskey Rebellion a Carlisle (Pennsylvania).

Whiskey RebellionModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Whiskey Rebellion.

Nonostante i dazi addizionali all'importazione fatti imporre dalla Tariff of 1790 rimase nelle casse federali un sostanziale deficit, principalmente a causa, da parte del governo, dell'assunzione dei debiti dei singoli Stati federati relativi al periodo rivoluzionario ai sensi della legislazione sui finanziamenti (Funding Act)[147]. Nel dicembre del 1790 il Segretario al tesoro Alexander Hamilton ritenne che le tariffe doganali, la principale fonte delle entrate nazionali, fossero oramai stati elevati il più possibile[148].

Propose quindi la promulgazione di un'accisa sulle bevande alcoliche sottoposte a distillazione a livello federale; questa doveva essere la prima tassa fatta approvare dal governo su un prodotto interno (il distillato)[149]. Sebbene le imposte fossero politicamente impopolari Hamilton ritenne che quella sul whisky fosse in realtà una "tassa sul lusso" e quindi - nelle intenzioni - la tassa assai meno discutibile fra tutte quelle che l'amministrazione avrebbe potuto proporre.[150][151].

La misura ottenne anche il sostegno di alcuni riformatori sociali i quali sperarono che una "tassa sul peccato" avrebbe contribuito a sensibilizzare in maniera sostanziale l'opinione pubblica sugli effetti dannosi derivanti dall'abuso di alcol[152]. La Distilled Spirits Duties Act, comunemente nota come Whiskey Act, divenne legge il 3 marzo 1791 per entrare in vigore dal 1° di giugno seguente[153][154].

La nuova tassa sul whisky fu ferocemente attaccata e finanche disattesa dai coloni del West fin dal giorno della sua approvazione; gli agricoltori occidentali ritennero che fosse ingiusta e discriminatoria. Mentre il corso inferiore del fiume Mississippi era rimasto chiuso alle imbarcazioni americane per quasi un decennio a causa della guerra i contadini della Pennsylvania occidentale si trovarono costretti a trasformare le loro colture di grano in produzione di whisky[147].

 
Illustrazione ritraente l'"insurrezione del whisky"

La decisa riduzione di volume risultante dalla distillazione del grano in whisky ridusse notevolmente il costo di trasporto del prodotto verso la costa orientale maggiormente popolata, l'unico luogo in cui vi erano attivi mercati per tali colture. Verso il terzo trimestre del 1794 le tensioni raggiunsero un'acme febbrile lungo tutta la frontiera dell'Ovest, poiché la merce principale commerciabile dei coloni si trovava a essere pericolosamente minacciata dalle misure fiscali federali[155].

Alla fine le proteste diverranno un'autentica ribellione armata. I primi colpi di fucile verranno esplosi all'"Oliver Miller Homestead", nell'attuale township di South Park (Pennsylvania) a circa 10 miglia a Sud di Pittsburgh[156]; mentre le notizie sulla ribellione si propagavano diffondendosi sempre più attraverso la frontiera incominciarono a venire prese tutta una serie di misure di resistenza organizzatesi spontaneamente, includendovi il furto della posta e il blocco forzoso dei procedimenti giudiziari, fino a giungere alla minaccia di prendere d'assalto Pittsburgh.

Un esempio della "punizione del catrame e delle piume, "Tarring and feathering".
Parte anteriore
Parte posteriore

Un gruppo di facinorosi travestiti da donne aggrediranno un esattore delle tasse rasandogli i capelli a zero e ricoprendolo di catrame, attaccandogli piume dalla testa ai piedi e rubandogli il cavallo; un'altra massa di scalmanati invece si mise a bombardare la proprietà del capo-esattore nonché speculatore John Neville, un ex ufficiale militare amico personale del presidente[157].

Washington, allarmato da quella che appariva a tutti gli effetti un'insurrezione armata, chiese inizialmente al proprio Gabinetto delle opinioni scritte su come poter affrontare al meglio la crisi sopraggiunta. Il governo gli raccomandò l'uso della forza; solamente il segretario di Stato Edmund Randolph sollecitò invece l'avvio di trattative che potessero condurre a una riconciliazione pacifica[158]. Il presidente mise in atto entrambe le proposte: mandò i commissari preposti a incontrarsi con i ribelli e nel medesimo tempo mise assieme una milizia dotata di vasti poteri militari[159].

 
Il presidente al comando delle truppe per sedare la Whiskey Rebellion

Quando il rapporto finale dei commissari raccomandò l'utilizzo dell'esercito per far rispettare le leggi[160] Washington invocò la Militia Acts of 1792 con l'intenzione di convocare tutte le milizie presenti e operanti all'interno della Pennsylvania e della Virginia, ma almeno in parte anche quelle degli altri Stati; i governatori inviarono solleciti le truppe e il presidente in persona ne assunse la guida in qualità di Comandante in capo esecutivo facendole marciare a ritmo serrato verso i distretti ribelli[161].

Washington comandava una forza composta da 13.000 uomini, grosso modo delle stesse dimensioni dell'Esercito Continentale che aveva durante la guerra d'indipendenza americana; sotto la direzione del presidente, di Hamilton e di Henry Lee III le milizie si radunarono a Harrisburg per poi dirigersi verso Monongahela a ottobre. L'insurrezione crollò rapidamente con poca violenza e spargimenti di sangue: i movimenti di resistenza si sciolsero.

Gli uomini che vennero arrestati con l'accusa di ribellione verranno imprigionati e uno di loro morì in carcere, mentre altri due furono condannati per tradimento e condannati alla pena di morte per impiccagione; più tardi Washington concesse la Grazia a tutti i restanti uomini coinvolti. La soppressione della ribellione del whisky incontrò una diffusa approvazione popolare. Questa era stata la prima volta in cui il governo si era trovato direttamente opposto a coloro che ne rifiutavano l'autorità: il presidente ha in tal modo stabilito il principio secondo cui la legge federale è la suprema legge della nazione.

La risposta del governo alla ribellione fu quindi considerata dall'amministrazione un successo, una visione che è stata generalmente sostenuta dagli storici. Questa è stata anche una delle due volte nella storia degli Stati Uniti d'America in cui un presidente in carica ha personalmente comandato l'esercito sul campo; nel corso della di poco successiva presidenza di James Madison si sarebbe verificato lo stesso nella guerra anglo-americana del 1814.

Sviluppo dei partiti politiciModifica

 
La coccarda bianca e nera utilizzata dal Partito Federalista

Almeno in una fase iniziale Jefferson e Hamilton godettero di un rapporto di lavoro amichevole; pur non trovandosi mai completamente in sintonia, raramente giunsero al punto di scontrarsi nel corso del primo anno di mandato presidenziale. Ciò nonostante le profonde divergenze filosofico-ideologiche causarono presto tra loro un'inevitabile spaccatura sia d'intenti sia di giudizi la quale li allontanò sempre di più[162][163].

Hamilton ritenne sempre che un utilizzo vigoroso del potere esecutivo concesso al governo centrale federale fosse essenziale per il compito di contribuire in un modo sostanziale a costruire la nuova nazione[164]; sostenne anche che "un'economia mercantile fiorente avrebbe seminato opportunità di buona riuscita per tutti, dando di conseguenza vita a un popolo maggiormente filantropico, competente e intraprendente"[162].

Al contrario secondo la teoria jeffersoniana il governo centralizzato rappresentava ed era "molto semplicemente un'altra forma di tirannide in un perfetto stile europeo e che non attendeva altro che la prima occasione propizia per poter instaurarsi e quindi accader nuovamente" anche in mezzo a loro; egli invece idealizzò i contadini yeoman - poiché essi "controllavano i loro destini" - e anche una forma repubblicana la quale, appoggiandoli, avrebbe permesso di mantenere "vivo quel sacro fuoco della libertà personale e della virtù"[162].

Tali radicate divergenze ottennero la loro più chiara espressione con il dibattito sull'istituzione di una Banca centrale[164]. Mentre si creava una frattura sempre più profonda tra sostenitori e critici delle politiche assunte da Hamilton in materia economica, la coppia Jefferson-Madison cercò di contrastare l'influenza di un giornale allineato al fronte governativo: la Gazette of the United States. Convinsero quindi il poeta nazionalista Philip Freneau a fondare la National Gazette[165].

Esso si mise quindi a riaprire il dibattito sulla politica nazionale non più come una battaglia polemica tra federalisti e anti-federalisti, bensì come un dibattito di principio aperto sui valori tra aristocratici e repubblicani. Al passaggio del 1792 gli osservatori delle vicende parlamentari avevano cominciato a notare l'emergere di due schieramenti partitici[166]. Nel maggio di quell'anno lo stesso Hamilton ebbe l'occasione di scrivere: "Il signor Madison che collabora con il signor Jefferson è a capo di una fazione decisamente ostile a me e alla mia amministrazione"[167].

Il presidente tentò come poté di alleviare la tensione crescente con l'intenzione d'impedire il radicarsi di una polarizzazione partigiana della politica nazionale, ma già alla fine del 1792 i Jeffersoniani completarono l'operazione di ostruzionismo a Hamilton[168]. La fazione rimasta allineata con quest'ultimo divenne presto nota come "federalista"; mentre i suoi oppositori si autodefinirono "repubblicani" (il Partito Democratico-Repubblicano). La leadership d'entrambi i gruppi - ma soprattutto i federalisti - rimasero sempre assai riluttanti a etichettare la propria fazione come un vero e proprio partito politico[169].

 
Il tricolore bianco, rosso e blu simbolo del Partito Democratico-Repubblicano.

Nondimeno i primi blocchi di voto distinti e coerenti presero a emergere già con l'inaugurazione del III° Congresso[170]; i seguaci di Jefferson risultarono essere subito la rappresentanza più forte del profondo Sud e molti tra i suoi leader erano ricchi proprietari di schiavi; questi finirono con l'attrarre anche la nascente media borghesia oltre che gli artigiani, gli agricoltori e i mercanti che erano desiderosi di sfidare il potere dell'élite locale[171]. I federalisti di contro trovarono un più ampio sostegno nella Nuova Inghilterra della costa Nord-orientale, ma in altri luoghi anch'essi basavano il proprio fondo elettorale sui mercanti benestanti e i proprietari terrieri[172].

Mentre la politica economica risultò essere il fattore motivante originale della crescente divisione partigiana, preso anche le questioni di politica estera contribuirono ampiamente a divenire un fattore divisivo. Sebbene la maggior parte degli americani appoggiò la rivoluzione francese prima dell'esecuzione di Luigi XVI, alcuni dei seguaci di Hamilton iniziarono a temere l'egualitarismo radicale sorto in terra francese e che via via si faceva sempre più violento[173].

