Saprofita

che si nutrono di materia organica morta o in decomposizione
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Col termine saprofita o saprofito[1] , dal greco σαπρός (saprós), "marcio", e φυτόν (phytón), "pianta", si indicano gli organismi che si nutrono di materia organica morta o in decomposizione. Nonostante etimologicamente richiami le piante, si continua ad usarlo principalmente con riferimento ai funghi e ai batteri, che non sono più classificati come appartenenti al regno vegetale.

Marasmius prasiosmus (Appalaches, USA) che si nutre a spese di un albero morto

Descrizione modifica

Questi organismi sintetizzano sostanze inorganiche da sostanze organiche. Sono fondamentali nelle catene alimentari degli ecosistemi in quanto decompositori, cioè capaci di smontare i composti organici in elementi inorganici o comunque meno complessi (acqua, sali minerali, anidride carbonica), partecipando alla formazione dell'humus.

Sono saprofiti alcuni funghi (ad esempio, Agaricus, Coprinus, Macrolepiota, Lepista, Abortiporus biennis), licheni formati da cianobatteri e funghi (mentre quelli formati da alghe e funghi sono parassiti o simbiotici) e parte di protozoi e batteri. Tra questi ultimi, insieme ad altri, si annoverano la Veillonella, batterio gram-negativo non patogeno presente nella saliva, e Clostridium Botulinum, batterio gram-positivo, che tramite intossicazione alimentare può provocare paralisi flaccide, problemi all'oculomotricità, disfagia e disturbi cardiaci. In alte dosi porta alla paralisi e morte.

A volte vengono definiti saprofiti anche alcuni tipi di orchidee e inusuali piante prive di clorofilla.

Note modifica

  1. ^ Saprofito, in Enciclopedia on line, Istituto Treccani. URL consultato il 23 gennaio 2024.

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