Sfera (film)

film del 1998 diretto da Barry Levinson

Sfera (Sphere), noto anche come Sfera - Il terrore può essere ovunque, è un film del 1998 diretto da Barry Levinson, tratto dall'omonimo romanzo di Michael Crichton.

Sfera
Dustin Hoffman, Sharon Stone e Samuel L. Jackson in una scena del film
Titolo originaleSphere
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1998
Durata134 min
Generefantascienza
RegiaBarry Levinson
SoggettoMichael Crichton (omonimo romanzo)
SceneggiaturaKurt Wimmer, Stephen Hauser, Paul Attanasio
ProduttoreMichael Crichton, Andrew Wald, Barry Levinson
Produttore esecutivoPeter Giuliano
Casa di produzioneWarner Bros.
Distribuzione in italianoWarner Bros.
FotografiaAdam Greenberg
MontaggioStu Linder
Effetti specialiKen Pepiot, Joe Colwell, Jeffrey A. Okun, Grant McCune
MusicheElliot Goldenthal
ScenografiaNorman Reynolds, Mark W. Mansbridge, Anne Kuljian
CostumiGloria Gresham
TruccoAllan A. Apone
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Il film è stato accolto negativamente dalla critica.

Trama modifica

Il dottor Norman Goodman è uno psicologo che viene chiamato solitamente dalle autorità quando avviene un incidente di grosse dimensioni, per offrire supporto psicologico ai sopravvissuti. Quando viene convocato in gran segreto in mezzo all'oceano dal misterioso ufficiale Barnes, scopre che il suo nome è stato estratto da un suo vecchio saggio, realizzato per il governo degli Stati Uniti, da utilizzare nell'evenienza di un contatto con una civiltà extraterrestre. Nel rapporto vengono citati tre scienziati: la biologa Beth Halperin, con la quale Norman ha avuto una breve relazione anni prima, il matematico Harry Adams e l'astrofisico Ted Fielding, tutti chiamati a partecipare alla spedizione.

Sul fondo degli abissi è stata localizzata un'astronave di provenienza ignota e il compito della squadra è quello di ispezionarla ed eventualmente prendere contatto con le forme di vita aliene. In realtà l'astronave appare deserta ma rivela una tecnologia avanzata e dal diario di bordo gli scienziati scoprono che è di origine americana proveniente da un imprecisato futuro e che si trova sul fondo dell'oceano da circa trecento anni. Nel vano di carico trovano una misteriosa "sfera" di una decina di metri di diametro.

Mentre sono bloccati nella stazione sottomarina a causa di una tempesta in superficie, uno dopo l'altro i membri della squadra cominciano a morire in strani incidenti, mentre cercano spiegazioni "parlando" per tramite di un computer di bordo con un'entità dal linguaggio semplice, apparentemente infantile, e che ritengono comunicare dall'interno della "sfera", chiamata Jerry. Jerry sembra divertirsi a scatenare contro gli scienziati e i militari varie creature marine senza uno scopo preciso.

Dopo parecchie ore Norman, Harry e Beth, ormai ultimi sopravvissuti, capiscono che gli eventi che stanno accadendo sono causati dalla "sfera Jerry", in grado di influenzare la psiche degli uomini: i membri dell'equipaggio si stanno facendo del male fra loro, poiché materializzano i loro pensieri e le loro paure, anche durante il sonno, portando a termine inconsapevolmente una serie di vendette a catena. Solo ora i tre superstiti diventano consapevoli (pur non avendone memoria) che sono tutti entrati dentro alla "sfera" in grado di fare sviluppare poteri particolari nelle menti degli esseri con cui entra in contatto: fare sembrare vere immagini e situazioni irreali, determinando uno sdoppiamento involontario delle coscienze umane. Dopo essere usciti dalla "sfera", infatti, tutti i membri dell'equipaggio hanno indirettamente usato i "poteri" innescati dalla "sfera" con lo scopo di uccidersi. La stessa cosa era accaduta a tutti gli occupanti dell'astronave, perché avevano fatto materializzare involontariamente le loro paure.

