Achille Occhetto: differenze tra le versioni

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==Biografia==
I genitori lo chiamarono Achille come il nonno materno e Leone (suo secondo nome) in onore della nonna paterna<ref>Achille Occhetto, ''La gioiosa macchina da guerra. Veleni, sogni e speranze della sinistra'', Editori Internazionali Riuniti, Roma, 2013, p. 104.</ref>. Suo padre si inventò un diminutivo, Achel, utilizzato anche dai suoi compagni durante i primi soggiorni a Torino e Milano. Nel periodo successivo un giornalista scoprì l'esistenza di un navigatore danesevichingo di origine vichingadanese che si chiamava Akel: da quel momento tutti i giornali lo chiamarono così<ref>Achille Occhetto, ''La gioiosa macchina da guerra. Veleni, sogni e speranze della sinistra'', Editori Internazionali Riuniti, Roma, 2013, p. 109.</ref>. Ha conseguito la maturità classica nel [[1953]].
 
Si avvicinò al PCI grazie alla passione politica del padre e decise di iscriversi alla FGCI ([[Federazione Giovanile Comunista Italiana]]) nel 1953 dopo un comizio di [[Umberto Terracini]] durante la festa dell'Unità milanese, definendosi già a quel tempo un «libero pensatore comunista»<ref>Achille Occhetto, ''La gioiosa macchina da guerra. Veleni, sogni e speranze della sinistra'', Editori Internazionali Riuniti, Roma, 2013, p. 155.</ref>. Sempre nel 1953 dette vita al Circolo Universitario Antonio Banfi, al quale nel [[1956]] fece approvare un documento di protesta per l'[[Rivoluzione ungherese del 1956|intervento sovietico in Ungheria]]. Nei primi [[Anni 1960|anni sessanta]], nei quali a [[Milano]] fu eletto segretario provinciale della FGCI e ricoprì incarichi di responsabilità nell'UGI (Unione Goliardica Italiana), celebrò il suo primo matrimonio con la giovane architetto [[Nina Ravelli]] (figlia del commissionario della Borsa di Milano, Aldo Ravelli)<ref name="MontanelliCervi">{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993}}</ref>.