Sogdiana

regione storica dell'Asia centrale

La Sogdiana o Sogdia (in greco antico: Σογδιανή?, Sogdianḗ, in arabo سغد?, Sughd, in sogdiano Soɣd) è una regione storica dell'Asia centrale, comprendente gli attuali Uzbekistan meridionale e Tagikistan occidentale, dove il toponimo è rimasto nella regione di Suǧd. In quest'area, a partire dal VI secolo a.C., si sviluppò una civiltà iranica, che ha mantenuto attraverso i secoli le proprie connotazioni culturali (fino al X secolo d.C. circa, raggiungendo l'apice del proprio splendore tra il V e l'VIII secolo d.C.).

Sogdiana nel 300 a.C. circa.

La ricostruzione delle vicende storiche di quest'area è stata resa possibile dall'esistenza di diverse fonti antiche. La Sogdiana viene citata con il nome di Sukhda nell'Avestā. Un'altra menzione si ha nelle iscrizioni di Dario I (522-486 a.C.) a Bisutun, risalenti ai suoi primi anni di regno. I geografi greci conoscevano l'area con il nome di Sugdiana o Sugda, collocandola nella Transoxiana, zona dell'Asia centrale al di là dell'Oxos (o Oxus, l'odierno Amu Darya). Gli Arabi, in età successiva, la chiamavano Sughd (o al-Sughd) e indicavano la sua posizione genericamente nella regione del Mā warāʾ al-nahr, letteralmente "ciò che sta oltre il fiume".

Geografia modifica

Geograficamente i confini della Sogdiana erano definiti a sud dal fiume Oxus e a nord dal deserto del Kyzyl Kum. Nelle altre direzioni non era presente una demarcazione così netta e i confini assumevano una connotazione di tipo culturale, definita dalla presenza di altre civiltà limitrofe. Vi era la Margiana a ovest (oltre l'Oxus, sul delta del fiume Murghab), la Corasmia a nord-ovest, il Ferghana a est e la Battriana, o Ṭokhāristān, a sud. In quest'ottica erano parte integrante del territorio sogdiano anche l'Ushrusana e Shāsh, un'inclusione che anche la maggior parte degli studiosi contemporanei tende a proporre.

Storia modifica

La civiltà sogdiana si sviluppò lungo il fiume Zeravshan (menzionato nelle fonti greche come Polytimetos ma chiamato localmente Namik, dicitura utilizzata nella variante Nami nelle cronache cinesi) e il Kashka Darya. L'attività economica che stava alla base dell'economia locale era l'agricoltura, che si avvaleva di estese opere di canalizzazione e bonifica.

L'epoca antica modifica

 
Il mondo secondo Erodoto.

Nonostante prove archeologiche dimostrino la presenza umana in Sogdiana sin dal periodo preistorico, solamente a partire dall'epoca achemenide troviamo fonti scritte relative che menzionino la regione. Si è già accennato in precedenza alle iscrizioni celebrative di Dario I a Bisutun (fine del VI secolo a.C.) ed in quelle del piedistallo della sua statua ritrovata a Susa o sulle steli rinvenute in Egitto, databili al 500 a.C. circa. Altre testimonianze in tal senso sono i rilievi delle tombe reali di Persepoli, dell'Apadana (sempre a Persepoli) e di Naqsh-e Rostam nella regione del Fars (o Perside), nell'attuale Iran.
È ipotizzabile che la Sogdiana venisse annessa già da Ciro II (559-530 a.C.), fatto questo che sembrerebbe indirettamente confermato dal fatto che la sua morte sarebbe avvenuta ben oltre la Transoxiana, cioè oltre il Syr Darya, nel territorio controllato dalle popolazioni nomadi. Le informazioni desumibili dagli autori greci relative all'Impero achemenide vanno considerate tuttavia con cautela, a causa dell'ignoranza e dall'inevitabile ostilità e mancanza di obiettività degli stessi nei confronti dei loro nemici storici. Uno tra i pochi autori avente una certa affidabilità rimane Erodoto, il quale include la Sogdiana nella XVI satrapia dell'Impero achemenide, assieme alla Partia, alla Corasmia e all'Aria (Storie, VII, 93), non aggiungendo tuttavia notizie sostanziali al proprio resoconto.