A un tratto un allarme segnala ai sopravvissuti l'imminente esplosione di una serie di cariche esplosive, piazzate da Beth intorno alla base come sistema di sicurezza, ma che lei stessa aveva innescato con il suo "potere" inconscio, mentre pensava alle cariche e al desiderio di farla finita (la biologa aveva tentato il suicidio a causa di una depressione anni prima).

Gli scienziati fuggono dalla base sottomarina, dirigendosi verso un mini-sommergibile di scorta: dopo essere sfuggiti a un'illusione collettiva di trovarsi improvvisamente all'interno dell'astronave prigionieri e senza via d'uscita, ancora una volta creata dalle loro stesse menti, Norman riesce ad avviare l'emersione rapida del veicolo, mentre l'astronave e la base sottomarina vengono spazzate via dall'esplosione.

Giunti in superficie i tre sopravvissuti vengono soccorsi ma restano in quarantena. Nei pochi minuti che precedono l'interrogatorio decidono che la "sfera", benché li abbia resi capaci di realizzare i propri sogni, dia un potere troppo difficile da controllare e che sarebbe troppo pericoloso lasciare finire un tale potere nelle mani dell'esercito, che lo userebbe per scopi di guerra.

Arrivano quindi alla conclusione che, nonostante la "sfera" possa essere stata un dono da parte di intelligenze extraterrestri, il genere umano non sia ancora pronto per servirsi di un simile potere. Usando i poteri mentali ottenuti grazie alla "sfera", decidono di dimenticarne l'esistenza e di imporsi che essa non sia mai esistita. Harry, il matematico, propone un simbolico conto fino a "tre" per innescare i loro poteri e, dal momento che l'artefatto materializza i pensieri e li rende reali, al "tre" il trio si interroga su cosa stiano facendo, immemori, mentre la "sfera" (che sembrava distrutta dall'esplosione) fuoriesce dall'oceano e sale verso il cielo, supera l'atmosfera terrestre, dileguandosi ad altissima velocità nelle profondità dello spazio.

Produzione modifica

Hoffman si è unito al cast a causa del coinvolgimento di Levinson. Hoffman e Levinson avevano collaborato a diversi progetti precedenti, e Hoffman credeva che Levinson potesse sollevare il progetto oltre la sua sceneggiatura. A causa delle preoccupazioni di bilancio, la produzione si è interrotta nell'ottobre 1996 e la sceneggiatura è stata rivista. Mentre Levinson ha atteso che la produzione riprendesse, ha diretto Sesso & potere, che ha come protagonista anche Hoffman. Le riprese del film sono ricominciate nel marzo 1997, con un budget stimato da Variety pari a 80 milioni di dollari. Le riprese si sono svolte in una base navale sull'isola di Mare Island a Vallejo, in California. La fotografia principale si è conclusa nel luglio 1997, dopo 68 giorni.

Distribuzione e incassi modifica

Inizialmente il film doveva uscire nel periodo natalizio, ma la data è stata posticipata per evitare la concorrenza. La Warner Bros. ha distribuito il film negli Stati Uniti il 13 febbraio 1998, dove ha debuttato al terzo posto e incassato $ 37 milioni in totale. Il film ha incassato 50,1 milioni di dollari in tutto il mondo, contro un budget di produzione di 75–80 milioni di dollari.

