Rivoluzione delle Asturie

La Rivoluzione delle Asturie del 1934 fu un'insurrezione che vide unite le forze della sinistra anarchica, comunista, socialista asturiana che costituirono la Uníos Hermanos Proletarios ed il cui obiettivo era l'abolizione della Costituzione Repubblicana del 1931 e l'instaurazione di un regime socialista. Questa rivolta ebbe luogo durante il biennio conservatore (1934-1935) della Seconda Repubblica spagnola (1931-1939).

Rivoluzione delle Asturie
Lavoratori arrestati dalla Guardia Civil e dalla Guardia de Asalto durante la Rivoluzione delle Asturie
Data5 ottobre 1934 - 18 ottobre 1934
LuogoAsturie, Spagna
EsitoVittoria del governo legittimo spagnolo
Schieramenti
Comandanti
Perdite
1.500-2.000 morti
15.000-30.000 arrestati
Voci di guerre presenti su Wikipedia

Antefatti modifica

La rivolta fu accuratamente organizzata nei mesi precedenti. Nel settembre uno sciopero era già stato indetto contro una riunione politica del movimento di destra Confederación Española de Derechas Autónomas[1]. Una importante fornitura di armi fu organizzata da Indalecio Prieto[2] che la fece scaricare da uno yacht a Pravia[1] mentre altre armi furono poi recuperate dalle fabbriche d'armi occupate.

La Repubblica Socialista Asturiana modifica

Protagonisti della rivolta furono i minatori altamente sindacalizzati delle Asturie, che il 5 ottobre 1934 attaccarono la Guardia Civil. Occuparono rapidamente Mieres, Gijón e Avilés. Gli scontri a Oviedo furono molto più duri poiché la città aveva una guarnigione di un migliaio di soldati. Dopo la vittoria fu proclamata ad Oviedo la "Repubblica Socialista Asturiana" e immediatamente giustiziate una cinquantina di persone, soprattutto preti e cittadini abbienti[3]. Fu iniziato inoltre il reclutamento dell'"Armata rossa" che in circa dieci giorni fu costituito da circa trentamila operai[4].

Il potere confluì nelle mani di un Comitato Rivoluzionario che si suddivise in tre sottocomitati, uno per ogni zona controllata dai rivoluzionari. Ogni sottocomitato aveva un Ufficio di presidenza, diretto rispettivamente da tre deputati del Partito Socialista Operaio Spagnolo:

Subito incominciarono le violenze contro i civili che non si erano schierati dalla parte della rivoluzione. Molte chiese e conventi furono incendiati, a Turòn numerosi religiosi furono fucilati[4], questi considerati martiri dalla Chiesa cattolica, furono canonizzati nel 1999. A Sama la caserma resistette per un giorno e mezzo, ma quando si arrese sia i soldati della Guardia Civil che della Guardia de Asalto furono tutti passati per le armi[4]. Inoltre molte donne della borghesia furono stuprate[4][5].

  Lo stesso argomento in dettaglio: Martiri di Turón.

Il governo invia il Tercio modifica

Il Ministero della guerra inviò immediatamente la Tercio de Extranjeros, che si trovava nel Marocco spagnolo, e la pose al comando dei generali Manuel Goded Llopis e Francisco Franco con l'incarico di reprimere la rivolta. Già il 7 ottobre un corpo di spedizione dell'esercito regolare, guidato dal generale Eduardo López Ochoa si era mosso alla volta delle Asturie e pur inferiore di numero si era attestato a nord di Oviedo e il giorno seguente aveva rioccupato la città di Avilés[3].

Il Tercio de Extranjeros, formata da truppe marocchine, partì l'8 ottobre al comando del colonnello Juan Yagüe poco dopo l'arrivo di Franco al ministero della guerra[6] da dove poi diresse le operazioni[7]. In seguito fu nominato Capo di stato maggiore. Tra il 10 e il 12 ottobre le truppe marocchine della Tercio de Extranjeros[7] entrarono a Oviedo e a Gijón. I ribelli di Oviedo, guidati da Belarmino Tomás, trattarono la resa con il generale Lopez Ochoa chiedendo che non permettesse l'ingresso in città delle truppe marocchine[8] ma ciò nonostante ormai le truppe marocchine già stavano dilagando in città commettendo saccheggi e omicidi[8]. Belarmino comunicò la resa alla propria milizia:

«Compagni, soldati rossi! Qui, dinanzi a voi, sicuri di aver assolto il mandato che ci avete affidato, veniamo a parlarvi della triste situazione in cui si trova il nostro glorioso movimento insurrezionale. Dobbiamo rendervi conto dei negoziati che vi sono stati con il generale dell'esercito nemico. La nostra disfatta, però, non è che passeggera. Tutto ciò che possiamo dirvi è che nelle altre provincie di Spagna i lavoratori non hanno fatto il loro dovere e non ci hanno sostenuti. A causa di questa defezione, il governo ha potuto mettere in ginocchio la ribellione delle Asturie.»

Il generale Lopez Ochoa acconsentì a che i militari si ritirassero dalle Asturie ma l'accordo fu respinto dal ministero della guerra[9].

Il 18 ottobre 1934 cadde anche l'ultima roccaforte a Mieres.

La repressione scatenata dall'esercito fu molto dura e in particolare furono attive le squadre di sicurezza che giustiziarono sommariamente molti civili. Secondo i dati ufficiali tutta la campagna e la conseguente repressione aveva provocato circa 1300 morti e 3000 feriti[6][8]. Dei caduti 100 erano della Guardia Civil, 86 della Guardia de Asalto e 98 delle truppe regolari. Gli altri definiti semplicemente civili furono presumibilmente miliziani reclutati dall'esercito insurrezionale[6]. Inoltre ci furono oltre 30 000 arrestati che furono però poi rimessi in libertà nel gennaio 1935 con la fine dello stato di guerra[8]. Il giornalista Luis Sirval fu arrestato e ucciso in carcere.

La rivolta delle Asturie, di matrice anarco-socialista e gli eccidi compiuti dagli insorti, confermarono nei leader della destra come José Calvo Sotelo la convinzione che solo l'esercito poteva essere garanzia di sicurezza dai moti rivoluzionari[10].

Note modifica

  1. ^ a b Antony Beevor, La guerra civile spagnola, BUR, Milano, 2006, pag 43
  2. ^ Paul Preston, La guerra civile spagnola, Oscar, Cles (TN), 2011, pag 84
  3. ^ a b Antony Beevor, La guerra civile spagnola, BUR, Milano, 2006, pag 44
  4. ^ a b c d Hugh Thomas, Storia della guerra civile spagnola, Edizioni Einaudi, Torino, 1963, pag 83
  5. ^ a b A cura di Bernard Michal, La guerra di Spagna I, Edizioni di Cremille, Ginevra, 1971, pag 70
  6. ^ a b c Hugh Thomas, Storia della guerra civile spagnola, Edizioni Einaudi, Torino, 1963, pag 87
  7. ^ a b A cura di Bernard Michal, La guerra di Spagna I, Edizioni di Cremille, Ginevra, 1971, pag 71
  8. ^ a b c d Antony Beevor, La guerra civile spagnola, BUR, Milano, 2006, pag 45
  9. ^ Hugh Thomas, Storia della guerra civile spagnola, Edizioni Einaudi, Torino, 1963, pag 86
  10. ^ Antony Beevor, La guerra civile spagnola, BUR, 2006, Milano, pag 45

Voci correlate modifica

Controllo di autoritàLCCN (ENsh95001881 · J9U (ENHE987007539677905171