Con la caduta dell'Impero achemenide a seguito dell'invasione macedone, la Sogdiana aveva opposto una notevole resistenza all'avanzata di Alessandro Magno (336-323 a.C.). Sembra infatti che proprio la tenace resistenza dei Sogdiani abbia spinto il celebre condottiero macedone a giungere a un compromesso con essi, suggellato dal suo matrimonio con una principessa locale, Rossane, figlia del capo ribelle Ossiarte. Tale gesto di pacificazione fu imitato da alcuni tra i generali più vicini ad Alessandro (tra cui Seleuco) e da altri membri dell'aristocrazia macedone. L'integrazione culturale ed etnica non ebbe tuttavia in Sogdiana i risultati riscontrati in altre regioni, quali la Battriana, dal momento che la cultura ellenistica non riuscì mai a scalzare il sostrato iranico.

La morte di Alessandro determinò la dissoluzione del suo immenso impero. In seguito alla spartizione dell'impero tra i Diadochi, gran parte del territorio iranico (assieme a Siria, Palestina e parte dell'Anatolia) cadde nelle mani di Seleuco I Nicatore (312-281 a.C.), eponimo del regno seleucide (312-65 a.C.). La stessa Sogdiana si ritrovò a farne parte, fintanto che dalla secessione delle provincie orientali del regno non si originò il regno greco-battriano (circa 250-50 a.C.). In quel periodo la classe dominante era rappresentata da Macedoni e Greci, sebbene la maggior parte della popolazione fosse costituita da Sogdiani e da Battriani ellenizzati.

Seguì una fase di caos, non ben documentata dalle fonti storiche, che portò al distacco della Sogdiana dal regno greco-battriano verso il 200 a.C. L'area divenne obiettivo di incursioni di popolazioni nomadi orientali, spinte ad occidente dall'impero Xiongnu (circa 209 a.C.-155 d.C.) in Mongolia e nella Cina settentrionale, chiamato successivamente di Kangju (circa II secolo a.C.-III secolo d.C.) localizzabile, probabilmente, nelle steppe degli odierni Uzbekistan e Kazakistan sud-occidentale. Secondo le fonti cinesi, la sconfitta degli Yuezhi a opera degli Xiongnu tra il 174 e il 160 a.C. innescò una serie di fenomeni migratori, con conseguenze notevoli sull'assetto politico ed etnico dell'intera Asia Centrale. Nel 135 a.C. circa, gli Yuezhi giunsero in Sogdiana e di lì a poco conquistarono la Battriana. Il diplomatico cinese Zhang Qian, giunto presso di essi nel 128 a.C., richiese la loro collaborazione per conto dell'imperatore Wudi (141-87 a.C.) per la sua guerra contro gli Xiongnu.

L'epoca del predominio culturale battriano modifica

 
Moneta sogdiana, VIII secolo d.C.
 
Moneta sogdiana, VI secolo d.C.

Tra la fine del I secolo a.C. ed il I secolo d.C., una delle cinque tribù dei Yuezhi diede vita a quello che sarebbe divenuto l'Impero kusana (circa 50-230 d.C.), comprendente la Battriana e l'India nord-occidentale. Nonostante la forte influenza economica e culturale esercitata nelle regioni attigue al loro dominio, tale regno non giunse a occupare stabilmente la Sogdiana, limitandosi a crearvi una sorta di Stato cuscinetto, al fine di assorbire la spinta delle incursioni dei nomadi delle steppe. L'epoca Kusana segnò un periodo di pacificazione dell'Asia centrale, sancita da una serie di alleanze matrimoniali con i principati locali che si estendeva in Corasmia, Kangju e parte del bacino del Tarim. Gli unici conflitti di una certa entità sono quelli con i Parti arsacidi (circa 250 a.C.-224 d.C.) a occidente e con gli Han orientali (25-220 d.C.) nella regione del bacino del Tarim verso il 90 d.C. Quest'ultimo conflitto si risolse rapidamente e senza grosse perdite per entrambe le parti con la vittoria degli Han. L'inimicizia con gli Arsacidi si trascinò invece per diversi anni. Ciò nonostante i commerci e gli scambi culturali in quest'area ebbero un forte sviluppo e fu proprio sotto i Kuxā‘a che il buddismo cominciò a espandersi oltre l'India.