Critica modifica

Corriere della Sera (4/4/1998)

Maurizio Porro - "Mentre nell'ultimo lavoro di Peter Brook si racconta la condanna a ricordare, «Sfera» di Barry Levinson, ottavo furto di Hollywood alla fantasy-letteratura di Michael Crichton, ci insegna che la salvezza sta nel dimenticare. Almeno per gli scienziati che, accompagnati da Mozart, s'inabissano nel Pacifico per studiare uno strano veicolo spaziale che nasconde al suo interno una ancor più misteriosa sfera di metallo liquido, dorato effetto virtual-digitale. La quale, con logica matematica computerizzata, parla e minaccia, materializzando incubi, nevrosi, paure. Il trucchetto è tutto qui: allestire un set claustrofobico e realistico con vasto corredo di citazioni: la sfera come il parallelepipedo di «2001»; la voce come in «Incontri ravvicinati» o «Contact»; l'entità è una «cosa» alla Hawks ma anche un «Alien», oltre a «20.000 leghe sotto i mari», pubblicamente sfogliato. Non arriveremo alla perfidia di «Variety» che parla di «Sphere» come di una conchiglia vuota, ma certo non è il tipo di film per Levinson, né per il suo Dustin Hoffman, poi tornati sulla terra con «Wag the dog». La «cosa» sottomarina promette misteri che non si realizzano, aizzando una catena nevrotica collettiva che arriva, dopo 133', a ovvia conclusione. Si restringe così lo stile fantasy a corse nei cunicoli, con virtuosismi fotografici. Manca però la suspense, la storia si attorciglia a se stessa e gli attori, con 70 chili di attrezzature da sub, si sbranano in un processo a porte chiuse: Hoffman coi suoi tic; Jackson, Coyote e Liev Schreiber aspettano il peggio e la migliore è la biologa Sharon Stone. Levinson, autore di «Rain man» e «Rivelazioni», cerca, con le didascalie, un incrocio di stili che gli sfugge, nonostante la ponderosa sceneggiatura e i riflessi della bellissima sfera col principio vitale dell'umanità. Ma poco alla volta il dramma da camera sott'acqua fa acqua e rischia il ridicolo freudiano tra meduse, serpenti di mare e calamari giganti, affrontando troppi temi psico-teologici e filosofici senza che l'avventura extra temporale provochi sobbalzi. Neppure nel problema più bello e disatteso, il rapporto creativo col nostro cervello giunto stremato a fine millennio..."

il Giornale (4/4/1998)

Maurizio Cabona - "Prendete "Il pianeta proibito" di Fred McLeod Wilcox (1956), "The abyss" di James Cameron (1989), "Punto di non ritorno" di Anderson (1997), spruzzateli con un'atmosfera un po' da "2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick (1968) e un po' da "Alien" di Ridley Scott (1979): avrete "Sfera" di Barry Levinson. Ci troverete lo psicanalismo del primo, la prolissità del secondo, l'astrusismo del terzo, le velleità del quarto e la situazioni del quinto. [...] Per anni Michael Chricton aveva cercato un produttore che si prendesse il rischio di portare sullo schermo una delle sue opere meno riuscite: tutti l'hanno rifiutato - incluso Dino de Laurentiis - e, alla fine, ha dovuto adattarsi a produrselo da solo: ne sconterà le conseguenze, perché negli Stati Uniti, il mercato cinematografico principale, "Sfera" non è andato bene. (...) Il personaggio di Dustin Hoffman vaga per l'astronave in preda a tante fobie che fanno interrogare lo spettatore sul perché, in un posto del genere, si sia mandato uno così. Ma fra tante inverosimiglianze - spicca la pretesa che la Stone si sia aperta la vene, una dozzina d'anni prima, per un uomo brutto dai nervi fragili. Quanto a Samuel L. Jackson, attore anche di "Jackie Brown", é atletico, muscoloso, ma va bene per le storie di Quentin Tarantino. Certo, anche Levinson è uno che si prende sul serio, senza averne motivo, come Tarantino, ma dove Tarantino si accontenta di dialoghi a base di «fuck», Levinson si permette riflessioni parafilosofiche!"

