Rappresentazione dell'HIV/AIDS nel cinema e nella televisione

La rappresentazione dell'HIV/AIDS nel cinema e nella televisione attraverso opere che affrontano la tematica dell'AIDS-HIV inizia dalla prima metà degli anni ottanta del XX secolo.

Il tema dell'AIDS/HIV è stato trattato in molti film, molti dei quali rientrano nella categoria del cinema queer indipendente.[1]

Storia modifica

Benché non sia stata la prima opera di fiction audiovisiva a mostrare l'esistenza del problema[2], Una gelata precoce (An Early Frost, 1985) è il primo film televisivo incentrato sul tema dell'AIDS[3]. Tratto da un romanzo di Sherman Yellen, parla di un giovane avvocato omosessuale che, dopo essersi ammalato di AIDS, si trova ad affrontare lo smarrimento dei familiari e l'ostilità della gente, oltre al dolore della malattia e alla morte.

Nello stesso anno esce anche Buddies, primo film per il cinema ad affrontare l'argomento, che ebbe però di una distribuzione limitata[4].

L'anno successivo il lungometraggio Parting Glances, diretto e sceneggiato da Bill Sherwood contestualizza l'esperienza di una coppia omosessuale nell'era di Ronald Reagan e al culmine della crisi dell'AIDS.[5] Al riguardo, Janet Maslin, nella sua recensione dell'epoca per il New York Times, scrisse: "è un merito che l'angoscia dell'AIDS venga presentata come parte di un tessuto sociale più ampio compreso nel contesto e mai in una luce nefasta".[6]

Uscito nel 1988, Once More - Ancora, diretto da Paul Vecchiali, è considerato il primo film francese sull'AIDS visto da una prospettiva omosessuale[7].

Del 1989 è In una notte di chiaro di luna di Lina Wertmüller, primo film ambientato in un contesto esclusivamente eterosessuale, mal accolto dalla critica che lo addita come una "melodrammatica e moralistica presa di posizione nei confronti dell'AIDS"[8].

Il film TV Guerra al virus (And the Band Played On, 1993) di Roger Spottiswoode racconta la storia della scoperta dell'epidemia di AIDS e dei dibattiti politici, scientifici e sociali che ne seguirono.[9]

Dello stesso anno è Philadelphia di Jonathan Demme, in cui viene narrata la storia di un avvocato omosessuale malato di AIDS che viene licenziato per la sua malattia e della sua battaglia contro la discriminazione delle persone sieropositive.

Molto meno convenzionale il film del 1993 Notti selvagge (Les nuits fauves) di Cyril Collard, storia autobiografica dell'attore e regista malato di AIDS.[9]

Blue, l'ultimo film di Derek Jarman, pubblicato quattro mesi prima del suo decesso avvenuto il 19 febbraio 1994, per le complicazioni legate all'AIDS, è di particolare importanza.[10] Il regista era rimasto quasi cieco a causa di un'infezione da citomegalovirus, che gli consentiva di vedere esclusivamente nei toni del blu. Il film, presentato al New York Film Festival il 3 ottobre 1993, consiste in un unico fotogramma di colore blu, che fa da sfondo alla traccia sonora, composta da Simon Fisher Turner, comprendente Coil e altri artisti, ed alla voce di Derek Jarman che racconta la propria vita e la propria filosofia artistica, narrando di sé come di "laboratorio ambulante".[10] Prende fino a trenta pillole al giorno.[10] Descrive le sale d'attesa dell'ospedale, l'indifferenza del personale medico, l'ipocrisia della carità, e il colore blu. Il film è un esempio unico dell'utilizzo di una grave malattia medica per scopi artistici.[10]

In Kids (1995) di Larry Clark viene affrontato in modo crudo il problema della diffusione della malattia tra gli adolescenti. Sempre nel 1995 ci fu Amici per sempre (The Cure) di Peter Horton, la cui storia narra di due ragazzi alla ricerca di una cura per l'AIDS, malattia di cui è ammalato uno dei due.[10] In questo film l'HIV è contratto attraverso una trasfusione di sangue e i sintomi dell'AIDS sono lievi, non diversi dai tipici sintomi influenzali.[10]

