Salvatore Pillera

mafioso italiano (1954)

Salvatore Pillera, più noto con il soprannome di Turi cachiti[1][2] (Catania, 24 aprile 1954), è un mafioso italiano. Dapprima legato a Cosa Nostra, successivamente fondatore della stidda catanese.

Biografia modifica

L'ascesa modifica

Inizialmente uomo di Giuseppe Calderone[3][4][5], secondo il collaboratore di giustizia Antonino Calderone fu scelto dal boss catanese per far parte del commando che il 16 marzo 1978 uccise Francesco Madonia, capo della cosca di Vallelunga Pratameno legato a Totò Riina[3][6]. Secondo Antonino Calderone e Gaspare Mutolo[7], in particolare, a Pillera sarebbe stato affidato il ruolo di esecutore materiale dell'omicidio[6].

Successivamente, dopo l'omicidio di Giuseppe Calderone, Pillera si avvicinò al boss Alfio Ferlito[1]. Dopo l'uccisione di quest'ultimo, avvenuta nella strage della circonvallazione, secondo la ricostruzione più accreditata ne raccolse l'eredità[1][8][9], diventando di fatto l'avversario principale di Nitto Santapaola[1][2][8][9] e riorganizzando il proprio clan[10]. Secondo altre ricostruzioni, Pillera non condivideva alcune regole all'interno di cosa nostra così si dissociò e diede vita alla stidda catanese, contemporaneamente avrebbe creato una cosca indipendente da Cosa nostra. All'interno del clan vigevano affiliati importanti come Giuseppe Sciuto detto Pippo Tigna, Carmelo Ternullo detto Lampadina, Michele Vinciguerra detto Cicaledda, Antonino Strano Stellario detto Nino Fighiu Pessu e il giovane futuro capomafia Salvatore Cappello. Il Clan Ferlito-Pillera vantava all'interno dello stesso affiliazioni di altri gruppi malavitosi come il clan Laudani; prima interno al clan se pur autonomi e poi successivamente nemico. Delle faide, tuttavia, non è mai stato chiamato a rispondere giudiziariamente[4]. Il suo arresto, nel 1986[1][10], scatenò una guerra di successione a Catania[1]. Il Pillera, alla nascita della propria consorteria mafiosa, non era solo il capo di codesta famiglia, ma era il rappresentante di tutti i gruppi mafiosi non aderenti a Cosa nostra, come il clan Savasta, clan Laudani, clan Sciuto, clan Piacenti, clan Di Mauro-Puntina. Il padrino Turi Pillera arrestato nel 1986 lasciò in mano il ruolo di comando del clan al suo braccio destro e cugino Giuseppe Salvo (noto come Pippo 'u carruzzeri) e successivamente nell'arco dello stesso periodo venne proclamato reggente il giovane Salvatore Cappello, figlioccio di Turi Pillera e compare di Giuseppe Salvo.

Condanna, scarcerazione e nuovo arresto modifica

Accusato, fra gli altri, dal collaboratore di giustizia Filippo Lo Puzzo (le cui dichiarazioni consentirono la prima grossa indagine sulla cosca Pillera nel 1987)[10] e poi dai già citati Antonino Calderone[6] e Gaspare Mutolo[7], fu condannato a 12 anni di reclusione per associazione per delinquere[2], ma lasciò il carcere nel 1996 per buona condotta[2]. Tornato a Catania[2][8], secondo le ricostruzioni della stampa, avrebbe ristabilito buoni rapporti con Santapaola[2][8] e avrebbe tentato di riunire le famiglie della città[8][9]. L'accordo con i Santapaola, tuttavia, avrebbe portato il suo clan a una scissione capeggiata dal giovane capomafia Turi Cappello[4][5]. Il 1º giugno 1998 fu nuovamente arrestato[4][5][8] e detenuto in regime di carcere duro fino al 2004[9].

Note modifica

  1. ^ a b c d e f Angelo Vecchio, con la collaborazione di Andrea Cottone, La mafia dalla A alla Z - Piccola enciclopedia di Cosa nostra, Palermo, Novantacento, 2012, pp. pagina 241, ISBN 9788896499306..
  2. ^ a b c d e f Il capo clan Pillera torna libero per buona condotta, in Corriere della Sera, 29 agosto 1996, p. 2. URL consultato l'8 febbraio 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).
  3. ^ a b Giovanni Falcone, Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, Milano, BUR, 2012 [1991], ISBN 9788858628881.. URL consultato l'8 febbraio 2013.
  4. ^ a b c d Torna in carcere boss della mafia catanese, in La Repubblica, 1º giugno 1998. URL consultato l'8 febbraio 2013.
  5. ^ a b c Catania, arrestato il boss nemico di Santapaola - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 2 giugno 1998.
  6. ^ a b c Luca Tescaroli, Le faide mafiose nei misteri della Sicilia, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003, pp. pagine 114-115, ISBN 9788849804171.. URL consultato l'8 febbraio 2013.
  7. ^ a b Tescaroli, pagina 60.
  8. ^ a b c d e f Alfio Sciacca, Preso il padrino che voleva unire i clan catanesi, in Corriere della Sera, 2 giugno 1998, p. 15. URL consultato l'8 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).
  9. ^ a b c d Rinaldo Frignani, Decine di boss della mafia «liberati» dal carcere duro, in Corriere della Sera, 3 gennaio 2004, p. 15. URL consultato l'8 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).
  10. ^ a b c Guglielmo Troina, 'Sono un sicario e vi dirò tutto...'. Così 88 persone sono finite in carcere, in La Repubblica, 9 maggio 1987, p. 16. URL consultato l'8 febbraio 2012.

Bibliografia modifica

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