Oronzo di Lecce

vescovo e santo romano
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Oronzo (Rudiae, 22Lecce, 26 agosto 68) è stato un vescovo e santo romano.

Sant'Oronzo
Sant'Oronzo di Lecce, raffigurato in un'immagine popolare sacra, 1906
 

Vescovo e Martire

 
NascitaRudiae, 22
MorteLecce, 26 agosto 68
Venerato daChiesa cattolica
Santuario principaleSant'Oronzo fuori le Mura
Ricorrenza26 agosto
Attributiabiti vescovili; bastone pastorale; palma del martirio; idoli pagani frantumati ai suoi piedi
Patrono diLecce (città, provincia e diocesi), Turi, Ostuni, Campi Salentina, Caprarica di Lecce, Muro Leccese, Botrugno di Lecce

Secondo la tradizione, sarebbe stato eletto primo vescovo di Lecce da san Paolo in persona; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e il suo culto è molto popolare nel Salento, dove è titolare di molti patronati, tra i quali quello sulla città di Lecce e tutta la diocesi. Alcune fonti riportano il nome Hermes al posto del sopracitato Oronzo.

Biografia modifica

Oronzo nacque col nome Publio a Rudiae, antica località nei pressi di Lecce situata sulla via per la odierna San Pietro in Lama, 22 anni dopo la nascita di Cristo, da una nobile famiglia pagana. Il padre era tesoriere dell'imperatore e fu succeduto nella sua carica proprio dal figlio Publio all'età di 35 anni.

La leggenda vuole che un giorno san Paolo, l'Apostolo delle genti, consegnasse una sua Lettera (alcuni studiosi pensano che si tratti della celeberrima "Lettera ai Romani") a Tizio Giusto di Corinto, affinché la recapitasse a Roma. Mentre era in viaggio, Giusto fu sorpreso da una violenta tempesta, al largo delle coste salentine, che ne causò il naufragio presso l'attuale spiaggia di San Cataldo (Lecce), ove fu salvato e curato da Publio e suo nipote Fortunato mentre si erano recati a caccia.

Giusto parlò a Publio dell'unico Dio e Publio, affascinato dalle verità evangeliche, abbracciò la fede cristiana, ricevendo il battesimo insieme a suo nipote Fortunato e cambiando il proprio nome in Oronzo, che significa "risorto". Giusto e Oronzo cominciarono a predicare e furono denunciati dai sacerdoti pagani al pretore romano, che impose loro di offrire incenso a Giove nel tempio a lui dedicato. A questa imposizione Oronzo e Giusto si opposero e professarono la loro fede. Il pretore condannò Oronzo e Giusto alla flagellazione e li fece rinchiudere in carcere.

Scarcerato, Giusto andò a Roma da Pietro. Conclusa la propria missione nella capitale dell'impero, Tizio Giusto tornò a Lecce e, resosi conto dell'ardore apostolico che animava Oronzo e Fortunato, li invitò a seguirlo a Corinto, onde presentarli all'apostolo Paolo. A Corinto furono accolti da Paolo, che, intravista l'anima grande del giovane leccese e di suo nipote, consacrò Oronzo primo vescovo di Lecce e della Japigia (l'odierna penisola salentina), dandogli quale compagno di apostolato il laico Tizio Giusto, e nominando Fortunato successore di Oronzo. Tornati nel Salento, predicarono Cristo alla popolazione, convertendone buona parte, ma l'inasprimento delle persecuzioni contro i Cristiani voluta dall'imperatore Nerone (64 d.C.) con l'invio a Lecce del ministro Antonino, costrinse Oronzo e Giusto a un esilio forzato da Lecce. Così intrapresero un lungo viaggio missionario, che li portò in varie città della Puglia e della Lucania.

Nel loro viaggio apostolico Oronzo e Giusto predicarono il vangelo e celebrarono l'eucaristia ad Ostuni e Turi, in grotte carsiche scavate nel sottosuolo nelle quali riuscivano a sfuggire alle persecuzioni di Nerone e del suo ministro Antonino, grazie anche all'aiuto delle popolazioni convertite.