Washington temette in particolar modo l'ingresso britannico a sostegno del fronte antirivoluzionario, preoccupato per il fatto che la simpatia verso i francesi e l'odio anti-inglese avrebbero spinto il paese a prendere una parte attiva nelle guerre rivoluzionarie francesi, fino a portare al collasso e alla rovina dell'economia degli Stati Uniti d'America[174].

Nel 1793, subito dopo che l'impero britannico entrò in guerra, si vennero a costituire diverse "società democratico-repubblicane". Queste, incentrate sul ceto medio di svariate città degli Stati Uniti d'America nord-orientali, si opposero con forza alle politiche hamiltoniane a sostegno dei rivoluzionari francesi; i conservatori di contro presero a temerle in quanto movimento dedito al populismo il quale cercava di rielaborare l'ordinamento classista[175].

In quello stesso anno gli inglesi iniziarono ad attaccare il naviglio americano che commerciava con la prima Repubblica francese, con la conseguenza i ravvivare le fiamme del sentimento anti-britannico. Mentre il presidente continuò a cercare la via pacifica delle controversie ancora molto mal sopite con gli inglesi, i critici più accesi di questa presa di posizione presero ad attaccare Washington stesso e la sua linea fondata sulla diplomazia[175].

Dopo aver schiacciato la Whiskey Rebellion il presidente accusò pubblicamente le società democratico-repubblicane di esser state la causa prima del tentativo di ribellione; a questo punto Jefferson cominciò a considerare Washington come "il capo di un partito" piuttosto che "il capo di una nazione". Gli Hamiltoniani, che si unirono al Partito Federalista, si dichiararono entusiasti elle osservazioni presidenziali e il partito stesso cercò di associarsi sempre più strettamente a Washington[175].

Con il passaggio e l'approvazione del trattato di Jay infiammò ulteriormente la lotta tra fazioni, provocando un indurimento delle divisioni tra la due parti contrapposte[175]. Nel corso del biennio 1795-96 le varie campagne elettorali sia federali sia statali e anche a livello locale vennero condotte principalmente seguendo linee aprioristicamente partigiane sui due fronti oramai divenuti veri e propri partiti nazionali; tutto ciò anche se le problematiche localistiche continuarono a influenzare in maniera notevole le scadenze elettorali: le affiliazioni di partito rimasero quindi ancora solo a livello di fluido movimentismo[176].

Legislazione sugli schiaviModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Schiavitù negli Stati Uniti d'America.

Nel 1790 la Pennsylvania Abolition Society (Società per la liberazione dei neri liberi detenuti illegalmente in schiavitù) - la prima organizzazione per l'abolizionismo negli Stati Uniti d'America - s'impegnò in una campagna di pressione senza precedenti con l'intento di abolire la schiavitù; gli sforzi messi in campo subirono un'intensa e tenace opposizione proveniente dalla maggior parte dei congressisti sudisti i quali riuscirono temporaneamente a bloccare qualsiasi tentativo in questo senso, ritenendola un'istituzione fondamentale per la loro economia di piantagione[177].

A seguito di un dibattito rivelatosi assai conflittuale i principali leader del Congresso misero da parte le proposte presentate senza neppure sottoporle a votazione da parte dell'Aula legislativa, creando in tal modo un precedente secondo cui il Congresso nella sua generalità avrebbe sempre cercato di evitare di discutere la questione dello schiavismo[178].

Il Congresso approvò infine due leggi sul commercio e sulla Tratta atlantica degli schiavi africani durante l'amministrazione di Washington: il Fugitive Slave Act del 1793 rese un crimine federale assistere uno schiavo in fuga e stabilì il sistema legale con cui gli schiavi fuggitivi avrebbero dovuto essere restituiti ai loro legittimi proprietari[179]; e la Slave Trade Act del 1794, che limitava il coinvolgimento degli Stati Uniti nel trasporto di schiavi vietandone di fatto l'esportazione[180].

Guerra indiana del Nord-OvestModifica

In seguito all'adozione della Land Ordinance of 1785 i coloni americani iniziarono liberamente a spostarsi in direzione del West attraversando i Monti Allegani e quindi all'interno delle terre occupate ancora interamente dai nativi americani degli Stati Uniti d'America; a seguito della guerra d'indipendenza americana nel 1787 l'impero britannico ne aveva ceduto il controllo ai nuovi Stati Uniti, assumendo così la denominazione di Territorio del nord-ovest.

Come dettero il via alla penetrazione incontrarono la resistenza inflessibile e spesso violenta da parte di un insieme di tribù autodefinitesi Confederazione dell'Ovest. Nel 1789, ancora prima che il presidente entrasse in carica, fu stipulato un accordo - il trattato di Fort Harmar - il quale avrebbe dovuto affrontare e cercare di risolvere le rimostranze dei gruppi nativi. Nonostante ciò non fu intrapresa quasi alcuna iniziativa per fermare la violenza contro i pionieri fino a quando, l'anno seguente, Washington diresse l'United States Army in loco per far rispettare la sovranità americana.

 
Un ritratto di Josiah Harmar.

Il Segretario alla Guerra Henry Knox ordinò al Brigadier generale Josiah Harmar d'intraprendere una vasta offensiva contro gli "indiani" Shawnee e Miami Algonchini residenti nella regione; nell'ottobre del 1790 i suoi 1.453 soldati verranno radunati nelle immediate vicinanze dell'odierna Fort Wayne nell'Indiana. Harmar impiegò solamente 400 dei propri uomini, messi sotto il comando del colonnello John Hardin, per attaccare una forza indiana composta da circa 1.100 guerrieri; questi ultimi li sconfissero facilmente infliggendo perdite di almeno 129 caduti[181].

Determinato a vendicare la sconfitta il presidente ordinò quindi al maggiore generale Arthur St. Clair - il quale fungeva da governatore del territorio - di compiere uno sforzo più vigoroso entro il terzo trimestre del 1791. Dopo aver avuto notevoli difficoltà nel reperire uomini e rifornimenti finalmente St. Clair fu pronto; all'alba del 4 novembre la sua truppa mal addestrata e accompagnata da circa 200 volontari raccolti dal campo dei coloni, si trovò accampata vicino all'odierna località di Fort Recovery nell'Ohio. Tutt'attorno al loro campo verranno installate delle assai scarse difese.

 
Un ritratto di Tecumseh
  Lo stesso argomento in dettaglio: Sconfitta di St. Clair.

Una forza indiana composta di circa 2.000 guerrieri condotti da Piccola Tartaruga, Giacca Blu e Tecumseh colpì con rapide e travolgenti incursioni Shock and awe, paralizzando dalla paura gli americani i quali videro presto superato il loro perimetro esterno di difesa scarsamente preparato e ancor meno equipaggiato. L'armata di St. Clair fu quasi completamente annientata nel corso dello scontro protrattosi per 3 ore; il tasso delle vittime americane incluse il 69% di caduti (632 su 920 soldati e ufficiali) più 264 feriti. Quasi tutti gli altri 200 volontari furono massacrati, ponendo il conteggio totale dei morti a circa 832[182].

 
Il vecchio territorio del Nord-ovest; la versione del 1792 includeva anche una striscia lungo il confine settentrionale dello Stato di New York

I funzionari britannici dell'Alto Canada rimarranno deliziati e incoraggiati nell'apprendere dello strepitoso successo conseguito dagli indiani, che avevano contribuito a sostenere con decisione armandoli per anni; nel 1792 il tenente generale nonché primo governatore dell'Ontario John Graves Simcoe propose che l'intero territorio, oltre a una striscia di confine dello Stato di New York e del Vermont, venisse eretto come "Indian barrier state"[183].

Mentre però il governo di Sua Maestà non accettò la proposta nel contempo informò l'amministrazione che non aveva alcuna intenzione di cedere i fortini del Nord-ovest rimasti sotto la sua giurisdizione, anche se gli Stati Uniti avessero pagato i debiti giunti a scadenza[184]; inoltre all'inizio del 1794 gli inglesi si misero a costruire una nuova guarnigione lungo le sponde del fiume Maumee, Fort Miami, posto quindi a circa 60 km a Sud-ovest di Fort Pontchartrain du Détroit: un insediamento che avrebbe dovuto far rammentare la loro costante presenza e di supporto per la resistenza indiana.

Estremamente indignato alla notizia di quest'ennesima sconfitta il presidente esortò il Congresso a dare il via libera per la formazione di un esercito che fosse in grado di condurre un'offensiva di successo contro la Confederazione indiana, cosa che fu attuata nel marzo del 1792 stabilendo ulteriori reggimenti (tra cui la "legione statunitense") e aggiungendo arruolamenti triennali e aumentando la paga militare[185].

Il mese seguente il Congresso condusse audizioni investigative per gli accertamenti di responsabilità sulla grave sconfitta subita: questa fu la prima indagine speciale svolta dal Congresso dopo l'approvazione definitiva della Costituzione federale[186]. Il seguito verranno approvate le Militia Acts of 1792; la prima autorizzò Washington a chiamare a raccolta le milizie dei vari Stati, mentre la seconda richiese che ogni cittadino maschio bianco americano, libero e robusto e di età compresa tra i 18 e i 45 anni si dovesse arruolare nelle milizie dello Stato in cui risiedeva[187].

 
Il maggiore generale Anthony Wayne al comando della Legione in un'illustrazione del 1794

Successivamente il presidente mise il "generale pazzo" Anthony Wayne al comando della Legione ordinandogli di avviare una nuova spedizione offensiva contro la Confederazione. Questi trascorse i mesi immediatamente successivi nel compito di addestramento reclute a Legionville (l'attuale Baden), con esercitazioni di abilità militare, tattiche di guerra forestale e regole disciplinari; infine guidò le truppe così disposte a ovest.

Verso la fine del 1793 la Legione diede il via alla ricostruzione di Fort Recovery, luogo della sconfitta di St. Clair; tra il 30 giugno e il 1º luglio lo difese con successo da un attacco indiano condotto da Piccola Tartaruga, che lo assediò inutilmente[188].

