Fëdor Dostoevskij: differenze tra le versioni

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|Didascalia = Ritratto del [[1872]] ad opera di [[Vasilij Grigor'evič Perov|Vasilij Perov]] ([[Galleria Tret'jakov]], [[Mosca (Russia)|Mosca]]).
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[[File:Fyodor Dostoyevsky Signature.svg|thumbminiatura|[[Firma]] di Dostoevskij]]
 
È considerato, insieme a [[Lev Tolstoj|Tolstoj]], uno dei più grandi [[romanzieri]] e pensatori russi<ref>«Dostojevskij non è solo un grande artista, un artista psicologo, e non in questo si deve ricercare la singolarità della sua opera, Dostojevskij è un grande pensatore.» ([[Nikolaj Berdjajev]], ''La concezione di Dostojevskij'', Einaudi 1977, p.218)</ref> di tutti i tempi.<ref>Steiner, George. ''Tolstoy or Dostoevsky: An Essay in the Old Criticism''. New York: Alfred A. Knopf, 1959</ref> A lui è intitolato il [[cratere Dostoevskij]] sulla [[superficie di Mercurio]].
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== Biografia ==
Per le notizie biografiche le fonti sono i seguenti testi:
* le memorie della moglie: [[Anna Grigor'evna Dostoevskaja]], ''Dostojewski marito'', traduzione di Anna Milazzo Lipschutz, Bompiani, Milano 1939.
* la biografia di [[Leonid Petrovič Grossman]], ''Žizn´ i trudy F. M. Dostoevskogo'', ''Vita e opere di Fëdor Michajlovič Dostoevskij'', scritta nel 1935, pubblicata nel 1962, e tradotta in italiano nel 1968 col titolo ''Dostoevskij'', a cura di Antonella D'Amelia, Savelli, Roma 1968; successivamente da Garzanti, Milano 1977.
=== I primi anni ===
[[File:Wki Dostoyevsky Street 2 Moscow Mariinsky Hospital.jpg|thumbminiatura|upright=1.2|leftsinistra|Ospedale Mariinskij a [[Mosca (Russia)|Mosca]], luogo di nascita di Dostoevskij]][[File:Dosto.jpg|thumbminiatura|upright=0.8|Il giovane Dostoevskij]]
Fëdor, secondo di sette figli, nasce a [[Mosca (Russia)|Mosca]] nel 1821 da [[Michail Andreevič Dostoevskij]], un [[medico]] militare [[Russia|russo]], figlio di un [[arciprete]] [[Chiesa greco-ortodossa|ortodosso]] discendente da una nobile famiglia [[Lituania|lituana]], dal carattere stravagante e dispotico che alleva il ragazzo in un clima autoritario. La madre, [[Marija Fëdorovna Nečaeva]], proveniva da una famiglia di ricchi e prosperi commercianti [[Russia|russi]]; dal carattere allegro e semplice, amava la [[musica]] ed era molto [[Religione|religiosa]]. Sarà lei a insegnare a leggere al figlio facendogli conoscere [[Aleksandr Sergeevič Puškin]], [[Vasilij Andreevič Žukovskij]] e la [[Bibbia]]. A Fëdor succederanno altri sei figli: le quattro sorelle [[Varvara Dostoevskij|Varvara]], Ljubov', Vera e Aleksandra Dostoevskaja e i due fratelli Andrej e Nikolaj.
 
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=== L'arresto, la condanna e la grazia ===
[[File:185px Dostoevsky 1859.jpg|thumbminiatura|upright=0.8|Dostoevskij in divisa militare nel 1859]]
Il 23 aprile [[1849]] viene arrestato per partecipazione a società segreta con scopi sovversivi e imprigionato nella [[fortezza di Pietro e Paolo]]. Il 16 novembre dello stesso anno, insieme ad altri venti imputati viene condannato a morte, ma lo [[zar]] [[Nicola I di Russia|Nicola I]], il 19 dicembre seguente, commuta la condanna a morte in [[Lavoro forzato|lavori forzati]] a tempo indeterminato. La revoca della [[Pena di morte|pena capitale]], già decisa nei giorni precedenti all'esecuzione, viene comunicata allo scrittore solo sul patibolo. L'avvenimento lo segnerà molto, come ci testimoniano le riflessioni sulla pena di morte (alla quale Dostoevskij si dichiarerà fermamente contrario) in ''[[Delitto e castigo]]'' e ne ''[[L'idiota]]'', scritto a [[Firenze]].
 