Il collasso dell'Impero kusana fu determinato dal rafforzamento militare dei Persiani con l'ascesa della dinastia sasanide. Il primo shāhanshāh sasanide Ardashir I (224-241) assoggettò l'area verso il 230. La grande iscrizione di Shapur I (241-272) sulla Kaʿba-ye Zardosht (nell'attuale provincia del Fars) in medio persiano, partico e greco, datata 260 circa, annovera anche la Sogdiana tra le regioni sottomesse dai Sasanidi (224-642). Nonostante questa occupazione non sembra essersi protratta a lungo, determinò una serie di modificazioni socio-culturali. A livello religioso è possibile osservare come cristianesimo e manicheismo trovassero nuovi adepti in Asia Centrale, come conseguenza delle persecuzioni attuate nell'Impero sasanide, ufficialmente mazdeo. In Sogdiana nonostante la scarsità di attestazioni archeologiche in tal senso, è possibile supporre che coesistessero diverse religioni. Oltre a quelle già citate, troviamo una forma locale di mazdeismo e il giudaismo, mentre il buddismo (malgrado le scarse testimonianze dell'archeologia, dovute alle devastazioni di epoca islamica), fu diffuso fino al X secolo.[1]

Nel corso della seconda metà del IV secolo la Sogdiana e le regioni adiacenti furono invase da una popolazione la cui origine è sconosciuta, noto con il nome di Kidariti o Chioniti, una variante di hun e hyona (cioè Unni), espressioni designanti più che una civiltà specifica un insieme di consuetudini legate al nomadismo e alla pastorizia, in contrasto con l'ordine costituito rappresentato dalle civiltà agricole stanziali. Un'ambasciata kidarita in Cina viene menzionata nei resoconti storici del Celeste Impero risalenti al 477. Nel frattempo, nella Transoxiana si stava affermando una popolazione iranizzata, quella degli Eftaliti, che scalzarono i Kidariti. Riuscirono a creare un vasto dominio che si estendeva dai confini con la Persia al Bacino del Tarim. Sembra che la Sogdiana venisse inclusa nel loro impero nel 509. Il dominio eftalita fu di breve durata: nel 556, in seguito all'alleanza vittoriosa dello shāhanshāh sasanide Cosroe I (531-579) con i Turchi il loro impero venne spartito. Ciò determinò l'attribuzione ai Sasanidi della Battriana, mentre i Turchi entravano stabilmente in possesso del Bacino del Tarim e della Transoxiana.

L'arrivo dell'elemento turco modifica

L'arrivo dei Turchi da Oriente determinò un processo di integrazione culturale tra la civiltà preesistente e quella appena insediatasi. L'agricoltura rimase l'attività economica prevalente, sebbene venissero mantenuti gli scambi culturali e commerciali con le aree limitrofe. Una prova evidente di questa vivacità economica è attestata dai ritrovamenti monetari, che attestano una grande varietà di emissioni. L'ascesa della Persia come potenza di riferimento determinò l'adozione della monetazione sasanide come modello di riferimento per la Sogdiana e per molti altri regni centroasiatici, così come per le dinastie di origine nomadica. Lo standard monetario era rappresentato dalle dracmè coniate all'epoca di Bahrām V Gor (420-438). Successivamente alle sconfitte di Peroz (459-484) subite dagli Eftaliti, un'enorme massa di argento sasanide sotto forma di monete si riversò in Asia Centrale. Le monete persiane, semplicemente contromarcate in Sogdiana, venivano reimmesse in circolazione. A partire dal VII secolo, invece, fu la monetazione cinese a fungere da modello. Una monetazione non collegata alle potenze cinese e persiana, ma autonoma e probabilmente creata localmente è rappresentata da coniazioni rotonde con foro quadrangolare all'interno circondato da iscrizioni cinesi, sogdiane e tamga di vario tipo, usate probabilmente per gli scambi con l'esterno.