 
Mappa del bacino del fiume Maumee, che sfocia nel Lago Erie

Cominciando a prendere l'iniziativa le legioni marciarono in direzione Nord attraverso la foresta e una volta raggiunta la confluenza dei fiumi Auglaize e Maumee, una settantina di km a Sud-ovest di Fort Miami, l'8 agosto iniziarono la costruzione di Fort Defiance nell'odierno Ohio, una lunga palizzata rinforzata con i bastioni dei fortini. Qui offriranno per la prima volta la pace, che fu però respinta[183][189].

I soldati di Wayne avanzarono allora verso Fort Miami e il giorno 20 si scontrarono con le forze confederate indiane guidate dal capo "Giacca Blu", in quella che divenne nota come battaglia di Fallen Timbers; il primo assalto legionario parve avere successo, essendo in grado di raggrupparsi rapidamente e premere sull'attacco con una carica alla baionetta. La cavalleria riuscì ad aggirare i guerrieri nativi i quali in tal modo furono facilmente sbaragliati.

Fuggendo verso Fort Miami si sorpresero di trovare i cancelli chiusi contro di loro: il comandante britannico si rifiutò difatti di assisterli, non volendo iniziare un'altra guerra contro gli Stati Uniti. L'esercito di Wayne riuscì così a ottenere una vittoria decisiva; prima di ritirarsi i soldati trascorsero diversi giorni a distruggere i villaggi e le vicine colture indiane[190].

 
Dipinto a olio illustrante il trattato di Greenville il quale pose fine alla guerra indiana del Nord-Ovest

Con la porta sbattuta in faccia contro di loro da parte dei vecchi alleati la resistenza nativa collassò rapidamente[190]. I delegati delle varie confederazioni, 1.130 persone in totale, si riuniranno per avviare le trattative per una conferenza di pace da svolgersi nell'attuale Greenville (Ohio) entro il giugno del 1795; essa durò per 6 settimane fino a quando il 3 agosto ebbe la sua definitiva conclusione con la firma del trattato di Greenville tra le tribù indiane e i 15 rappresentanti dei bianchi americani[183].

 
La linea di confine e separazione tra indiani e coloni bianchi attraverso l'Ohio e l'Indiana determinata con il trattato di Greenville

Secondo i suoi termini i nativi avrebbero dovuto cedere la maggior parte di quello che è oggi il territorio dell'Ohio per lasciare il posto agli insediamenti dei coloni, riconoscere la sovranità statunitense (piuttosto che quella inglese) nella sua qualità di potenza dominante nella regione e infine permettere di far trasferire 10 capitribù come ostaggi in garanzia fino a quando non fossero stati restituiti tutti i prigionieri bianchi[191].

Quest'accordo, insieme al recente trattato di Jay siglato con l'impero britannico, che prevedeva il ritiro degli inglesi dai fortini pre-rivoluzionari della regione che non erano ancora stati ceduti, contribuì significativamente a consolidare il controllo americano praticamente in tutto il Territorio del nord-ovest[191].

Politica esteraModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della politica estera statunitense.

Rivoluzione franceseModifica

Dibattiti pubbliciModifica

Con l'assalto e la presa della Bastiglia il 14 luglio 1789 si diede il via all'esplosione della Rivoluzione francese.

La popolazione statunitense, ricordando ancora assai bene l'assistenza francese ricevuta nel corso della guerra d'indipendenza americana, fu in larga parte entusiasta e sperò in riforme democratiche che avrebbero fatto solidificare ancor più la presente alleanza franco-americana trasformando in tal maniera la Francia in alleata del repubblicanesimo in antitesi con i britannici fautori dell'aristocrazia e della monarchia[192].

 
Il marchese Gilbert du Motier de La Fayette durante la guerra d'indipendenza americana si rivelò di valido aiuto con il suo contingente francese inviato appositamente oltreoceano

Poco dopo la caduta della Bastiglia la chiave principale della prigione venne consegnata al marchese Gilbert du Motier de La Fayette, uno dei tanti militari francesi che aveva servito sotto Washington negli anni 1780-1787; in un'espressione di ottimismo riguardo alle possibilità di un pieno successo rivoluzionario egli inviò la chiave proprio al primo presidente d'oltreoceano il quale orgogliosamente la espose bene in vista nello studio della sua residenza esecutiva[193].

Nei Caraibi la rivoluzione destabilizzò la colonia francese di Saint-Domingue - l'odierna Haiti - tanto da dividere la dirigenza locale in fazioni monarchiche e rivoluzionarie e incitando la popolazione a sollevarsi per chiedere i diritti civili per se stessi; percependo un'opportunità di libertà i neri vittime della tratta atlantica a Nord dell'isola organizzarono una ribellione iniziata il 22 agosto 1791. La rivoluzione haitiana ebbe il successo sperato portando alla creazione del secondo paese indipendente delle Americhe (dopo gli Stati Uniti) e il primo a maggioranza nera al mondo[194].

Di poco successivo allo scoppio della rivolta l'amministrazione - su espressa richiesta francese - accettò d'inviare armi, denaro e provviste con l'intento di porgere aiuto ai coloni europei possessori di schiavi che sentivano di trovarsi in un pericolo immediato[195]; molti meridionali americani d'altra parte reagirono denunciando i presunti massacri commessi dagli schiavi in rivolta: credettero difatti che se la sollevazione di schiavi a Haiti fosse riuscita ciò avrebbe potuto comportare anche una sua esportazione, con una conseguente massiccia guerra razziale anche in America[196].

Gli aiuti portati dagli statunitensi all'ex-colonia di Saint-Domingue fecero parte dei rimborsi dei prestiti di guerra concessi dai francesi alla loro precedente guerra rivoluzionaria anti-britannica, venendo ad ammontare alla fine a una somma di 400000 dollari e un migliaio di pezzi di armamenti[197].

Nel frattempo tra il 1790 e il 1794 la rivoluzione nel territorio francese prese una direttiva sempre più radicale[192], avviando al potere il Giacobinismo. Nel 1792 il governo rivoluzionario dichiarò guerra a diverse nazioni europee - tra cui il Regno di Gran Bretagna - conducendo così alla Prima coalizione; un'ondata di sanguinosi massacri di diffuse a Parigi e in altre città verso la fine dell'estate (i massacri di settembre), lasciando oltre un migliaio di persone sul terreno. Il 21 settembre - in nome dei cittadini - fu proclamata la Prima Repubblica francese e il deposto Luigi XVI di Francia trovò la morte il 21 gennaio seguente sotto la lama della ghigliottina.

Seguì quindi un periodo etichettato da alcuni storici come il "Regime del Terrore" tra l'estate del 1793 e la fine di luglio del 1794, durante il quale furono comminate 16.594 condanne alla pena di morte contro coloro che furono accusati di essere diventati dei "nemici della rivoluzione"[198]. Tra questi giustiziati si trovavano anche molte persone che avevano prestato il proprio soccorso ai ribelli americani nel corso della guerra d'indipendenza, come l'ammiraglio Charles Henri d'Estaing.

Lafayette, che venne in un primo tempo nominato comandante in capo della Guardia nazionale francese subito dopo l'assalto alla Bastiglia, fu costretto a fuggire finendo per essere fatto prigioniero in territorio austriaco; mentre Thomas Paine accorso per sostenere i rivoluzionari, fu imprigionato nella capitale francese in quanto autore di un pamphlet sedizioso.

 
Il Segretario di Stato Thomas Jefferson si schierò apertamente e con forza dalla parte dei rivoluzionari francesi

Negli Stati Uniti il dibattito politico sorto sulla natura della rivoluzione esacerbò le divisioni preesistenti e portò allo schieramento delle élite dirigenziali lungo ferree linee di posizione o filo-francesi o filo-britanniche. Thomas Jefferson diventò ben presto il capo della prima fazione la quale celebrava gli ideali rivoluzionari repubblicani; Alexander Hamilton guidò invece la fazione che guardava alla rivoluzione con un maggior senso di scetticismo e cercava di preservare i legami commerciali esistenti con gli inglesi[192].

Quando giunse la notizia che la nuova Francia aveva dichiarato guerra ai britannici la maggior parte della gente rimase divisa sulla possibilità che gli Stati Uniti entrassero in guerra a fianco dei francesi; Jefferson e i suoi sostenitori volevano cercare in ogni modo di portare il loro contributo alla causa repubblicana mettendosi dalla parte dei rivoluzionari, laddove invece Hamilton con i propri seguaci proponeva di rimanere sostanzialmente neutrali nel teatro del conflitto scatenatosi in Europa[199].

Jefferson accusò Hamilton, ma anche il vicepresidente John Adams e finanche Washington, di essere amici degli inglesi, fondamentalmente tendenti al monarchismo e pertanto avversari dei valori propugnati dal repubblicanesimo che tutti i veri americani avrebbero invece dovuto amare[200]. Gli Hamiltoniani a loro volta avvertirono che i repubblicani di Jefferson avrebbero replicato, se solo se ne fosse presentata l'occasione, di replicare gli orrori rivoluzionari francesi anche in terra americana: "il governo della folla è del tutto simile all'anarchia e conduce alla distruzione di ogni ordine e grado sia nel governo sia nell'intera società!"[201].

Neutralità americanaModifica

Sebbene il presidente, il quale credeva che gli Stati Uniti fossero ancora troppo deboli e instabili per avventurarsi a combattere un'altra guerra contro le grandi potenze europee, desiderò fortemente evitare tutti gli imprevisti possibili con gli stranieri[202], una parte considerevole dell'opinione pubblica si dimostrò invero fin da subito pronta a supportare i francesi e la loro lotta per la Liberté, Égalité, Fraternité.

 
Ritratto a stampa del "cittadino" Edmond-Charles Genêt

Nei giorni immediatamente successivi alla 2ª inaugurazione presidenziale del principio del 1793 il governo rivoluzionario francese inviò il corriere diplomatico Edmond-Charles Genêt in America; la sua missione consisteva nel provocare una crescita del sostegno statunitense alla causa francese. Egli emise delle lettere di corsa per concedere alle imbarcazioni americane di attuare rappresaglie e tentativi di catturare le navi mercantili inglesi[203]; cercò anche di trasformare il sentimento popolare nei confronti di un eventuale e auspicato coinvolgimento statunitense nella guerra francese contro i britannici creando una rete di "Società democratico-repubblicane" nelle principali città[204].

Washington rimase però profondamente irritato da questa "ingerenza sovversiva" e quando Genêt permise a una nave da guerra sponsorizzata dai francesi di salpare da Filadelfia, contravvenendo così agli ordini giunti direttamente dal presidente, questi chiese esplicitamente che il diplomatico venisse richiamato in tutta fretta in patria. In quel lasso di tempo tuttavia la rivoluzione aveva cominciato ad adottare un approccio sempre più violento, tanto che lo stesso Genêt sarebbe finito con l'essere giustiziato se solo si fosse azzardato a tornare in terra francese[205].