Il trauma della mancata [[fucilazione]] si assocerà alle prime ricorrenti [[epilessia|crisi di epilessia]] (una forma ereditaria di [[epilessia del lobo temporale]]<ref>[https://books.google.it/books?id=TmGODAAAQBAJ&pg=PT14&dq=dostoevskij+epilessia+del+lobo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiSyuim2JfTAhVFXBQKHeu0CdEQuwUIIjAB#v=onepage&q=dostoevskij%20epilessia%20del%20lobo&f=false Chiara Cappelletti, ''Neuroestetica: L'arte del cervello'']</ref> che già lo aveva colpito nel 1839) che segneranno la sua esistenza, e di questo dramma si troverà traccia in alcuni romanzi, quali ''[[L'idiota]]'' nella figura del principe Myškin.
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Ne ''L'idiota'' (dove afferma "che importa se è una malattia?") e nelle lettere egli descrive anche gli attacchi di epilessia che lo colpirono la prima volta durante la prigionia, con le relative sensazioni ([[Aura (medicina)|aura]], [[allucinazioni]]) come un'esperienza mistica che gli cambiò la vita:{{citazione|È venuto da me, Dio esiste. Ho pianto e non ricordo niente altro. Voi non potete immaginare la felicità che noi epilettici proviamo il secondo prima di avere una crisi. Non so quanto possa durare nella realtà ma tra tutte le gioie che potrei avere nella vita, non farei mai scambio con questa.<ref>Citato in [http://www.theatlantic.com/health/archive/2012/12/seeing-god-in-the-third-millennium/266134/ Seeing God in the Third Millennium], The Atlantic</ref>}}
 
Graziato della vita, il [[24 dicembre]] viene deportato in [[Siberia]], giungendo l'[[11 gennaio]] [[1850]] a [[Tobol'sk]] per poi essere rinchiuso il [[17 gennaio]] nella fortezza di [[Omsk]]. Dalla drammatica esperienza della reclusione matura una delle opere più crude e sconvolgenti di Dostoevskij, ''[[Memorie dalla casa dei morti]]'', in cui varie umanità degradate vengono descritte come personificazioni delle più turpi abiezioni morali, pur senza che manchi nell'autore una vena di speranza. Anche i due capitoli dell'epilogo di ''[[Delitto e castigo]]'' si svolgono in una fortezza sul fiume [[Irtyš]], identificabile con [[Omsk]].
 
Nel febbraio del [[1854]] Dostoevskij è liberato dalla galera per [[buona condotta]], scontando il resto della pena servendo nell'esercito come soldato semplice nel 7º battaglione siberiano, di stanza nella città di [[Semipalatinsk]] vicino al confine cinese. In questo periodo gli sono di grande supporto morale i libri inviatigli clandestinamente dal fratello Michail, tra cui i romanzi di [[Alexandre Dumas (padre)|Dumas]] e la ''[[Critica della ragion pura]]'' di [[Immanuel Kant|Kant]].
 
=== Il ritorno nella Russia europea ===
[[File:Dostoevskij 1863.jpg|thumbminiatura|leftsinistra|uprightverticale|Lo scrittore nel [[1863]]]]
Nel 1857 sposa Marija Isaijeva, vedova con un figlio, Pavel. Il 18 marzo [[1859]], congedato dall'esercito, lo scrittore ottiene il permesso di rientrare nella Russia europea stabilendosi a [[Tver']], il capoluogo più vicino a San Pietroburgo poiché l'ingresso nella capitale non gli è ancora concesso. Prepara alacremente insieme al fratello Michail una riedizione delle sue opere precedenti (escluso ''Il sosia'', che medita di riscrivere) e lavora alle sue memorie sul bagno penale: queste verranno terminate fra il [[1860]] e il [[1861]] e pubblicate fra il 1861 e il [[1862]] con il titolo ''[[Memorie dalla casa dei morti]]''.
 