In Trainspotting di Danny Boyle, tratto dell'omonimo romanzo di Irvine Welsh, compare il tema del contagio nel mondo dei giovani tossicodipendenti. Nel film si trovano riferimenti espliciti alla malattia durante le allucinazioni del protagonista Renton, in un momento di forzata crisi d'astinenza da eroina.[9]

Che mi dici di Willy? (Longtime Companion), interpretato da Bruce Davison e diretto da Norman René, è stato riconosciuto come lo spettacolo cinematografico più dettagliato delle conseguenze dell'AIDS, mostrando diversi disturbi tra cui la polmonite seguita da toxoplasmosi e, infine, grave disabilità e uno stato di costrizione a letto.[1]

Non sempre l'HIV/AIDS è protagonista della scena. Soprattutto dopo l'avvento di terapie efficaci che nei paesi industrializzati hanno relegato l'HIV nella sfera della "quotidianità", la malattia può diventare una semplice "comparsa". Ne sono un esempio Forrest Gump (1994) di Robert Zemeckis o Le fate ignoranti (2001) di Ferzan Özpetek.

Nel 2003, il dramma familiare Beat the Drum[11] vince alcuni premi internazionali[12][13] e dà l'impulso per la creazione di un centro di accoglienza in Kenya per orfani malati di AIDS[14].

Nel 2010 esce in Italia Più o meno - Il sesso confuso: racconti di mondi nell'era AIDS scritto e diretto da Andrea Adriatico e Giulio Maria Corbelli, prodotto e distribuito da Cinemare.

Nel 2013 escono i film Un castello in Italia e Dallas Buyers Club, nel 2014 The Normal Heart (film), mentre nel 2015 fu la volta di Holding the Man; infine, Vicino all'orizzonte nel 2019.

Filmografia modifica

  Le singole voci sono elencate nella Categoria:Film sull'AIDS.

Cinema modifica

Televisione modifica

Note modifica

  1. ^ a b Wijdicks, p. 87.
  2. ^ (EN) Jay Sharbutt, 'Early Frost' a Dramatic Look at AIDS, su Los Angeles Times, 4 novembre 1985. URL consultato l'11 febbraio 2021.
  3. ^ (EN) Bill Higgins, Hollywood Flashback: In 1985, 'An Early Frost' Tackled HIV on TV, su The Hollywood Reporter, 26 novembre 2015. URL consultato l'11 febbraio 2021.
  4. ^ (EN) John Hartl, How Hollywood portrays AIDS, su Today.com, 30 maggio 2006. URL consultato il 16 febbraio 2021.
  5. ^ Kylo-Patrick, p. 48.
  6. ^ Janet Maslin, NY Times Review, Screen: A couple's Parting Glances, in The New York Times, 19 febbraio 1986. URL consultato il 16 febbraio 2019.
  7. ^ (EN) Nick Rees-Roberts, French Queer Cinema, Edinburgh University Press, 17 marzo 2014, ISBN 978-0-7486-9481-5. URL consultato il 23 marzo 2021.
  8. ^ Gian Piero Brunetta, Cent'anni di cinema italiano, Laterza, 1991, ISBN 978-88-420-3851-1. URL consultato l'11 febbraio 2021.
  9. ^ a b c Al cinema: quando va di scena l'AIDS, su ausl.fe.it, Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna. URL consultato il 12 febbraio 2021.
  10. ^ a b c d e f Wijdicks, p. 89.
  11. ^ (EN) Dennis Harvey, Dennis Harvey, Beat the Drum, su Variety, 22 ottobre 2003. URL consultato il 17 febbraio 2021.
  12. ^ 2004 Angel Film Awards, su Monaco International Film Festival. URL consultato il 17 febbraio 2021.
  13. ^ Dossier cinema africano - L'Africa va in scena -, su rivistamissioniconsolata.it, 1º agosto 2005. URL consultato il 17 febbraio 2021.
  14. ^ Beat the Drum Official Site, su Beatthedrum.com. URL consultato il 17 febbraio 2021.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica