Ruggero Tracchia

generale italiano

Ruggero Tracchia (Roma, 11 giugno 1884Roma, 29 novembre 1955) è stato un generale italiano, particolarmente distintosi in ambito coloniale, e poi nella prima e nella seconda guerra mondiale. Decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, con cinque medaglie d'argento e due di bronzo al valor militare, e con due croci di guerra al valor militare.

Ruggero Tracchia
NascitaRoma, 11 giugno 1884
MorteRoma, 29 novembre 1955
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
GradoGenerale di divisione
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Libia (1913-1921)
Campagna del Nordafrica
BattaglieBattaglia di Zanzur
Battaglia del solstizio
Invasione italiana dell'Egitto
Battaglia di Bardia
Comandante diII Brigata indigeni dell'Eritrea
59ª Divisione fanteria "Cagliari"
62ª Divisione fanteria "Marmarica"
Decorazionivedi qui
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da Generals[1]
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Biografia modifica

Nacque a Roma l'11 giugno 1884, figlio di Vincenzo e Teresa Vecchiotti.[2] Intrapresa la carriera militare fu inizialmente destinato in Eritrea nel 1909.[3] Partecipò alle operazioni di consolidamento della conquista italiana della Libia, venendo insignito di una medaglia di bronzo al valor militare per essersi distinto nella battaglia di Zanzur, l'8 giugno 1912, e di una medaglia d'argento al valor militare. Nel 1916 prese parte alle operazioni di polizia coloniale in Libia contro i ribelli, operandovi sino al 1917 quando rientrò in Patria per combattere sul fronte italiano. Arrivato in Italia fu assegnato al 140º Reggimento fanteria "Bari", e venne decorato con una seconda medaglia di bronzo al valor militare per essersi distinto sul Monte Asolone nel gennaio 1918, e con una seconda medaglia d'argento al valor militare nel corso della battaglia del solstizio (18-24 giugno 1918).

Nel 1930 fu comandante del 30º Reggimento fanteria "Pisa".[1] Nell'ottobre 1935 al comando della II Brigata indigeni dell'Eritrea prese parte alla guerra d'Etiopia[3]. Per il valore dimostrato nel corso della campagna ottenne la promozione a generale di brigata il 5 maggio 1936. e venne insignito di due medaglie d'argento al valor militare.[3][1]

Le operazioni di polizia coloniale nello Scioa modifica

Dopo l'occupazione di Addis Abeba, destinato alla guida del commissariato di Debre Berhan, fu impegnato nelle operazioni di polizia coloniale nello Scioa contro i ras abissini che non avevano deposto le armi[3]. Dal Selalè due fratelli Cassa, figli di ras Cassa Darghiè, avevano continuato a fornire rifornimenti a tutti i ras che non avevano deposto le armi, tra questi anche il balambaras Abebe Aregai[3].

I deggiac Averrà e Asfauossen Cassia il 22 dicembre del 1936 si erano arresi agli italiani, nella zona di Ficcé, dopo aver avuto assicurazione, firmata dai generali Graziani e lo stesso Tracchia, di aver salva la vita.

I fratelli si presentarono fiduciosi verso le ore 18 del giorno suddetto; il generale Tracchia che ne aveva accettata in nome dell'Italia la sottomissione e garantita la vita, lì ricevette, lì fece entrare nella sua tenda, li fece sedere, offrì loro un caffè, allontanò ras Halilú e pochi minuti dopo alle 18,35 li fece fucilare.

Proprio per questo motivo l'Impero fu sull'orlo della ribellione; da sempre gli abissini hanno assegnato un'importanza fondamentale alla parola data, non fu così per il generale in questione.

La resistenza etiopica, sviluppatasi nei pressi della camionabile che collegava Addis Abeba con il Goggiam pose in una situazione critica i rifornimenti con la capitale[4]. L'intensificarsi delle azioni degli uomini di Aregai pose il comando italiano nella situazione di dover predisporre entro dicembre l'operazione F con l'obiettivo di occupare Ficcè per ripristinare i collegamenti ma a dicembre ancora nulla era stato fatto, pertanto il mattino del 9 dicembre, dopo aver richiesto l'appoggio del colonnello Tosti, avviò autonomamente le operazioni con le sole forze di cui disponeva[4]. Alla sera occupò Mendida che trovò deserta ma procedette egualmente ad incendiare le abitazioni e i raccolti dei familiari di Aregai e dei suoi sostenitori. Subito dopo occupò Dannebò dove fu raggiunto dalla colonna di Tosti. Durante il consolidamento delle posizioni iniziarono numerosi atti di sottomissioni delle popolazioni locali e la consegna delle armi che dai suoi resoconti erano "per lo più in ottimo stato". Il 13 dicembre dei reparti italiani occuparono anche Abdellà e Dirmà dove avvennero degli scontri con gli arbegnuoch di cui 88 caddero durante gli scontri e 23 furono giustiziati. I due villaggi furono rasi al suolo. Fino al 15 dicembre complessivamente erano caduti in battaglia 126 arbegnuoc mentre 72 erano stati fucilati. Furono inoltre catturate una mitragliatrice pesante, 9 leggere e 1557 fucili mentre le perdite italiane furono di 10 àscari[5].

Il 16 dicembre i reparti italiani ripartirono in direzione di Ficcè cercando di raggiungere il più rapidamente possibile l'insediamento in modo da impedire la fuga del nemico. Nei primi due giorni la colonna Tracchia ottenne la sottomissione della chiesa di Debre Libanos ma quasi tutti i villaggi raggiunti erano stati già incendiati da Abebe Aregai[6]. I pochi che si erano salvati, quando sospettati di nascondere armi, furono distrutti dagli italiani e gli uomini fucilati[7]. A partire dal 18 dicembre la situazione mutò e furono numerosi i villaggi che accolsero festosamente gli italiani. Il 19 Tracchia raggiunse Sciungurt dove catturò il ghebì di Averrà Cassa e il giorno seguente raggiunse Salalè, il centro politico del feudo dei Cassa. La colonna guidata da ras Hailu Tekle Haymanot fu invece posta da Tracchia a chiusura delle possibili vie di fuga. Il giorno seguente entrambi i fratelli Cassa Averrà e Asfauossen furono presi prigionieri e fucilati sulla piazza principale di Ficcè[8][9].

«Sapendo per esperienza quanto fosse difficile catturare capi di tale importanza e che la loro fuga avrebbe significato dover riprendere ogni cosa da capo, non tenni mai conto delle loro false proteste di amicizia, strinsi inesorabilmente la cerchia che doveva loro precludere ogni via di scampo, li catturai e subito dopo, alle ore 18.35 del 21 dicembre, sulla piazza di Ficcè, culla della loro famiglia, sede della loro reggia e noto covo di rivolta da cui partirono gli ordini per la capitale e gli agguati alle nostre colonne, Averrà e il fratello Asfauossen cadevano sotto il piombo giustiziatore

Il colonnello Arduino Garelli fu da lui nominato residente di Ficcè, e con i propri reparti si costituì presidio da lasciare fisso a difesa di Ficcè e un altro nucleo mobile per proseguire la sottomissione della regione. Nel frattempo si sottomise agli italiani tutto il clero di Ficcè e di Debre Libanos,[10] e si dispose la riapertura della scuola amarica, l'apertura di un ambulatorio civile più numerosi sussidi distribuiti al clero e ai civili[10]. Complessivamente furono sequestrati 6073 fucili, 1 cannone, 61 mitragliatrici e un carro armato[10]. Duecentoventuno furono i caduti etiopici in battaglia e 162 i fucilati, mentre gli italiani ebbero 101 caduti[10].

Il 4 gennaio 1937, lasciato un presidio a Ficcè, alla guida dei suoi i reparti si mosse in direzione del Nilo Azzurro allo scopo di sottomettere l'intera regione in cui operavano ancora diversi ras ostili alcuni dei quali, come il balambaras Ilmà Uoldeiesus e il fitaurari Ailé Selassiè Zerrofù furono catturati e fucilati[11]. Dopo quest'ultima puntata militare Tracchia rientrò a Debra Berhane convinto di aver pacificato l'intera regione ma la pace durò solo per un breve periodo[12].

L'8 marzo fu sostituito dal console della MVSN Ferruccio Gatti al comando del presidio di Debre Berhan per assumere quello del presidio di Gur Sellassiè[13].

A seguito dell'attentato del 19 febbraio 1937 avvenuto ad Addis Abeba contro il viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani egli ricevette l'ordine di muovere contro il monastero di Debre Libanos ma per tutta una serie di motivi l'azione fu poi condotta nel maggio dal generale Pietro Maletti che nel frattempo lo aveva sostituito[14]. Posto a disposizione del Ministero delle Colonie, divenne poi vicecomandante della 102ª Divisione fanteria "Trento".[1] Tra il 1 agosto e il 1 settembre 1938 fu messo a disposizione del Corpo d'armata di Bolzano, dal 1 settembre al 25 febbraio 1939 del Corpo d'armata di Roma, e dal 5 febbraio al 5 aprile di quello di Torino.[1]

La seconda guerra mondiale modifica

Il 5 aprile 1939 fu nominato comandante della 59ª Divisione fanteria "Cagliari" di stanza a Vercelli che mantenne fino al 28 maggio 1940[15] per assumere quindi il comando della 62ª Divisione fanteria "Marmarica" in Africa Settentrionale Italiana.[1] Il 17 agosto 1939 era stato promosso generale di divisione.[1]

Nel 1940 prese parte alla campagna del Nordafrica cadendo però prigioniero degli Alleati il 5 gennaio 1941 durante la battaglia di Bardia. Trattenuto in prigionia fu poi liberato nel 1944[2].

Nel 1950 fu accusato dal governo etiopico di crimini di guerra[16] insieme ad altri gerarchi e militari come Pietro Badoglio. Alessandro Lessona, Alessandro Pirzio Biroli, Guglielmo Nasi, Carlo Geloso, Sebastiano Gallina, Guido Cortese, ed Enrico Cerulli.[17] Si spense a Roma il 29 novembre 1955.[1]

Onorificenze modifica

— Regio Decreto 24 agosto 1936.[18]
«Aiutò efficacemente, con zelo, intelligenza e arditezza, l'azione del suo comandante di battaglione. Quantunque ferito ad una coscia, continuò animosamente a combattere ed a portare ordini sino alla fine del combattimento. Maharuga, 24 dicembre 1913. si distinse anche nei fatti d'arme di Serir Secbb ed Eschida, 10 e 13 dicembre 1913
«In vari giorni di aspre azioni, con accorgimento, ordine e saggezza, guidava il proprio battaglione alla riconquista di posizione perdute in un primo tempo da altri nostri reparti incitando con l'esempio la combattività delle proprie truppe, con le quali fece numerosi prigionieri e catturò abbondante bottino. Monte Asolone, 15.24 giugno 1918
«Valoroso generale, già distintosi nella campagna, nelle azioni del Tembien e Mai Ceu, ha ripetutamente dimostrato superbe qualità di comandante, organizzatore e trascinatore di uomini. Maestro nell'impiego di truppe indigene, dopo aver all'avanguardia della colonna autocarrata, aperta la via di Addis Abeba, ha assunto il comando militare e la direzione politica della regione di Debra Brehan, infestata dai ribelli. Vi è rimasto isolato per l'intera stagione delle piogge, combattendo continuamente contro le insidie del terreno, alleatosi ai ribelli ed alle ostilità atmosferiche. Riusciva con sagace opera di comandante e di politico a tenere a bada prima, a sconfiggere poi i ribelli, pacificando gran parte della regione, dando sicurezza alle comunicazioni. Scioa, maggio-novembre 1936
« Comandante di brigata coloniale insigne, dopo aver occupato e consolidato i terreni di Debra Berehan, Ancober, Sciannò e Dehanna, con azione politico militare degna della sua competenza di vecchio coloniale, affrontava e debellava i ribelli comandati dai fratelli Cassa e da ostinati briganti, procedendo all'occupazione di Ficcè, a quella del Selalè e del Tegulet e sottraendo ai ribelli stessi ingenti quantitativi di fucili, mitragliatrici e munizioni. Esempio costante di elevata concezione del dovere, slancio animatore e completa dedizione, Scioa, dicembre 1936
« Comandante di una Divisione di fanteria, organizzava con perizia la difesa di una piazza della quale era il vicecomandante. Attaccato da preponderanti forze corazzate e autotrasportate appoggiate da potenti artiglierie ed imponenti azioni aeree, opponeva per quattro giorni consecutivi tenace resistenza riuscendo in più riprese a rintuzzare l'aggressività nemica con abile e audace manovra degli scarsi mezzi a disposizione. Manifestatasi la crisi, persisteva nella lotta impari e la protraeva, dopo aver rifiutato l'imposizione di resa, fino all'esaurimento di ogni azione di offesa. Bardia (Africa Settentrionale), 2-5 gennaio 1941
«Comandante la colonna munizioni, opportunamente provvedeva, anche sotto il fuoco del nemico, al rifornimento dei reparti in combattimento. Zanzur, 8 giugno 1912
«Comandante di un battaglione, con fervente azione e con serena calma infondeva nei dipendenti entusiasmo ed aggressività, ottenendo che per ben due volte i reparti da lui comandati si lanciassero al contrattacco, rimanendo poi saldi, per l'intera giornata, sulla importante posizione conquistata, nonostante le perdite ingenti loro causate dal violento bombardamento nemico. Monte Asolone, 14-15 gennaio 1918
«Durante l'attacco al fortino di Agilat, alla testa della propria compagnia, infrangeva dopo sei ore di violentissima lotta, la tenace resistenza di forti mehalle ribelli, trascinando con l'esempio i propri ascari al corpo a corpo, che decideva della vittoria. Confermava così le non comuni doti di ardimento già dimostrate nella precedente giornata a Gedida e forniva nell'intero periodo della campagna chiari esempi di valore personale e sprezzo del pericolo. Tripolitania, 16 gennaio-31 agosto 1917
— Decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 1970.[19]
— Regio Decreto 10 novembre 1932.[20]
— Regio Decreto 24 gennaio 1924.[21]
«Comandante di truppe eritree, con avveduto ed abile impiego del suo grupo rinforzato d'artiglieria, attaccava il nemico e ne vinceva la forte resistenza. Violentemente contrattaccato su di un fianco da forze molto superiori, reagiva immediatamente dapprima stroncando l'impeto dell'audace avversario, poi contrattaccandolo a sua volta con tale violenza da travolgerlo e fugarlo; confermava così eccellenti qualità di capace, valoroso comandante di truppe eritree. 15 dicembre 1935-5 maggio 1936
— Regio Decreto 24 luglio 1936.[23]