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=== I grandi capolavori ===
[[File:Dostoevskaya.jpg|thumbminiatura|upright=0.7|Anna Grigor'evna, la seconda moglie di Dostoevskij]]
 
Nel [[1866]] inizia la pubblicazione, a puntate, del romanzo ''[[Delitto e castigo]]''. Conosce una giovane e bravissima stenografa, [[Anna Grigor'evna Snitkina]], grazie alla quale riesce a dare alle stampe, nello stesso anno, ''[[Il giocatore (Dostoevskij)|Il giocatore]]'', opera in cui Dostoevskij racconta le disavventure di alcuni personaggi presi dal vizio della [[roulette]]. Nel [[1867]] sposa Anna a San Pietroburgo e parte con lei per un nuovo viaggio in Europa, a [[Firenze]], dove comincia a scrivere ''[[L'idiota]]''.
 
Nel [[1868]] nasce la figlia Sonja, che vive solo tre mesi. Il dramma della morte dei bambini è, non a caso, uno dei temi trattati nel romanzo ''L'idiota'', portato a termine lo stesso anno. Nel [[1869]] nasce la seconda figlia, Ljubov' (in russo, "amore", da adulta nota anche come Aimée<ref>[http://www.bolzano-scomparsa.it/ljubov_dostoevskaja.html Ljubov Dostoevskaja]</ref>) e pubblica il romanzo breve ''[[L'eterno marito]]''.
[[File:Dostoevskij 1876.jpg|thumbminiatura|leftsinistra|Fëdor Michajlovič nel [[1876]]]]
 
Nel [[1870]] lavora intensamente al romanzo ''[[I demoni]]'', con cui l'autore sembra rinnegare definitivamente il proprio passato di libero pensatore nichilista. L'anno successivo nasce il terzo figlio, Fëdor, e Dostoevskij rinuncia una volta per tutte al vizio del gioco e, grazie agli introiti derivatigli dalla pubblicazione dei ''Demoni'', può tornare a San Pietroburgo e affrontare i suoi creditori. Stringe amicizia con [[Konstantin Petrovič Pobedonoscev|Konstantin Pobedonoscev]] - uno degli intellettuali più influenti e più conservatori di Russia - che di lì a qualche anno diventerà procuratore del [[Santo Sinodo]] e scomunicherà [[Lev Nikolaevič Tolstoj|Lev Tolstoj]].
 
Nello stesso anno Dostoevskij assume la direzione della rivista conservatrice ''Graždanin'' ("Il cittadino"), dove inizia a pubblicare dal [[1873]] il ''[[Diario di uno scrittore]]'', una serie di articoli d'attualità nei quali emergerà anche un certo [[Cristianesimo e antisemitismo|antigiudaismo]] dell'autore. Dostoevskij, come dichiarerà nel suo articolo ''Il problema ebraico'' (marzo 1877), in risposta a un attacco da parte di un corrispondente ebreo, affermerà però di non essere un [[antisemita]] [[razzismo|razziale]], e che egli "non odiava l'ebreo come popolo ma gli ebrei d'alto rango, i Re delle borse, i padroni delle banche, che influenzavano la politica internazionale; e gli ebrei usurai, gli sfruttatori delle popolazioni autoctone, citando gli esempi dei negri d'America e della popolazione lituana".
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Nel gennaio del 1879 inizia sulla rivista «[[Russkij vestnik]]» la pubblicazione de ''[[I fratelli Karamazov]]'', il suo canto del cigno, il suo romanzo più voluminoso e forse più ricco di drammaticità e di profonda moralità. Immediatamente il romanzo fu accolto con enorme favore. La stesura continuò tuttavia con lunghe pause. A causa del peggiorare delle sue condizioni di salute nell'estate dello stesso anno si reca a [[Ems (Russia)|Ems]] per curarsi.
 
