Effetto Hanbury Brown e Twiss: differenze tra le versioni

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L'esperimento originale usava il fatto che due bosoni tendono ad arrivare a due rivelatori separati nello stesso momento. Morgan e Mandel usarono una sorgente di fotoni termici per creare un fascio di fotoni e osservarono la tendenza dei fotoni ad arrivare nello stesso momento su un singolo rivelatore. Entrambi questi effetti usarono la natura ondulatoria della luce per creare una correlazione nel tempo di arrivo - se un singolo fascio di fotoni viene diviso in due fasci- e allora la natura particellare della luce richiede che ogni fotone sia osservato solo in un singolo rivelatore, e così anche per l'anti-correlazione che fu osservata nel 1986. Infine, i bosoni hanno la tendenza a raggrupparsi dando vita a [[correlazioni di Bose-Einstein]], mentre i fermioni, secondo il [[principio di esclusione di Pauli]], tendono a diffondersi, portando all'(anti)correlazione di Fermi-Dirac. Sono state osservate correlazioni di Bose-Einstein tra pioni, caoni e fotoni, e (anti)correlazioni di Fermi-Dirac tra protoni, neutroni ed elettroni. Per un'introduzione generale in questo campo, si consulti il testo sulle correlazioni di Bose–Einstein correlations di [[Richard M. Weiner]]<ref>Richard M. Weiner, Introduction to Bose–Einstein Correlations and Subatomic Interferometry, John Wiley, 2000.</ref>
 
== Meccanismo di funzionamento ==
L'effetto HBT può essere previsto solo trattando la [[radiazione elettromagnetica]] incidente come un'[[onda]] classica. Supponiamo di avere un'onda monocromatica a frequenza <math>\omega</math> su due rilevatori, con ampiezza <math>E(t)</math> che varia su tempi scala più lenti del periodo <math>2\pi/\omega</math>. (Tale onda potrebbe essere prodotta da una sorgente puntiforme molto lontana con una intensità fluttuante.)
 
Dal momento che i rilevatori sono separati, il segnale sul secondo rilevatore arriva con un ritardo <math>\tau</math>, o equivalentemente, una [[Fase_(segnali)|fase]] <math>\phi = \omega\tau</math>; cioè,
 
:<math> E_1(t) = E(t) \sin(\omega t),</math>
 
:<math> E_2(t) = E(t - \tau) \sin(\omega t - \phi).</math>
 
L'intensità registrata da ciascun rilevatore è il quadrato dell'ampiezza dell'onda, mediata su un tempo scala lungo rispetto al periodo <math>2\pi/\omega</math> ma corto rispetto alle fluttuazione di <math>E(t)</math>:
 
:<math>
\begin{align}
i_1(t) &= \overline{E_1(t)^2} = \overline{E(t)^2 \sin^2(\omega t)} = \tfrac{1}{2} E(t)^2, \\
i_2(t) &= \overline{E_2(t)^2} = \overline{E(t - \tau)^2 \sin^2(\omega t - \phi)} = \tfrac{1}{2} E(t - \tau)^2,
\end{align}
</math>
dove la linea sopra sta a indicare la media temporale. Per [[frequenza||frequenze]] di pochi [[Radiazione Terahertz|terahertz]] (periodi minori del [[picosecond]]), tale media temporale è inevitabile, dal momento che i rilevatori come i [[fotodiodo||fotodiodi]] e [[tubo fotomoltiplicatore||tubi fotomoltiplicatori]] non possono produrre fotocorrenti che variano su tempi scala così brevi.
 
La funzione di correlazione <math>\langle i_1 i_2 \rangle(\tau)</math> di queste intensità medie possono essere calcolate:
:<math>
\begin{align}
\langle i_1 i_2 \rangle(\tau) &= \lim_{T \to \infty} \frac{1}{T} \int\limits_0^T i_1(t) i_2(t)\, \mathrm{d}t \\
&= \lim_{T \to \infty} \frac{1}{T} \int\limits_0^T \tfrac{1}{4} E(t)^2 E(t-\tau)^2 \, \mathrm{d}t.
\end{align}
</math>
 
La maggior parte degli schemi moderni misura effettivamente la correlazione delle fluttuazioni di intensità nei due rivelatori, ma non è troppo difficile vedere che se le intensità sono correlate, allora le fluttuazioni <math>\Delta i = i - \langle i\rangle</math>, dove <math>\langle i\rangle</math> è l'intensità media, devono essere correlate, dal momento che
:<math>\begin{align}
\langle\Delta i_1\Delta i_2\rangle &= \big\langle(i_1 - \langle i_1\rangle)(i_2 - \langle i_2\rangle)\big\rangle = \langle i_1 i_2\rangle - \big\langle i_1\langle i_2\rangle\big\rangle - \big\langle i_2\langle i_1\rangle\big\rangle + \langle i_1\rangle \langle i_2\rangle \\
&=\langle i_1 i_2\rangle -\langle i_1\rangle \langle i_2\rangle.
\end{align}</math>
 
Nel caso particolare in cui <math>E(t)</math> consiste principalmente in un campo costante <math>E_0</math> con una piccola componente oscillante <math>\delta E \sin(\Omega t)</math>, la media dell'intensità è
:<math>
\begin{align}
i_1(t) &= \tfrac{1}{2} E_0^2 + E_0\,\delta E \sin(\Omega t) + \mathcal{O}(\delta E^2), \\
i_2(t) &= \tfrac{1}{2} E_0^2 + E_0\,\delta E \sin(\Omega t-\Phi) + \mathcal{O}(\delta E^2),
\end{align}
</math>
con <math>\Phi = \Omega \tau</math>, e <math>\mathcal{O}(\delta E^2)</math> indica i termini proporzionali a <math>(\delta E)^2</math>, che sono piccoli e possono essere ignorati.
 
La funzione di correlazione di queste due intensità è allora
:<math>
\begin{align}
\langle \Delta i_1 \Delta i_2 \rangle(\tau) &= \lim_{T \to \infty} \frac{(E_0\delta E)^2}{T} \int\limits_0^T \sin(\Omega t) \sin(\Omega t - \Phi) \, \mathrm{d}t \\
&= \tfrac{1}{2} (E_0 \delta E)^2 \cos(\Omega\tau),
\end{align}
</math>
che mostra una dipendenza oscillante del ritardo <math>\tau</math> tra i due rilevatori.
 
== References ==