Publio Cornelio Rutilo Cosso
Publio Cornelio Rutilo Cosso | |
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Nome originale | Publius Cornelius Rutilus Cossus |
Gens | Cornelia |
Tribunato consolare | 406 a.C. |
Dittatura | 408 a.C. |
Publio Cornelio Rutilo Cosso (Roma, ... – ...; fl. V secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del V secolo a.C..
DittaturaModifica
Nel 408 a.C., dopo che il Senato aveva deciso che la campagna militare contro i Volsci ed Equi, radunatisi davanti ad Anzio,avrebbe dovuto essere condotta da un dittatore, nonostante la contrarietà dei tribuni consolari Gaio Giulio Iullo e Publio Cornelio Cosso, che avrebbero voluto condurre personalmente la guerra, fu nominato dittatore dal terzo tribuno consolare dell'anno, Gaio Servilio Strutto Ahala[1].
Nominato Magister equitum proprio Gaio Servilio Strutto Ahala, Publio Cornelio condusse l'esercito romano ad una facile vittoria contro i nemici.
«La guerra non fu memorabile: in un'unica e per di più facile battaglia i nemici furono sbaragliati nei pressi di Anzio. L'esercito vincitore devastò il territorio dei Volsci ed espugnò una fortezza situata vicino al lago Fucino, dove furono catturati 3.000 nemici, mentre i Volsci superstiti, ricacciati all'interno delle mura, non poterono difendere le campagne.» |
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 57) |
Tribunato consolareModifica
Nel 406 a.C. fu eletto tribuno consolare con Numerio Fabio Ambusto, Gneo Cornelio Cosso e Lucio Valerio Potito, al suo secondo tribunato[2].
Il senato decise di dichiarare a Veio
«...venne dichiarata guerra a Veio, a séguito dell'arrogante risposta data dal senato di quella città, il quale, agli ambasciatori che chiedevano soddisfazione, ordinò di rispondere che, se i Romani non se ne fossero andati al più presto dalla città e dal territorio di Veio, avrebbero dato loro ciò che Larte Tolumnio aveva già dato ai loro predecessori» |
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 58) |
Ma nonostante questo non si riuscì ad organizzare una leva militare per questa guerra, sia per il protrarsi delle operazioni militari contro i Volsci, sia per l'opposizione dei tribuni della plebe, che vedevano nelle campagne militari, il mezzo attraverso il quale i patrizi evitavano di discutere delle riforme chieste dalla plebe.
Si decise comunque di continuare la guerra contro i Volsci; mentre Gneo Cornelio rimaneva a presidio di Roma, Lucio Valerio e Publio Cornelio operavano azioni diversive, dirigendosi rispettivamente verso Anzio ed Ecetra, mentre Numerio Fabio si dirigeva verso Anxur, che conquistava e dava al saccheggio, vero obiettivo dei tribuni[2].
Fu anche l'anno in cui il Senato emanò una legge a favore dei soldati.
«...,il senato decretò che i soldati venissero pagati attingendo direttamente alle casse dello Stato, mentre fino a quel giorno ciascun soldato prestava servizio a proprie spese."» |
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 59) |