Andando via da Turi, i due apostoli si recarono a Siponto, a Potenza e a Taranto, per tornare poi a Turi, dove furono trovati dai legionari e ricondotti a Lecce, dove al termine di un processo sommario, accusati di perduellio (alto tradimento nei confronti degli dei dell'Impero), vennero condannati a morte per decapitazione, secondo le leggi dell'ordinamento romano. Dopo undici giorni di tormenti e vessazioni, furono condotti a tre chilometri da Lecce, dove suggellarono il loro amore a Cristo col martirio mediante decapitazione. Era il 26 agosto dell'anno 68 dopo Cristo. I loro corpi furono pietosamente ricomposti e portati in gran segreto in una casupola di campagna di proprietà di una matrona cristiana di nome Petronilla. In seguito, in quel luogo fu edificata una cappella, poi sostituita da una chiesa progettata dall'architetto ingegnere Gaetano Capozza e denominata dai leccesi "La Capu te Santu Ronzu", oppure "Santu Ronzu te fore" in ricordo di Oronzo e Giusto, martiri nel nome di Cristo.

Culto modifica

Il culto è antichissimo, ma scarsamente documentato nell'antichità. A causa delle alterne e drammatiche vicende storiche dell'intero territorio pugliese, segnato dalle numerose invasioni barbariche e conseguenti distruzioni, la memoria e il culto per il protovescovo leccese si andò sempre più affievolendo, senza però spegnersi del tutto, visto che di esso rimane traccia in alcuni documenti (il "Diploma di Tancredi" del 1181) e nella fiera di Sant'Oronzo (nundinae Sancti Ronzi), che si svolge a Lecce, da tempo immemorabile, nei pressi della Porta San Giusto, nell'ultima domenica di agosto, in ricordo del martirio di Sant'Oronzo. In generale il culto è documentato con certezza nei secoli XI-XII a Taranto, Monte Sant'Angelo, Avellino, Monopoli e Siponto.

Patronati modifica

A Lecce e provincia modifica

 
La Colonna di Sant'Oronzo (Lecce)
  • Lecce festeggia Sant'Oronzo il 24, 25 e 26 agosto, in ricordo del suo martirio. La festa risale al XVI secolo, anche se nel Diploma di Tancredi ne è attestata la fiera già dal Medioevo; fu sospesa nel 1640, per poi essere successivamente ripristinata nel 1658, anno in cui la leggenda devozionale vuole sant'Oronzo liberatore dei leccesi dalla peste. Fu così che sant'Oronzo divenne ufficialmente patrono della città al posto di santa Irene (nello stesso anno si aggiunse il patronato di san Fortunato). In tale occasione, venne donata dai brindisini il fusto marmoreo di una delle due colonne poste al termine della via Appia nel porto di Brindisi, per servire da basamento per una statua di sant'Oronzo in legno rivestita in rame che dominava l'omonima piazza leccese. La statua, distrutta da un incendio accidentale nel 1737, fu ripristinata appena due anni dopo. Un curioso aneddoto riguarda la statua argentea di sant'Oronzo custodita nel duomo di Lecce: si narra, infatti, che il mezzo busto commissionato a fine '600 a Napoli presentasse sempre un difetto, vicino al sopracciglio; ad ogni fusione si ripresentava lo stesso difetto, finché, narra la leggenda, il santo stesso chiarì il tutto in sogno all'artista: in gioventù si era procurato una cicatrice vicino al sopracciglio.
  • Botrugno
  • Muro Leccese
  • Campi Salentina
  • Diso
  • Acaya
  • Maglie (comprotettore)