Fece pertanto appello a Washington il quale gli permise di rimanere, facendolo in tal maniera diventare il primo rifugiato politico a cercare il diritto di asilo negli Stati Uniti. Nel corso dell'evolversi del caso Genêt il presidente, dopo aver consultato il proprio Gabinetto, emise il 22 aprile 1793 un proclama di neutralità; in esso dichiarò gli Stati Uniti neutrali nel conflitto in corso tra Francia e Gran Bretagna. Minacciò inoltre seri procedimenti giudiziari a carico di qualsiasi americano che avesse fornito assistenza a uno dei paesi in guerra[206].

Alla fine Washington riconobbe che voler sostenere l'una o l'altra delle parti costituiva una falsa dicotomia e quindi il non immischiarsi nelle faccende europee sarebbe alla fine stato di estremo vantaggio per gli Stati Uniti appena nati, proteggendoli - a suo modo di vedere - da danni assolutamente non necessari[207].

Il pubblico coltivò opinioni contrastanti nei riguardi del Proclama; coloro che sostenevano più appassionatamente Madison o Jefferson erano molto più propensi a voler entrare nella mischia e in special modo a favore della rivoluzione in quanto la vedevano come l'opportunità principe per una nazione di conseguire la libertà da un dominio tirannico assolutista. Vi erano tuttavia anche un certo numero di commercianti che erano estremamente felici che il presidente avesse infine deciso di rimanere imparziale di fronte a entrambi gli schieramenti[208].

Credettero difatti che se il governo avesse preso una posizione netta nei riguardi della guerra ciò avrebbe completamente rovinato tutte le loro relazioni commerciali con gli inglesi. Quest'argomentazione prettamente economica fu la ragione principale per molti sostenitori federalisti i quali volevano in ogni maniera evitare l'espandersi di un conflitto con i britannici. Hamilton sostenne risolutamente il Proclama, difendendolo sulla stampa sotto lo pseudonimo di "Pacificus"[209]; egli incoraggiò il presidente a decidersi di emetterlo prospettandogli la necessità di un "proseguimento nella via della pace, il cui desiderio si può dire che sia universalmente ardente[210].

Relazioni con l'impero britannicoModifica

Sequestri navali e rappresaglie economicheModifica

Nello scendere in guerra contro la neonata Repubblica di Francia la Royal Navy incominciò a intercettare le navi dei paesi neutrali diretti verso i porti della nazione avversaria. I francesi erano a quei tempi grandi importatori di generi alimentari americani; gli inglesi speravano di farli letteralmente morire di fame bloccando e ponendo sotto sequestro tutte queste spedizioni[211]. Nel novembre del 1793 il governo di Sua Maestà allargò la portata di queste azioni, includendovi anche tutte le navi neutrali che commerciavano con le Antille francesi, comprese quelle battenti bandiera statunitense[212].

Entro il marzo successivo oltre 250 imbarcazioni mercantili degli Stati Uniti erano state sequestrate e i loro equipaggi fermati e trattenuti forzosamente[213]; come diretta conseguenza gli americani esplosero in una pubblica indignazione e in diverse città scoppiarono rabbiose proteste anglofobe[214]. Molti dei Jeffersoniani seduti al Congresso reclamarono una formale dichiarazione di guerra a tutti gli effetti; ma l'allora parlamentare James Madison richiese invece una dura rappresaglia economica, incluso un embargo su tutti gli scambi con britannici[215].

 
Guy Carleton, Governatore generale del Canada dal 1786 al 1796, utilizzò parole dure contro il neonato governo statunitense

A infiammare ulteriormente il sentimento anti-inglese tra i banchi congressuali giunse la notizia, mentre la questione delle sanzioni era in via di discussione, che il Governatore generale del Canada Guy Carleton aveva pronunziato un discorso incendiario che incitava i Nativi americani degli Stati Uniti d'America presenti nel Territorio del nord-ovest a schierarsi contro gli americani e a imbracciare le armi[212][215].

Nel febbraio precedente si sentì riferire che G. Carleton, primo barone di Dorchester, avrebbe detto ai leader delle Sette Nazioni del Canada che la guerra tra Stati Uniti e Gran Bretagna era probabile che scoppiasse prima che l'anno fosse finito; affermò inoltre che, a causa dell'aggressione americana nella regione, gli Stati Uniti avevano perso tutti i loro diritti su quel territorio (a sud dei Grandi Laghi) premiata dal trattato di Parigi (1783). Egli fu ufficialmente rimproverato dal Sovrano del Regno di Gran Bretagna Giorgio III del Regno Unito per le sue parole forti e non autorizzate[216].

Il Congresso rispose a questi "oltraggi" promulgando un embargo ufficiale di un mese (dal 26 marzo al 26 aprile 1794) su tutte le spedizioni straniere e interne dirette oltreoceano nei porti del paese; il presidente lo controfirmò[213]. Nel frattempo il governo britannico aveva fatto emanare un ordine in merito agli effetti attenuanti da introdurre alla risoluzione già adottata a novembre; questo parziale cambiamento di rotta politica però non riuscì a sconfiggere l'intero movimento favorevole alla rappresaglia commerciale, anche se in qualche modo ottenne l'effetto di raffreddare alquanto gli animi[217].

L'embargo fu successivamente rinnovato per un secondo mese, ma poi si autorizzò a farlo decadere. La forte inclinazione di Washington in risposta alle provocazioni britanniche fu quella di tentare di trovare una soluzione utilizzando le vie più eminentemente diplomatiche; approfittando dell'evidente mutamento nell'atteggiamento degli inglesi mandò il Presidente della Corte suprema John Jay in qualità d'inviato speciale in terra britannica ordinandogli - come compito precipuo - di fare di tutto per evitare un conflitto armato[218].

Questo approccio morbido provocò le ire dei Jeffersoniani; sebbene fu confermato con un ampio margine dal Senato (18 voti a favore contro 8) il dibattito sulla nomina e il relativo tipo di incarico da affidare all'ambasciatore si rivelò essere assai acceso e combattuto tra le due parti[219].

Mentre la "Clausola di Ineleggibilità" dell'Articolo I, Sezione 6 della Costituzione proibisce alle persone che prestano servizio in un ufficio federale o in una filiale giudiziaria di prestare simultaneamente servizio anche al Congresso, ciò non impedisce (né crea incompatibilità secondo altre disposizioni costituzionali) il servizio simultaneo negli uffici del ramo esecutivo e di quello giudiziario. Oltre a John Jay, anche altri Presidenti della Corte come Oliver Ellsworth e John Marshall ricopriranno due incarichi - sia esecutivi sia giudiziari - nei primi decenni di esistenza della nazione[220].

Più recentemente, il giudice associato Robert Houghwout Jackson è stato nominato per servire come capo del "Consiglio degli Stati Uniti" per il perseguimento dell'accusa di crimine di guerra contro dalla Germania nazista nel processo di Norimberga del 1945-46[221], mentre il Presidente della Corte Earl Warren fu scelto dalla presidenza di Lyndon B. Johnson per presiedere la Commissione Warren nel 1964, formata per indagare sull'assassinio di John Fitzgerald Kennedy[222].

Il trattato di JayModifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato di Jay.

Jay fu incaricato da Hamilton a chiedere un risarcimento per il sequestro delle navi americane e di chiarire le regole che avrebbero dovuto governare la cattura delle imbarcazioni neutrali da parte dei britannici; doveva anche insistere sul fatto ce gli inglesi rinunciassero alle loro posizioni nel territorio del Nord-ovest. In cambio gli Stati Uniti si sarebbero assunti la responsabilità dei debiti pre-rivoluzionari dovuti a commercianti e soggetti britannici. Chiese anche a Jay, se possibile, di cercare un ponte d'accesso per le navi americane alle Indie occidentali britanniche[212].

 
William Wyndham Grenville, I barone Grenville, Segretario di Stato per gli affari esteri e del Commonwealth, negoziò con John Jay il trattato di Jay

Assieme al Segretario di Stato Grenville Jay iniziò le trattative il 30 luglio 1794; la prima fase dell'accordo riuscì a emergere alcune settimane dopo e fu comunemente noto come trattato di Jay: nelle parole del diplomatico si trattò di un risultato "uguale ed equo"[223]. Entrambe le parti raggiunsero con esso molti obiettivi, con diverse questioni inviate al giudizio super partes dell'arbitrato.

Per gli inglesi l'America rimase neutrale e politicamente si avvicinò alle loro cause, con gli statunitensi che garantirono anche un trattamento favorevole alle importazioni britanniche; in cambio questi ultimi accettarono di far evacuare i propri fortini occidentali, cosa quest'ultima che avrebbero già dovuto intraprendere fin dal 1783.

Concordarono inoltre di aprire i loro porti delle Indie occidentali alle navi americane di più piccolo cabotaggio, di permettere alle imbarcazioni minori di poter continuare a effettuare scambi con le Antille francesi e di istituire una commissione che avrebbe giudicato le rivendicazioni americane per le navi fino ad allora poste sotto sequestro preventivo dalla Royal Navy oltre che le rivendicazioni britanniche per i debiti contratti prima del 1775.

 
Prima pagina del trattato di Jay stipulato nel 1795

Il trattato tuttavia non contenne né concessioni sul diritto di trattenere i marinai americani né tanto meno esplicite dichiarazioni sui diritti da concedere agli stessi. In seguito fu costituita un'altra commissione con l'intento di occuparsi e, se possibile, tentare di risolvere le varie contese sorte sui confini a Nord[224].

Una volta che fu spedito a Filadelfia nel marzo del 1795 il presidente, che continuava a mantenere dei seri dubbi sui termini dell'accordo così faticosamente raggiunto, ritenne doveroso tenere il suo contenuto riservato almeno fino a giugno, quando una sessione speciale del Senato si sarebbe dovuta riunire per dare il proprio consiglio e relativo consenso.