Dopo un periodo di forte espansione, condotta a danno dei popoli vicini (i Ruanruan, o Ruru, delle fonti cinesi (già alleati degli Eftaliti)) in un periodo collocabile verso la meta del VI secolo si ebbe la scissione dell'Impero turco in due entità distinte: l'impero dei Turchi orientali e impero dei Turchi occidentali (questi ultimi entrati presto in conflitto con gli Eftaliti). L'impero occidentale andò incontro a un'ulteriore scissione verso il 630, frazionandosi tra i Duolu nel Bacino del Tarim e i Nushibi in Transoxiana. I principi locali della Sogdiana acquisirono prestigio presso i dominatori turchi, evitando alla regione le devastazioni subite da altre aree in quel periodo caotico. Va registrata tuttavia una progressiva turchizzazione della regione, evidenziata anche dalla coniazione di monete recanti nomi turchi.

Il controllo delle vie di scambio commerciale fu il casus belli del conflitto tra Turchi e Persiani. I Sogdiani, colpiti economicamente da questo conflitto, cercarono vie alternative attraverso i passi del Caucaso, controllati dall'Impero bizantino, propiziando inoltre un'alleanza tra i Turchi e i Greci in funzione anti-persiana.

Altre vie commerciali battute dai Sogdiani si estendevano a sud, come lasciano intendere le numerose iscrizioni rupestri scoperte nell'alta valle dell'Indo. È ipotizzabile anche una loro presenza lungo le rotte marittime dell'Oceano Indiano.

L'egemonia dei Tang modifica

 
Affresco delle grotte dei mille Buddha di Bezeklik, raffigurante Sogdiani che recano doni a Buddha.

Oltre ai Persiani i Turchi si trovarono a dover fronteggiare l'Impero cinese. Quest'ultimo, con l'ascesa dei Tang (618-906), si trovava a essere nuovamente unificato e non più costretto all'inazione da faide interne. L'espansione cinese verso l'Asia Centrale si manifestò con particolare intensità con i primi due esponenti della dinastia: Taizong (626-649) e Gaozong (650-683). Il primo distrusse i Turchi orientali penetrando anche nel Bacino del Tarim, senza però accettare la richiesta dei Sogdiani di porsi sotto la protezione cinese. Sotto il suo regno, il pellegrino buddista Xuan Zang (604-664) fece un viaggio in India passando attraverso l'Asia Centrale visitando, nel 630 circa, anche la Sogdiana. Della situazione politica della regione scrisse un resoconto che entrò a far parte del memoriale all'imperatore al suo ritorno. In seguito, con il regno di Gaozong, la Sogdiana venne annessa all'Impero cinese come protettorato.

Il sovrano della nuova provincia vassalla cinese della Sogdiana, con capitale Samarcanda, era Varkhuman (Fuhuman secondo i cinesi), un Ikhshid (titolo che spettava ai signori locali così come in Ferghana) il cui governo tra il 650 e il 655 è effettivamente attestato da ritrovamenti monetari e da iscrizioni in sogdiano, seppur frammentarie, ad Afrasiab. Prima di lui sembra che la Sogdiana fosse controllata da un sovrano vassallo, probabilmente originario di Kish, rispondente al nome di Shyshpyr. Dalle scarse fonti cinesi e islamiche così come dalla numismatica apprendiamo i nomi dei successori di Varkhuman, Tukaspadak, Mastan-Navyan, Tarkhun, Gurak e Turgar.

La grande distanza dalla Cina rendeva tuttavia di fatto la sottomissione al Celeste Impero un fatto più che altro nominale. Viceversa numerosi Sogdiani di alto lignaggio occupavano nell'Impero cinese posizioni di grande prestigio nell'amministrazione civile e nell'esercito. Tale importanza sociale è attestata dalle numerose tombe rinvenute attorno all'antica capitale, Chang'an, non lontano da Xi'an, che peraltro dimostrano una presenza sogdiana precedente allo stesso periodo Tang. La Sogdiana stessa godeva di un notevole benessere economico, traendo grandi vantaggi dalla libera circolazione delle merci resa possibile dal controllo cinese su un vasto territorio, prevalentemente pacificato (nonostante l'occasionale conflittualità con i Tibetani).