Pubblicazioni modifica

  • Coloniali ed ascari, Ceschina, Milano, 1940.[24]

Note modifica

Annotazioni modifica


Fonti modifica

  1. ^ a b c d e f g h Generals.
  2. ^ a b Saini Fasanotti 2010, p. 116.
  3. ^ a b c d e Saini Fasanotti 2010, p. 173.
  4. ^ a b Saini Fasanotti 2010, p. 174.
  5. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 175.
  6. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 176.
  7. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 176-177.
  8. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 171.
  9. ^ a b Saini Fasanotti 2010, p. 178.
  10. ^ a b c d Saini Fasanotti 2010, p. 179.
  11. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 181.
  12. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 182.
  13. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 209.
  14. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 217.
  15. ^ Cronologia della provincia di Vercelli 1938-1942, su storia900bivc.it. URL consultato il 7 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 15 ottobre 2021).
  16. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 117.
  17. ^ Pankhurst 2003, p. 226.
  18. ^ http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=1146
  19. ^ Registrato alla Corte dei conti il 30 settembre 1970, registro 26 Difesa, foglio 1946.
  20. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.48 del 27 novembre 1933, pag.836.
  21. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali, 1925, p. 1434. URL consultato l'11 ottobre 2020.
  22. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.103 del 1 maggio 1934, pag.2187.
  23. ^ Registrato alla Corte dei conti lì 20 agosto 1936, registro 28, foglio 219.
  24. ^ Saini Fasanotti 2010, p. 118.

Bibliografia modifica

  • Angelo Del Boca, La disfatta di Gasr bu Hàdi, Milano, Mondadori, 2014.
  • Angelo Del Boca, Italiani in Africa Orientale: La conquista dell’Impero, Bari, Laterza, 1979.
  • Angelo Del Boca, Italiani in Africa Orientale: La caduta dell'Impero, Bari, Laterza, 1986, ISBN 88-420-2810-X.
  • B. Palmiro Boschesi, Il chi è della Seconda Guerra Mondiale. Vol.2, Milano, Mondadori, 1975, p. 220.
  • (EN) Richard Pankhurst, Sylvia Pankhurst: Counsel for Ethiopia : a Biographical Essay on Ethiopian Anti-Fascist and Anti Colonialist History, Hollywood, California, Tsehai Publishers, 2003.
  • Federica Saini Fasanotti, Etiopia 1936-1940. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell'Esercito Italiano, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 2010, ISBN 978-88-96260-13-5.

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