Peter Trubowitz scrive che nel corso di questi mesi Washington lottò con un "dilemma strategico", bilanciando al massimo grado geopolitica e affari interni:

«Se avesse concesso il proprio assenso implicito al trattato, rischiava di distruggere i già quantomai fragili equilibri di governo dall'interno a causa della rabbia di parte: se invece lo avesse accantonato per zittire i suoi detrattori politici, ci sarebbe stata probabilmente una guerra con la Gran Bretagna, che aveva il grave potenziale di distruggere il governo dall'esterno[225]

Presentato quindi l'8 giugno il dibattito sui 27 articoli dell'accordo fu condotto in via strettamente riservata e si prolungò per più di due settimane[226]; i senatori jeffersoniani, che intendevano spingere i britannici sull'orlo della guerra[227], non mancarono di denunciarlo come un insulto al prestigio americano e un palese ripudio del trattato d'alleanza franco-americano del 1778 oltre che dell'esistenza del supporto militare reciproco tra i due paesi. Il newyorkese Aaron Burr discusse punto per punto le motivazioni secondo cui l'intero trattato avrebbe dovuto essere rinegoziato.

Infine il 24 giugno il Senato lo approvò con un voto di 20 contro 10, esattamente la maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti espressi necessari per ottenere la ratifica[226].

Sebbene si sperasse di mantenerne segreti i termini del patto fino a quando il presidente non avesse deciso di controfirmarlo o meno, esso fu nondimeno inviato per vie traverse a un editore di Filadelfia il quale lo stampò per intero il 30 giugno[226]. In pochissimi giorni tutto il paese ne venne a conoscenza e, secondo le parole dell'autore Samuel Morison: "un urlo di rabbia salì unanime, considerando Jay aver tradito il proprio paese"[228]; ma la reazione maggiormente negativa fu al Sud.

La stragrande maggioranza dei piantatori i quali dovevano i debiti rivoluzionari agli inglesi, che ora vi vedevano preclusa - almeno a breve termine - la possibilità di andare a riscuotere per gli schiavi perduti per colpa loro, lo considerarono una "grande indegnità"; come diretta conseguenza i Federalisti perdettero la maggior parte del sostegno a cui avevano fino a quel momento usufruito tra i proprietari schiavisti meridionali[229]. La contestazione organizzata dai Democratico-Repubblicani incluse petizioni, opuscoli incendiari e una serie di riunioni pubbliche tenutesi nelle maggiori città, ognuna delle quali concluse i lavori inviando un memoriale direttamente al presidente[230].

Vi fu una pausa temporanea nelle polemiche scatenate dopo che Washington lo firmò il 24 agosto. Appena l'anno seguente tuttavia la questione ritornò a galla quando la Camera dei rappresentanti s'inserì nel dibattito; questa volta la discussione non riguardò solamente i meriti del trattato, ma anche la questione se il parlamento avesse o meno il potere secondo la Costituzione di rifiutare di stanziare il denaro necessario per un trattato già ratificato dal senato e inoltre controfirmato dal presidente[230].

Citando la propria autorità fiscale costituzionale (articolo I, sezione 7 delle "clausole originarie") l'aula richiese a Washington di consegnarle tutti i documenti relativi ai negoziati svoltisi, comprese le sue istruzioni date a Jay, tutta la corrispondenza e gli altri documenti relativi; il presidente si rifiutò invocando ciò che in seguito divenne noto come "privilegio esecutivo"[231] e insistendo sul fatto che l'Assemblea non aveva l'autorità costituzionale per bloccare gli accordi internazionali[226][232].

Ne seguì pertanto un dibattito altamente conflittuale durante il quale gli oppositori più violenti a Washington dell'Aula si spinsero fino al punto di chiedere pubblicamente un suo impeachment[229]. Grazie a tutto ciò il presidente rispose ai suoi critici facendo uso del proprio indiscusso prestigio, delle sue riconosciute capacità politiche e del potere riservatogli dall'ufficio che deteneva in una maniera assai schietta e diretta; il tutto per ampliare il sostegno pubblico alla posizione assunta.[233].

Alla fine il 30 aprile 1796 la Camera approvò i necessari finanziamenti con un voto di 51 contro 48[226]. I Jeffersoniani a questo punto cavalcarono la campagna pubblica contraria al trattato e alla politica federalista filo-britannica nella loro opera di propaganda politica sia statale sia federale alle elezioni presidenziali del 1796, laddove le divisioni che segnavano il "primo sistema partitico" ebbero modo di cristallizzarsi[234].

A livello internazionale il patto sottoscritto raffreddò notevolmente le relazioni diplomatiche con i rivoluzionari francesi, per dirigerle al suo posto verso gli inglesi poiché il Direttorio concluse che esso violava il precedente accordo franco-americano del 1778 e che il governo l'oltreoceano l'aveva accettato, disattendendo lo schiacciante sentimento popolare manifestatosi contro di esso[234]. Questo fatto creò una serie di conflitti diplomatico-politici nei quattro anni seguenti, culminando in quella che divenne nota come quasi-guerra[226][235].

Ma il trattato di Jay contribuì anche a garantire il pieno controllo americano delle proprie terre di frontiera; dopo la sua firma infatti gli inglesi ritirarono il loro appoggio a diverse tribù di nativi, mentre da parte sua l'impero spagnolo - temendo che il patto segnalasse la nascita di una rinnovata alleanza anglo-americana - cercarono di accordarsi a loro volta pacificamente con gli Stati Uniti sulle questioni inerenti ai confini meridionali[236].

Pirati barbareschiModifica

 
La prima bandiera della Continental Navy adottata nel 1776

Al termine della guerra d'indipendenza americana le imbarcazioni della Continental Navy vennero gradualmente eliminate e gli equipaggi finirono con lo sciogliersi; la fregata USS Alliance (1778) la quale aveva sparato gli ultimi colpi della guerra nel 1783 fu anche l'ultima nave della Marina a essere in servizio attivo, ma la carenza di fondi per le riparazioni e il mantenimento - unito a un cambiamento delle priorità nazionali - alla fine prevalse sui sentimenti: fu venduta nell'agosto del 1785 dal Congresso continentale e la Marina si sciolse ufficialmente[237][238].

All'incirca in quello stesso lasso di tempo le navi mercantili americane già presenti nel Mar Mediterraneo Occidentale e nell'Oceano Atlantico Sud-orientale incominciarono ad avere seri problemi per colpa dei Corsari barbareschi musulmani che infestavano quelle acque operando dai porti lungo la costa dei cosiddetti Stati barbareschi del Nordafrica, approssimativamente le zone costiere delle odierne Algeri, Tripoli e Tunisi. Nel corso del biennio 1784-85 le navi pirata algerine abbordarono due navi da trasporto merci americane (la Maria e la Dauphin), sequestrando i loro equipaggi a scopo di riscatto[239][240].

Thomas Jefferson, allora ambasciatore nel Regno di Francia, suggerì la creazione di una forza navale statunitense appositamente adibita alla protezione dei trasporti americani nell'area mediterranea; le sue raccomandazioni verranno però inizialmente accolte con estrema indifferenza, proprio come le successive espresse da John Jay il quale aveva proposto l'immediata costruzione di ben 5 navi da guerra dotate di una quarantina di cannoni[239][240]. A partire dalla fine del 1786 la Marinha Portuguesa dell'impero portoghese cominciò a bloccare le navi algerine all'ingresso dell'Atlantico attraverso lo stretto di Gibilterra, il che fornì una temporanea protezione anche alle navi mercantile americane[239][241].

La pirateria contro le imbarcazioni da trasporto non si era rivelata essere un problema prima del 1776 in quanto le navi delle Tredici colonie venivano protette dalla Royal Navy e dai numerosi trattati britannici, e non fu un problema neppure durante il periodo rivoluzionario dato che la Marine nationale francese se ne assumeva la responsabilità come parte del trattato d'alleanza. Fu solo dopo che gli Stati Uniti raggiunsero la propria indipendenza che i pirati barbareschi cominciarono a catturare navi americane e a esigerne il riscatto o un tributo[241].

Inoltre una volta scoppiata la rivoluzione francese la Marina di Sua Maestà incominciò a intercettare le navi mercantili statunitensi sospettate di commerciare con il nuovo regime, mentre da parte loro i francesi iniziarono a fare altrettanto con quelle sospettate di intrattenere affari con i britannici; del tutto indifeso in questo campo il governo avrebbe potuto fare ben poco per cercare di resistere[242]. Anche in presenza di questi eventi si verificò una forte opposizione in seno al Congresso davanti alla proposta di costituire una forza militare navale.

Coloro che erano contrari affermarono difatti che il pagamento di un tributo agli Stati barbareschi era una soluzione migliore rispetto alla costruzione di una flotta che, sostennero, avrebbe portato solamente alla richiesta di istituire un Dipartimento della Marina e a ulteriori funzionari federali da gestire: ciò avrebbe condotto a maggiori stanziamenti di fondi, i quali alla fine sarebbero sfociati in una spirale del tutto incontrollabile, dando vita a un "ente auto-assorbente"[243][244].

In seguito nel 1793 una tregua negoziata tra i portoghesi e i pirati arabi algerini pose fine al blocco di Gibilterra, lasciandoli così de tutto liberi di compiere scorrerie per tutto l'Atlantico; in pochi mesi riusciranno a catturare 11 navi americane e oltre 100 marinai[237][241].

 
La USS Constitution, l'ultima delle Sei fregate originali della US Navy ancora in servizio

L'accumularsi di tutti questi eventi spinse l'amministrazione a proporre al Congresso di stabilire al più presto una flotta permanente[245][246]. Dopo una serie di dibattiti assai polemici il 27 marzo 1794 la Naval Act sugli armamenti navali, autorizzando così la costruzione della Sei fregate originali della US Navy la prima delle quali fu progettata da Joshua Humphreys: furono la USS United States (1797), la USS Constellation (1797), la USS Constitution, la USS Chesapeake (1799), la USS Congress (1799) e infine la USS President (1800). Queste furono le prime navi di quella che divenne l'attuale United States Navy[237][243].

 
Uno dei cannoni all'interno della USS Constitution

Poco dopo l'aula parlamentare autorizzò anche i fondi per ottenere un trattato con Algeri oltre che per riscattare gli americani tenuti in cattività i quali rischiavano di diventare degli schiavi messi in vendita dai mercanti musulmani; in quel momento ve ne erano 199, compresi alcuni sopravvissuti della Maria e della Dauphin. Ratificato nel settembre del 1795 il costo finale per il ritorno di coloro che erano tenuti in cattività fu di 642.000 dollari, a cui se ne dovettero aggiungere altri 21.000 di tributo annuale per ottenere una situazione di pace con i barbareschi[247].