La Stampa (4/4/1998)

Lietta Tornabuoni - "L'idea centrale di «Sfera» di Barry Levinson è tutt'altro che nuova, nel cinema ha più di quarant'anni e appartiene al classico «Il pianeta proibito» di Fred M. Wilcox, 1956, film essenziale nello sviluppo del genere perché sperimentava il mix tra psicoanalisi e fantascienza. [...] Il film non ha molte colpe di plagio, essendo tratto dal romanzo (editore Garzanti) di Michael Crichton, che risulta pure un abile coproduttore: far svolgere l'intera vicenda a trecento metri di profondità nell'oceano Pacifico comporta forti risparmi, bastano due o tre locali, l'acqua marina, qualche trucco. E la Sfera del titolo, naturalmente: nella cosmogonia di Platone la sfera è la forma dell'Universo, la figura che comprende in sé tutte le figure ; nel film è una grossa palla dalla superficie dorata specchiante, che rispecchia solamente quanto vuole, che consente l'ingresso in sé solamente ad alcuni più sventurati. Gli studiosi Dustin Hoffman, Sharon Stone, Samuel L. Jackson e altri vengono inviati ad esplorare e analizzare un veicolo spaziale che giace da trecento anni sul fondo del mare; nelle loro avventure sottomarine credono di essere in comunicazione, per la prima volta al mondo, con una mente aliena; ma la distruttività prevale su tutto. Gli interpreti sono distratti, il film è scialbo. Cose interessanti: un gigantesco calamaro, i Capelli che Sharon Stone s'è tagliati cortissimi per risultare meglio credibile nella parte d'una biochimica, una pioggia di uova, infinite copie di «Ventimila leghe sotto i mari» di Jules Verne che arrivano soltanto a pagina 87, meduse assassine e la promessa «Io vi ucciderò tutti»..."

l'Unità (4/4/1998)

Michele Anselmi - "Sfera" sembra fatto con gli avanzi di "Abyss" e di "Alien": del primo eredita l'ambientazione sottomarina, del secondo la dimensione claustrofobica, in un mix ad alto tasso simbolico che vorebbe riprendere le suggestioni di certa fantascienza intellettuale. [...] La fantascienza ha regole precise sul piano spettacolare, alle quali non si sono sottratti nemmeno due fuoriclasse come il Kubrick di "2001. Odissea nello spazio" o il Tarkovskij di "Stalker". Anche "Sfera" prova a suggerire una riflessione più alta sulla natura umana, sui limiti della scienza, sull'enigma dell'intelligenza, ma gli manca il respiro; e quando cita Asimov, lo fa solo per sorriderci un po' sopra. (...) Tra una citazione da "20mila leghe sotto i mari" e dialoghi del tipo «È un vicolo cieco nel labirinto delle nostri menti», "Sfera" arrotonda il celebre monolite kubrickiano per imbastire uno spettacolo claustrofobico-subacqueo che nella prima ora agita una discreta suspense e nella seconda sprofonda nel ridicolo. E intanto cominciano a morire i membri dell'equipaggio, chi soffocato da strane meduse, chi disossato da giganteschi tentacoli, come se qualcuno (o qualcosa) fosse in grado di «materializzare» le paure del quartetto. Lamiere che scricchiolano sotto l'urto della pressione, tensioni a bordo, sospetti reciproci, la sfera aliena che pilota il gioco al massacro, il conto alla rovescia... Se Levinson è visibilmente fuori forma, anche i divi ingaggiati per l'occasione non fanno faville: Dustin Hoffman pensa ad altro, e si vede; mentre Sharon Stone, carina con il taglio corto di capelli, strabuzza gli occhi per fare vedere che pensa proprio come una scienziata....

il Manifesto (16/4/1998)