[[File:Bkdraft.jpg|thumbminiatura|leftsinistra|Note al V capitolo dei ''I fratelli Karamazov'']]
[[File:Dostoyevsky on his Bier, Kramskoy.jpg|thumbminiatura|''Dostoevskij sul suo letto di morte'', di [[Ivan Nikolaevič Kramskoj|Kramskoj]], 29 gennaio [[1881]].]]
Durante le celebrazioni in onore di [[Aleksàndr Sergeevič Puškin|Puškin]] nel giugno del [[1880]], legge un discorso composto per l'occasione, che viene accolto entusiasticamente dal pubblico e, nei giorni successivi, dalla stampa. Il numero speciale del ''[[Diario di uno scrittore]]'' contenente il discorso vende quindicimila copie.
 
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== Fama, contraddizioni e pensiero ==
[[File:Grafmonument Dostojevski.jpg|thumbminiatura|leftsinistra|uprightverticale|Tomba di Dostoevskij nel [[Cimitero Tichvin]].]]
Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono ''[[Memorie dal sottosuolo]]'', ''[[Delitto e castigo]]'', ''[[L'idiota]]'', ''[[I demoni]]'' e ''[[I fratelli Karamazov]]'', e viene considerato un esponente dell'[[esistenzialismo]] e dello [[psicologismo]]. Egli fu un uomo e un intellettuale spesso contraddittorio. Identificato dapprima come voce della corrente [[Nichilismo#Il_nichilismo_russoIl nichilismo russo|nichilista]]-[[Populismo russo|populista]], Dostoevskij capeggiò poi le file degli intellettuali russi più [[conservatorismo|conservatori]] di fine Ottocento. Nelle ''[[Memorie dalla casa dei morti]]'' (1859-1862) fanno capolino i grandi valori della tolleranza religiosa, della libertà dalle prigionie materiali e morali, della indulgenza verso i ''malfattori'', cioè verso coloro che, pur essendosi macchiati di crimini contro la legge, sono in definitiva solamente persone più sfortunate e più infelici, e quindi più amate da Dio, che vuole la salvezza del peccatore e non la sua condanna. Tutto è dunque proiettato verso ''"la libertà, una nuova vita, la resurrezione dai morti..."''.<ref>Fëdor Mikhailovič Dostoevskij, ''Memorie di una casa morta'' (trad. di Alfredo Polledro), Bur, Milano 2004, p.412.</ref> {{citazione|Il grado di civilizzazione di una società si può misurare entrando nelle sue prigioni.|''Memorie dalla casa dei morti''''<ref>The degree of civilization in a society can be judged by entering its prisons. Come risulta da ''The House of the Dead'' (1862) traduzione di Constance Garnett; citato in The Yale Book of Quotations (2006) di Fred R. Shapiro, p. 210</ref><ref>Frase che riprende quella attribuita a Voltaire: «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione».</ref>}}
 