Il presidente si dimostrò scontento nei confronti dell'accordo, ma si rese presto conto che gli Stati Uniti non avevano altra scelta che accettarlo; verranno anche stipulati dei trattati con Tripoli nel 1796 e con Tunisi l'anno seguente, ciascuno con un obbligo di pagamento annuale per avere l'impegno di essere protetti da altri attacchi[248].

La nuova Marina non sarebbe stata schierata fino a dopo che Washington ebbe lasciato l'ufficio; le prime due fregate completate furono la USS United States il 10 maggio 1797 e la USS Constitution varata il 21 ottobre seguente[249].

 
Il Vicereame della Nuova Spagna al momento della sua massima espansione nel 1763

Relazioni con l'impero spagnoloModifica

Verso la fine degli anni 1780 lo Stato della Georgia aumentò la rivendicazione dei territori posti al di là dei Monti Appalachi, con l'intenzione di soddisfazione la grande richiesta di terreni. La regione rivendicata, che venne chiamata Terre Yazoo, si estendeva a ovest della catena montuosa fino al fiume Mississippi e includeva la maggior parte degli attuali Stati dell'Alabama e del Mississippi (tra il 31º e il 35º parallelo Nord).

 
Mappa del profondo Sud che mostra le tre aree che costituivano lo scandalo della terra Yazoo del 1789

La sua zona più meridionale era però reclamata anche dall'impero spagnolo come parte integrante della Florida spagnola. Uno dei maggiori sforzi compiuti dai georgiani per raggiungere i loro obiettivi su questa regione contesa fu un piano messo a punto nel 1794 dal governatore della Georgia George Mathews in collaborazione con la sua Assemblea generale: esso si concluse in un enorme scandalo politico che divenne noto come "Scandalo della terra Yazoo".

 
Mappa della Florida occidentale britannica nel 1767

Sin dal 1763 gli spagnoli controllavano tutte le terre a ovest del Mississippi, la Louisiana (Nuova Spagna), oltre a New Orleans posta sulla sua sponda orientale; gli inglesi nel corso del ventennio 1763-83 controllavano invece le terre a est del grande fiume, la Florida occidentale a Nord del Golfo del Messico. Impadronitisi della Florida britannica al di sotto del 31º parallelo Nord gli spagnoli ne reclamarono il resto fino al 32° 22' parallelo, esattamente alla congiunzione dei fiumi Mississippi e Yazoo[250].

Da quel momento in poi tentarono di rallentare e limitare al massimo l'immigrazione dei coloni americani nella regione, istigando al contempo quelli già presenti a separarsi dagli Stati Uniti; inoltre verso la fine del 1784 chiusero il porto di New Orleans alle merci americane provenienti dai grandi barconi fluviali che percorrevano il Mississippi fino alla sua foce, l'unico sbocco praticabile per i beni prodotti da molti coloni: cominciarono infine anche a vendere armi da fuoco alle tribù indiane dello Yazoo,[251].

Dopo che il presidente ebbe emanato il Proclama di neutralità nel 1793 cominciò a preoccuparsi della possibilità che gli spagnoli, che alla fine di quell'anno si allearono agli inglesi in stato di guerra contro i rivoluzionari francesi nella Prima coalizione, potessero mettersi a lavorare in combutta con i britannici per incitare l'insurrezione nello Yazoo contro gli interessi statunitensi utilizzando anche l'apertura del commercio sul Mississippi come ulteriore allettamento[251].

Allo stesso tempo però, a metà del 1794, gli iberici stavano cercando di svincolarsi dall'alleanza anti-francese con l'intento di ristabilire una situazione pacifica nel continente europeo; nel mentre che il Primo ministro spagnolo Manuel Godoy stava cercando di concludere il suo proposito venne ad apprendere della missione di John Jay presso a Corona inglese, preoccupandosi così che quei negoziati avrebbero potuto condurre a un'alleanza anglo-americana e a una conseguente invasione dei possedimenti spagnoli nell'America settentrionale.

Sentendo la necessità di riavvicinarsi Goboy inviò una richiesta al governo statunitense per far eleggere un rappresentante autorizzato a negoziare un nuovo accordo; Washington mandò Thomas Pinckney a trattare con la Corte madrilena nel giugno del 1795[252].

 
Controllo delle potenze non native sull'America settentrionale nel 1796.

     Vicereame della Nuova Spagna

     Impero britannico

     Stati Uniti d'America

     Aree sottoposte a contenzioso tra USA e UK

     Impero russo

Undici mesi dopo la firma del trattato di Jay statunitensi e spagnolo accettarono di comune accordo il trattato di San Lorenzo, noto anche come trattato di Pinckney. Firmato il 27 ottobre 1795 esso stabilì intenzioni di pace e amicizia tra Stati Uniti e Impero spagnolo, decretò il confine meridionale con le colonie della Florida Orientale e Occidentale, con gli spagnoli che rinunciarono alla loro rivendicazione sulla parte della Florida Occidentale posta a Nord del 31º parallelo; il confine Ovest degli Stati Uniti si venne quindi a trovare lungo il Mississippi da settentrione fino all'altezza del 31º parallelo[253].

 
Linea del confine meridionale a seguito del trattato di San Lorenzo del 1795. Effettivo a partire dal 3 agosto seguente definì il confine tra gli Stati Uniti e la Florida spagnola; con questo accordo l'impero spagnolo rinunciò alle sue pretese su un'ampia striscia di terra a nord di quella linea di confine posta tra i monti Appalachi e il fiume Mississippi.

Ma forse il risultato ancor più importante fu la concessione alle navi di due paesi del diritto di navigazione illimitato lungo l'intero corso del Mississippi, nonché il trasporto duty-free per le navi americane attraverso lo scalo portuale di New Orleans, venendo in tal modo ad aprire l'intero bacino del fiume Ohio per gli insediamenti e il commercio. I prodotti agricoli avrebbero ora potuto fluire su imbarcazioni a pianale lungo l'Ohio fino al Mississippi e poi a New Orleans e nei mercati europei[254].

Spagnoli e statunitensi accettarono infine di proteggere le navi dell'altra parte ovunque all'interno delle loro giurisdizioni e di non detenere i cittadini o e imbarcazioni de due paesi né di sottoporle a embargo.

Il trattato conclusivo approvato annullò anche le garanzie spagnole di sostegno militare che i funzionari coloniali avevano fatto ai nativi nelle regioni contese, indebolendo pertanto enormemente la capacità di quelle comunità di resistere con la forza all'invasione delle loro terre ancestrali[252]. L'accordo bilaterale rappresentò una grande vittoria per l'amministrazione di Washington e contribuì in una maniera notevole a placare molti dei critici del precedente trattato di Jay.

Permise e incoraggiò i coloni americani a continuare il loro deciso movimento verso il West, rendendo le zone di frontiera più attraenti e redditizie[255]. La regione a cui l'impero spagnolo rinunciò fu velocemente incorporata dal Congresso come Territorio del Mississippi il 7 aprile 1798.

 
Una mappa degli Stati Uniti che mostra le rivendicazioni e relative cessioni di territori dal 1782 al 1802

Elezioni presidenziali del 1792Modifica

Mentre la scadenza elettorale presidenziale del 1792 si avvicinava Washington, soddisfatto dei progressi compiuti dalla sua amministrazione nello stabilire un governo federale forte e stabile[256], sperò di poter ritirarsi piuttosto che andare alla ricerca di un secondo mandato[257]; in quel tempo ebbe a lamentarsi dell'età che avanzava, della salute malferma, degli scontri interni che affliggevano il proprio gabinetto oltre che della sempre più crescente ostilità proveniente dalla stampa fattasi sempre più settaria[258].

Alcuni dei membri del suo gabinetto - in special modo Jefferson e Hamilton - operarono con estrema costanza durante tutta l'estate e l'autunno nel cercar di convincere il presidente a non ritirarsi[259]. Lo informarono del potenziale impatto negativo che le guerre rivoluzionarie francesi avrebbero potuto avere sull'intero paese, e insistettero pertanto sul fatto che solo qualcuno con la sua popolarità e moderazione riconosciuta e conclamata avrebbe potuto guidare la nazione in modo efficace nel corso degli incerti tempi a venire[4][260].

Alla fine, in ogni caso, il presidente "non ha mai annunciato la sua candidatura alle elezioni del 1792", scrisse John Ferling nel suo libro su Washington, ma molto "semplicemente non disse mai che non avrebbe preso in considerazione un secondo mandato"[261]. Quelle del 1792 furono le prime elezioni nella storia degli Stati Uniti a essere contestate su qualcosa che potesse assomigliare a uno schieramento partigiano.

Nella maggior parte degli Stati federati le elezioni per il Congresso erano in qualche modo riconosciuto come "una lotta tra il dipartimento del Tesoro e l'interesse del repubblicanesimo", come scrisse lo stratega di Jefferson John Beckley.[262]. Poiché pochi dubitavano che Washington avrebbe ricevuto il maggior numero di voti elettorali, la vicepresidenza divenne il maggior centro di attenzione popolare. Anche qui le speculazioni tendevano a essere organizzate secondo linee strettamente partigiane - gli Hamiltoniani sostenevano che John Adams e i Jeffersoniani favorivano apertamente il governatore di New York George Clinton[263][264].

 
L'arrivo di Washington al Congresso di Filadelfia per prestare il giuramento presidenziale d'avvio per il suo secondo mandato; in un dipinto di Jean Leon Gerome Ferris

Entrambi erano tecnicamente candidati alla presidenza in competizione contro Washington, dal momento che le regole elettorali del tempo richiedevano che ogni elettore presidenziale emettesse due voti senza distinguere quale era quello per il presidente e quale per il suo vice. I destinatari del maggior numero di voti sarebbero pertanto divenuti presidente e vicepresidente[265]. Washington venne eletto all'unanimità, ricevendo 13 voti elettorali (uno per ciascun elettore), mentre Adams fu riconfermato alla carica di vicepresidente, ricevendo 77 voti. I restanti 55 vennero quindi divisi tra: George Clinton (50), Thomas Jefferson (4) e Aaron Burr (1)[258].

La seconda inaugurazione ebbe luogo nella Sala del Congresso della Camera del Senato a Filadelfia il 4 marzo 1793. Il giuramento fu presieduto dal giudice associato William Cushing. Il discorso risultò essere di sole 135 parole, il più corto di sempre[266]. La breve e semplice inaugurazione fu vista in netto contrasto con quella immediatamente precedente la quale era stata percepita da molti come un'incoronazione quasi monarchica[261].