Al progresso economico va aggiunta anche la libertà di culto garantita a Sogdiani e Iranici, che prevedeva la possibilità di erigere anche nuovi luoghi di culto. Con l'usurpazione dell'imperatrice Wu Zetian (684-705) i culti di origine straniera (in primis il buddismo) si trovavano a essere apertamente favoriti a corte, a discapito delle credenze locali (taoismo e confucianesimo), con enormi ripercussioni per la storia futura della Cina. Un altro risultato concreto ottenuto dall'imperatrice fu la riaffermazione del dominio cinese nelle Regioni Occidentali in seguito alle vittoriose campagne contro i Tibetani, che avevano invaso il Bacino del Tarim tra il 666 e il 692.

Sotto i Tang sia la Sogdiana sia le sue colonie poste lungo la Via della seta raggiunsero l'apice del proprio splendore, economico e culturale, in una compenetrazione di elementi locali, iranici, turchi e cinesi. Questa mescolanza culturale è evidente negli esempi di arte figurativa, pittorici e scultorei, rinvenuti nei siti archeologici di Afrasiab, Panjakand e Varahša. L'avanzata araba da occidente avrebbe però interrotto questo sviluppo.

La ripartizione cinese della Sogdiana in nove "famiglie" hu (cioè barbare o non-han) può essere rintracciata nelle fonti cinesi, in particolare in quelle dell'epoca dei Tang (618-906). A queste nove famiglie corrispondevano altrettante aree della regione governate da regnanti appartenenti alla dinastia zhaowu. L'appartenenza geografica determinava il "cognome" dei Sogdiani stabilitisi in Cina, con i quali le varie amministrazioni del Celeste Impero intrattenevano intensi rapporti, specie di carattere commerciale, almeno dal III-IV secolo d.C.

Le nove famiglie nelle quali era suddivisa dai Cinesi la regione erano le seguenti: Kang (Samarcanda), Mi (Maymurgh), Cao (corrispondente a tre regioni limitrofe poste tra Ishtikhan e Ushrusana), Shi (l'attuale Kish nel Khojavend), He (Kushana), An (Bukhara) e Shi (Shash, l'attuale regione di Tashkent). A queste sette si aggiungono altre due famiglie, non sempre menzionate: Bi (Paykand) e Fadi o Moudi (designante una zona posta sulla via per la Corasmia identificabile con Vardana oppure, come proposto in precedenza, con Amul (da non confondere con la città del Tabaristan) o con Betik. Non è certo tuttavia se a tali toponimi corrispondesse una reale suddivisione della Sogdiana o se invece fossero semplicemente un artificio burocratico. Il valore puramente indicativo di queste denominazioni sembrerebbe però essere avvalorato dal fatto che comprendesse la Corasmia quale parte integrante della Sogdiana, sebbene ciò non possa considerarsi corretto. Ciò anche ricordando che Sughd indicava il territorio compreso tra l'Ushrusana e la regione di Bukhara, escludendo queste due regioni periferiche dalla Sogdiana vera e propria.

L'amministrazione della Sogdiana nel suo complesso sembra avesse nella città di Samarcanda (la Maracanda dell'epoca di Alessandro Magno) il suo centro più importante. La città godeva di uno status privilegiato, svolgendo le funzioni di capitale della regione. Va tuttavia precisato che, data la natura federativa dell'area, contrassegnata dalla presenza di città-Stato, la sottomissione di queste entità politiche a una autorità locale era nominale.

La conquista araba islamica modifica

La conquista arabo-islamica costituisce un evento molto importante. I conquistatori venuti da Occidente infatti hanno lasciato una notevole quantità di fonti letterarie utili e accurate, che hanno consentito una ricostruzione storica molto più attendibile delle precedenti.