A distanza di vent'anni dalle ''Memorie'', alcuni di questi aspetti caratterizzanti del pensiero del giovane e [[progressismo|progressista]] Dostoevskij si rovesceranno completamente nelle riflessioni severe e conservatrici del ''[[Diario di uno scrittore]]'' (1873-1881), ossia gli articoli scritti sul ''Cittadino'' di intonazione [[nazionalista]] e [[slavofilismo|slavofila]], e nelle sue pagine di riflessione, dove attacca gli usurai ebrei, difende la [[Chiesa ortodossa russa]] come unico vero cristianesimo specie in polemica con la dottrina e la gerarchia della [[Chiesa cattolica]] (ne ''L'idiota'' definisce il [[cattolicesimo]] come "peggiore dell'[[ateismo]]" stesso), critica [[Cavour]] per il modo in cui ha unito l'[[Italia]] (pur riconoscendogli doti diplomatiche) e prende posizione contro il lassismo giudiziario, polemizzando contro i progressisti che, dando la colpa di ogni violenza individuale all'ambiente sociale, chiedevano pene meno severe per gli assassini. Attacca il [[darwinismo sociale]], il [[materialismo storico]] e il nascente [[superomismo]] ([[Thomas Carlyle]], che ispirerà [[Nietzsche]]) già attaccato in ''Delitto e castigo'' nella figura del protagonista [[Rodion Romanovič Raskol'nikov|Raskol'nikov]], omicida per un presunto bene superiore, oltre che per l'appunto le sentenze lievi o assolutorie nei confronti delle violenze famigliari sui bambini.<ref>''Diario di uno scrittore'' p. 303</ref> L'autore esorta a non assolvere il peccato assieme al peccatore, mantenendo pene severe per i reati gravi, pur dichiarandosi sempre contrario alla pena di morte e pietoso verso le condizioni carcerarie:{{citazione|Giungeremo a poco a poco alla conclusione che i delitti non esistono affatto, e di tutto ha colpa l'ambiente. Giungeremo, seguendo il filo del ragionamento, a considerare il delitto persino come un dovere, come una nobile protesta contro l'ambiente… insomma …la dottrina dell'ambiente porta l'uomo a una piena spersonalizzazione, al suo pieno affrancamento da ogni dovere morale personale, da ogni indipendenza, lo porta alla più schifosa schiavitù immaginabile.|''Diario di uno scrittore''<ref>Articolo a pp. 19-20</ref>}}
{{citazione|Ci sono nella vita degli uomini dei momenti storici, in cui una scelleratezza evidente, sfacciata, volgarissima può venir considerata nient'altro che grandezza d'animo, nient'altro che nobile coraggio dell'umanità che si libera dalle catene.|''Diario di uno scrittore''<ref>Articolo p. 201</ref>}}
{{citazione|Pietà quanta se ne vuole, ma non lodate le cattive azioni: date loro il nome di male.|''Dostoevskij inedito. Quaderni e taccuini 1860-1881''}}
 
Lo scrittore si caratterizza per la sua abilità nel delineare i caratteri morali dei personaggi che appaiono nei suoi romanzi, tra i quali spesso figurano i cosiddetti ''ribelli'', che contrastano con i conservatori dei saldi principi della fede e della tradizione russa. I suoi romanzi sono definibili "policentrici", proprio perché spesso non è dato identificare un vero e proprio protagonista, ma si tratta di identità morali incarnate in figure che si scontrano su di una sorta di palcoscenico dell'anima: l'isolamento e l'aberrazione sociale contro le ipocrisie delle convenzioni imposte dalla vita comunitaria (''[[Memorie dal sottosuolo]]''), la supposta sanità mentale contro la malattia (''[[L'idiota]]''), il socialismo contro lo zarismo (''[[I demoni]]''), la fede contro l'ateismo (''[[I fratelli Karamazov]]'').
[[File:Dostoevsky.jpg|thumbminiatura|Fotografia di Dostoevskij.]]
Nelle opere di Dostoevskij, come nella sua esistenza, la brama di vivere si scontra con una realtà di sofferenza e si coniuga con una incessante ricerca della verità; egli scrisse: ''«Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita [...] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà.»''<ref>Scritto del 1873, citato in ''Dostoevskij inedito. Quaderni e taccuini 1860-1881'', a cura di Lucio Dal Santo, Vallecchi, Firenze, 1981, p. 657.</ref>.
 
L'autore, nei suoi romanzi a differenza che negli articoli e nei saggi, cerca di non lasciar mai trasparire un proprio giudizio definitivo sui personaggi, non giudicarli direttamente, ed è questa una sua peculiarità, che ne pose il pensiero in vivace antagonismo con quello dell'altrettanto contraddittorio [[Lev Tolstoj]]. Inoltre, anche Dostoevskij – proprio come Tolstoj, pur se per vie diverse – visse un confronto continuo ed al tempo stesso un rapporto tormentoso e quasi personale con la figura di [[Cristo]], a cui si sentiva tanto legato da affermare: {{citazione|Sono un figlio del secolo del dubbio e della miscredenza e so che fin nella tomba continuerò ad arrovellarmi se Dio sia. Eppure se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse ''effettivamente'' vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità.<ref>Dalla lettera a N.D.Fonvizina, 1854, in ''Lettere sulla creatività'', traduzione di Gianlorenzo Pacini, Feltrinelli, 1994, p. 51.</ref>}}
 
