Quinto Servilio Fidenate (tribuno consolare 382 a.C.)

politico romano

Quinto Servilio Fidenate (... – ...; fl. IV secolo a.C.) è stato un politico romano.

Quinto Servilio Fidenate
Tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleQuintus Servilius Fidenas
GensServilia
Tribunato consolare382 a.C., 378 a.C., 369 a.C.

Primo tribunato consolare modifica

Nel 382 a.C. fu eletto tribuno consolare con Spurio Papirio Crasso, Lucio Papirio Crasso, Servio Cornelio Maluginense, Gaio Sulpicio Camerino e Lucio Emilio Mamercino[1].

Lucio e Spurio comandarono le legioni romane che sconfissero gli abitanti di Velletri, e i contingenti di Prenestini, giunti per aiutarli, mentre a Quinto, con gli altri tribuni, fu dato il comando delle forze lasciate a Roma, a difesa della città[1].

Secondo tribunato consolare modifica

Nel 378 a.C. fu eletto tribuno consolare con Spurio Furio Medullino, Licinio Menenio Lanato, Marco Orazio Pulvillo, Publio Clelio Sículo e Lucio Geganio Macerino[2].

Mentre a Roma Patrizi e Plebei dibattevano sulla questione dei cittadini romani condotti in schiavitù, a causa dei debiti non onorati, i Volsci iniziarono a razziare la campagna romana.

Subito fu organizzata una campagna militare, e l'esercito fu diviso in due; Spurio e Marco Orazio entrarono nel territorio dei Volsci lungo la fascia costiera, mentre Quinto Servilio e Lucio Geganio guidavano l'esercito, seguendo una direttrice più interna.

Poiché i Volsci rifiutarono il combattimento in campo aperto, i romani si limitarono a saccheggiarne le campagne.

Terzo tribunato consolare modifica

Nel 369 a.C. fu eletto tribuno consolare con Aulo Cornelio Cosso, Quinto Quinzio Cincinnato, Marco Cornelio Maluginense, Marco Fabio Ambusto, Gaio Veturio Crasso Cicurino[3].

Anche quest'anno i romani cercarono di portare l'assedio a Velletri, ma come nell'anno precedente, i nemici di Roma riuscirono a resistere.

Intanto in città i tribuni della plebe, Gaio Licinio Calvo Stolone e Lucio Sestio Laterano, continuavano nel portare avanti le loro proposte a favore della plebe, ed i patrizi iniziavano a perdere il controllo degli altri tribuni, tramite il quale erano riusciti a bloccare le iniziative di Licinio e Sestio[4].

«E nessuno poteva ritenere sufficiente il fatto che i plebei fossero ammessi come candidati nelle elezioni consolari: nessuno di essi avrebbe mai ottenuto la nomina fino a quando non fosse stato stabilito per legge che uno dei due consoli dovesse comunque essere plebeo.»

Albero Genealogico modifica

Note modifica

  1. ^ a b Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 3, 22.
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 3, 31.
  3. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4, 36.
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4, 36-37.

Collegamenti esterni modifica