Metodo di Lachmann: differenze tra le versioni

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Il '''metodo di [[Karl Lachmann|Lachmann]]''' (o '''metodo stemmatico''') è, in [[filologia]], lo strumento indispensabile ai fini della pubblicazione dell'[[edizione critica]] di un testo.
 
Fu sinteticamente teorizzato dal filologo tedesco [[Karl Lachmann]] a metà dell'[[XIX secolo|Ottocento]]: il primo testo per il quale si utilizzarono le procedure successivamente definite come "metodo lachmanniano" fu una pubblicazioneun'edizione del [[1852]] del ''[[De rerum natura]]'' di [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]] (I secolo a.C.).
 
{{chiarire|I primi due passi |E gli altri quali sono?}} per l'edizione di un testo secondo il cosiddetto "metodo di Lachmann", sono la ''recensio'' e {{chiarire|la ''emendatio''|Non se ne parla più per tutto il resto della pagina}}.
 
== ''Recensio'' ==
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vengono eliminate dai testimoni utili le copie di un originale conservato. Non è però sempre evidente che un codice sia copia di un altro, e tale relazione va provata (es: buchi, macchie nell'originale e lacuna in corrispondenza nella copia; omissione di una riga che faccia sì che venga a mancare il senso compiuto, tranne che in caso di [[omoteleuto]], caso in cui la lacuna non può essere ritenuta dell'originale e non si può determinare se il codice sia una copia, il copista può fraintendere un compendio: l'[[errore (filologia)|errore]] non determina che si tratti di una copia, e altresì lezioni migliori non provano l'indipendenza di un codice da un altro perché possono essere frutto delle decisioni del copista). Il criterio della ''eliminatio codicum descriptorum'' ("eliminazione dei codici copiati") consente di lasciare da parte, sulla base di analisi delle caratteristiche fisiche del manoscritto, i testimoni ''apografi'' verosimilmente copiati da codici ''antigrafi'' di cui disponiamo; ai fini della sola ''constitutio textus'', infatti, tenere in conto un codice copiato da un altro posseduto risulterebbe poco utile perché questo ''apografo'' conterrebbe certamente tutti gli errori presenti nel suo ''antigrafo'', più altri di propria innovazione. Eccezioni possono verificarsi quando ad esempio un ''codex descriptus'' (copiato) riporta porzioni di testo perdute nell'''antigrafo''. In quel caso bisogna presumere che abbia copiato da qualche altra fonte, e che cioè gli antigrafi siano più di uno. Solitamente in questa fase è possibile ridurre il corpus della [[tradizione]] recensita, scartando molte [[Stampa|stampe]] che seguono la [[vulgata]] stabilita dalla [[editio princeps]], facendo attenzione comunque a possibili varianti autorali (vedere per approfondimento [[postillato d'autore]]) inserite in ristampe e nuove edizioni.
* '''determinazione delle relazioni tra i testimoni (→ ''stemma codicum'')'''
per stabilire come si raggruppano i testimoni non bisogna fondarsi sulle lezioni che hanno in comune (concordanze): mentre le parti uguali possono essersi mantenute indipendentemente nei diversi rami, è improbabile che certi tipi di errori si siano prodotti indipendentemente. Bisogna perciò basarsi sugli errori significativi, che possono essere separativi o congiuntivi. Converrà seguire le definizioni formalizzate da [[Paul Maas]]: <ref> ''Critica{{Cita dellibro|autore=Paul testo'', trad.Maas|altri=Traduzione dal tedesco di N.Nello Martinelli,|titolo=Critica presentazionedel di G. Pasquali,testo|anno=1952|editore=Le Monnier|città=Firenze, 1952 (edizione originale: ''Textkritik'', Leipzig, 1927; quarta ed. 1960)}} </ref>, sulle quali, generalmente, sono fondate le diverse formulazioni fornite nei manuali di filologia, così come le discussioni, anche divergenti, della critica:
 
# [[Errore congiuntivo|Errori congiuntivi]] ('''Bindefehler'''): "La connessione fra due testimoni (B e C) contro un terzo (A) viene dimostrata per mezzo di un errore comune ai testimoni B e C, che sia di tal natura, che secondo ogni probabilità B e C non possano essere caduti in questo errore indipendentemente l'uno dall'altro".
# [[Errore separativo|Errori separativi]] ('''Trennfehler'''): "La indipendenza di un testimonio (B) da un altro (A) viene dimostrata per mezzo di un errore di A contro B, che sia di tal natura, che, per quanto ci è dato sapere riguardo allo stato della critica congetturale nel tempo intercorso fra A e B, non può essere stato eliminato per congettura in questo spazio di tempo".
 
[[Immagine:Stemma codicum Plauto.svg|thumb|upright=1.2|Lo ''[[stemma codicum]]'' della tradizione delle opere di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] secondo il filologo classico Cesare Questa]]
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* Hermann Ferdinand Fränkel, ''Testo critico e critica del testo'', Firenze, Le Monnier, 1983
* Giorgio Inglese, ''Come si legge un'edizione critica: elementi di filologia italiana'', [[Roma]], [[Carocci Editore|Carocci]], 2003
* [[Paul Maas]], ''Critica del testo'', Firenze, [[Le Monnier]], 1982 (nuova traduzione a cura di Giorgio Ziffer, Roma, 2017)
* [[Giorgio Pasquali]], ''Storia della tradizione e critica del testo'', Firenze, Le Lettere, 1988 (I ed. 1934)
* Marina Scialuga, ''Introduzione allo studio della filologia classica'', [[Alessandria]], [[Edizioni Dell'Orso]], 2003
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* Alfredo Stussi (a cura di), ''Fondamenti di critica testuale'', Bologna, Il Mulino, 2006
* [[Sebastiano Timpanaro]], ''La genesi del metodo del Lachmann'', [[Torino]], [[UTET]], 2004 (I ed. 1963)
* Paolo Trovato, ''Everything Youyou Alwaysalways Wantedwanted to Knowknow about Lachmann'sLachmannʼs Method:method. A Nona non-Standardstandard Handbookhandbook of Genealogicalgenealogical Textualtextual Criticismcriticism in the Ageage of Post-Structuralism, Cladisticscladistic, and Copycopy-Texttext'', MilanoPadova, libreriauniversitariaLibreriauniversitaria.it editore, 2014.
* Martin Litchfield West, ''Critica del testo e tecnica dell'edizione'', trad. di Giorgio Di Maria, [[Palermo]], L'Epos, 1991 (ed. or. ''Textual Criticism and Editorial Technique Applicable to Greek and Latin Texts'', [[Stoccarda|Stuttgart]], [[Benedictus Gotthelf Teubner|Teubner]], 1973)