Anche se il suo secondo mandato iniziò contemporaneamente con quello di Washington, John Adams prestò il proprio giuramento solo il 2 dicembre seguente, quando il Senato si riconvocò. Il giuramento del vicepresidente fu prestato di fronte al presidente pro tempore del senato John Langdon[24].

Ultimi atti e appuntamento elettorale del 1796Modifica

 
Testo del discorso d'addio del presidente Washington

Discorso d'addioModifica

Quando il suo secondo mandato entrò nell'ultimo anno Washington era oramai del tutto esausto per il lungo tempo trascorso nel servizio pubblico. Sebbene fosse rimasto in condizioni mentali eccellenti, la salute fisica aveva cominciato a risentirne, tanto da declinare in maniera abbastanza grave; si sapeva anche che fosse assai infastidito dai continui attacchi ricevuti dalla stampa democratico-repubblicana i quali si erano intensificati subito dopo la firma del trattato di Jay. Ma, cosa per lui più importante, riteneva soprattutto di aver raggiunto i principali obiettivi della sua presidenza: la nazione aveva un'economia stabilizzata, un forte controllo sui territori occidentali e relazioni perlopiù pacifiche con le maggiori potenze straniere del tempo[267].

Pertanto contro i desideri della maggior parte dei federalisti, che speravano ardentemente avesse cercato ancora una volta la rielezione, Washington decise fin dall'inizio del 1796 che sarebbe andato irrevocabilmente in pensione, a meno di un'emergenza nazionale; ritardò l'annuncio formale fin quasi alla fine dell'anno, ma iniziò subito a redigere il proprio discorso d'addio[268].

La decisione del pensionamento, quando divenne di dominio pubblico, apparve una scelta epocale, poiché a quel tempo nel mondo della civiltà occidentale, le leadership nazionali molto raramente cedevano i loro titoli acquisiti in modo spontaneo e del tutto volontario[269]. Nel darne l'annuncio e poi nell'eseguirlo il presidente stabilì un precedente per il trasferimento democratico del potere esecutivo[270]; le sue dimissioni dopo due mandati stabilirono un modello per i successivi presidenti degli Stati Uniti d'America[269][270].

Dal 1789 al 1940 i presidenti degli Stati Uniti rispettarono un limite autoimposto di due mandati al massimo; vi si derogò una sola volta, con Franklin Delano Roosevelt, che fu eletto a quattro mandati consecutivi, restando in carica dal 1933 al 1945. Il 22° emendamento, proposto e presentato dallo stesso Roosevelt, prevede che "nessuna persona sarà eletta nell'ufficio di presidente più di due volte"[271].

Già nel 1792, quando aveva per la prima volta preso in considerazione la possibilità di uscire di scena, si rivolse a James Madison per chiedere aiuto nel comporre un "discorso di commiato" da rivolgere al pubblico; ora, quattro anni dopo, si rivolse ad Alexander Hamilton per avere una guida. Nel corso di diversi mesi i due quindi collaborarono alla formulazione migliore del discorso d'addio. Una delle bozze proposte includeva anche delle forti e acute critiche nei confronti dei giornali di partito e dei quotidiani: ma questa parte successivamente non venne inclusa nella lettera finale[272].

Il prodotto finito, scrisse la biografa Marie Hecht: "fu un vero matrimonio di menti, il picco di amicizia e comprensione reciproca tra i due uomini"; la maggior parte degli storici ritiene che mentre lo stile linguistico è principalmente quello di Hamilton, le idee sono invece essenzialmente quelle di Washington[270]. L'indirizzo venne pubblicato il 19 settembre nell'"American Daily Advertiser" di David Claypoole; fu quindi immediatamente ristampato sui giornali e come opuscolo in tutti gli Stati federati[273].

Washington chiarisce sin dall'inizio che non stava concorrendo per un terzo mandato e prosegue ringraziando i suoi concittadini per l'opportunità concessagli di aver potuto servire come loro presidente[274]; scrive poi sulla salvaguardia dell'Unione, il nucleo della nazione americana, la quale insieme alla Costituzione lega tutti gli americani insieme e provvede al benessere popolare[275].

Preoccupato per gli ostacoli e gli eventuali potenziali pericoli che parevano profilarsi all'orizzonte egli esorta il popolo ad amare e salvaguardare il loro sistema di governo fondato sul repubblicanesimo, così faticosamente conquistato nonostante le molte differenze localistiche[275].

«Anche l'unità di governo che ti costituisce un unico popolo ti è ora cara. È giusto così; perché è il pilastro principale dell'edificazione della tua vera indipendenza, il sostegno della tua tranquillità a casa, la tua pace all'estero, la tua sicurezza, la tua prosperità, quella stessa libertà che tanto ti preme. Ma siccome è facile prevedere che, da cause diverse e da diversi luoghi, saranno presi molti dolori, molti artifici impiegati, per indebolire nelle vostre menti la convinzione di questa verità; poiché questo è il punto della tua fortezza politica contro la quale le batterie dei nemici interni ed esterni saranno costantemente e attivamente (anche se spesso segretamente e insidiosamente) dirette, è di un momento infinito che dovresti valutare correttamente l'immenso valore della tua unione nazionale alla tua felicità collettiva e individuale; che dovresti avere un attaccamento cordiale, abituale e inamovibile; abituandoti a pensare e parlarne come al palladio della tua sicurezza politica e prosperità; guardando per la sua conservazione con ansia gelosa; lo sconto, qualunque cosa possa suggerire anche il sospetto che possa in ogni caso essere abbandonato; e con indignazione accigliata al primo sorgere di ogni tentativo di alienare qualsiasi parte del nostro paese dal resto, o di indebolire i sacri legami che ora collegano le varie parti[276]»

(Testo completo su Wikisource.)

Il discorso d'addio così indirizzato fu in larga parte una dichiarazione esplicita elle politiche adottate mentre si trovava in carica, con alcuni commenti personali inseriti qua e là per evidenziare alcuni punti salienti[274] e sottolineando i passi necessari da compiere per rendere effettiva la perpetuazione dell'Unione ("l'Unione Perpetua" è difatti una caratteristica degli Articoli della Confederazione); un concetto che cominciò a svilupparsi tra gli Stati durante la guerra d'indipendenza americana.

In tal modo Washington celebra una Costituzione ben scritta e funzionante insieme alle corrette abitudini e disposizioni (sia di tipo intellettuale sia religioso) delle singole persone come qualità essenziali. Il presidente uscente espone poi anche le più gravi minacce che intravede profilarsi all'orizzonte contro l'Unione, avvertendo gli americani di diffidare delle passioni del frazionismo politico, delle interferenze straniere negli affari interni della nazione e di evitare una politica estera "aggrovigliata"[275] e tesa.

Dopo la morte del presidente avvenuta nel 1799 il discorso venne ripetutamente ristampato sui giornali e incluso nei libri di testo scolastici e nelle raccolte di scritti e biografie di Washington in tutto il paese[270]; un quarto di secolo dopo sia Jefferson sia Madison lo inserirono nella lista di lettura primaria dell'Università della Virginia, descrivendolo come una delle "migliori guide" ai "principi distintivi" del governo americano[275]. Diventò in tal maniera uno dei "grandi documenti di Stato della storia americana", letto spesso in aule e in altri luoghi fino a molto tempo dopo[277]. Il Senato americano osserva il compleanno di Washington (il 22 febbraio) ogni anno selezionando uno dei suoi membri, alternando le parti, a leggerlo in apertura dei lavori[278].

Oggi l'indirizzo è principalmente ricordato per le sue parole riguardanti il non coinvolgimento nelle guerre e nella politica europee. Per gran parte del XIX secolo la distesa degli Oceani Atlantico e Pacifico aveva reso possibile agli Stati Uniti di godere di una sorta di "sicurezza libera" e di rimanere in gran parte distaccati dai conflitti che interessavano il Vecchio Mondo[279]; mentre le convenzioni sociali facevano dei viaggi internazionali un tabù incombente per i politici[280].

La restrizione iniziò a erodersi e a crollare poi sempre più a partire dall'inizio del XX secolo, quando i responsabili politici a livello federale iniziarono a rivalutare il ruolo della nazione negli affari internazionali; il primo viaggio presidenziale internazionale venne compiuto nel 1906 da Theodore Roosevelt[281] e, successivamente - nel corso della prima guerra mondiale - Woodrow Wilson fece un caso di portata globale l'intervento degli Stati Uniti nel conflitto accompagnato all'interesse nel mantenere un ordine mondiale pacifico (i Quattordici punti)[279]. Da allora in poi gli Stati Uniti hanno firmato numerosi trattati di alleanza con svariate nazioni straniere[282].

Elezioni presidenziali del 1796Modifica

L'annuncio dato dal presidente il 19 settembre del 1796, secondo cui non avrebbe accolto la richiesta di venire candidato per un terzo mandato fu, secondo le parole del membro del Congresso Fisher Ames, "un segnale, come il far cadere un cappello per terra, affinché corridori di partito iniziassero la loro sfida". Durante le successive dieci settimane i partigiani di entrambe le fazioni entrarono in azione compiendo uno sforzo intenso e mirato inteso a influenzare l'esito dell'appuntamento con le urne a proprio favore e a discapito degli immediati avversari.

Come successe anche per le due precedenti elezioni presidenziali, neppure in quest'occasione vennero proposti dei candidati ufficiali al corpo elettorale tra cui scegliere. La Costituzione prevedeva allora la selezione degli elettori, i quali avrebbero eletto autonomamente un presidente[283]. In sette degli Stati federati gli elettori presidenziali vennero scelti direttamente dagli elettori; mentre nei restanti nove furono scelti dalla legislatura statale[284].

Fin dal primo momento Il chiaro favorito dei repubblicani-democratici divenne Thomas Jefferson, sebbene egli pure si mostrasse assai riluttante a presentarsi[285]. John Adams fu invece la scelta compiuta da una larga maggioranza dei federalisti[283].

I congressisti vicini a Jefferson tennero un caucus dal quale uscì fuori la nomina dello stesso Jefferson, con l'aggiunta di Aaron Burr come loro scelte. Jefferson in un primo momento rifiutò la proposta di candidatura, ma infine accettò di schierarsi poche settimane dopo. I membri del Congresso federalista organizzarono invece un caucus informale e nominarono Adams e Thomas Pinckney come propri candidati[285][286]. La campagna fu, per la maggior parte, disorganizzata e sporadica, limitata ad attacchi di giornali, opuscoli e manifestazioni politiche[283]; dei quattro contendenti in lizza, soltanto Burr partecipò in maniera attiva alla campagna elettorale[284].