La prima incursione araba in territorio sogdiano ebbe come obiettivo Māyamurgh (654),[2] prima ancora dell'affermazione del califfato omayyade (661-750).[3] L'avanzata araba subì momentaneamente una battuta d'arresto ad opera dei Turchi del Ṭokhārestān e degli ultimi persiani Sasanidi loro alleati. Solamente con l'ascesa di Muʿāwiya I (661-680) si ebbe una sottomissione sistematica dell'area. Dopo aver assoggettato il Ṭokharestān grazie all'azione dell'abile governatore del Khorāsān, ʿUbayd Allāh b. Ziyād invase la Sogdiana occupando Paykand e Bukhara. L'avanzata araba culminò con la conquista temporanea di Samarcanda da parte di Saʿīd ibn ʿUthmān. Il ventennio successivo vide il mantenimento dello status quo, con una serie di scorrerie arabe nella Transoxiana, prive tuttavia di risultati durevoli. La Sogdiana fu sottomessa definitivamente solo sotto il califfo al-Walīd I, grazie all'azione di Qutayba ibn Muslim, governatore del Khorāsān. Nell'arco di un decennio (705-715) egli debellò i Turgesh (un clan nushibi).
I musulmani si spinsero in Corasmia e Ferghana, forse addirittura fino a Kashghar.

Tale avanzata fu senza dubbio facilitata dall'assenza di un vero e proprio controllo centralizzato dell'area, sia da parte di una dinastia locale, sia da parte dei Tang, a loro volta impegnati a contenere i Tibetani e il neo-risorto impero dei Turchi orientali (684-734) in Mongolia. A contendere la Sogdiana agli Arabi furono i soli Turchi orientali, guidati da Kül Tigin, fratello di Bilgä Kaghan (716-734) il quale, esattamente come il suo predecessore Kapagan Kaghan (692-716), combatté a lungo i Turgesh. Questi ottenne numerosi successi sugli invasori tra il 701 e il 712, non riuscendo però a sua volta a imporre la propria autorità sulla regione, che rimase soggetta al debole controllo dei Turgesh, con gli Omayyadi che si limitarono a mantenere alcune roccaforti in Sogdiana, principalmente Bukhara e Samarcanda.

L'islamizzazione modifica

La Sogdiana verso la metà dell'VIII secolo poteva dirsi già compiutamente islamizzata. La definitiva caduta di quelle aree sotto l'influenza abbaside venne sanzionata dalla battaglia del Talas, destinata a fissare il confine culturale tra l'Impero cinese e quello arabo-islamico.

Dalla seconda metà dell'VIII secolo l'Impero cinese, sotto la dinastia Tang, era scosso da una serie di crisi interne e da rivalità con i regni vicini, in particolare i Tibetani e i turchi Uiguri. Questi ultimi, guidati dalla dinastia Yaghlaqar (744-840), avevano creato un forte regno in Mongolia e sfruttavano abilmente la conflittualità tra Cinesi e Tibetani, traendone vantaggi territoriali. Aiutarono l'imperatore cinese Xuan Zong (712-756) a reprimere la rivolta del generale turco-sogdiano An Lushan che, nel 755-756, giunse a controllare vaste aree dell'impero cinese, venendo tuttavia assassinato dal figlio di lì a poco.

Nel 763 gli Uighuri riuscirono ad espellere i Tibetani dalla capitale cinese Chang'an, ponendosi nella condizione di dettare la politica dell'Impero cinese, con i Tang relegati a un ruolo di sudditanza. In quel periodo i Sogdiani si affermarono nelle più alte sfere dell'amministrazione, dell'esercito e a corte, influenzando in maniera notevole la cultura uigura. Tale durevole effetto è testimoniato dall'adozione da parte del Khāqān Tängri (759-779) del manicheismo e l'abbandono graduale dell'alfabeto brahmi (cioè di origine indiana e, con ogni probabilità, giunto con il buddismo) a vantaggio di quello derivato dall'arameo impiegato in Sogdiana. Questa situazione di sudditanza culturale e politica non venne tuttavia ben accetta dalla società uigura, che si ribellò al proprio Khāqān che fu infine assassinato. Seguì un periodo di persecuzioni anti-sogdiane e anti-manichee, che ebbero fine solo con l'ascesa al trono di Boquq (795-808). Quest'ultimo, considerato il più importante sovrano uiguro, riuscì a estendere l'Impero uiguro in Asia Centrale, giungendo fino al bacino del Tarim e alla Transoxiana dopo aver sconfitto i Tibetani e i Turgesh.