Città fuori provincia modifica

  • Turi. A Turi si narra che il santo fosse in predicazione e, per scappare dalle persecuzioni, si nascose in una grotta, che attualmente si trova nei pressi del cimitero comunale. A Turi, nonostante le persecuzioni che si succedettero con ferocia inaudita, nonostante le vessazioni causate da secoli di invasioni militari e culturali, tennero sempre viva la lampada della fede, che Oronzo secoli prima aveva acceso. Col trascorrere del tempo fu dimenticata l'esatta ubicazione dell'ingresso della sacra grotta, anche se da alcuni documenti si evince come quell'appezzamento di campagna fosse sempre stato chiamato "di Sant'Oronzio". Durante la terribile pestilenza degli anni 1656-1658, in cui morirono circa 800 turesi, sant'Oronzo apparve ad una verginella in preghiera, promettendo che avrebbe ottenuto da Dio la fine del morbo e le rivelò l'accesso della sacra grotta. Lì furono rinvenuti i segni della sua presenza durante l'età apostolica. Ma negli anni il culto del Santo si affievolì, fino a quando, nel 1726, alla fine del mese d'aprile, mentre si fabbricava un nuovo quarto di prospettiva del convento dei Padri Riformati di San Francesco sotto il titolo di San Giovanni Battista, un religioso, fra' Tommaso di Carbonara, frequentò spesso la grotta, mentre assisteva alla gente che scavava le pietre necessarie per la costruzione di cui sopra nel territorio vicino. Durante queste visite gli apparve il Santo che, lamentando la raffreddata devozione dei turesi, lo esortò a far portare una croce ed inalberarla nel largo che sovrastava la grotta in segno della sacralità del luogo. Quando la notizia fu divulgata, l'arciprete don Domenico Gonnella ordinò la formazione di una croce che, esaudendo la volontà del Santo, il 3 maggio fu solennemente portata alla grotta. In quel tempo la grotta naturale sita in piena campagna, lontana dall'abitato, doveva essere un luogo di difficile accesso per l'accresciuta folla di fedeli. Con le offerte fu così iniziata la costruzione di una grande chiesa, denominata Cappellone di Sant'Oronzo,[1] sulla sacra grotta ed intorno ad essa. Nel 1731, dopo il grave terremoto che colpì la zona tra il 20 e 21 marzo di quell'anno, il Capitolo della Insigne Collegiata chiese alla Sacra Congregazione dei Riti di dichiarare sant'Oronzo "Compatrono di Turi". Durante i festeggiamenti in suo onore, il 26, il busto del santo è trainato dalle mule in città su un carro trionfale (voto dei turesi nel 1851 per aver salvato la città dal colera), alto 15,15 m, che attraversa il corso principale della cittadina sovrastato da arcate luminarie alte 16 metri.
  • Ostuni. Sant'Oronzo si nascose anche in una grotta a Ostuni, nel luogo dove è stata poi costruita la chiesa e il relativo santuario. I festeggiamenti si svolgono nella Città Bianca il 25, 26 e 27 agosto con la rinomata Cavalcata di Sant'Oronzo, una processione nella quale sfilano esponenti del clero e dell'amministrazione comunale, seguiti da cavalli e cavalieri, con stoffe rosse ricche di ricami e lustrini. I festeggiamenti comprendono anche due fiere e uno spettacolo di fuochi.
  • Paola. Qui sant'Oronzo è conosciuto anche come "Oronzo l'Accompagnatore", o "Ermete l'Accompagnatore". La leggenda narra, infatti, che sant'Oronzo, con un piccolo calesse, riuscì miracolosamente a trarre in salvo gli abitanti della città, minacciata dall'ennesima rivolta dei Bruzi che ormai l'avevano cinta d'assedio. Ogni anno, il 13 marzo, questo fatto viene ricordato dai paolani con una fiera.

Note modifica

Bibliografia modifica

  • Raffaele De Simone, S. Oronzo nelle fonti letterarie sino alla metà del seicento, Centro Studi Salentini, Lecce 1964 (online: Indice, prima parte, seconda parte)

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