Musica colta: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Recupero di 2 fonte/i e segnalazione di 0 link interrotto/i. #IABot (v1.6.5)
Folto82 (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 13:
|'''[[Musica pop|Pop]]'''<br />[[Mainstream#Musica mainstream|mainstream]] di [[Easy listening|facile ascolto]] dipendente dall'[[Industria musicale|industria discografica]]
|}
 
Con le espressioni '''musica colta''', '''seria''', '''d'arte''', '''dotta''' e '''aulica''' ci si riferisce a tutte quelle tradizioni musicali che implicano avanzate considerazioni strutturali e teoriche<ref name="Siron p. 242">Jacques Siron, "Musique Savante (Serious music)", ''Dictionnaire des mots de la musique'' (Paris: Outre Mesure): 242. ISBN 2-907891-22-7</ref> e che siano inscrivibili in una [[Notazione musicale|tradizione musicale scritta]]<ref name="Arnold, Denis 1983 p. 111">Denis Arnold, "Art Music, Art Song", in ''The New Oxford Companion to Music, Volume 1: A-J'' (Oxford and New York: Oxford University Press, 1983): 111. ISBN 0-19-311316-3</ref>.
 
== Descrizione ==
La nozione di musica colta è frequentemente legata alla distinzione che se ne fa in [[musicologia]] dalla [[popular music]] e dalla [[musica tradizionale]], assieme alle quali forma un "triangolo assiomatico" di [[Generi musicali|macrogeneri musicali]].<ref name="Analysing Popular Music 1982, p.41">[[Philip Tagg]], "Analysing Popular Music: Theory, Method and Practice", ''Popular Music'' 2 (1982): 41.</ref><ref name="spaziante"/> [[Philip Tagg]], uno dei maggiori sostenitori di questa tesi, individua criteri specifici per ognuno di questi generi. Benché sia spesso identificata con la [[musica classica]], che ne rappresenta la principale tradizione nel [[Civiltà occidentale|mondo occidentale]], il termine "musica colta" si riferisce in realtà a un campo più ampio, che comprende anche tradizioni musicali non legate all'Occidente, come la [[musica cinese|musica classica cinese]], la [[musica giapponese|musica tradizionale giapponese]] o la [[musica classica indiana]], nonché includendo, talvolta, certe forme di [[jazz]] caratterizzate da architetture formali complesse che esulano dal genere ''popular''.
 
Se l'approccio dei primi musicologi, fra tutti [[Theodor Adorno]]<ref>Theodore Gracyk, "[http://www.iep.utm.edu/m/music-po.htm#H2 The Aesthetics of Popular Music]", The Internet Encyclopedia of Philosophy (Accessed 13 June 2011).</ref>, tendeva a considerare la musica colta come tendenzialmente elitaria, asserendo la superiorità di questa su tutte le altre forme musicali, molti musicologi moderni di estrazione [[Etnomusicologia|etnomusicologica]] mettono in discussione tale nozione di superiorità. In un recente convegno internazionale di musicologia, dedicato al rapporto fra musica e [[globalizzazione]]<ref>[http://recherche.univ-montp3.fr/rirra21//index.php?option=com_content&task=view&id=112&Itemid=112 Colloquium "Musique et globalisation"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110928130257/http://recherche.univ-montp3.fr/rirra21//index.php?option=com_content&task=view&id=112&Itemid=112 |data=28 settembre 2011 }}{{Full|date=June 2011}}</ref>, alcuni etnomusicologi come Jean During hanno sostenuto fortemente la tesi che, a prescindere dalla tecnologia o dalla difficoltà della musica, ogni tradizione musicale ha la stessa dignità e nessuna può arrogarsi uno status di superiorità sulle altre<ref>Discussion during François-Bernard Mâche's conference: « Musique au singulier » [http://recherche.univ-montp3.fr/rirra21//index.php?option=com_content&task=view&id=112&Itemid=112 Colloquium "Musique et globalisation"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110928130257/http://recherche.univ-montp3.fr/rirra21//index.php?option=com_content&task=view&id=112&Itemid=112 |data=28 settembre 2011 }}{{Full|date=June 2011}}</ref>. Proprio su questo tema, è da notare come molti compositori hanno preso ispirazione dalla [[musica etnica|musica folclorica]]<ref>Ad es. [[Johann Sebastian Bach]], [[Milton Babbitt]], [[Ludwig van Beethoven]], [[Leonard Bernstein]], [[Vincent d'Indy]], [[Guillaume Dufay]], [[George Gershwin]], [[Josquin Desprez]], [[Darius Milhaud]], [[Wolfgang Amadeus Mozart]], [[Giovanni Pierluigi da Palestrina]], [[Manuel Ponce]], [[Arnold Schönberg]], [[Karlheinz Stockhausen]], [[William Turner Walton]].</ref>, talvolta anche profondamente influenzati da tradizioni regionali di musica extra-europea<ref>Ad es. [[Béla Bartók]], [[Pierre Boulez]], [[Johannes Brahms]], [[John Cage]], [[Claude Debussy]], [[Antonín Dvořák]], [[Lou Harrison]], [[Zoltán Kodály]], [[François Bernard Mâche]], [[Gustav Mahler]], [[Olivier Messiaen]], [[Maurice Ravel]], [[Steve Reich]], [[Claude Vivier]].</ref>. La distinzione fra musica folclorica e musica colta non è infatti così netta, tanto più nelle loro manifestazioni del tardo XX secolo.<ref name="Arnold, Denis 1983 p. 111"/>
 
=== Definizione ===
Il termine ''musica colta'' si riferisce principalmente alle musiche di tradizione classica, includendo in questo genere forme musicali sia della [[musica contemporanea]] che di quella [[Musica classica|classica storicizzata]]. Forme differenti di musica colta si sono sviluppate in diverse parti del mondo, raggruppando stili che concentrano l'attenzione alla [[Forma (musica)|forma stilistica]] e invitano alla decostruzione tecnica, dettagliata e critica<ref>Siron, Jacques. "Musique Savante (Serious Music)". ''Dictionnaire des mots de la musique'' (Paris: Outre Mesure): 242.</ref>, richiedendo una particolare attenzione dell'ascoltatore. In [[Civiltà occidentale|Occidente]] la musica colta è caratterizzata dalla tradizione musicale scritta<ref name="Arnold, Denis">Arnold, Denis: "Art Music, Art Song", in ''The New Oxford Companion to Music, Volume 1: A-J'' (Oxford and New York: Oxford University Press, 1983): 111.</ref>, preservata da forme di [[notazione musicale]] e opposta alla musica [[Tradizione orale|trasmessa oralmente]] (musica folclorica) o alla musica trasmessa con mezzi di produzione industriale, quali carta stampata o registrazioni (''[[popular music]]'').<ref>Philip Tagg, "Analysing Popular Music: Theory, Method and Practice", Popular Music 2 (1982): 37-67, here 41-42.</ref>