La preminenza sogdiana in Mongolia giunse completamente a termine quando i Kirghisi distrussero l'Impero uiguro nell'840, costringendo i superstiti a migrare verso sud dove fondarono, negli odierni Gansu (attorno a Dunhuang) e nel Xinjiang (attorno a Turfan), rispettivamente il regno uiguro di Ganzhou (850-1032) e di Kočo (850-1250).

A seguito della rivolta di An Lushan, i Sogdiani avevano sofferto delle persecuzioni avvenute principalmente a danno degli stranieri di origine iranica residenti all'interno del Celeste Impero. Il ministro confuciano Li Mi (722-789) aveva anche posto termine al sostegno economico garantito dalla corte tang a Sogdiani e Persiani dall'epoca di Gao Zong. Successivamente, altre misure restrittive furono intraprese allo scopo di limitare il potere degli stranieri attivi in Cina nel campo della produzione e del commercio di merci preziose a vantaggio delle imprese nazionali. La seconda parte del dominio dei Tang fu, difatti, caratterizzata da una crescente intolleranza e chiusura nei confronti degli stranieri mentre, come già osservato, con l'avvento di Wu Zetian e fino alla rivolta di An Lushan vi era stata una forte preminenza nell'economia cinese di stranieri provenienti dall'Asia Centrale, esponenti di quelle famiglie mercantili che trattavano beni di lusso provenienti dall'Asia Centrale importati in Cina per soddisfare la richiesta di esotismi e stravaganze della corte cinese. Un'ulteriore ondata repressiva si ebbe tra l'843 e l'845 quando una grande persecuzione fu scatenata contro il buddismo e le altre religioni di origine straniera presenti in Cina. Un'ulteriore, sanguinosa recrudescenza del nazionalismo cinese si ebbe nell'878-879, quando un gran numero di buddisti, musulmani, ebrei, cristiani, manichei e mazdei fu massacrato nelle regioni costiere della Cina meridionale. Nonostante questa serie di eventi massacri, le comunità sogdiane sopravvissero ancora per qualche tempo a Dunhuang e nell'area del Bacino del Tarim, salvo essere progressivamente assimilate, andando incontro ad un processo di completa sinizzazione.

La Sogdiana vera e propria, soggetta agli Arabi, era stata nel frattempo sconvolta da una serie di rivolte nel corso della seconda metà dell'VIII secolo. Nonostante queste difficoltà, gli Abbasidi furono in grado di estendere il loro potere fino in Ustrushana tra la fine dell'VIII e gli inizi del IX secolo. Un'altra rivolta su vasta scala, estesa a tutta la Transoxiana, fu scatenata da Rāfiʿ b. al-Layth (il nipote di Nasr ibn Sayyar) tra l'806 e l'809, ma fu priva di conseguenze politiche, concludendosi in un nulla di fatto con la riconciliazione del ribelle con il califfo abbaside. Più significativo a livello storico fu l'affermazione della dinastia di origine iranica dei Samanidi (819-1005) che, nel corso del IX secolo, riuscì a consolidare il proprio potere in tutta la Transoxiana e nell'Iran orientale rendendosi di fatto indipendente da Baghdad. Il periodo samanide rappresentò una sorta di "Rinascimento centrasiatico". Bukhara divenne il centro culturale di questa fase di rinnovato sviluppo. L'elaborazione della lingua neo-persiana e la sua diffusione verso l'occidente ebbero inizio proprio in quelle zone e in quel periodo.

Uno tra i risultati più importanti ottenuti dai Samanidi fu la conversione delle popolazioni ad essi soggette all'Islamismo. Nei suoi primi anni di regno l'emiro Ismāʿīl I (892-907) si adoperò per convertire (anche forzatamente) le ultime sacche di sopravvivenza dei culti legati al mazdeismo. Nell'893 egli fece mettere a morte l'ultimo afshin (sovrano) dell'Ustrushana per poi rivolgersi più a oriente contro i turchi Qarluq, non ancora islamizzati e nel cui territorio (posto a oriente della Transoxiana), secondo al-Kashghārī, si parlava anche il sogdiano.