All'inizio di novembre l'ambasciatore francese negli Stati Uniti, Pierre Adet, si inserì nel dibattito politico per conto di Jefferson, pubblicando dichiarazioni destinate a suscitare il sentimento anti-britannico e a lasciare l'impressione che una vittoria di Jefferson avrebbe di molto migliorato i rapporti con la Prima Repubblica francese[283][287]. Poi, poco più oltre, Alexander Hamilton, desiderando "un presidente più flessibile di Adams", manovrò per dare una "marcia in più" alla campagna di Pinckney. Costrinse quindi gli elettori federali della Carolina del Sud, impegnandoli a votare in un unico blocco per il "figlio prediletto" Pinckney, così da disperdere i loro secondi voti tra candidati diversi da Adams. Lo schema predisposto ad arte venne di fatto annullato quando diversi elettori statali della Nuova Inghilterra ne sentirono parlare; dopo averne discusso accettarono pertanto a risoluzione di non votare per Pinckney[288].

I voti elettorali furono contati durante una sessione congiunta del Congresso l'8 febbraio 1797; Adams vinse con uno stretto margine di scarto, ottenendo 71 voti contro i 68 andati a Jefferson (che divenne in tal modo il suo vice[285][289]). I restanti suffragi del Collegio elettorale furono dispersi tra: Thomas Pinckney (59), Aaron Burr (30), Samuel Adams (15), Oliver Ellsworth (11), George Clinton (7), John Jay (5), James Iredell (3), John Henry (2), Samuel Johnston (2), George Washington (2) e CC Pinckney (1)[14].

Eredità e valutazione storicaModifica

«Rifiutò una terza elezione perché considerava pericoloso tenere il potere nelle mani del medesimo uomo per troppo tempo. Aveva rifiutato lo stipendio e per mantenersi aveva venduto parte della proprietà. Non volle vendere però nemmeno uno dei suoi schiavi, così come non volle mai acquistarne uno: sperava che un giorno la schiavitù sarebbe stata abolita[290]»

George Washington è considerato tra i due o tre più grandi presidenti dell'intera storia degli Stati Uniti, come Comandante in Capo dell'Esercito continentale, eroe della Rivoluzione e primo Presidente statunitense.

Gli storici Jay Atwell Parry e Andrew M. Allison dichiarano che Washington "era la personalità dominante in tre degli eventi più critici in quella fondazione: la guerra rivoluzionaria, la Convenzione costituzionale e la prima amministrazione nazionale. Egli ha servito come leader americano in tutti questi tre eventi, ma tutti e tre probabilmente avrebbero fallito e l'America come la conosciamo oggi non esisterebbe se non vi fosse stato lui a far da guida"[291].

Il membro del Congresso Henry Lee III, un compagno della Guerra d'indipendenza americana, non ha mancato di elogiarlo con parole rimaste celebri: "primo in guerra - primo in pace - e primo nei cuori dei suoi compatrioti" (Testo completo su Wikisource)[292].

Le parole di Lee definivano lo standard con cui la schiacciante reputazione di Washington era impressa nella memoria americana. I biografi lo acclamarono come il grande esempio del repubblicanesimo. Il presidente stabilì molti precedenti per il governo nazionale e, in particolare, per la presidenza, e fu chiamato "il padre della patria" già nel 1778.

La prima immagine conosciuta in cui Washington è identificata come il Padre del suo Paese è nel frontespizio di un almanacco del 1779 in lingua tedesca, con calcoli di David Rittenhouse e pubblicato da Francis Bailey nella contea di Lancaster, in Pennsylvania. Il Der Gantz Neue Nord-Americanishe Calendar appare con l'immagine del presidente mentre tiene una tromba sulle labbra, da cui provengono le parole "Landes Vater" (tradotto come "il padre del paese" o "il padre della terra")[293][294][295].

 
La bandiera degli Stati Uniti d'America e decorazioni a stelle e strisce accompagnano le celebrazioni per il Presidents' Day a Toronto (2007).

A tutt'oggi la data del suo compleanno - il Presidents' Day - è una festività nazionale celebrata in tutti gli Stati.

In termini di personalità il biografo Douglas Southall Freeman ha concluso che "la grande cosa che colpisce in quell'uomo è il carattere"; per carattere, dice il professore della Brandeis University David Hackett Fischer, "Freeman intende essenzialmente integrità, autodisciplina, coraggio, assoluta onestà, determinazione e decisione, ma anche tolleranza, decenza e rispetto nei confronti degli altri"[296].

Washington divenne un'icona internazionale per il liberalismo e il nazionalismo, nella sua qualità di leader incontrastato della prima rivoluzione di successo contro un impero coloniale. Il Partito Federalista ne fece il proprio simbolo più rappresentativo ma per molti anni i sostenitori di Thomas Jefferson continuarono a diffidare della sua influenza tanto da far ritardare la costruzione del monumento a lui dedicato[297]. Il 31 gennaio 1781 fu eletto membro attivo dell'American Academy of Arts and Sciences[298].

 
Il logo del bicentenario della Dichiarazione d'indipendenza del 1976.

Durante l'anno del bicentenario della Dichiarazione d'indipendenza al termine della presidenza di Gerald Ford George Washington fu nominato postumo al grado di General of the Armies da una risoluzione congiunta del Congresso con legge pubblica 94-479 (Testo completo su Wikisource) approvata il 19 gennaio 1976 e con la data di nomina effettiva al 4 luglio seguente, "Giorno dell'indipendenza"[299]. Ciò ristabilì la sua posizione di ufficiale militare senior di alto rango nella storia americana.

William Gardner Bell sostiene che Washington fu richiamato al servizio militare dal suo ritiro nel 1798 e che "il Congresso approvò una legislazione che lo avrebbe reso generale degli eserciti degli Stati Uniti, ma i suoi servizi non erano richiesti nel campo e pertanto la nomina non fu fatta fino al Bicentenario del 1976, quando gli fu conferito postumo come onore commemorativo"[299].

Viene affermato che con la legge pubblica 94-479 il presidente Ford ha specificato che Washington sarebbe "al primo posto tra tutti gli ufficiali dell'esercito, passati e presenti"; tale titolo viene "associato a solo due persone... una è Washington e l'altra è John Pershing[300].

DocumentiModifica

L'accurata raccolta e seguente pubblicazione dell'archivio documentario di Washington iniziò con l'opera pionieristica dello storico Jared Sparks alla fine degli anni 1830 in Life and Writings of George Washington (12 voll., 1834-1837); mentre The Writings of George Washington from the Original Manuscript Sources, 1745-1799 (1931-44) è una serie di 39 volumi a cura dell'archivista John Clement Fitzpatrick, commissionato dalla "George Washington Bicentennial Commission". Esso contiene oltre 17.000 lettere e documenti ed è disponibile anche online presso l'Università della Virginia[301][302].

Monumenti e memorialiModifica

Molti luoghi e monumenti sono stati dedicati a Washington, in particolare la città capitale degli Stati Uniti d'America. Lo Stato di Washington è inoltre l'unico che abbia preso il nome da un presidente.

Poste e moneteModifica

NoteModifica

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  60. ^ a b Formalmente nominato il 31 ottobre del 1791, confermato dal Senato il 7 di novembre.
  61. ^ Paterson fu inizialmente scelto il 27 febbraio del 1793, ma la nomina venne immediatamente ritirata dal Presidente per ragioni tecniche, il messaggio fu ricevuto dal Senato il giorno a seguire. Paterson fu rinominato con successo quattro giorni dopo. Marcus, Maeva; Perry, James R., eds. (1985), The Documentary History of the Supreme Court of the United States, 1789–1800, Volume 1, New York, NY: Columbia University Press
  62. ^ Inusualmente Rutledge servì per due diversi termini alla Corte Suprema. Fu nominato giudice associato nel 1789, dimettendosi da quella posizione nel 1791; sarà scelto in qualità di Presidente nel 1791, ma formalmente nominato solo il 10 dicembre del 1795. La sua nomina fu successivamente respinta dal Congresso e pertanto si dimise.
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  66. ^ Formalmente nominato il 21 dicembre 1796, confermato dal Senato il giorno successivo.
  67. ^ Formalmente nominato il 21 dicembre 1796, confermato dal Senato il 27 seguente, ricevette l'incarico il 2 gennaio del 1797.
  68. ^ a b Formalmente nominato l'8 febbraio del 1790, confermato Senato il 10 seguente.
  69. ^ Formalmente nominato il 27 dicembre del 1793, confermato dal Senato il 30 seguente, ricevette l'incarico il 28 gennaio 1794.
  70. ^ Biographical Directory of Federal Judges, U.S. District Courts of Tennessee Il 29 aprile del 1802 il distretto del Tennessee venne suddiviso in Corte distrettuale Orientale e Occidentale; McNairy sarà assegnato ad entrambi i distretti e pertanto continuerà ad essere l'unico giudice federale a servire lo Stato fino alle sue dimissioni
  71. ^ Formalmente nominato il 17 dicembre 1790, confermato dal Senato il 20 seguente.
  72. ^ Biographical Directory of Federal Judges, U.S. District Courts of New Jersey Il 13 febbraio del 1801 il Distretto del New Jersey fu suddiviso in Tribunale distrettuale Orientale e Occidentale; Morris verrà riassegnato come unico giudice per entrambi. I Distretti furono riuniti il 1º luglio del 1802 e Morris fu nuovamente assegnato al Distretto del New Jersey
  73. ^ Formalmente nominato l'8 febbraio 1790, confermato dal Senato il 10 seguente.
  74. ^ Biographical Directory of Federal Judges, U.S. District Courts of Pennsylvania Il 20 aprile del 1818 il distretto della Pennsylvania fu suddiviso in Tribunale distrettuale Orientale e Occidentale; Peters sarà assegnato al Distretto Orientale e continuerà a servire in quell'ufficio fino alla sua morte
  75. ^ Biographical Directory of Federal Judges, U.S. District Courts of North Carolina Il 9 giugno 1794 il Distretto della Carolina del Nord fu suddiviso nei distretti di Edenton, New Bern e Wilmington; il 3 marzo del 1797 il singolo Distretto della Carolina del Nord fu ricostituito; mentre il 13 febbraio 1801 sarà suddiviso nei distretti di Albemarle, Cape Fear e Pamptico. In tutti i casi Sitgreaves sarà riassegnato a servire come unico giudice federale per il Distretto suddiviso o ricostituito e rimase l'unico a servire lo Stato fino alla sua morte.
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Voci correlateModifica

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