Roccia dell'Elefante

La roccia dell'Elefante è un grosso masso trachitico e andesitico, dal forte color ruggine, notevolmente eroso dagli agenti atmosferici che gli hanno conferito il singolare aspetto di un pachiderma seduto.

Roccia dell'Elefante (Vero nome in lingua Sarda: Sa Pedra Pertunta)
CiviltàPrenuragica
UtilizzoArea funeraria
EpocaNeolitico
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Comune Castelsardo
Altitudine181 m s.l.m.
Amministrazione
Sito webwww-archivio.sardegnaturismo.it/it/punto-di-interesse/domus-dellelefante
Mappa di localizzazione
Map

La roccia, che ha un'altezza di circa quattro metri, si trova nel comune di Castelsardo in località Multeddu, al km 4,3 della SS 134 che collega il suddetto comune a Sedini. Originariamente il masso faceva parte del complesso roccioso di monte Castellazzu dal quale si distaccò rotolando a valle.

Oltre ad una certa importanza turistico-paesaggistica, la roccia dell'Elefante riveste anche una notevole rilevanza archeologica per le due domus de janas, risalenti al periodo prenuragico, che sono ospitate al suo interno.

La roccia modifica

«Chi da Castelsardo percorre la via Nazionale che conduce a Sedini, d'un tratto si trova di fronte ad uno strano spettacolo. Un gigantesco elefante, tre volte più alto degli enormi mamhut preistorici, par che esca dalla giungla e s'incammini verso la montagna.»

Nel 1914 lo studioso Edoardo Benetti fu il primo ad associare ad un elefante l'originale forma della roccia, che sino ad allora era conosciuta, anche in documenti ufficiali, con il nome in lingua sarda Sa Pedra Pertunta (la pietra traforata), evidente richiamo alla sua particolare conformazione.[1]

Le domus de janas modifica

 
L'interno dell'anticella (b) con in rilievo la protome taurina

Le domus de janas, realizzate in due momenti successivi, sono posizionate su due diversi livelli.

Tomba I modifica

Quella superiore (o Tomba I), molto danneggiata dal tempo, è stata la prima ad essere scavata. Questa presenta tre vani e manca del padiglione coperto che la precedeva, probabilmente crollato insieme al prospetto della tomba. Le pareti, piane e diritte, non hanno motivi scultorei.

Tomba II modifica

Il secondo ipogeo (o Tomba II), quella inferiore, risulta al contrario molto ben conservato. Questa è formata da un breve dromos (a), un'anticella (b), due celle successive (c e d), disposte lungo l'asse longitudinale e un'ultima cella (e) aperta sul vano c[2]. Dal dromos (a), breve corridoio, in parte coperto e, nel tratto iniziale, a cielo aperto, si accede tramite uno stretto portello quadrangolare di 0,50 per 0,55 m.[3]

Elementi decorativi-cultuali modifica

Tomba II cella b modifica

Di notevole interesse la presenza di una protome bovina, elemento decorativo comune a diverse domus de janas, scolpita in rilievo sulla parete di una celletta. Il suo particolare stile curvilineo, che denota una fase artistica piuttosto evoluta[3], permette di ascrivere la realizzazione della tomba alla prima metà del III millennio a.C.

Questo tipo di protome è stilisticamente assimilabile a quelle presenti nella tomba Maggiore della necropoli di S'Adde 'e Asile di (Ossi), nella tomba V della necropoli di Montalè (Sassari), nelle tombe IV e VI della necropoli di Calancoi (Sassari) e nella domus dell'Orto del beneficio parrocchiale di Sennori.

Galleria d'immagini modifica

Note modifica

  1. ^ Paolo Melis.
  2. ^ G. Tanda e J. Mangold, L'Arte delle domus de janas, Sassari, 1985, p. 127
  3. ^ a b Giuseppe Tanda.

Bibliografia modifica

  • Edoardo Benetti, Il Sasso dell'elefante ed i simboli arcaici dell'agricoltura, in "Sardegna!", anno I, n. 1, 1914, p. 51.
  • A. Taramelli, La ricerca archeologica in Sardegna, Reggio Emilia, 1926
  • Christian Zervos, La civilisation de la Sardaigne du début de l'énéolithique à la fin de la période nouragique. IIe millénaire Ve siécle avant notre ére, Paris, 1954
  • Giuseppa Tanda, Arte Preistorica in Sardegna, Sassari, Dessì, 1977.
  • Paolo Melis, La domus dell'Elefante (PDF), Sassari, Carlo Delfino editore, 1991. URL consultato il 21 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2011).
  • G. Tanda e J. Mangold, L'Arte delle domus de janas, Sassari, 1985

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