In Dostoevskij il "sottosuolo" dell'anima è qualcosa di spaventoso che coincide con l'assolutezza del male. Scrive Giuseppe Gallo: "Sul piano dei contenuti, Dostoevskij traccia la prima implacabile [[Anamnesi (filosofia)|anamnesi]] della crisi dell'uomo contemporaneo, lacerato da pulsioni contraddittorie e insanabili, privo di certezze e punti di riferimento solidi cui uniformare il proprio comportamento morale. A derivarne è una presa di distanza radicale dal [[razionalismo]] [[illuminista]] e [[positivista]], alla cui pretesa di ricondurre le leggi della natura all'ordine della ragione lo scrittore contrappone la forza della volontà che non ammette limitazioni"<ref>Fëdor Dostoevskij, ''Memorie dal sottosuolo'', ed. I Sempreverdi, Letterature, pag. XII.</ref>.
 
Dalla lettura di romanzi come quelli [[romanzo libertino|libertini]] del [[marchese de Sade]]<ref>Anna G. Dostoevskaja, ''Dostoevksij marito'', p. 72</ref> egli rileva la propensione al [[sadismo]] ([[Sigmund Freud]] descriverà il grande scrittore come un [[masochista]] con tendenze minori sadiche, spesso rivolte però contro sé stesso) e alla sopraffazione del forte sul debole presente nell'umanità (raffigurata poi in diversi personaggi, come il Principe di ''Umiliati e Offesi'', Svidrigajlov di ''Delitto e castigo'' e Stavrogin de ''I demoni'', immorali e corrotti, ma destinati poi alla crisi personale e al suicidio), e si convince che solo la fede cristiana possa attenuarla: ''«una volta ripudiato Cristo, l'intelletto umano può giungere a risultati stupefacenti»'' poiché ''«vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei»''. Ne ''I fratelli Karamazov'' uno dei personaggi, il tormentato Ivàn Karamazov, pronuncia - in un dialogo col fratello Alëša che ha intrapreso la carriera religiosa - la celebre frase:{{citazione|Se Dio non esiste, tutto è permesso.|''I fratelli Karamazov'', libro V "Pro e contro"}}
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* [[1983]] - Delitto e castigo (''Rikos ja rangaistus''), di [[Aki Kaurismäki]]
* [[1984]] - Il contemporaneo (''Aikalainen''), di [[Timo Linnasalo]] - da ''Memorie dal sottosuolo''
* [[1985]] - Amore balordo ("L'amour braque"), di [[Andrzej Żuławski]] - da "L'Idiota"
* [[1988]] - Dostoevskij - I demoni (''Les possédés''), di [[Andrzej Wajda]]
* [[1990]] - La vendetta di una donna (''La vengeance d'une femme''), di [[Jacques Doillon]] - da ''La mite''
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<references/>
 
== Bibliografia ==
{{vedi anche|Bibliografia su Fëdor Dostoevskij}}
* Evel Gasparini, ''Dostoevskij e il delitto'', Montuoro, Milano 1946.
* [[Remo Cantoni]], ''Crisi dell'uomo: il pensiero di Dostoevskij'', Arnoldo Mondadori, Milano 1948.
* Fausto Malcovati, ''Introduzione a Dostoevskij'', Editore Laterza, Bari 1995.
* [[Luigi Pareyson]], ''Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa'', Einaudi, Torino 1993.
* [[Nikolaj Berdjaev]], ''La concezione di Dostoevskij'', traduzione di B. Del Re, Einaudi, Torino 2002.
* [[Michail Bachtin]], ''Dostoevskij. Poetica e stilistica'', traduzione di Giuseppe Garritano, Einaudi, Torino 1968.