L'emirato samanide fu abbattuto e spartito agli inizi dell'XI secolo tra i Karakhanidi, ai quali andò la parte settentrionale con la Sogdiana e i Ghaznavidi (anch'essi turcofoni), ai quali toccò la parte meridionale. La frontiera fu stabilita lungo il corso dell'Amu Darya anche se i due vecchi alleati entrarono ben presto in guerra tra loro. Di lì a poco essi stessi sarebbero stati assoggettati dai turchi Selgiuchidi. Ancora una volta, un popolo di cultura nomadica, costretto a emigrare dalla sedi originarie non meglio identificate poste più a oriente, si riversò in Transoxiana creando grande scompiglio. I Selgiuchidi eliminarono i Ghaznavidi nel 1040 e, successivamente, ridussero i Karakhanidi a un governo fantoccio nel 1089 ma dovettero cedere il passo ai nuovi venuti nel 1141: i Kara Khitay o Liao occidentali, dal nome dell'impero Liao (907-1125) in Manciuria, distrutto e assorbito dai Jin (1115-1234). Tra il 1210 e il 1212 i Kara Khitay furono sconfitti dall'Impero corasmio, a sua volta annesso all'Impero mongolo da Gengis Khan nel 1218. A quell'epoca la civiltà sogdiana aveva cessato di esistere. Tuttavia la formazione della cultura mongola, che comportò l'utilizzo di numerosi elementi ad essa esterni, può considerarsi in parte influenzata da quella sogdiana. Ciò si deve principalmente all'adozione della cultura uigura come base di quella mongola. Si è già detto in precedenza di come gli Uiguri fossero di fatto gli eredi culturali di quella sogdiana sotto molti punti di vista. L'alfabeto sogdiano da essi adottato funse indirettamente da modello per i mongoli e, successivamente, con opportuni adattamenti, per i mancesi, sopravvivendo fino ai giorni nostri. Infatti, i xibe (una tribù mancese stanziata in Xinjiang) e i mongoli della Cina, per lo più residenti in Mongolia interna, utilizzano ancora quel sistema di scrittura nato sulle sponde del Mediterraneo.

Una delle ultime menzioni di un popolo associabile ai Sogdiani si deve al francescano Guglielmo di Rubruck allorquando egli, riferendosi a un gruppo di mercanti cristiani giunti alla corte del khan dell'Orda d'Oro nel 1253-1254, utilizzava il nome soldaini. Inoltre, i soldinis, soldins o soldis vennero riportati dal monaco armeno Het'um in una sua opera presentata nel 1307 alla corte francese come un popolo cristiano d'Asia Centrale che ancora celebrava la messa in una lingua ignota, seppur diversa dal greco.

Dopo queste ultime notizie (peraltro molto vaghe), i Sogdiani scomparvero dalla storia anche se tre dialetti parlati nella valle del fiume Yaghnob (Tagikistan occidentale) da circa 2 500 persone, intimamente connessi alla lingua sogdiana, furono scoperti agli inizi del XX secolo. Lo studio dei tre dialetti (che prendono il nome dalla zona geografica di provenienza e che sono noti collettivamente come lingua neo-sogdiana) ha dato un impulso decisivo alla traduzione dei documenti sogdiani rinvenuti in Cina e in Asia Centrale e alla riscoperta di una civiltà scomparsa, a lungo nota solo attraverso le fonti antiche e l'indagine archeologica.

Note modifica

  1. ^ S. Frederick Starr, L’illuminismo perduto - L’età d’oro dell’Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Torino, Einaudi, 2017.
  2. ^ Esistevano due località con questo nome: una presso l'attuale Samarcanda, l'altra a una giornata di viaggio da Nasaf, sulla strada per Bukhara. Si veda H. A. R. Gibb, The Arab Conquests in Central Asia, Londra, The Royal Asiatic Society, 1923, nota 1, p. 28.
  3. ^ Si veda la già citata opera di Hamilton Alexander Rosskeen Gibb, a p. 15.

Bibliografia modifica

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