Mariuccia Ciotta - "E' d'oro, ma non luccica la Sfera di Barry Levinson, che ha sperato di trasformare in metallo prezioso le pagine di Michael Crichton, il più ricercato scrittore di Hollywood. Ma dentro la palla dall'involucro cangiante non c'è niente, o almeno così dicono i visitatori terrestri dell'oggetto alieno: Sharon Stone, Dustin Hoffman e Samuel L. Jackson. Levinson-Hoffman sono sugli schermi in questi giorni anche con "Wag the dog" (Sesso e potere), la stessa coppia dell'Oscar "Rain man". Ma il regista di "Rivelazioni" (ancora Crichton) non sempre giova a Dustin, psicologo in muta subacquea, non meno surreale della sfera misteriosa, roteante all'interno di una nave spaziale precipitata nell'oceano Pacifico trecento anni fa. Il genere è quello "sottomarino", con l'equipaggio attraversato da gelosie, tensioni, isterie. Ci manca solo il "barra a destra-barra a sinistra", ma rimedia Peter Coyote, capitano della sonda governativa a caccia di marziani, che urla di continuo nel microfono: "riesci a sentirmi? rientra immediatamente a bordo!" mentre il malcapitato di turno si dibatte in un branco di meduse assassine. Ed è l'unico effetto speciale concesso, perché ogni mostro degli abissi sarà visualizzato al computer o solo immaginato leggendo il romanzo di Jules Verne, 20.000 leghe sotto i mari, vera e unica fonte di ispirazione di Crichton-Levinson. Ma il libro e il film di Richard Fleischer (1954), con Kirk Douglas e James Mason-capitan Nemo rimangono un sogno nella mente dell'equipaggio. La claustrobia dell'abitacolo, la dinamica interna al gruppo, l'unico set rimandano ad Alien, ma anche qui il paragone è impossibile: dov'è l'adrenalina di Ridley Scott, circolante per i cunicoli metallici, dove il corpo nel corpo, la doppia personalità nascosta? [...] Inoltre, Barry Levinson ha altri rivali titanici. James Cameron, per esempio. Il regista degli "Abyss", il più grande esploratore degli oceani, che ha estratto dall'acqua ogni possibile emozione aliena. Invece, i tre eroi della Sfera vagano sui fondali alla ricerca di un senso da dare alla missione top secret. Sharon Stone, biochimica, è il solo corpo extraterrestre in vista. Un passato sull'orlo del suicidio, psicolabile, la dottoressa Beth Halperin tiene testa ai due compagni di viaggio ispirandosi al soldato Jane e a Sigourney Weaver, ma la sceneggiatura (Stephen Hauser e Paul Attanasio) non aiuta l'attrice di Basic Instinct. [...]"

Duel (28/5/1998)

Roberto Lasagna - "Film del mistero, più che della science fiction. Film che si presenta epico e moderno nelle ambizioni, ma suntuoso e un po' isterico nella messa in scena. Sfera rappresenta la più esclamativa escursione nel genere fantastico di Barry Levinson, che per la quarta volta, dopo Rain Man, Sleepers e Wag the Dog, torna a dirigere il suo attore feticcio Dustin Hoffman. [...] Il grande oceano in cui si svolge la vicenda dell'avventurosa équipe è naturalmente il simbolo sovrasensibile dell'anima e di quell'ambiente amniotico dove il contatto con gli alieni é da leggersi (e non é cosa nuova) con la rinascita della vita. Ma Sfera, in odore di Utopia, propone una riflessione più smaccata che gli fa superare la casistica del film sugli "incontri ravvicinati". Alla fine l'équipe capeggiata da Hoffman e da una misuratissima Sharon Stone decide di esercitare l'estremo potere di dimenticare. Cioè tenere unicamente per sé la grande scoperta della dimensione aliena e telepatica la cui forza potrebbe durare agli scienziati un potere immenso e sovrumano. I protagonisti, quasi fossero dei parenti stretti dello Jena Plissken di Fuga da LosAngeles, scelgono in extremis di liberarsi del pericolo di un controllo assoluto e totalizzante del loro subconscio da parte delle forze militari americane. Rientrano sulla superficie e si convincono della necessità di non aprire bocca sulla loro incredibile vicenda. Tutto il film, con l'emergenza di un continuo caleidoscopio di allucinazioni visive, ha pertanto operato una rapsodica rappresentazione del controllo dell'individuo sui più profondi desideri."

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